LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SULLA COMPETENZA DI UN ORGANO GIURISDIZIONALE DI ULTIMA ISTANZA AVENTE LA QUALITÀ DI PARTE CONVENUTA NELLA CONTROVERSIA

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In data 19 dicembre 2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-369/23, Vivacom Bulgaria EAD contro Varhoven administrativen sad e Natsionalna agentsia za prihodite, sull’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, del Trattato sull’Unione Europea (TUE) nonché dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la «Vivacom Bulgaria» EAD (“Vivacom”) e, dall’altro lato, il Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa bulgara) e la Natsionalna agentsia za prihodite (Agenzia nazionale delle entrate, NAP) in merito al risarcimento del danno che la Balgarska telekomunikatsionna kompania EAD (“BTK”), poi divenuta Vivacom, avrebbe subito per effetto della violazione delle norme europee.

Questi i fatti.

Nel 2007 e nel 2008 la Vivacom aveva emesso fatture a due società rumene sulla base di contratti per la vendita di carte prepagate e voucher per servizi di telecomunicazione, esponendo l’imposta sul valore aggiunto (IVA) allo 0%. Nell’ambito di una verifica fiscale, tuttavia, la NAP aveva ritenuto che non si potesse dimostrare che le carte e i voucher fossero stati ricevuti da persone che rappresentavano le suddette società rumene, considerando tali transazioni come una prestazione di servizi il cui luogo era in situato in Bulgaria, dove la Vivacom svolgeva la sua attività. Dopo aver ricevuto un avviso di accertamento che stabiliva ulteriori debiti IVA per un totale pari a circa 388.000 euro, la Vivacom aveva pagato l’importo dovuto e avviato un procedimento amministrativo di riesame contro tale avviso, che non aveva avuto esito positivo. Di conseguenza, la Vivacom aveva presentato un ricorso presso l’Administrativen sad Sofia-grad (Tribunale amministrativo della città di Sofia, ASSG), che lo aveva in parte respinto.

Poiché la sentenza di primo grado era stata confermata anche dal Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa; il “giudice del rinvio”), la Vivacom aveva intentato un’azione di risarcimento del danno basata sulla responsabilità dello Stato dinanzi all’ASSG, che tuttavia l’aveva respinta. La Vivacom, pertanto, aveva impugnato tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte di Giustizia se l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma[1], TUE e l’articolo 47, secondo comma[2], della Carta debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale in forza della quale un organo giurisdizionale conosce in ultimo grado, nell’ambito di un ricorso per cassazione, una causa relativa alla responsabilità dello Stato derivante da un’asserita violazione del diritto dell’Unione per effetto di una sentenza pronunciata da tale organo, nella quale quest’ultimo ha la qualità di convenuto.

La Corte ha preliminarmente ricordato che il requisito di indipendenza degli organi giurisdizionali, intrinsecamente connesso al compito di giudicare, costituisce un aspetto essenziale del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva e di quello ad un equo processo, che rivestono importanza cardinale in quanto garanzie della salvaguardia dei valori comuni agli Stati Membri enunciati all’articolo 2 TUE[3]. Più particolarmente, il requisito di indipendenza, da un lato, richiede che l’organo interessato eserciti le sue funzioni in piena autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo gerarchico o di subordinazione nei confronti di alcuno e senza ricevere ordini o istruzioni da alcuna fonte e, dall’altro, impone il rispetto dell’obiettività e l’assenza di qualsivoglia interesse nella soluzione da dare alla controversia all’infuori della stretta applicazione della norma giuridica[4]. Di conseguenza, le garanzie di indipendenza ed imparzialità richieste dal diritto dell’Unione implicano l’esistenza di disposizioni che consentano di fugare, nella mente dei singoli, qualsiasi legittimo dubbio in merito alla neutralità dell’organo in questione rispetto agli interessi in conflitto[5].

Tutto ciò premesso, in mancanza di una disciplina europea in materia spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato Membro designare il giudice competente e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione. Fermo restando che gli Stati Membri devono assicurare, in ogni caso, una tutela effettiva dei diritti soggettivi derivati dal diritto dell’Unione, tuttavia, non spetta alla Corte intervenire nella soluzione dei problemi di competenza che può sollevare, nell’ambito dell’ordinamento giudiziario nazionale, la definizione di determinate situazioni giuridiche fondate sulle norme europee[6], di talché, in linea di principio, non è vietato ad uno Stato Membro designare un organo giurisdizionale come competente a conoscere in ultimo grado, nell’ambito di un ricorso per cassazione, della responsabilità dello Stato per danni causati ai singoli da violazioni del diritto dell’Unione derivanti, eventualmente, da una sentenza di tale organo giurisdizionale, purché siano adottate le misure necessarie per garantire l’indipendenza e l’imparzialità dell’organo stesso.

Di conseguenza, la Corte ha statuito che:

L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e l’articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale in forza della quale un organo giurisdizionale conosce in ultimo grado, nell’ambito di un ricorso per cassazione, una causa relativa alla responsabilità dello Stato derivante da un’asserita violazione del diritto dell’Unione per effetto di una sentenza pronunciata da tale organo giurisdizionale, causa nella quale quest’ultimo ha la qualità di convenuto, a condizione che tale normativa nazionale e le misure adottate per il trattamento di tale causa consentano di fugare, nella mente dei singoli, qualsiasi legittimo dubbio in merito all’indipendenza e all’imparzialità dell’organo giurisdizionale di cui trattasi”.

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[1] L’articolo 19 TUE al paragrafo 1 dispone: “La Corte di giustizia dell’Unione europea comprende la Corte di giustizia, il Tribunale e i tribunali specializzati. Assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati.

Gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione…”.

[2] L’articolo 47 della Carta, intitolato “Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale”, dispone: “Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.

Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare.

A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia…”.

[3] CGUE 11.07.2024, Cause riunite C‑554/21, C‑622/21 e C‑727/21, Hann-Invest e a., punto 49.

[4] Ibidem, punti 50-51.

[5] CGUE 08.05.2024, Causa C‑53/23, Asociația «Forumul Judecătorilor din România» e a. (Associazioni di magistrati), punto 51.

[6] CGUE 30.09.2003, Causa C‑224/01, Köbler, punti 46-47.