LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SULLA COMPATIBILITÀ DELLE NORME DELLA FIFA IN MATERIA DI TRASFERIMENTI INTERNAZIONALI DI CALCIATORI PROFESSIONISTI CON IL DIRITTO EUROPEO DELLA CONCORRENZA

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In data 4 ottobre 2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-650/22, Fédération internationale de football association (FIFA) contro BZ, sull’interpretazione degli articoli 45 e 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Fédération internationale de football association (FIFA) e BZ, un ex calciatore professionista residente a Parigi, in merito ad una domanda di quest’ultimo diretta al risarcimento del danno che egli riteneva di aver subito a causa del comportamento illecito della FIFA e dell’Union royale belge des sociétés de football association ASBL (Urbsfa).

Questi i fatti.

In data 20 agosto 2013, BZ aveva firmato un contratto quadriennale con la Lokomotiv Mosca, un club di calcio professionistico con sede in Russia. In data 22 agosto 2014, tuttavia, quest’ultima aveva risolto tale contratto per motivi che, a suo avviso, erano legati alla condotta di BZ, adendo in seguito la Camera di risoluzione delle controversie (CRC) della FIFA con una domanda diretta a farlo condannare alla corresponsione di un’indennità pari a circa 20 milioni di euro. BZ, pertanto, aveva presentato presso la CRC una domanda riconvenzionale, chiedendo il pagamento, da parte del Lokomotiv Mosca, degli arretrati salariali nonché di un’indennità pari all’importo della remunerazione che gli sarebbe spettata in base al suddetto contratto qualora lo stesso fosse decorso fino alla sua scadenza.

Successivamente, BZ si era messo alla ricerca di un nuovo club interessato a tesserarlo, ricevendo nel febbraio 2015 una proposta da parte dello Sporting du Pays de Charleroi SA che richiedeva i) che egli fosse tesserato ed in possesso dei requisiti per partecipare regolarmente, nella prima squadra del club, a qualsiasi competizione organizzata dalla FIFA, dall’UEFA e dall’Urbsfa per la quale fosse stato selezionato, e ii) che il club ottenesse la conferma scritta ed incondizionata che non avrebbe potuto essere considerato debitore solidale di una qualsivoglia indennità cui BZ fosse, se del caso, condannato a favore della Lokomotiv Mosca. Di conseguenza, BZ si era rivolto alla FIFA e all’Urbsfa al fine di ottenere tali assicurazioni. In data 18 maggio 2015, tuttavia, la CRC aveva accolto parzialmente la richiesta del Lokomotiv Mosca, condannando BZ a versargli un’indennità di 10,5 milioni di euro e respingendone la domanda riconvenzionale. Dopo che tale decisione era stata confermata anche dal Tribunal arbitral du sport(Tribunale arbitrale dello sport, TAS), BZ aveva adito il tribunal de commerce du Hainaut (division de Charleroi) (Tribunale del commercio dell’Hainaut, divisione di Charleroi), che aveva condannato in solido la FIFA e l’Urbsfa al pagamento di una somma provvisionale.

La FIFA, pertanto, aveva interposto appello dinanzi alla cour d’appel de Mons (Corte d’appello di Mons; il “giudice del rinvio”) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte di Giustizia se gli articoli 45[1] e 101 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano a regole che sono state adottate da un’associazione di diritto privato avente lo scopo, in particolare, di disciplinare, organizzare e controllare il calcio a livello mondiale, e che prevedono i) che un giocatore professionista parte contraente di un contratto di lavoro, al quale è imputata una risoluzione senza giusta causa di tale contratto, e il nuovo club che lo ingaggia a seguito di tale risoluzione, sono responsabili in solido per il pagamento di un’indennità, dovuta al club di provenienza per il quale il giocatore lavorava e che deve essere fissata sulla base dei diversi criteri ivi elencati, ii) che nel caso in cui l’ingaggio del giocatore professionista avvenga durante un periodo protetto in forza del contratto di lavoro che è stato risolto, il nuovo club incorra in una sanzione sportiva consistente nel divieto di tesserare nuovi giocatori per un periodo determinato, a meno che dimostri di non aver istigato tale giocatore a risolvere detto contratto, e iii) che l’esistenza di una controversia connessa a tale risoluzione di contratto osta a che la federazione nazionale di calcio di cui è membro il club di provenienza rilasci il certificato internazionale di trasferimento (CIT) necessario per il tesseramento del giocatore presso il nuovo club, con la conseguenza che tale giocatore non può partecipare a competizioni di calcio per conto di quest’ultimo.

La Corte ha preliminarmente rilevato che il complesso di norme del Regolamento sullo status e sui trasferimenti dei giocatori (RSTG) che la FIFA ha adottato ed attuato nei confronti di BZ può sfavorire i giocatori professionisti che risiedono o lavorano nel loro Stato Membro di origine e che intendono svolgere la loro attività economica per conto di un nuovo club stabilito nel territorio di un altro Stato Membro, risolvendo unilateralmente o dopo aver risolto unilateralmente il loro contratto di lavoro con il loro club di provenienza per una causa che quest’ultimo, a torto o a ragione, afferma, o potrebbe affermare, che non sia giusta. Più particolarmente, le norme per la fissazione dell’importo dell’indennità dovuta da ogni giocatore al suo club di provenienza in caso di risoluzione del contratto di lavoro avvenuta senza giusta causa, la regola secondo cui ogni nuovo club che ingaggia tale giocatore è responsabile in solido per il pagamento di tale indennità, e la presunzione di istigazione a risolvere il contratto, nonché la sanzione del divieto di tesseramento di nuovi giocatori[2] sono tali da privare in larghissima misura qualsiasi giocatore che si trovi in una situazione del genere della prospettiva di ricevere proposte di ingaggio certe ed incondizionate da parte di club stabiliti in altri Stati Membri, la cui accettazione lo porterebbe a lasciare il suo Stato Membro d’origine esercitando la propria libertà di circolazione. Le norme che vietano in modo generale ed automatico, fatte salve circostanze eccezionali, il rilascio dei CIT necessari per il tesseramento dei giocatori professionisti presso i loro nuovi club per tutto il tempo in cui pende, tra tali giocatori e i loro club di provenienza, una controversia connessa al mancato mutuo accordo su una risoluzione prematura del contratto di lavoro[3], inoltre, sono idonee ad impedire loro di esercitare la propria attività economica in qualsiasi altro Stato Membro diverso da quello di origine, e quindi a privare della parte essenziale del suo interesse sportivo ed economico il loro eventuale ingaggio da parte di un club stabilito in uno di tali altri Stati Membri. Di conseguenza, tali norme ostacolano la libertà di circolazione dei lavoratori.

Misure di origine non statale possono, in ogni caso, essere ammesse, anche se ostacolano una libertà di circolazione sancita dal TFUE, se la loro adozione persegue un obiettivo legittimo di interesse generale compatibile con il Trattato stesso ed esse rispettano il principio di proporzionalità[4]. La tutela dei lavoratori rivendicata dalla FIFA, tuttavia, non rientra nell’oggetto del suo statuto né, secondo la Corte, è chiaro in che modo l’adozione o l’attuazione delle norme del RSTG in questione possa contribuire alla protezione dei calciatori professionisti. Benché, inoltre, possano essere considerate, prima facie, idonee a garantire la realizzazione dell’obiettivo consistente nell’assicurare la regolarità delle competizioni di calcio tra club, contribuendo a mantenere un certo grado di stabilità nell’organico di tutti i club di calcio professionistico che possono parteciparvi, tali norme sembrano spingersi, sotto vari aspetti, parecchio oltre quanto necessario per raggiungere tale obiettivo, tanto più che esse sono destinate ad applicarsi, in larga misura, in modo combinato e per un periodo di tempo considerevole a giocatori la cui carriera è, per di più, relativamente breve, sicché tale situazione rischia di comprometterne significativamente lo svolgimento se non addirittura di indurre alcuni di tali giocatori a porvi fine prematuramente.

Tenuto conto dell’oggetto del caso concreto, infine, occorre considerare che l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE trova applicazione alla UEFA in quanto associazione che ha quali membri federazioni nazionali di calcio che possono, esse stesse, essere qualificate come “imprese” in quanto esercitano un’attività economica legata all’organizzazione e alla commercializzazione di competizioni calcistiche tra club a livello nazionale, nonché allo sfruttamento di diritti ad esse collegati, o hanno, esse stesse, per membri o per affiliati, enti che possono essere qualificati come tali, al pari dei club calcistici[5]. Nello specifico, consentendo alla FIFA di adottare ed attuare, o poter attuare, un insieme di norme relative ai contratti di lavoro e ai trasferimenti dei giocatori, le decisioni di quest’ultima possono essere qualificate come “decisioni di associazioni di imprese”. Dall’esame del loro tenore, del contesto economico e giuridico nel quale si inseriscono nonché degli scopi che mirano a raggiungere, inoltre, le norme del RSTG presentano, per loro stessa natura, un elevato grado di dannosità per la concorrenza che i club di calcio professionistico potrebbero farsi tra loro reclutando unilateralmente giocatori già ingaggiati da un club o di cui si affermi che il contratto sia stato risolto unilateralmente senza giusta causa, e quindi cercando di accedere alle risorse essenziali per il loro successo, che sono costituite da detti giocatori di alto livello. Tali norme, tuttavia, possono beneficiare di un’esenzione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE se è dimostrato, mediante argomenti ed elementi di prova convincenti, che esse soddisfano tutte le condizioni ivi previste.

Tutto ciò premesso, la Corte ha pertanto statuito che:

L’articolo 45 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a norme che sono state adottate da un’associazione di diritto privato avente lo scopo, in particolare, di disciplinare, organizzare e controllare il calcio a livello mondiale, e che prevedono:

– in primo luogo, che un giocatore professionista, parte contraente di un contratto di lavoro, al quale è imputata una risoluzione senza giusta causa di tale contratto, e il nuovo club che lo ingaggia a seguito di tale risoluzione, sono responsabili in solido per il pagamento di un’indennità dovuta al club di provenienza per il quale tale giocatore lavorava e che è fissata sulla base di criteri talvolta imprecisi o discrezionali, talvolta privi di nesso oggettivo con il rapporto di lavoro di cui trattasi e talvolta sproporzionati;

– in secondo luogo, che, nel caso in cui l’ingaggio del giocatore professionista avvenga durante un periodo protetto in forza del contratto di lavoro che è stato risolto, il nuovo club incorre in una sanzione sportiva consistente nel divieto di tesserare nuovi giocatori per un determinato periodo, a meno che dimostri di non aver istigato tale giocatore a risolvere detto contratto, e

– in terzo luogo, che l’esistenza di una controversia connessa a tale risoluzione di contratto osta a che la federazione nazionale di calcio di cui è membro il club di provenienza rilasci il certificato internazionale di trasferimento necessario per il tesseramento del giocatore presso il nuovo club, con la conseguenza che tale giocatore non può partecipare a competizioni di calcio per conto di tale nuovo club,

a meno che sia dimostrato che tali norme, come interpretate e applicate nel territorio dell’Unione europea, non si spingono oltre quanto è necessario per perseguire l’obiettivo di garantire la regolarità delle competizioni di calcio tra club, mantenendo un certo grado di stabilità nell’organico dei club di calcio professionistico.

L’articolo 101 TFUE deve essere interpretato nel senso che tali norme costituiscono una decisione di associazione di imprese che è vietata dal paragrafo 1 di tale articolo e che può beneficiare di un’esenzione ai sensi del paragrafo 3 di detto articolo solo se è dimostrato, mediante argomenti ed elementi di prova convincenti, che tutte le condizioni richieste a tal fine sono soddisfatte.

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[1] L’articolo 45 TFUE dispone: “… La libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione è assicurata.

Essa implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro.

Fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica, essa importa il diritto:

a) di rispondere a offerte di lavoro effettive;

b) di spostarsi liberamente a tal fine nel territorio degli Stati membri;

c) di prendere dimora in uno degli Stati membri al fine di svolgervi un’attività di lavoro, conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che disciplinano l’occupazione dei lavoratori nazionali;

d) di rimanere, a condizioni che costituiranno l’oggetto di regolamenti stabiliti dalla Commissione, sul territorio di uno Stato membro, dopo aver occupato un impiego.

Le disposizioni del presente articolo non sono applicabili agli impieghi nella pubblica amministrazione…”.

[2] L’articolo 17 del RSTG, intitolato “Conseguenze di una risoluzione del contratto senza giusta causa”, ai punti 1-2 e 4 dispone: “… In caso di risoluzione di un contratto senza giusta causa, si applicano le seguenti disposizioni:

La parte inadempiente è tenuta, in ogni caso, a corrispondere un’indennità. Fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 20 e all’allegato 4 in materia di indennità di formazione e salvo diversa disposizione contenuta nel contratto, l’indennità dovuta in caso di risoluzione del contratto deve essere calcolata tenendo conto della normativa vigente nel paese interessato, delle specificità della pratica sportiva e di tutti i criteri oggettivi del caso. Tra questi criteri rientrano, in particolare, la remunerazione e gli altri benefici dovuti al giocatore in forza del contratto in vigore e/o del nuovo contratto, la durata residua del contratto in vigore fino a un massimo di cinque anni, gli eventuali costi e oneri sostenuti o versati dal precedente club (tenuto conto dell’ammortamento nel corso della durata del contratto) se la risoluzione interviene durante un periodo protetto.

Il diritto a tale indennità non può essere ceduto a terzi. Il giocatore professionista che sia tenuto a corrispondere un’indennità ne risponde in solido con il nuovo club. L’importo può essere stabilito nel contratto o concordato tra le parti.

(…)

Oltre all’obbligo di versare un’indennità, sanzioni sportive sono irrogate nei confronti di qualsiasi club riconosciuto responsabile della risoluzione del contratto o di aver indotto il giocatore a risolvere il contratto durante il periodo protetto. Si presume, sino a prova contraria, che il club che stipula un contratto con un giocatore professionista che ha risolto il proprio contratto senza giusta causa lo abbia indotto a tale risoluzione. La sanzione comporta per il club il divieto di tesserare nuovi giocatori, sia a livello nazionale che internazionale, per due periodi di tesseramento completi e consecutivi. Il club potrà tesserare nuovi giocatori, sia a livello nazionale che internazionale, soltanto a partire dal successivo periodo di tesseramento e previa completa espiazione della sanzione sportiva. In particolare, il club non potrà avvalersi della deroga e delle misure provvisorie di cui al presente regolamento al fine di tesserare i calciatori anteriormente a tale periodo…”.

[3] L’articolo 9 del RSTG, intitolato “Certificato internazionale di trasferimento”, al paragrafo 1 dispone: “… I giocatori tesserati con un’associazione possono essere tesserati presso una nuova associazione solo quando quest’ultima abbia ricevuto un CIT emesso dalla prima. Il CIT è rilasciato a titolo gratuito e non è soggetto a condizioni né a limiti temporali. Sono nulle le disposizioni contrarie. L’associazione che rilascia il CIT è tenuta a depositarne una copia presso la FIFA. La procedura amministrativa relativa all’emissione del CIT è descritta all’articolo 8 dell’allegato 3 del presente regolamento…”.

[4] CGUE 21.12.2023, Causa C‑333/21, European Superleague Company, punto 251; CGUE 21.12.2023, Causa C‑680/21, Royal Antwerp Football Club, punto 141.

[5] CGUE 21.12.2023, Causa C‑333/21, European Superleague Company, punto 115; CGUE 21.12.2023, Causa C‑680/21, Royal Antwerp Football Club, punto 79.