LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SUGLI ACCORDI PAY-FOR-DELAY NEL CASO DEL PERINDOPRIL

marketude Contenzioso, Diritto Europeo e della Concorrenza, Farmaceutico e Life Sciences, Marco Stillo, Pubblicazioni

In data 27 giugno 2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata in merito all’esistenza di accordi c.d. “pay-for-delay[1] e di un abuso di posizione dominante nel mercato del Perindopril, un medicinale con indicazioni contro l’ipertensione e l’insufficienza cardiaca[2].

Questi i fatti.

Il Perindopril è stato sviluppato dal gruppo Servier, la cui controllante, la Servier SAS, è stabilita in Francia. L’ingrediente farmaceutico attivo del Perindopril si presenta sotto forma di un sale, l’erbumina, il cui brevetto (“EP 658”) era stato depositato presso l’Ufficio Europeo dei Brevetti (European Patent Office, EPO) nel 1981 e la cui scadenza naturale nel 2001 era stata estesa successivamente con certificati complementari in vari Stati Membri. Nel 1988, inoltre, la Servier aveva depositato dinanzi all’EPO vari brevetti relativi ai processi di fabbricazione della molecola, con scadenza al 16 settembre 2008, mentre nel 2001 era stata presentata all’EPO una nuova domanda di brevetto relativo all’erbumina e al suo processo di fabbricazione (“EP 947”). Dal 2002 in poi, infine, la Servier aveva iniziato a sviluppare un Perindopril di seconda generazione, a base di arginina, per il quale aveva ottenuto un brevetto europeo in data 17 luglio 2004 e che aveva iniziato ad immettere sui mercati dell’Unione a partire dal 2006.

Tutto ciò premesso, nel 2004 dieci imprese genericiste avevano proposto opposizione contro il brevetto EP 947 dinanzi all’EPO al fine di ottenerne la revoca e la conseguente apertura del mercato, deducendo motivi riguardanti l’assenza di novità e di attività inventiva nonché l’insufficiente descrizione dell’invenzione. A seguito di ciò, la Servier aveva concluso con le imprese genericiste Niche Generics Limited (“Niche”), Unichem Laboratories Limited (“Unichem”), Mylan Laboratories Ltd (“Mylan”), Teva Pharmaceuticals Limited (“Teva”), Krka Tovarna Zdravil d.d. (“Krka”) e Lupin Limited (“Lupin”) altrettanti accordi pay-for-delay. Una controllata del gruppo Servier, la Biogaran, aveva inoltre concluso un accordo di licenza e fornitura con la Niche. Dopo aver effettuato diverse ispezioni presso le sedi delle imprese interessate, tuttavia, in data 9 luglio 2014 la Commissione aveva adottato la Decisione C(2014) 4955 final[3], con la quale aveva sanzionato queste ultime ritenendo che gli accordi controversi costituissero restrizioni della concorrenza per oggetto e per effetto. Secondo la Commissione, inoltre, la Servier aveva messo in atto, attraverso tali accordi, una strategia di esclusione nei confronti dell’industria generica concretizzatasi in un abuso di posizione dominante nel mercato del Perindopril.

Di conseguenza, le imprese coinvolte si erano rivolte al Tribunale dell’Unione che, da un lato, aveva confermato il carattere illecito degli accordi conclusi dalla Servier con la Niche/Unichem, con la Mylan, con la Teva e con la Lupin e, dall’altro, aveva annullato la Decisione C(2014) 4955 final per quanto riguarda l’abuso di posizione dominante della Servier nonché gli accordi conclusi da quest’ultima con la Krka[4]. Le imprese sanzionate nonché la Commissione, pertanto, avevano adito la Corte di Giustizia deducendo diversi motivi di impugnazione.

La Corte ha respinto le impugnazioni proposte dalla Lupin, dalla Niche, dalla Unichem, dalla Matrix, dalla Teva e dalla Biogaran, confermando così le sentenze del Tribunale che avevano stabilito che quelli conclusi da quest’ultima e dalla Servier costituivano accordi di esclusione dal mercato restrittivi della concorrenza.

La qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto, infatti, deve basarsi non solo su un’analisi dettagliata dell’accordo destinato a porre in essere una pratica collusiva, e bensì anche dei suoi obiettivi e del contesto economico e giuridico in cui si inserisce, di talché il fatto che le sue clausole non rivelino un oggetto anticoncorrenziale non è, di per sé, decisivo per stabilire se esso restringa o meno la concorrenza per oggetto[5]. La qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto, inoltre, non dipende né dalla forma dei contratti o degli altri strumenti giuridici destinati a porre in essere tale pratica collusiva né dalla percezione che le parti potrebbero avere circa l’esito della loro controversia quanto alla validità di un brevetto, in quanto a rilevare è soltanto la valutazione del grado di dannosità di tale pratica rispetto al corretto funzionamento della concorrenza nel mercato interessato. Di conseguenza, gli accordi di composizione amichevole con i quali un produttore di medicinali generici candidato all’ingresso in un mercato riconosce, almeno temporaneamente, la validità di un brevetto detenuto da un produttore di farmaci originari e si impegna, in tal modo, a non contestarla e a non entrare in tale mercato possono comportare effetti restrittivi della concorrenza in quanto la contestazione della validità e della portata di un brevetto fa parte del normale gioco della concorrenza nei settori in cui esistono diritti di esclusiva su alcune tecnologie[6]. Quando un accordo di composizione amichevole sui brevetti prevede un vantaggio economico per il produttore di medicinali generici in cambio della limitazione dei suoi sforzi a competere con il produttore di medicinali originari, pertanto, occorre constatare una restrizione della concorrenza per oggetto alla luce della dannosità di tale accordo per il normale funzionamento della normale concorrenza.

La Corte, tuttavia, ha annullato parzialmente la sentenza del Tribunale nel caso Servier[7] e annullato in toto la sentenza nel caso Krka[8].

In primo luogo, tenuto conto delle caratteristiche dell’infrazione all’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), constatata nella Decisione C(2014) 4955 final, il Tribunale avrebbe dovuto accertare se gli accordi tra la Servier e la Krka fossero stati conclusi tra imprese che si trovavano in un rapporto di concorrenza potenziale e fossero qualificabili come restrizione della concorrenza, verificando se la Commissione avesse correttamente ritenuto che, alla data della conclusione di detti accordi, esistevano possibilità reali e concrete che la Krka entrasse nel mercato rilevante e facesse concorrenza alla Servier, tenuto conto di misure preparatorie sufficienti e dell’assenza di ostacoli insormontabili a tale ingresso. Il Tribunale, al contrario, si era limitato ad affermare che le due imprese erano convinte che l’EP 947 fosse valido e, senza motivazione specifica o prove in tal senso, che il comportamento della Krka consistente nel mantenere la pressione concorrenziale sulla Servier poteva spiegarsi con il suo desiderio di rafforzare la sua posizione nelle trattative che essa poteva avviare al fine di pervenire ad un accordo transattivo accompagnato da uno di licenza, dal momento che l’ottenimento di quest’ultima era divenuta la soluzione commerciale da essa preferita nel mercato del Perindopril. Il Tribunale, inoltre, non solo era incorso in un errore di diritto quanto al controllo che esso è tenuto ad effettuare nei confronti delle decisioni della Commissione relative ai procedimenti a norma degli articoli 101 e 102 TFUE, e bensì aveva anche violato l’obbligo di motivazione ad esso incombente non avendo esposto le ragioni sulle quali si era basato per constatare implicitamente che la Servier e la Krka non erano più concorrenti potenziali. Mentre, infine, la violazione dell’articolo 101 TFUE constatata dalla Decisione C(2014) 4955 final consisteva, per la Servier e la Krka, nel ripartirsi i mercati in due aree, di cui soltanto una rientrava nell’ambito di tale infrazione, il Tribunale aveva precisato di essersi limitato a verificare se l’accordo di licenza Krka poteva essere giustificato da quello transattivo Krka o se esso, al contrario, celasse in realtà un c.d. “reverse payment[9] che incentivava la Krka ad assoggettarsi alle clausole di non commercializzazione e di non contestazione previste dall’accordo transattivo. Tale ragionamento, tuttavia, prescinde, da un lato, dal fatto che l’accordo di licenza Krka riguardava mercati non rientranti nell’ambito dell’infrazione all’articolo 101 TFUE e, dall’altro, dalla natura di tale infrazione, consistente non in un semplice accordo transattivo relativo ad una controversia in materia di brevetti a fronte di un reverse payment, e bensì in un accordo di ripartizione del mercato.

In secondo luogo, statuendo che un accordo diretto alla ripartizione dei mercati presuppone una ripartizione chiusa degli stessi tra le parti[10], il Tribunale si era basato su un’interpretazione erronea dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Tale articolo, infatti, non prevede alcuna condizione specifica secondo cui il divieto da esso sancito è limitato ai soli accordi che istituiscono una ripartizione chiusa tra tali mercati mediante, ad esempio, disposizioni che riservino l’accesso a taluni dei mercati in questione ad una di tali imprese, ad esclusione dell’altra, o che vietino le esportazioni da un mercato verso un altro. In assenza di qualsiasi disposizione specifica al riguardo, pertanto, non vi è motivo di operare una distinzione tra gli accordi di ripartizione del mercato sulla base di una condizione che l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE non prevede e che nessuna considerazione attinente alla finalità o all’impianto sistematico di tale disposizione consente di ipotizzare. Basandosi, da un lato, sul riconoscimento da parte della Krka dell’EP 947 benché tale fattore non fosse di per sé decisivo e, dall’altro, sul contenuto e sulla forma degli accordi transattivo e di licenza Krka, anziché sull’analisi concreta della loro dannosità per la concorrenza alla luce del contesto nel quale essi si inserivano, al fine di confutarne la qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto, inoltre, il Tribunale era incorso in un errore di diritto. Sebbene il riconoscimento della validità di un brevetto oggetto di una controversia tra due parti possa costituire un elemento pertinente al fine di valutare se, in uno stesso mercato, le restrizioni della concorrenza determinate da un accordo transattivo relativo a tale controversia possano essere attenuate, o addirittura neutralizzate, dalla conclusione, tra le stesse parti, di un accordo di licenza di tale brevetto, ciò non costituisce infatti un fattore decisivo o pertinente per qualificare come restrizione della concorrenza per oggetto una pratica collusiva, come quella imputata alla Servier e alla Krka, consistente nel ripartirsi taluni mercati mediante un accordo transattivo di una controversia riguardante un brevetto attinente a mercati che rientrano nell’ambito geografico dell’infrazione, ed un accordo di licenza di tale brevetto relativo a mercati che non vi rientrano.

In terzo luogo, basandosi sugli effetti favorevoli alla concorrenza constatati sui mercati principali della Krka, il Tribunale era incorso in un errore di interpretazione e di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Al fine di stabilire se un comportamento presenti il grado di dannosità necessario per costituire una restrizione della concorrenza per oggetto ai sensi di tale articolo, infatti, non è necessario esaminare e, a maggior ragione, dimostrarne gli effetti sulla concorrenza, siano essi reali o potenziali, negativi o positivi[11]. Di conseguenza, gli eventuali effetti positivi o favorevoli alla concorrenza di un comportamento non possono essere presi in considerazione al fine di valutare se lo stesso debba essere qualificato come restrizione della concorrenza per oggetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, anche nell’ambito di un eventuale esame della questione se il comportamento in parola presenti il grado di dannosità richiesto ai fini di una tale qualificazione.

In quarto luogo, il Tribunale non aveva tenuto conto delle caratteristiche del c.d. “metodo controfattuale”[12] inerente alla valutazione di una restrizione della concorrenza per effetto ai fini dell’applicazione dell’articolo 101 TFUE. Il Tribunale, infatti, aveva dichiarato che la valutazione degli effetti anticoncorrenziali dell’accordo transattivo Krka si fondava su un approccio ipotetico e su un esame incompleto di tali effetti, poiché la Commissione non aveva incluso nello scenario controfattuale lo svolgimento reale degli eventi successivi a tale accordo. Tale ragionamento, tuttavia, prescinde dal fatto che per mettere in luce gli effetti anticoncorrenziali di un accordo è necessario ricorrere ad uno scenario controfattuale che, per definizione, è ipotetico, nel senso che non si è realizzato, e che non può quindi basarsi su elementi successivi alla conclusione di tale accordo[13]. Limitandosi a dichiarare che la Commissione non aveva dimostrato, da un lato, che, in assenza della clausola di non commercializzazione prevista dall’accordo transattivo Krka, quest’ultima sarebbe probabilmente entrata nei mercati in Francia, nei Paesi Bassi e nel Regno Unito e, dall’altro, che, in assenza della clausola di non contestazione prevista da tale accordo, il proseguimento dei procedimenti contenziosi che contestavano la validità dell’EP 947 avrebbe, probabilmente, o addirittura plausibilmente, consentito un annullamento più rapido o più completo di tale brevetto, inoltre, il Tribunale aveva commesso un errore di interpretazione e di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Spettava al Tribunale, infatti, accertare che lo scenario controfattuale impiegato dalla Commissione fosse realistico e credibile, verificando se la Krka disponesse di una possibilità reale e concreta di inserirsi in tali mercati entro un termine idoneo ad esercitare una pressione concorrenziale sulla Servier.

In quinto luogo, il Tribunale aveva errato nella definizione del mercato rilevante. A tale scopo, il prezzo e la quantità venduta di un prodotto non sono espressione di un tipo di concorrenza distinto, che possa contrapporsi a quella che dipende dalla qualità di tale prodotto o agli sforzi compiuti per garantirne la promozione commerciale. La sostituibilità economica, al contrario, riflette l’insieme delle caratteristiche dei prodotti in questione, ivi comprese quelle relative ai loro costi promozionali nonché alla loro qualità intrinseca o percepita. L’incentivo a fornire un prodotto di qualità, infatti, dipende dalla volontà del consumatore di pagare per tale qualità, indipendentemente dal fatto che la domanda dei medicinali sia guidata dalle scelte dei medici prescriventi più che da quelle dei loro pazienti. A prescindere dalle caratteristiche peculiari del settore farmaceutico legate alla normativa applicabile, al ruolo dei medici prescriventi nonché alla presa in carico del prezzo dei medicinali da parte di meccanismi assicurativi, pertanto, la sostituibilità economica tra medicinali deve essere esaminata alla luce dei trasferimenti delle vendite tra medicinali destinati ad una stessa indicazione terapeutica, indotti dalle variazioni dei prezzi relativi di tali medicinali, di talché la constatazione dell’assenza di una siffatta sostituibilità rivela l’esistenza di un mercato distinto a prescindere da quali ne siano le cause. Di conseguenza, il Tribunale non poteva, senza contraddirsi in modo manifesto, dichiarare che la relativa inelasticità della domanda di Perindopril rispetto al prezzo era poco pertinente ai fini della determinazione del mercato rilevante in quanto poteva essere spiegata o giustificata dalla qualità di tale medicinale e dall’importanza delle iniziative promozionali del suo produttore.

Il Tribunale, infine, era incorso in un errore di diritto in merito alla determinazione della data di cessazione dell’infrazione relativa all’accordo concluso con la Lupin, non fornendo alcuna spiegazione delle ragioni per le quali il mercato francese era stato trattato in modo diverso, nella Decisione C(2014) 4955 final, rispetto ai mercati belga, ceco, irlandese e ungherese. Più particolarmente, il Tribunale aveva menzionato incertezze anche per quanto riguarda tale mercato, quanto alla data in cui la Lupin era libera di entrarvi a causa dell’ingresso della Sandoz, senza tuttavia trarne alcuna conseguenza per quanto riguarda la data in cui l’infrazione era cessata. Di conseguenza, la sentenza del Tribunale non consente di comprendere perché la Commissione non avrebbe commesso alcun illecito trattando il mercato francese diversamente dagli altri quattro mercati coinvolti. Tutto ciò premesso, pertanto, la Corte ha deciso di ridurre l’importo dell’ammenda relativa a tale frazione, fissandolo in circa 34 milioni di euro.

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[1] Gli accordi pay-for-delay sono accordi volti a ritardare la commercializzazione di un farmaco generico dietro pagamento di un corrispettivo o altra utilità.

[2] CGUE 27.06.2024, Causa C-144/19 P, Lupin contro Commissione; Causa C-151/19 P, Commissione contro Krka; Causa C-164/19, Niche Generics contro Commissione; Causa C-166/19 P, Unichem Laboratories contro Commissione; Causa C-176/19 P, Commissione contro Servier e a.; Causa C-197/19 P, Mylan Laboratories e Mylan contro Commissione; Causa C-198/19 P, Teva UK e a. contro Commissione; Causa C-201/19 P, Servier e a. contro Commissione e Causa C-207/19 P, Biogaran contro Commissione.

[3] Dec. Comm. C(2014) 4955 final, del 9 luglio 2014, relativa a un procedimento di applicazione dell’articolo 101 e dell’articolo 102 TFUE, Caso AT.39612 – Perindopril (Servier).

[4] Per ulteriori informazioni si veda il nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK.

[5] CGUE 28.03.1984, Cause riunite 29/83 e 30/83, Compagnie royale asturienne des mines e Rheinzink contro Commissione, punto 26; CGUE 08.11.1983, Cause riunite da 96/82 a 102/82, 104/82, 105/82, 108/82 e 110/82, IAZ International Belgium e altri contro Commissione, punti 23-25.

[6] CGUE 30.01.2020, Causa C‑307/18, Generics (UK) e altri, punto 81.

[7] Tribunale 12.12.2018, Causa T-691/14, Servier SAS e a. contro Commissione europea.

[8] Tribunale 12.12.2018, Causa T-684/14, Krka Tovarna Zdravil d.d. contro Commissione europea.

[9] Ossia un pagamento dall’impresa produttrice di farmaci originari a quella produttrice di medicinali generici.

[10] Si veda il punto 1006 della Causa T-691/14.

[11] CGUE 21.12.2023, Causa C‑333/21, European Superleague Company, punti 159-166.

[12] Nello specifico, al fine di valutare l’esistenza di effetti anticoncorrenziali prodotti da un accordo tra imprese occorre confrontare la situazione concorrenziale risultante da tale accordo e quella che esisterebbe in sua assenza.

[13] CGUE 30.01.2020, Causa C‑307/18, Generics (UK) e altri, punti 115-120; CGUE 06.12.2012, Causa C‑457/10 P, AstraZeneca/Commissione, punto 110.