L’AG PIKAMÄE SI PRONUNCIA SULLA NORMATIVA NAZIONALE CHE PREVEDE L’OBBLIGO DI AVVIARE I PROCEDIMENTI VOLTI ALL’ACCERTAMENTO DI INFRAZIONI NEL SETTORE DEL DIRITTO DEL CONSUMO ENTRO UN TERMINE DI 90 GIORNI

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In data 5 settembre 2024, l’Avvocato Generale Pikamäe ha presentato le sue conclusioni nelle Cause riunite C-510/23 e C-511/23,Trenitalia SpA e Caronte & Tourist SpA contro Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, sull’interpretazione della c.d. “Direttiva sulle pratiche commerciali sleali”[1] nonché dell’articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) letto alla luce dei principi di tutela della concorrenza ed effettività dell’azione amministrativa. Tali domande erano state presentate nell’ambito di due controversie tra, da un lato, la Trenitalia SpA (“Trenitalia”) e la Caronte & Tourist SpA (“Caronte”) e, dall’altro, e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) in merito alle sanzioni adottate nei loro confronti a causa di una pratica commerciale sleale e di un abuso di posizione dominante.

Questi i fatti.

Dopo aver ricevuto diverse segnalazioni relative alle modalità di vendita dei biglietti ferroviari online da parte di Trenitalia, e dopo avviato nei suoi confronti un procedimento volto ad accertare un illecito consumeristico, in data 19 luglio 2017 l’AGCM le aveva irrogato una sanzione pari a 5 milioni di euro per aver indicato, nell’ambito delle soluzioni di viaggio proposte attraverso il suo sistema informatico di informazione, di ricerca e di acquisto di biglietti, i risultati che comportavano l’utilizzo di treni a mercato omettendo quelli che comportavano, per i medesimi orari, l’utilizzo di treni regionali maggiormente economici.

Di conseguenza, Trenitalia aveva adito il Tribunale amministrativo regionale (TAR) per il Lazio (il “giudice del rinvio”) contestando la decisione dell’AGCM e deducendo la violazione del termine perentorio di 90 giorni previsto all’articolo 14 della Legge n. 689/81[2]per l’avvio di un procedimento per l’accertamento di un illecito consumeristico. Alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, pertanto, il giudice del rinvio aveva deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte di Giustizia se l’articolo 11[3] Direttiva 2005/29, letto alla luce dei principi di tutela dei consumatori ed effettività dell’azione amministrativa, debba essere interpretato nel senso che osti ad una normativa nazionale, quale quella discendente dall’applicazione dell’articolo 14 della Legge n. 689/81 che impone all’AGCM di avviare il procedimento istruttorio per l’accertamento di una pratica commerciale scorretta entro un termine decadenziale di novanta giorni, decorrente dal momento in cui l’Autorità ha la conoscenza degli elementi essenziali della violazione, potendo questi ultimi esaurirsi nella prima segnalazione dell’illecito.

Similmente, dopo aver ricevuto la segnalazione di un consumatore che lamentava i prezzi eccessivamente esosi del servizio di traghettamento fornito dalla Caronte, e dopo aver avviato un apposito procedimento, in data 29 marzo 2022 l’AGCM aveva irrogato nei confronti di quest’ultima una sanzione pecuniaria pari a circa 3 milioni di euro. Di conseguenza, la Caronte aveva adito il giudice del rinvio contestando la decisione dell’AGCM ed invocando la violazione del termine perentorio di 90 giorni previsto dall’articolo 14 della Legge n. 689/81. Il giudice del rinvio, pertanto, aveva deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte di Giustizia se l’articolo 102 TFUE, letto alla luce dei principi di tutela della concorrenza ed effettività dell’azione amministrativa, debba essere interpretato nel senso che osti ad una normativa nazionale, quale quella discendente dall’applicazione dell’articolo 14 della Legge n. 689/81 che impone all’AGCM di avviare il procedimento istruttorio per l’accertamento di un abuso di posizione dominante entro il termine decadenziale di novanta giorni, decorrente dal momento in cui l’Autorità ha la conoscenza degli elementi essenziali della violazione, potendo questi ultimi esaurirsi nella prima segnalazione dell’illecito.

L’AG ha preliminarmente ricordato che nel sistema decentrato di attuazione delle norme europee in materia di concorrenza, in cui le autorità nazionali (ANC) applicano direttamente queste ultime, la definizione delle regole sulla prescrizione in materia di imposizione delle sanzioni spetta agli Stati Membri, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività. Più particolarmente, dagli articoli 25[4] e 26[5] del Regolamento n. 1/2003, che fissano termini di prescrizioni volti a delimitare il potere della Commissione di imporre e dare esecuzione alle sanzioni irrogate sotto forma di ammende e penalità di mora, non si evince alcun requisito giuridico a carico degli Stati Membri, in quanto tali termini non si applicano alle ANC essendo queste ultime soggette alle norme nazionali in materia di prescrizione[6]. In assenza di norme vincolanti del diritto dell’Unione, inoltre, spetta agli Stati Membri adottare e applicare quelle procedurali in materia di imposizione di sanzioni da parte delle ANC[7], la cui determinazione deve in ogni caso prevedere la fissazione di termini ragionevoli che tutelano sia l’interessato che l’amministrazione coinvolta[8].

Laddove uno Stato Membro attua le norme europee in materia di concorrenza, i diritti che derivano dal principio di buona amministrazione, e segnatamente quello di qualsiasi soggetto di vedere la propria causa trattata imparzialmente ed entro un termine ragionevole, trovano applicazione nell’ambito del procedimento condotto dalle ANC[9]. Di conseguenza, le norme nazionali che fissano i termini di prescrizione devono essere concepite in modo da creare un equilibrio tra, da un lato, gli obiettivi di garantire la certezza del diritto e la trattazione dei casi entro un termine ragionevole in quanto principi generali del diritto dell’Unione e, dall’altro, l’attuazione effettiva ed efficace degli articoli 101 e 102 TFUE, al fine di rispettare l’interesse pubblico ad evitare distorsioni nel funzionamento del mercato interno dovute ad accordi o pratiche anticoncorrenziali[10]. Più particolarmente, al fine di determinare se un regime nazionale di prescrizione stabilisca un tale equilibrio, occorre prendere in considerazione tutti gli elementi di tale regime, tra i quali possono figurare, tra gli altri, la data a partire dalla quale inizia a decorrere il termine di prescrizione, la durata di detto termine nonché le modalità di sospensione o di interruzione di quest’ultimo[11].

Tutto ciò premesso, i casi in materia di diritto della concorrenza richiedono di norma una complessa analisi materiale ed economica[12]. Il termine fissato dalla Legge n. 689/81, tuttavia, non solo non tiene conto di ciò, e bensì sembra fondarsi su premesse che trascurano completamente il fatto che le ANC necessitano spesso della cooperazione delle imprese interessate. Prima della formale apertura del procedimento, inoltre, le ANC si coordinano di norma tra di loro e con la Commissione al fine di garantire una ripartizione ottimale delle cause tra le diverse autorità all’interno della rete prevista dal Regolamento n. 1/2003, soprattutto in caso di denunce o di domande di trattamento favorevole indirizzate a più autorità. Tenuto conto della portata di queste attività preliminari, pertanto, secondo l’AG in numerosi casi risulta estremamente difficile, se non addirittura impossibile, per l’AGCM svolgere le sue attività entro un termine di soli 90 giorni, che ai sensi della Legge n. 689/81 non può essere né sospeso né prorogato. Il fatto che il rispetto del termine assuma carattere perentorio, infine, impedisce all’AGCM di organizzare liberamente il suo lavoro, come richiesto dall’articolo 4, paragrafo 5[13], della Direttiva 2019/1, ossia di definire le proprie priorità per lo svolgimento dei compiti ai fini dell’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE, ciò che può lederne l’indipendenza e spingerla ai limiti delle sue capacità.

Secondo l’AG, tali considerazioni possono essere trasposte anche al settore della tutela dei consumatori. Nello specifico, benché le norme europee non ostino alla fissazione di termini procedurali nell’interesse della certezza del diritto[14], occorre che gli stessi non mettano a rischio la realizzazione degli obiettivi che la Direttiva 2005/29 mira a proteggere[15]. Quale autorità incaricata di applicare quest’ultima, pertanto, l’AGCM deve poter disporre di un termine ragionevole per suffragare gli elementi forniti con le segnalazioni dei singoli consumatori o verificare le informazioni ottenute d’ufficio nei singoli casi in esame. Un termine imperativo di 90 giorni per la fase preliminare all’istruttoria può essere ragionevole in casi relativamente semplici, ma sembra troppo breve in altri casi che presentano, ad esempio, una maggiore complessità in fatto o in diritto, di talché sussiste un rischio non trascurabile che l’AGCM non disponga del tempo e dei mezzi necessari per combattere e sanzionare le pratiche commerciali sleali ai sensi di tale direttiva.

Un ulteriore aspetto che solleva dubbi sotto il profilo del rispetto del principio del termine ragionevole concerne l’incertezza legata al dies a quo del termine controverso. Il verificarsi dell’evento scatenante, infatti, può variare in funzione delle circostanze del caso concreto, dipendendo in particolare dalla questione se una denuncia contenga tutte le informazioni di cui l’AGCM necessita per identificare una violazione. Secondo l’AG, tuttavia, ciò non soddisfa i requisiti della certezza del diritto, soprattutto se si tiene conto dell’interesse di tutte le parti a sapere se le decisioni adottate dall’AGCM siano conformi alla legge o se i diritti delle imprese interessate siano stati violati.

Secondo l’AG, inoltre, non si comprende come la Legge n. 689/81 possa tutelare i diritti della difesa. Le imprese cui è contestato di aver attuato una pratica anticoncorrenziale o commerciale sleale, infatti, non subiscono una lesione dei propri diritti della difesa a causa del decorso di un termine di 90 giorni, poiché, in ogni caso, nessuna sanzione può essere imposta dall’AGCM senza aver condotto una fase istruttoria nel corso della quale le stesse dispongono delle garanzie necessarie e possono far valere i loro diritti della difesa. Ai fini di una protezione dei diritti della difesa, inoltre, non sembra necessario esigere che l’impresa eserciti in tutti i casi i propri diritti nell’ambito di una fase preliminare all’istruttoria, essendo sufficiente, in linea di principio, garantirne l’esercizio prima che una decisione sia adottata dall’AGCM. Nella misura in cui il superamento del termine controverso comporta una presunzione assoluta di lesione dei diritti della difesa delle imprese interessate, pertanto, la Legge n. 689/81 non instaura un adeguato equilibrio tra l’applicazione efficace dell’articolo 102 TFUE e i diritti della difesa di dette imprese.

L’applicazione del principio del ne bis in idem, infine, comporta che se il termine è decorso senza che l’AGCM abbia formalmente comunicato al professionista l’apertura del procedimento, tale autorità si trova nell’impossibilità assoluta di indagare sulla pratica commerciale in un momento successivo e di adottare qualsiasi azione volta a tutelare i consumatori, ciò che consentirebbe sia la prosecuzione di una pratica commerciale sleale e anticoncorrenziale già in corso sia la sua impunità.

Alla luce di quanto visto finora, pertanto, l’AG ha suggerito alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali nel senso che:

L’articolo 102 TFUE, l’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva (UE) 2019/1 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che conferisce alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri poteri di applicazione più efficaci e che assicura il corretto funzionamento del mercato interno, e gli articoli 11 e 13 della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali»), letti alla luce dei principi di effettività, devono essere interpretati nel senso che ostano a disposizioni nazionali, quali l’articolo 14 della legge del 24 novembre 1981, n. 689 – Modifiche al sistema penale, che prevedono termini di decadenza brevi e, in tal modo, non consentono alle autorità nazionali incaricate dell’applicazione dei succitati atti normativi dell’Unione di predisporre mezzi adeguati ed efficaci per combattere e sanzionare in maniera effettiva, proporzionata e dissuasiva le pratiche commerciali anticoncorrenziali e sleali all’interno del mercato unico”.

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[1] Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, GUUE L 149 dell’11.06.2005.

[2] Legge 24 novembre 1981, n. 689, Modifiche al sistema penale, GU n. 329 del 30.11.1981. L’articolo 14 della Legge, intitolato “Contestazione e notificazione”, dispone: “La violazione, quando è possibile, deve essere contestata immediatamente tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta per la violazione stessa.

Se non è avvenuta la contestazione immediata per tutte o per alcune delle persone indicate nel comma precedente, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all’estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall’accertamento.

Quando gli atti relativi alla violazione sono trasmessi all’autorità competente con provvedimento dell’autorità giudiziaria, i termini di cui al comma precedente decorrono dalla data della ricezione.

Per la forma della contestazione immediata o della notificazione si applicano le disposizioni previste dalle leggi vigenti. In ogni caso la notificazione può essere effettuata, con le modalità previste dal Codice di Procedura Civile, anche da un funzionario dell’amministrazione che ha accertato la violazione.

Per i residenti all’estero, qualora la residenza, la dimora o il domicilio non siano noti, la notifica non è obbligatoria e resta salva la facoltà del pagamento in misura ridotta sino alla scadenza del termine previsto nel secondo comma dell’art. 22 per il giudizio di opposizione.

L’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione si estingue per la persona nei cui confronti è stata omessa la notificazione nel termine prescritto…”.

[3] L’articolo 11 della Direttiva 2005/29, intitolato “Applicazione”, ai paragrafi 1-2 dispone: “Gli Stati membri assicurano che esistano mezzi adeguati ed efficaci per combattere le pratiche commerciali sleali al fine di garantire l’osservanza delle disposizioni della presente direttiva nell’interesse dei consumatori.

Tali mezzi includono disposizioni giuridiche ai sensi delle quali le persone o le organizzazioni che secondo la legislazione nazionale hanno un legittimo interesse a contrastare le pratiche commerciali sleali, inclusi i concorrenti, possono:

a) promuovere un’azione giudiziaria contro tali pratiche commerciali sleali,

e/o

b) sottoporre tali pratiche commerciali sleali al giudizio di un’autorità amministrativa competente a giudicare in merito ai ricorsi oppure a promuovere un’adeguata azione giudiziaria.

Spetta a ciascuno Stato membro decidere a quali di questi mezzi si debba ricorrere e se sia opportuno che l’organo giurisdizionale o amministrativo possa esigere che si ricorra in via preliminare ad altri mezzi previsti per risolvere le controversie, compresi quelli di cui all’articolo 10. Il ricorso a tali mezzi è indipendente dal fatto che i consumatori interessati si trovino nel territorio dello Stato membro in cui è stabilito il professionista o in un altro Stato membro.

Spetta a ciascuno Stato membro decidere:

a) se le azioni giudiziarie possano essere promosse singolarmente o congiuntamente contro più professionisti dello stesso settore economico,

e

b) se possano essere promosse nei confronti del responsabile del codice allorché il codice in questione incoraggia a non rispettare i requisiti di legge.

Nel contesto delle disposizioni giuridiche di cui al paragrafo 1, gli Stati membri conferiscono all’organo giurisdizionale o amministrativo il potere, qualora ritengano necessari detti provvedimenti tenuto conto di tutti gli interessi in causa e, in particolare, dell’interesse generale:

a) di far cessare le pratiche commerciali sleali o di proporre le azioni giudiziarie appropriate per ingiungere la loro cessazione,

e

b) qualora la pratica commerciale sleale non sia stata ancora posta in essere ma sia imminente, di vietare tale pratica o di proporre le azioni giudiziarie appropriate per vietarla,

anche in assenza di prove in merito alla perdita o al danno effettivamente subito, oppure in merito all’intenzionalità o alla negligenza da parte del professionista.

Gli Stati membri prevedono inoltre disposizioni affinché i provvedimenti di cui al primo comma possano essere adottati nell’ambito di un procedimento d’urgenza:

– con effetto provvisorio,

oppure

– con effetto definitivo,

fermo restando che compete ad ogni Stato membro scegliere una delle due opzioni.

Inoltre, al fine di impedire che le pratiche commerciali sleali la cui sospensione sia stata ordinata da una decisione definitiva continuino a produrre effetti, gli Stati membri possono conferire all’organo giurisdizionale o all’autorità amministrativa il potere:

a) di far pubblicare tale decisione per esteso, o in parte, e nella forma che ritengano opportuna,
b) far pubblicare inoltre una dichiarazione rettificativa…”.

[4] Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato, GUUE L 1 del 04.01.2003. L’articolo 25 del Regolamento, intitolato “Prescrizione in materia di imposizione di sanzioni”, dispone: “… I poteri conferiti alla Commissione in virtù degli articoli 23 e 24 sono soggetti ai termini di prescrizione seguenti:

a) tre anni per le infrazioni alle disposizioni relative alla richiesta di informazioni o all’esecuzione di accertamenti;
b) cinque anni per le altre infrazioni.

La prescrizione decorre dal giorno in cui è stata commessa l’infrazione. Tuttavia, per quanto concerne le infrazioni continuate o ripetute, la prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata l’infrazione.

La prescrizione riguardante l’imposizione di ammende o di penalità di mora si interrompe con qualsiasi atto della Commissione o dell’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro destinato all’accertamento o alla repressione dell’infrazione. La prescrizione è interrotta a partire dal giorno in cui l’atto è notificato ad almeno un’impresa, o associazione di imprese, che abbia partecipato all’infrazione. Gli atti interruttivi della prescrizione comprendono in particolare:

a) le domande scritte di informazioni formulate dalla Commissione o da un’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro;
b) i mandati scritti ad eseguire accertamenti rilasciati ai propri agenti dalla Commissione o da un’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro;
c) l’avvio di un procedimento da parte della Commissione o di un’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro;
d) la comunicazione degli addebiti mossi dalla Commissione o da un’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro.

L’interruzione della prescrizione vale nei confronti di tutte le imprese ed associazioni di imprese che abbiano partecipato all’infrazione.

Per effetto dell’interruzione si inizia un nuovo periodo di prescrizione. La prescrizione opera tuttavia al più tardi allo spirare del doppio del termine previsto, se la Commissione non ha irrogato un’ammenda o una penalità di mora entro tale termine. Detto termine è prolungato della durata della sospensione in conformità al paragrafo 6.

La prescrizione in materia di imposizione di ammende o di penalità di mora rimane sospesa per il tempo in cui pende dinanzi alla Corte di giustizia un ricorso contro la decisione della Commissione…”.

[5] L’articolo 26 del Regolamento n. 1/2003, intitolato “Prescrizione in materia d’esecuzione delle sanzioni”, dispone: “… Il potere della Commissione di procedere all’esecuzione delle decisioni adottate ai sensi degli articoli 23 e 24 si prescrive dopo cinque anni.

La prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui la decisione è divenuta inoppugnabile.

La prescrizione in materia di esecuzione delle sanzioni è interrotta:

a) dalla notificazione di una decisione che modifica l’ammontare iniziale dell’ammenda o della penalità di mora, oppure respinge una domanda intesa ad ottenere una tale modifica;
b) da ogni atto compiuto dalla Commissione o da uno Stato membro, su richiesta della Commissione, ai fini dell’esecuzione forzata dell’ammenda o della penalità di mora.

Dopo ogni interruzione inizia un nuovo periodo di prescrizione. 5. La prescrizione in materia di esecuzione delle sanzioni è sospesa:

a) per tutto il periodo nel quale è consentito il pagamento;
b) per tutto il periodo nel quale l’esecuzione forzata è sospesa in virtù di una decisione della Corte di giustizia…”.

[6] CGUE 21.01.2021, Causa C‑308/19, Whiteland Import Export, punto 37.

[7] Ibidem, punto 45.

[8] Ibidem, punto 48.

[9] CGUE 30.01.2024, Causa C‑471/22, Agentsia «Patna infrastruktura» (Finanziamento europeo di infrastrutture stradali), punto 41; CGUE 19.12.2012, Causa C‑452/11 P, Heineken Nederland e Heineken/Commissione, punto 97; CGUE 21.09.2006, Causa C‑113/04 P, Technische Unie/Commissione, punto 40; CGUE 15.10.2002, Cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, punti 181-184, 199 e 230.

[10] CGUE 21.01.2021, Causa C‑308/19, Whiteland Import Export, punto 49.

[11] Ibidem, punto 50.

[12] Ibidem, punto 51.

[13] Direttiva (UE) 2019/1 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che conferisce alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri poteri di applicazione più efficace e che assicura il corretto funzionamento del mercato interno, GUUE L 11 del 14.01.2019. L’articolo 4 della Direttiva, intitolato “Indipendenza”, al paragrafo 5 dispone: “Le autorità amministrative nazionali garanti della concorrenza hanno il potere di definire le loro priorità per lo svolgimento dei compiti ai fini dell’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE di cui all’articolo 5, paragrafo 2, della presente direttiva. Nella misura in cui tali autorità sono tenute a prendere in considerazione le denunce formali, esse hanno il potere di respingere tali denunce a motivo del fatto che non le considerano delle priorità investigative. Ciò non pregiudica il potere delle autorità amministrative nazionali garanti della concorrenza di respingere le denunce per altri motivi definiti dal diritto nazionale…”.

[14] CGUE 08.07.2010, Causa C‑246/09, Bulicke, punto 36.

[15] CGUE 29.10.2015, Causa C‑8/14, BBVA, punto 40.