AGRICOLTURA E ANTITRUST. LA COMMISSIONE AVVIA UNA CONSULTAZIONE SUL NUOVO PROGETTO DI ORIENTAMENTI CONCERNENTE GLI ACCORDI DI SOSTENIBILITÀ

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In data 10 gennaio 2023, la Commissione ha avviato una consultazione pubblica[1] per raccogliere le opinioni degli stakeholders in merito al progetto di proposta di orientamenti sulle modalità di elaborazione degli accordi di sostenibilità nel settore agricolo utilizzando la nuova esclusione dalle norme europee in materia di concorrenza per i prodotti agricoli, introdotta dalla recente riforma della politica agricola comune (Common Agricultural Policy, CAP) volta a rendere l’agricoltura nell’Unione più equa, più verde e maggiormente orientata ai risultati.

Introdotta in data 2 dicembre 2021[2], la nuova esclusione è disciplinata dall’articolo 210 bis[3] del Regolamento 1308/2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli (c.d. “Regolamento OCM”), che riguarda gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate dei produttori di prodotti agricoli che si riferiscono alla loro produzione e al loro commercio e che mirano ad applicare norme di sostenibilità più rigorose di quelle obbligatorie ai sensi della normativa europea o nazionale. Più particolarmente, tali accordi sono esclusi dall’applicazione dell’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) a condizione che le eventuali restrizioni della concorrenza da essi derivanti siano indispensabili per il conseguimento dei suddetti obiettivi. Di conseguenza, il progetto di orientamenti mira a chiarire in che modo gli operatori attivi nel settore agroalimentare possono elaborare iniziative congiunte in materia di sostenibilità in linea con quanto stabilito dall’articolo 210 bis.

In primo luogo, gli orientamenti definiscono l’ambito di applicazione dell’esclusione, stabilendo che l’articolo 210 bis si applica agli accordi di sostenibilità di cui è parte almeno un produttore di prodotti agricoli e che sono stipulati con altri produttori o con uno o più operatori a diversi livelli della filiera alimentare. Le parti degli accordi di sostenibilità possono essere singoli operatori e associazioni o altri soggetti collettivi che comprendono produttori o altre imprese, a prescindere dalla loro natura giuridica o dal fatto che siano o meno formalmente riconosciuti ai sensi della normativa europea o nazionale, se almeno una delle parti dell’accordo è un produttore o un’associazione di produttori. Un accordo di sostenibilità, inoltre, può riguardare tanto prodotti di cui all’Allegato I del TFUE quanto prodotti non ivi compresi, senza che ciò incida sulla validità dell’accordo stesso. L’esclusione di cui all’articolo 210 bis, tuttavia, si applicherà soltanto alla parte dell’accordo che riguarda i prodotti di cui all’Allegato I.

In secondo luogo, gli orientamenti chiariscono che al fine di soddisfare le condizioni di cui all’articolo 210 bis, un accordo deve mirare ad applicare una norma di sostenibilità che contribuisca ad uno o più degli obiettivi di cui al paragrafo 3 di tale articolo, relativi i) alla protezione dell’ambiente, ii) alla riduzione dell’uso di pesticidi e della resistenza antimicrobica, e iii) alla salute e benessere degli animali. Se una norma di sostenibilità, invece, mira a contribuire ad obiettivi diversi, come ad esempio obiettivi sociali o economici, tali aspetti non possono essere presi in considerazione nel valutare il rispetto dell’articolo 210 bis.

In terzo luogo, gli orientamenti fissano alcuni requisiti in materia di norme di sostenibilità. Più particolarmente, la norma può fissare obiettivi quantificati o stabilire metodi o pratiche specifiche da adottare, e i risultati ottenuti dalla sua applicazione devono essere tangibili e misurabili. La norma di sostenibilità, inoltre, dev’essere più rigorosa rispetto a quanto imposto dalla normativa europea o nazionale, di talché essa deve imporre requisiti di sostenibilità più rigorosi rispetto a quelli richiesti da una norma obbligatoria esistente, o deve introdurne di nuovi nei casi in cui essi non siano previsti in toto. Non essendo infine possibile indicare di quanto almeno la norma di sostenibilità debba superare quella obbligatoria, gli orientamenti chiariscono che tale valore dovrà essere valutato caso per caso, tenendo conto delle restrizioni al gioco della concorrenza imposte dall’accordo e del fatto che tali restrizioni siano indispensabili o meno.

In quarto luogo, gli orientamenti definiscono il test che permette di individuare le restrizioni alla concorrenza indispensabili. Nello specifico, la prima verifica del criterio del carattere indispensabile ai sensi dell’articolo 210 bis consiste nel valutare se l’accordo è ragionevolmente necessario ai fini dell’applicazione della norma di sostenibilità perseguita. A tale riguardo, è necessario valutare innanzitutto se sia possibile per le parti applicare tale norma autonomamente, agendo individualmente piuttosto che attraverso la cooperazione, tenendo conto delle condizioni di mercato e delle realtà del settore in cui operano e che sono pertinenti ai fini dell’applicazione della norma stessa. Dopodiché, le parti dovranno valutare se le diverse disposizioni dell’accordo restringono il gioco della concorrenza e se, in caso affermativo, sono indispensabili ai fini dell’applicazione della norma di sostenibilità. Se la stipula di un accordo è ragionevolmente necessaria ai fini dell’applicazione della norma di sostenibilità in questione, inoltre, si dovrà stabilire se ogni restrizione della concorrenza imposta dall’accordo sia indispensabile ai fini dell’applicazione di quest’ultima, tenendo conto della natura della restrizione, della sua intensità, del suo livello quantitativo e della sua durata.

Gli orientamenti, infine, chiariscono che le autorità nazionali garanti della concorrenza o la Commissione possono decidere, dopo la conclusione o l’attuazione di un accordo di sostenibilità, di modificarlo, interromperlo o impedirne l’attuazione[4], di modo da evitare che la concorrenza sia esclusa dal mercato o quando gli obiettivi della CAP[5] sono compromessi.

Gli stakeholders avranno ora tempo fino al 24 aprile 2023 per presentare le proprie osservazioni, sulla base delle quali la Commissione procederà ad un’analisi approfondita degli orientamenti, che dovrebbero entrare in vigore entro l’8 dicembre 2023.

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[1] Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK.

[2] Regolamento (UE) 2021/2117 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 2 dicembre 2021, che modifica i regolamenti (UE) n. 1308/2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, (UE) n. 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, (UE) n. 251/2014 concernente la definizione, la designazione, la presentazione, l’etichettatura e la protezione delle indicazioni geografiche dei prodotti vitivinicoli aromatizzati e (UE) n. 228/2013 recante misure specifiche nel settore dell’agricoltura a favore delle regioni ultraperiferiche dell’Unione, GUUE L 435 del 06.12.2021.

[3] Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, GUUE L 347 del 20.12.2013. L’articolo 210 bis del Regolamento, intitolato “Iniziative verticali e orizzontali per la sostenibilità”, ai paragrafi 1-3 dispone: “… L’articolo 101, paragrafo 1, TFUE non si applica agli accordi, alle decisioni e alle pratiche concordate dei produttori di prodotti agricoli che si riferiscono alla produzione e al commercio di prodotti agricoli e che mirano ad applicare norme di sostenibilità più rigorose di quelle obbligatorie ai sensi della normativa dell’Unione o nazionale, a condizione che tali accordi, decisioni e pratiche concordate impongano solo restrizioni alla concorrenza che siano indispensabili per l’applicazione di tale norma.

Il paragrafo 1 si applica agli accordi, alle decisioni e alle pratiche concordate dei produttori di prodotti agricoli di cui sono parte vari produttori o di cui uno o più produttori e ne sono parte anche uno o più operatori a diversi livelli delle fasi di produzione, trasformazione e commercializzazione, della filiera alimentare compresa la distribuzione.

Ai fini del paragrafo 1 per «norma di sostenibilità» si intende una norma volta a contribuire a uno o più dei obiettivi seguenti:

a) obiettivi ambientali, compresi la mitigazione dei cambiamenti climatici e l’adattamento agli stessi; uso sostenibile e protezione del paesaggio, delle acque e dei suoli; transizione verso un’economia circolare, compresa la riduzione degli sprechi alimentari; prevenzione e riduzione dell’inquinamento; e protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi;
b) produzione di prodotti agricoli con modalità che riducano l’uso di pesticidi e ne gestiscano i rischi derivanti da tale uso, o che riducano il pericolo di resistenza antimicrobica nella produzione agricola; e
c) salute e benessere degli animali….

[4] L’articolo 210 bis del Regolamento 1308/2013 al paragrafo 7 dispone: “L’autorità nazionale garante della concorrenza di cui all’articolo 5 del regolamento (CE) n. 1/2003 può decidere, in casi particolari, che in futuro uno o più degli accordi, delle decisioni e delle pratiche concordate di cui al paragrafo 1 siano modificati o interrotti o non abbiano affatto luogo, se ritiene che tale decisione sia necessaria per evitare l’esclusione della concorrenza o se ritiene che siano compromessi gli obiettivi di cui all’articolo 39 TFUE.

Per accordi, decisioni e pratiche concordate riguardanti più di uno Stato membro, la decisione di cui al primo comma del presente paragrafo è adottata dalla Commissione senza applicare la procedura di cui all’articolo 229, paragrafi 2 e paragrafo 3.

Laddove agisca a norma del primo comma del presente paragrafo, l’autorità nazionale garante della concorrenza informa la Commissione per iscritto dopo l’avvio della prima misura formale di indagine e notifica alla Commissione le decisioni che ne derivano immediatamente dopo la loro adozione.

Le decisioni di cui al presente paragrafo non si applicano fino a quando non saranno state notificate alle imprese interessate…”.

[5] L’articolo 39 TFUE al paragrafo 1 dispone “… Le finalità della politica agricola comune sono:

a) incrementare la produttività dell’agricoltura, sviluppando il progresso tecnico, assicurando lo sviluppo razionale della produzione agricola come pure un impiego migliore dei fattori di produzione, in particolare della manodopera;
b) assicurare così un tenore di vita equo alla popolazione agricola, grazie in particolare al miglioramento del reddito individuale di coloro che lavorano nell’agricoltura;
c) stabilizzare i mercati;
d) garantire la sicurezza degli approvvigionamenti;
e) assicurare prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori…”.