ACCORDI E PRATICHE CONCORDATE NEL MERCATO DEGLI AUTOCARRI. LA CORTE DI GIUSTIZIA RESPINGE L’IMPUGNAZIONE DELLA SCANIA

marketude Contenzioso, Diritto Europeo e della Concorrenza, Marco Stillo, Pubblicazioni, Trasporti, Assicurazioni e Logistica

In data 1 febbraio 2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-251/22 P, Scania e a. contro Commissione, sull’impugnazione con cui la Scania AB, la Scania CV AB e la Scania Deutschland GmbH (congiuntamente “Scania”) chiedevano l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione Europea del 2 febbraio 2022[1] che aveva respinto il loro ricorso volto, in via principale, all’annullamento della Decisione C(2017) 6467 final della Commissione[2] e, in subordine, alla riduzione dell’importo delle ammende loro inflitte da quest’ultima.

Questi i fatti.

In data 20 novembre 2014, la Commissione aveva avviato un procedimento nei confronti della Scania e di altri produttori di autocarri al fine di verificarne la partecipazione ad accordi collusivi diretti a limitare la concorrenza nel mercato degli autocarri medi e pesanti nello Spazio Economico Europeo (“SEE”). A seguito della comunicazione degli addebiti, i destinatari avevano chiesto alla Commissione di proseguire il caso nel quadro della procedura di transazione[3], mentre nei confronti della Scania, che non aveva richiesto tale procedura, l’indagine era proseguita con quella ordinaria, che si era conclusa in data 27 settembre 2017 con la Decisione C(2017) 6467 final e con la conseguente ammenda pari a circa 800 milioni di euro per l’infrazione unica e continua dell’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Tale decisione era pertanto stata adottata a seguito di un procedimento definito “ibrido”, in quanto erano stati seguiti, nei confronti di soggetti diversi, sia il procedimento di transazione che quello amministrativo ordinario in materia di intese.

La Scania aveva impugnato la decisione della Commissione dinnanzi al Tribunale dell’Unione, che tuttavia ne aveva respinto il ricorso[4]. La Scania, pertanto, si era rivolta alla Corte di Giustizia deducendo quattro motivi di impugnazione.

Con il primo motivo, la Scania sosteneva che il Tribunale era incorso in un errore di diritto respingendo l’argomento secondo cui, adottando la decisione di transazione e proseguendo l’indagine nei suoi confronti senza affidarla ad un gruppo diverso da quello che era stato incaricato del fascicolo che aveva dato luogo a tale decisione, la Commissione aveva violato l’articolo 41, paragrafo 1[5], della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione.

Secondo la Corte, tuttavia, il mero fatto che lo stesso gruppo della Commissione fosse stato incaricato delle varie fasi successive dell’accertamento che aveva portato all’adozione della decisione di transazione e poi della Decisione C(2017) 6467 final non può, di per sé e a prescindere da qualsiasi altro elemento oggettivo, far sorgere dubbi sull’imparzialità della Commissione[6]. Per di più, nulla nell’argomento della Scania consente di dimostrare che il Tribunale si sia astenuto dal valutare se, nel caso concreto, la Commissione si fosse comportata in modo conforme al principio di imparzialità oggettiva. Al contrario, rilevando i) che il ricorso da parte della Commissione ad un procedimento ibrido non consente, di per sé, di configurare una violazione del suo dovere di imparzialità, ii) che quando esamina, nell’ambito del procedimento ordinario, gli elementi di prova prodotti dalle parti che hanno scelto di non procedere alla transazione, la Commissione non è in alcun modo vincolata dalle constatazioni fattuali e dalle qualificazioni giuridiche da essa operate nella decisione di transazione nei confronti delle parti che avevano deciso di transigere, e iii) che la Scania non aveva addebitato alla Commissione di non aver rispettato, nel corso del procedimento amministrativo che aveva portato all’adozione della Decisione C(2017) 6467 final, tutte le garanzie procedurali connesse all’esercizio effettivo dei loro diritti della difesa, il Tribunale aveva esaminato il profilo oggettivo dell’obbligo di imparzialità, il cui rispetto si impone alla Commissione. Di conseguenza, il primo motivo deve essere respinto.

Il secondo motivo si divide in quattro parti.

Con la prima parte del secondo motivo, la Scania sosteneva che il Tribunale era incorso in un errore di diritto, da un lato, concludendo che, per stabilire la portata geografica di una pratica concordata, esso poteva prendere in considerazione solo quella delle informazioni ottenute e, dall’altro, omettendo, in tal modo, di prendere in considerazione, nella sua valutazione giuridica, l’intenzione delle imprese partecipanti.

La Corte ha preliminarmente ricordato che una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE può risultare non soltanto da un atto isolato, e bensì anche da una serie di atti o persino da un comportamento continuato, anche quando uno o più elementi degli stessi potrebbero altresì costituire, di per sé e considerati isolatamente, una violazione di detta disposizione. Qualora le diverse azioni facciano parte di un piano d’insieme, a causa del loro identico oggetto di distorsione del gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, pertanto, la Commissione può imputarne la responsabilità in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme[7]. Più particolarmente, per poter dimostrare la partecipazione di un’impresa all’attuazione di una tale infrazione unica, la Commissione deve provare che la stessa intendesse contribuire con il proprio comportamento agli obiettivi comuni perseguiti da tutti i partecipanti, e che fosse al corrente dei comportamenti illeciti previsti o attuati da altre imprese nel perseguire i medesimi obiettivi, ovvero che potesse ragionevolmente prevederli e fosse pronta ad accettarne il rischio[8]. Di conseguenza, per concludere che gli scambi di informazioni in questione oltrepassavano il mercato tedesco e riguardavano il territorio del SEE, al Tribunale era sufficiente constatare che una siffatta conclusione risultava dal contenuto delle informazioni ottenute dalla Scania DE da parte degli altri partecipanti.

Affinché sia sufficientemente provata la partecipazione all’intesa da parte di un’impresa è sufficiente che la Commissione dimostri che quest’ultima abbia partecipato a riunioni durante le quali sono stati conclusi accordi di natura anticoncorrenziale, senza esservisi manifestamente opposta[9]. Salvo prova contraria che spetta agli operatori interessati fornire, inoltre, si deve presumere che le imprese partecipanti alla concertazione, e che restano attive sul mercato, tengano conto delle informazioni scambiate con i loro concorrenti per determinare il proprio comportamento[10]. Qualora dimostri che l’impresa interessata ha partecipato a riunioni nel corso delle quali sono stati conclusi accordi di natura anticoncorrenziale, senza esservisi manifestamente opposta, pertanto, la Commissione non deve provare che la stessa aveva l’intenzione di partecipare all’infrazione, di talché la prima parte del secondo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

Con la seconda parte del secondo motivo, la Scania sosteneva che il Tribunale era incorso in un errore di diritto ritenendo che la portata delle informazioni ottenute in occasione degli scambi al livello tedesco oltrepassasse il relativo mercato.

Secondo la Corte, tuttavia, la valutazione da parte del Tribunale dell’efficacia probatoria dei documenti del fascicolo non può essere rimessa in discussione fatto salvo il caso di inosservanza delle norme in materia di onere e di produzione della prova nonché di snaturamento di tali documenti[11]. Di conseguenza, la seconda parte del secondo motivo deve essere respinta in quanto irricevibile.

Con la terza parte del secondo motivo, la Scania sosteneva che il Tribunale era incorso in un errore nei limiti in cui aveva implicitamente ritenuto che la Scania DE avesse l’intenzione di partecipare ad uno scambio di informazioni al livello tedesco la cui portata si estendeva al territorio del SEE.

Secondo la Commissione, tuttavia, l’argomento della Scania si basa su una premessa erronea, di talché la terza parte del secondo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

Con la quarta parte del secondo motivo, infine, la Scania sosteneva che la conclusione del Tribunale secondo cui, tramite i contatti al livello tedesco, la Scania DE aveva fornito informazioni la cui portata si estendeva all’intero SEE era insufficientemente motivata e fondata su una motivazione inadeguata.

Poiché la Scania ha richiesto alla Corte di procedere ad una nuova valutazione dei fatti e degli elementi di prova senza invocare il loro snaturamento da parte del Tribunale, tuttavia, anche la quarta parte del secondo motivo deve essere respinta in quanto irricevibile.

Con il terzo motivo, la Scania sosteneva che gli elementi di fatto sulla base dei quali il Tribunale aveva ritenuto fondata l’affermazione della Commissione per cui, nel caso concreto, esisteva un’infrazione unica non potevano fungere da fondamento alla constatazione secondo la quale ciascun atto in questione perseguiva un obiettivo anticoncorrenziale identico e, di conseguenza, faceva parte di un piano d’insieme avente un obiettivo anticoncorrenziale unico o contribuiva alla sua attuazione.

Sebbene un insieme di comportamenti rientranti nella nozione di “accordo” o di “pratica concordata” ad oggetto anticoncorrenziale ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, e miranti a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo complesso, possa essere qualificato come infrazione unica e continuata[12], non se ne può dedurre che ciascuno di essi debba, di per sé e considerato isolatamente, necessariamente essere qualificato come un’infrazione distinta a tale disposizione[13]. Ai fini dell’accertamento di un’infrazione unica e continuata, infatti, si è soliti prendere in considerazione i collegamenti esistenti tra i diversi elementi che la compongono. Di conseguenza, un contatto tra imprese che, preso isolatamente, non costituirebbe di per sé una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE può tuttavia essere rilevante per dimostrare l’esistenza di un’infrazione unica e continuata a tale disposizione, tenuto conto del contesto nel quale esso ha avuto luogo[14]. Per constatare l’esistenza di un’infrazione unica e continuata, pertanto, è sufficiente che la Commissione dimostri che i vari comportamenti considerati fanno parte di un piano d’insieme, senza che sia necessario che ciascuno di essi, di per sé e considerato isolatamente, possa essere qualificato come un’infrazione distinta all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, di talché anche il terzo motivo deve essere respinto.

Con il quarto motivo, infine, la Scania sosteneva che il Tribunale era incorso in un errore di diritto ritenendo che l’ottavo motivo del loro ricorso in primo grado dovesse essere respinto in quanto il comportamento a livello dirigenziale faceva parte di un’infrazione unica, cessata il 18 gennaio 2011, di modo che il termine di prescrizione quinquennale previsto dell’articolo 25 del Regolamento n. 1/2003[15] avrebbe iniziato a decorrere solo da tale data.

Poiché i primi tre motivi sono stati respinti, tuttavia, secondo la Corte è da considerarsi acclarato che l’intesa in questione costituiva un’infrazione unica e continuata che si estendeva all’intero SEE e che era durata fino al 18 gennaio 2011. Di conseguenza, tenuto conto della data del primo atto della Commissione, non si può ritenere che, a tale data, il suo potere di irrogare un’ammenda fosse prescritto, e pertanto anche il quarto motivo deve essere respinto in quanto infondato.

Scarica l’articolo


[1] Tribunale 02.02.2022, Causa T-799/17, Scania AB e a. contro Commissione europea.

[2] Dec. Comm. C(2017) 6467 final del 27.09.2017 relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE, Caso AT.39824 – Autocarri.

[3] Regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli 81 e 82 del trattato CE, GUUE L 123 del 27.04.2004. L’articolo 10 bis del Regolamento, intitolato “Procedura di transazione nei casi di cartelli”, al paragrafo 1 dispone: “Dopo l’avvio del procedimento ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 1/2003, la Commissione può fissare un termine entro il quale le parti possono manifestare per iscritto la loro disponibilità a partecipare a discussioni in vista dell’eventuale presentazione di proposte di transazione. La Commissione non è tenuta a tener conto delle risposte ricevute dopo la scadenza del termine suddetto.

Se due o più parti nell’ambito della stessa impresa manifestano la disponibilità a partecipare a siffatte discussioni ai sensi del primo comma, designano rappresentanti comuni che parteciperanno in loro nome e per loro conto alle discussioni con la Commissione. Quando fissa il termine di cui al primo comma, la Commissione indica alle parti in questione che sono individuate nell’ambito della stessa impresa unicamente al fine di permettere loro di ottemperare a detta disposizione…”.

[4] Per ulteriori informazioni si veda il nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK.

[5] L’articolo 41 della Carta, intitolato “Diritto ad una buona amministrazione”, al paragrafo 1 dispone: “Ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione…”.

[6] CGUE 01.07.2008, Cause riunite C‑341/06 P e C‑342/06 P, Chronopost e La Poste/UFEX e a., punto 56.

[7] CGUE 06.12.2012, Causa C‑441/11 P, Commissione/Verhuizingen Coppens, punto 41.

[8] Ibidem, punti 42 e 60.

[9] CGUE 28.06.2005, Cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 142.

[10] CGUE 19 marzo 2015, Causa C‑286/13 P, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, punto 127.

[11] CGUE 26.01.2017, Causa C‑613/13 P, Commissione/Keramag Keramische Werke e a., punti 26-27.

[12] CGUE 16.06.2022, Causa C‑698/19 P, Sony Optiarc e Sony Optiarc America/Commissione, punti 59-60.

[13] Ibidem, punto 64.

[14] CGUE 26.01.2017, Causa C‑613/13 P, Commissione/Keramag Keramische Werke e a., punto 52.

[15] Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato, GUUE L 1 del 04.01.2003. L’articolo 25 del Regolamento, intitolato “Prescrizione in materia di imposizione di sanzioni”, al paragrafo 1 dispone: “… I poteri conferiti alla Commissione in virtù degli articoli 23 e 24 sono soggetti ai termini di prescrizione seguenti:

a) tre anni per le infrazioni alle disposizioni relative alla richiesta di informazioni o all’esecuzione di accertamenti;
b) cinque anni per le altre infrazioni…”.