VERSO UN NUOVO ORIZZONTE DELLE POLITICHE DI ALLARGAMENTO DELL’UNIONE EUROPEA?

marketude Diritto costituzionale e internazionale, Diritto Europeo e della Concorrenza, Federico Aluigi, Prospettive, Pubblicazioni, Roberto A. Jacchia

La sola ipotesi di un nuovo allargamento dell’Unione Europea prima del conflitto russo-ucraino nel febbraio 2022, appariva ai più un esercizio irrealistico, in vista della situazione di stallo, la c.d. enlargement fatigue[1], nel quale tale prospettiva politica sembrava essersi fermata negli ultimi 15 anni, con la significativa eccezione dell’ingresso della Croazia nel 2013. Tuttavia, con il consolidarsi di un teatro di guerra alle porte dell’Europa, i 27 Stati membri e le istituzioni dell’Unione hanno riscoperto quello che era stato il principale catalizzatore dell’allargamento verso est del 2004/2007[2]: la preoccupazione dell’Unione Europea per la propria sicurezza.

L’appeal politico di questa visione è confermato dal ritorno all’ordine del giorno di grandi temi come la difesa comune[3] e, appunto, l’allargamento, fino a qualche anno fa considerati argomenti troppo controversi e, comunque, distanti.

Successivamente al febbraio 2022, si è registrata un’intensità senza precedenti di sviluppi, tra i quali vale la pena menzionare il conferimento dello status di Stato candidato alla Georgia (dicembre 2023) e l’apertura dei negoziati di accesso con Macedonia del Nord (marzo 2022), Ucraina e Moldavia (dicembre 2023), e Bosnia ed Erzegovina (marzo 2024).

 

Le principali questioni sul tavolo

All’epoca del grande allargamento del 2004/2007, l’esigenza dell’Unione era quella di occupare lo spazio geopolitico liberato dal crollo dell’Unione Sovietica (URSS) così da favorirne uno sviluppo democratico e di mercato, privilegiando la celerità rispetto al rigore. Il risultato fu un successo, che alimentò il mito del c.d. trasformative power dell’Unione, ma furono al contempo valutati a maglie molto larghe una serie di criteri a cui oggi la Commissione e, soprattutto, i 27 Stati membri[4], dimostrano di prestare una rinnovata attenzione.

I casi di Cipro, entrato nell’Unione nel 2004 come Stato diviso fra la zona greca e la zona turca consistente nella non riconosciuta Cipro-Nord, e del Golfo di Pirano in Istria, ancora oggi conteso tra Slovenia e Croazia, continuano a costituire irrisolti precedenti significativi. Ed oggi viene infatti prestata ben maggiore attenzione ai contenziosi bilaterali in cui gli Stati candidati potrebbero essere coinvolti[5].

Inoltre, è ora un dato condiviso che il processo di state-building[6] richieda, per la sua oggettiva complessità, dei tempi rilevanti, mentre nel clima geopolitico del 2004/2007, l’Unione aveva interpretato in modo “generoso” i criteri fondamentali di accesso. Solo successivamente, in particolare nei casi di Romania e Bulgaria e, più recentemente, di Polonia e Ungheria, è emerso come, in mancanza di un’infrastruttura giuridica interna idonea a consentire l’effettiva applicazione del diritto europeo od in caso di derive in materia di diritti fondamentali e democraticità, risulti straordinariamente problematico per l’Unione intervenire nei riguardi di uno Stato membro.

Peraltro, l’ingresso nell’Unione Europea non dipende solo dal rispetto da parte degli Stati candidati di condizionalità stringenti e precise, ma anche e specularmente, dalla c.d. integration capacity[7] dell’Unione stessa. In altre parole, devono sussistere presupposti tali da assicurare un suo efficace ed effettivo funzionamento nella forma allargata, con la conseguenza che fino al raggiungimento di un consenso politico tra gli attuali Stati membri su una riforma interna – che potrebbe dover richiedere una modifica dei Trattati – difficilmente potranno perfezionarsi nuovi allargamenti[8].

Dunque, se da un lato sembra ora palesarsi un maggiore consenso in favore di una politica di allargamento, dall’altro sono da mettere in conto azioni e mutamenti importanti, sia da parte dell’Unione che degli Stati candidati, per avvalersi di quella che la Commissione ha definito una “opportunità storica”[9].

Vediamo ora, in breve e senza pretesa di esaustività, i fondamentali dell’attuale processo di allargamento.

 

Il processo di allargamento

Il processo di allargamento si declina sulla base dei criteri[10] indicati dall’articolo 49 del Trattato sull’Unione Europea (TUE) e sui c.d. criteri di Copenaghen. Questi ultimi, introdotti nel Consiglio europeo di Copenaghen del 1993, consistono in:

  1. Criterio politico, che richiede allo Stato candidato di possedere una struttura amministrativa, politica e giudiziaria in grado di garantire il rispetto delle libertà fondamentali, dei valori democratici e dello Stato di diritto. Il suo rispetto è necessario già per la concessione dello status di candidato;
  2. Criterio economico, che richiede allo Stato candidato di operare sulla scorta di un’economia funzionante, in grado di reggere alle forze e alle pressioni comportate dall’ingresso nel mercato unico;
  3. Criterio dell’acquis, che riguarda l’armonizzazione dell’ordinamento dello Stato candidato con il diritto dell’Unione, ivi compreso il corpus giurisprudenziale della Corte di Giustizia, e la capacità di implementarlo e applicarlo effettivamente.

Muovendo da questi presupposti, l’Unione si è dotata di una specifica procedura di allargamento – il cui ultimo aggiornamento risale al 2020[11] – che consiste in tre principali fasi: domanda di adesione, negoziati, ingresso. Le azioni, le riforme e i progressi degli Stati candidati ricevono il supporto tecnico e finanziario dall’Unione, in particolare, attraverso lo Strumento di Assistenza Pre-Adesione (IPA).

Nella prima fase, su raccomandazione della Commissione, il Consiglio decide all’unanimità di accordare lo status di candidato allo Stato che ha presentato domanda di adesione. La Commissione predispone inoltre un quadro negoziale che servirà da base per le trattative.

Nella seconda fase, i negoziati si svolgono tramite conferenze intergovernative (CIG) organizzate sulla base di 35 capitoli[12]suddivisi in 6 gruppi tematici detti cluster[13]. Tra questi, particolare menzione merita il cluster 1 dei c.d. fundamentals, che include i capitoli relativi alla pubblica amministrazione, ai diritti fondamentali, alla giustizia, oltre ai criteri economici essenziali per una corretta integrazione nel mercato unico. I progressi dei gruppi tematici determinano l’andamento dei negoziati. Nei paragrafi seguenti, si farà cenno di taluni casi in cui si sono riscontrate particolari criticità nelle adesioni in fieri.

Infine, una volta che lo Stato candidato abbia raggiunto un sufficiente livello di prontezza, viene negoziato il trattato di adesione, il quale deve essere approvato e ratificato da tutti gli Stati membri, dallo Stato candidato e dalle tre istituzioni principali dell’Unione(Consiglio, Commissione e Parlamento). A questo punto, lo Stato candidato entrerà in un periodo di transizione nel quale sarà rappresentato all’interno dell’Unione e avrà diritto di parola, ma non di voto, fino alla data di effettivo ingresso fissata nel trattato.

 

Il problematico rapporto tra Unione Europea e Turchia

La Turchia detiene il record per la più lunga attesa tra la domanda di adesione all’UE, presentata nel 1987 all’allora Comunità Europea, e l’effettivo ingresso, mai avvenuto. I negoziati erano stati aperti nel lontano 2005.

Nelle ultime conclusioni dedicate alla Turchia[14] pubblicate dal Consiglio, si evidenzia come siano tuttora assenti i presupposti basilari per realizzare i fundamentals, in vista delle restrizioni in materia di libertà di informazione, espressione, associazione e informazione, nonché della scarsa indipendenza della magistratura dall’ Esecutivo e delle inadempienze relativa alla piena attuazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).

In materia di Politica Estera e Sicurezza Comune (PESC), il Consiglio nota come, nonostante le vengano riconosciuti sforzi nell’agevolare l’esportazione dei cereali dai porti ucraini, la Turchia non abbia recepito nessuna delle sanzioni e restrizioni adottate dall’UE nei confronti della Federazione Russa. Il Consiglio esorta inoltre la Turchia a prevenire l’elusione dei suddetti provvedimenti per il tramite dell’unione doganale con l’UE in vigore dal 1995.

Inoltre, viene richiamata l’attenzione sulla mancata normalizzazione delle relazioni con la Repubblica di Cipro. La questione è di centrale importanza per l’UE, giacché Cipro è uno Stato membro dal 2004, mentre qualsiasi soluzione che preveda la coesistenza di due Stati nel territorio cipriota, come suggerito dalla Turchia, sarebbe inaccettabile, in quanto contrastante con le Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Il Consiglio ribadisce la sua posizione del 2018 nel prendere atto di una situazione di totale stallo, e dichiarando che “ … la Turchia continua ad allontanarsi sempre più dall’Unione Europea e … pertanto i negoziati di adesione[… sono giunti di fatto ad un punto morto …]”[15].

 

La relazione tormentata tra UE e Balcani Occidentali

Il Vertice UE-Balcani occidentali[16] tenutosi a Bruxelles il 13 dicembre 2023 ha sottolineato nella dichiarazione finale che “… il futuro dei Balcani occidentali è nella nostra Unione …”[17]. Una simile dichiarazione era già seguita al Vertice di Salonicco del 2003 ma, da allora, soltanto Slovenia e Croazia, rispettivamente nel 2004 e nel 2013, sono divenuti Stati membri dell’Unione.

Ricucire le divisioni e le ferite aperte ereditate dalla dissoluzione della ex Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia (SFRJ) si è, infatti, rivelata un’operazione molto complessa. Per questo motivo, l’UE ha adottato un quadro di lavoro ad hoc per i paesi dei Balcani Occidentali: il Processo di Stabilizzazione e Associazione (PSA). Questo strumento, istituito nel 2000, è mirato non solo, come nel caso degli altri Stati candidati, a favorire tramite assistenza tecnica e finanziaria il processo di riforme necessarie all’ingresso nell’Unione, ma presenta anche un focus specifico sulla promozione della cooperazione regionale e sulla risoluzione dei conflitti bilaterali.

In proposito, l’UE supporta attivamente il piano d’azione per lo sviluppo di un mercato regionale comune con l’obiettivo, tra il 2020 e il 2024, di superare la frammentazione economica e politica dell’area balcanica attraverso una serie di iniziative, come la possibilità di viaggiare con il solo documento di identità, la riduzione dei tempi di attesa alle frontiere e la firma di accordi di riconoscimento reciproco di prodotti alimentari ed industriali per favorirne la circolazione. Per di più, l’istituzione del mercato regionale comune faciliterà l’adattamento e un ingresso più fluido nel mercato unico europeo.

È inoltre da segnalarsi il recente accordo politico[18] raggiunto tra Consiglio e Parlamento europeo (aprile 2024) sul Nuovo piano di crescita per i Balcani Occidentali proposto dalla Commissione. Si tratta di 6 miliardi di euro in prestiti e sussidi, che si aggiungeranno, dopo l’adozione ufficiale del Piano, a quelli già stanziati, e che saranno destinati a progetti più specifici, quali, la costruzione di infrastrutture, la formazione del capitale umano, le PMI e lo sviluppo delle energie rinnovabili[19].

I negoziati di accesso con l’Albania[20] – formalmente aperti nel marzo 2020 – hanno avuto un inizio effettivo nel luglio 2022, con la convocazione della prima CIG. Il Consiglio constata continui progressi in materia di Stato di diritto, riforma della giustizia e della pubblica amministrazione, nonché nel campo della lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata. Anche l’impegno da parte dell’Albania nella cooperazione regionale e il pieno allineamento con la PESC sono visti con favore dal Consiglio, mentre restano miglioramenti da apportare riguardo alla protezione dei diritti fondamentali e delle minoranze, oltre che alla libertà dei media e di espressione.

Più complessa è invece la situazione in Bosnia ed Erzegovina[21], ultima arrivata (marzo 2024) tra i Paesi che hanno aperto i negoziati di adesione. Qui, il Consiglio segnala la necessità di misure che rafforzino lo Stato di diritto, la tutela delle minoranze, la promozione dei valori dell’uguaglianza e della non discriminazione (anche e soprattutto nei processi elettorali), oltre che un’intensificazione delle azioni di lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata. Una delle questioni più spinose è rappresentata dalla Republika Sprska[22], che è una componente territoriale di Bosnia ed Erzegovina, ma il cui governo continuerebbe a fare propria una retorica secessionista, antieuropeista e pro-russa, con forti limitazioni nel campo della libertà di espressione e dei media. D’altra parte, il Consiglio si allinea alle decisioni del Paese in materia di politica estera, e guarda con favore alla recente riforma della pubblica amministrazione.

I negoziati con il Montenegro[23], iniziati nel giugno 2012, si trovano oggi, nonostante i notevoli progressi ottenuti dal Paese negli anni precedenti, in una situazione di parziale congelamento fino a che non saranno registrati progressi sostanziali in materia di Stato di diritto. Il Consiglio esorta il Montenegro a procedere nella riforma della giustizia e auspica l’intensificazione degli sforzi riguardo le libertà di espressione e informazione, oltre che nella lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata. Viene invece positivamente sottolineato il sistematico allineamento del Montenegro con la PESC, anche riguardo alle misure restrittive adottate nei confronti della Federazione Russa.

Una situazione non dissimile simile caratterizza la Macedonia del Nord[24] con la quale, non appena risolte le dispute bilaterali con Grecia e Bulgaria, erano stati avviati i negoziati – formalmente aperti nel marzo 2020 – nel luglio 2022. Prima di procedere ulteriormente, il Consiglio attende una riforma costituzionale che garantisca il riconoscimento della minoranza bulgara e dei suoi diritti sul territorio macedone.

Complessivamente ben impostata quanto ai criteri economici, anche per il percorso di adesione della Serbia[25] sussistono problematicità relative allo Stato di diritto, e viene ritenuto necessario implementare maggiori garanzie del rispetto dei diritti fondamentali (con particolare attenzione alle minoranze) e progredire nella riforma del settore giudiziario. Il Consiglio, inoltre, riferisce circa la necessità di attuare misure più concrete in materia di contrasto alla disinformazione, nella quale potrebbero essere coinvolti “attori stranieri”, e nella lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata. Sebbene venga sottolineato positivamente l’impegno della Serbia in varie iniziative di cooperazione regionale, altrettanto non si può dire per le misure restrittive adottate dall’UE nei confronti di Russia e Bielorussia, anche se si segnala positivamente la cooperazione del Paese nel contrasto all’elusione delle misure restrittive dell’Unione.

Il maggiore ostacolo per la Serbia rimane la normalizzazione delle relazioni con il Kosovo[26] nel quadro del dialogo facilitato proposto dall’UE. Sul punto, il Consiglio auspica buona fede e spirito di compromesso nelle trattative e condanna ogni forma di violenza, azioni unilaterali e provocatorie da ambo le parti.

Il Kosovo, dichiaratosi indipendente nel 2008, detiene ad oggi lo status di potenziale candidato all’ingresso nell’Unione. Esso, infatti, oltre ad essere ancora distante dal soddisfacimento dei criteri di accesso, deve affrontare problemi e conseguenze relativi al suo limitato riconoscimento internazionale. In particolare, si rifiutano di riconoscerne la sovranità la Serbia, la Bosnia ed Erzegovina (a causa del veto posto dalla Republika Sprska) e 5 Stati membri dell’Unione[27].

 

Grandi aspirazioni e grandi distanze. Il sogno europeo di Ucraina, Moldavia e Georgia

Il c.d. Association Trio, composto da Ucraina, Moldavia e Georgia, è il gruppo di Paesi sul quale più influisce il tema della ricerca di sicurezza da parte dell’Unione. Le loro domande di adesione, pervenute nel febbraio (Ucraina) e nel marzo (Georgia e Moldavia) del 2022, sono state portate avanti ad una velocità record e sono culminate, nel dicembre 2023, con l’apertura dei negoziati per Ucraina e Moldavia e con la concessione dello status di Stato candidato per la Georgia.

Il Consiglio, nel rinnovare il proprio sostegno all’indipendenza e alla sovranità dell’Ucraina[28], riconosce e plaude agli sforzi del Paese nell’attuazione di riforme dello Stato di diritto e della giustizia, nonostante lo stato di guerra. Inoltre, vengono riconosciuti – e ulteriormente incoraggiati – i progressi compiuti nel campo dei diritti fondamentali, della lotta alla corruzione e del contrasto alle eccessive influenze degli oligarchi. È importante sottolineare che, sebbene l’Ucraina sia lo Stato che maggiormente beneficia del rinnovato slancio della politica europea di allargamento, il suo percorso verso l’UE è, ad oggi, probabilmente il più complesso a causa non solo del conflitto armato in atto, ma anche delle sue grandi dimensioni e, in particolare, dell’enorme impatto che l’accessione avrebbe sulla Politica agricola comune (PAC).

Una situazione parzialmente analoga caratterizza la Moldavia[29], anch’essa esortata dal Consiglio ad allinearsi agli standard europei nei settori già evidenziati per l’Ucraina. Sebbene la Moldavia non si trovi coinvolta in alcun conflitto in atto, emergono criticità in merito a influenze straniere sui processi elettorali, che il Consiglio invita a contrastare con metodiche in linea con le migliori pratiche internazionali. Infine, nel rinnovare il pieno sostegno dell’UE alla sovranità e all’integrità territoriale del paese, si fa anche un’indiretta menzione della distinta criticità che la regione separatista filorussa della Transnistria, non riconosciuta internazionalmente, porta con sé.

Più indietro nel percorso di avvicinamento all’Unione è la Georgia[30], per la quale però il Consiglio denota il grande supporto della società civile alle riforme necessarie per l’ingresso nell’UE, esortando gli attori politici a favorirne non solo la libera partecipazione, ma anche un pieno coinvolgimento nel processo di elaborazione delle politiche. Anche qui, viene segnalato pieno supporto all’unità del paese da parte dell’UE, questa volta, con implicito riferimento alle due autoproclamatesi indipendenti repubbliche filorusse dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud. Il Consiglio, infine, si attende un significativo miglioramento nell’allineamento del paese con la PESC, anche in materia di misure restrittive.

 

Osservazioni conclusive

Il tema del futuro allargamento dell’Unione Europea riflette la più ampia prospettiva di transizione e ridefinizione degli equilibri globali. Mentre le recenti aperture dei negoziati con diversi Stati candidati stanno ad indicare un rinnovato interesse per l’allargamento, è altrettanto vero che le sfide e le complessità associate a questo processo richiedono un approccio più tecnico e più sofisticato rispetto al passato. In questo contesto, emerge la necessità di un focus approfondito sulle dinamiche geopolitiche e territoriali regionali e locali. Le recenti crisi e i mutamenti in atto nel contesto internazionale, come il conflitto russo-ucraino e quelli dello scacchiere del Mediterraneo orientale, sono però inevitabilmente destinati a tradursi in una perdurante tensione, fra volontà politica di progredire nella direzione della sicurezza e della difesa comune nei tempi brevi, e realtà delle discrasie economiche, strutturali e istituzionali tra gli Stati candidati e l’Unione che invece richiederebbero tempi più lunghi. Ancora una volta, il punto di equilibrio sarà una inevitabile soluzione di compromesso.

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[1] Con il termine enlargement fatigue si indica un fenomeno caratterizzato da una diminuzione dell’entusiasmo – se non da una più radicale riluttanza – da parte degli Stati membri e delle istituzioni a mettere in cantiere un’ulteriore espansione dell’Unione, motivata dalle non secondarie implicazioni economiche, politiche e culturali.

[2] Entrarono a far parte dell’UE nel 2004: Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria. A questi 10 Stati seguirono Bulgaria e Romania nel 2007.

[3] A titolo esemplificativo, si veda il Regolamento (UE) 2023/2418 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 ottobre 2023 sull’istituzione di uno strumento per il rafforzamento dell’industria europea della difesa mediante appalti comuni (EDIRPA). È inoltre da menzionare la recente (marzo 2024) proposta della Commissione sulla Strategia industriale europea della difesa (EDIS). Per ulteriori informazioni si veda il nostro contributo al seguente LINK.

[4] Mentre storicamente la Commissione è sempre stata una grande sostenitrice dell’allargamento, gli Stati membri hanno adottato un approccio più cauto, preoccupati da tematiche quali la diluizione del potere all’interno delle istituzioni comunitarie, le modifiche al budget, i sussidi e gli interventi in favore degli Stati economicamente più deboli, ed i fenomeni migratori intra-UE in provenienza da questi ultimi.

[5] Per un approfondimento sui principali contenziosi bilaterali che coinvolgono gli Stati candidati si vedano le sezioni dedicate alla Turchia, ai Balcani occidentali e a Ucraina, Moldavia e Georgia del presente articolo.

[6] Il processo di state-building consiste nella necessità da parte dell’UE di preparare gli Stati candidati all’adesione attraverso il consolidamento e la promozione, oltre che di una solida economia di mercato, del rispetto di valori fondanti orizzontali, quali lo Stato di diritto, la democrazia e i diritti umani.

[7] In breve, essa corrisponde alla capacità dell’UE di aumentare il numero dei suoi Stati membri pur preservando un coerente ed efficiente funzionamento.

[8] Nella sua attuale configurazione istituzionale, l’UE incontrerebbe considerevoli criticità in una forma allargata a più di 30 Stati membri e, per tale ragione, il dibattito sulle riforme da attuarsi guardando a tale orizzonte è particolarmente acceso. Per un approfondimento, si veda la Comunicazione della Commissione (marzo 2024) disponibile al seguente LINK, nonché il Briefing del Servizio Ricerca del Parlamento europeo (EPRS) disponibile al seguente LINK. Brevemente, tra i principali temi in pole position: i) la necessità di intensificare i meccanismi di enforcementdello Stato di diritto; ii) l’eventuale ripensamento delle istituzioni comunitarie sia da un punto di vista esecutivo – modifica del processo di decision-making dell’Unione che riduca la portata del potere di veto in seno al Consiglio – sia da un punto di vista strutturale – ricalcolo e, se necessario, riduzione con inserimento di turnazioni per quanto riguarda i soggetti atti a rappresentare gli Stati membri all’interno delle istituzioni; iii) il budget dell’Unione necessiterebbe di essere ricalibrato, con particolare riferimento al Fondo di Coesione e al bilancio della Politica Agricola Comune (PAC).

[9] Commissione Europea 08.11.2023, Comunicazione dalla Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale europeo e al Comitato delle Regioni, COM(2023) 690 final, Comunicazione 2023 sulla politica di allargamento dell’UE.

[10] L’Articolo 49 (TUE) recita: “Ogni Stato europeo che rispetti i valori di cui all’articolo 2 e si impegni a promuoverli può domandare di diventare membro dell’Unione. Il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali sono informati di tale domanda. Lo Stato richiedente trasmette la sua domanda al Consiglio, che si pronuncia all’unanimità, previa consultazione della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo, che si pronuncia a maggioranza dei membri che lo compongono. Si tiene conto dei criteri di ammissibilità convenuti dal Consiglio europeo. Le condizioni per l’ammissione e gli adattamenti dei trattati su cui è fondata l’Unione, da essa determinati, formano l’oggetto di un accordo tra gli Stati membri e lo Stato richiedente. Tale accordo è sottoposto a ratifica da tutti gli Stati contraenti conformemente alle loro rispettive norme costituzionali”.

[11] Si veda il paragrafo I “Introduzione” della comunicazione della Commissione.

[12] Per un approfondimento sul contenuto dei singoli capitoli si veda il seguente LINK.

[13] I cluster sono: i) Fundamentals; ii) Internal market; iii) Competitiveness and inclusive growth; iv) Green agenda and sustainable connectivity; v) Resources, agriculture & cohesion e; vi) External relations. Per una più chiara rappresentazione grafica, si veda il seguente LINK.

[14] Consiglio dell’Unione Europea 12.12.2023, Conclusioni del Consiglio sull’allargamento, no. 16707/23. Per la sezione dedicata alla Turchia si vedano i punti da 54 a 64.

[15] Conclusioni del Consiglio, punto 64.

[16] Nel contesto dell’allargamento dell’UE, con il termine “Balcani occidentali” si intendono: Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia. Ad essi si aggiungono, da un punto di vista geografico, Croazia, Grecia e Slovenia, entrate rispettivamente nell’Unione nel 2013, 1981 e 2004.

[17] Si veda il seguente LINK.

[18] Si veda il seguente LINK.

[19] Per un approfondimento sui progetti già conclusi e su quelli in svolgimento, si veda il seguente LINK.

[20] Per la sezione dedicata all’Albania si vedano i punti da 46 a 53 delle conclusioni del Consiglio.

[21] Per la sezione dedicata alla Bosnia ed Erzegovina si vedano i punti da 65 a 80 delle conclusioni del Consiglio.

[22] Come disposto dagli Accordi di Dayton (1995), la Bosnia ed Erzegovina ha conservato il territorio appartenuto in precedenza alla Repubblica federativa iugoslava di Bosnia ed Erzegovina, tuttavia, esso è stato suddiviso in due entità amministrative distinte: da un lato, la Federazione di Bosnia ed Erzegovina a maggioranza croato-musulmana e, dall’altro, la Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina (Republika Sprska) a maggioranza serba. Quest’ultima occupa il 49% del territorio dell’intera Bosnia ed Erzegovina e include il 33% della sua popolazione.

[23] Per la sezione dedicata al Montenegro si vedano i punti da 15 a 22 delle conclusioni del Consiglio.

[24] Per la sezione dedicata alla Macedonia del Nord si vedano i punti da 39 a 45 delle conclusioni del Consiglio.

[25] Per la sezione dedicata alla Serbia si vedano i punti da 23 a 38 delle conclusioni del Consiglio.

[26] Per la sezione dedicata al Kosovo si vedano i punti da 81 a 93 delle conclusioni del Consiglio.

[27] In particolare: Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia.

[28] Per la sezione dedicata all’Ucraina si vedano i punti da 94 a 104 delle conclusioni del Consiglio.

[29] Per la sezione dedicata alla Moldavia si vedano i punti da 105 a 116 delle conclusioni del Consiglio.

[30] Per la sezione dedicata alla Georgia si vedano i punti da 117 a 123 delle conclusioni del Consiglio.