In data 13 luglio 2023, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-376/20 P, Commissione contro CK Telecoms UK Investments, sull’impugnazione con cui la Commissione chiedeva l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione Europea del 28 maggio 2020[1] che, a sua volta, ne aveva annullato la Decisione C(2016) 2796 final dell’11 maggio 2016[2].
Questi i fatti.
In data 11 settembre 2015 era stato notificato alla Commissione[3] un progetto di concentrazione con il quale la CK Hutchison Holdings Ltd, tramite la propria società figlia indiretta CK Telecoms UK Investments Ltd (“CK Telecoms”), avrebbe dovuto acquisire il controllo esclusivo della Telefónica Europe plc (“O2”). Successivamente, il Regno Unito aveva chiesto alla Commissione, per il tramite della Competition and Markets Authority (Autorità garante della concorrenza e dei mercati, CMA), che la suddetta concentrazione gli venisse sottoposta[4] in quanto la stessa rischiava di ostacolare in maniera significativa la concorrenza sul mercato al dettaglio e su quello all’ingrosso di servizi di accesso e raccolta delle chiamate nell’ambito delle reti pubbliche di telefonia mobile nel Regno Unito.
Tale richiesta era stata respinta dalla Commissione[5], che tuttavia in data 30 ottobre 2015 aveva deciso di avviare un procedimento ad esito del quale aveva adottato la Decisione C(2016) 2796 final, dichiarando la concentrazione prevista incompatibile con il mercato interno. Di conseguenza, la CK Telecoms aveva presentato un ricorso dinnanzi al Tribunale dell’Unione, che lo aveva accolto annullando la decisione della Commissione. Quest’ultima, pertanto, si era rivolta alla Corte di Giustizia deducendo sei motivi di impugnazione.
Con il primo motivo di impugnazione, la Commissione sosteneva che, ritenendo di essere tenuta a fornire elementi di prova sufficienti per dimostrare, con seria probabilità, l’esistenza di un ostacolo significativo ad una concorrenza effettiva, il Tribunale era incorso in un errore di diritto applicando un requisito probatorio particolarmente elevato, che eccederebbe quello risultante dalla giurisprudenza della Corte in materia di controllo delle concentrazioni.
La Corte ha preliminarmente rilevato che dalla formulazione tanto dell’articolo 2, paragrafi 2 e 3[6], quanto dell’articolo 8, paragrafi 1 e 3[7], del Regolamento n. 139/2004 non si evince che quest’ultimo imponga criteri di prova diversi in materia di decisioni che autorizzano un’operazione di concentrazione, da un lato, e di decisioni che vietano una tale operazione, dall’altro[8], di talché non si può dedurre una presunzione generale di compatibilità o di incompatibilità con il mercato interno di un’operazione di concentrazione notificata[9]. Di conseguenza, la Commissione non è tenuta a conformarsi a criteri probatori più rigorosi rispetto al caso di decisioni che autorizzino operazioni di tal genere[10], e pertanto i requisiti in materia di amministrazione della prova, compreso il livello della stessa, non variano a seconda del tipo di decisione sul controllo delle concentrazioni adottata dalla Commissione.
Le decisioni della Commissione sulla compatibilità delle operazioni di concentrazione con il mercato interno, inoltre, devono essere suffragate da elementi sufficientemente rilevanti e concordanti[11]. A tale riguardo, sebbene la complessità intrinseca di un’ipotesi di ostacolo alla concorrenza, formulata nei confronti di un’operazione di concentrazione notificata, costituisca un elemento di cui occorre tener conto in sede di valutazione della plausibilità delle diverse conseguenze di quest’operazione, al fine di individuare quelle maggiormente probabili, essa non ha, in quanto tale, nessuna influenza sul livello di prova richiesto[12]. Di conseguenza, il livello probatorio ai fini dell’applicazione dell’articolo 2, paragrafi 2 e 3, del Regolamento n. 139/2004 non varia né a seconda del tipo di operazione di concentrazione esaminata dalla Commissione né della complessità intrinseca di una tesi relativa ad un ostacolo alla concorrenza formulata rispetto ad una concentrazione notificata.
Nell’ambito del sistema di controllo preventivo delle concentrazioni istituito dal Regolamento n. 139/2004, infine, la Commissione dispone di un margine di discrezionalità in materia economica ai fini dell’applicazione delle norme sostanziali di quest’ultimo[13], dal momento che essa effettua analisi economiche prospettiche dirette a determinare la probabilità di talune evoluzioni del mercato rilevante in un lasso di tempo prevedibile. La natura prospettica dell’analisi economica che deve effettuare, pertanto, osta a che la Commissione, al fine di dimostrare che una concentrazione ostacolerebbe o, al contrario, non ostacolerebbe in modo significativo una concorrenza effettiva, sia tenuta a rispettare un livello di prova particolarmente elevato, essendo al contrario sufficiente che essa dimostri, mediante elementi sufficientemente rilevanti e concordanti, che è più probabile che improbabile che la concentrazione in questione ostacoli o meno in modo significativo una concorrenza effettiva nel mercato interno o in una parte sostanziale di esso. Di conseguenza, il primo motivo di impugnazione deve essere accolto.
Con la prima parte del secondo motivo di impugnazione, la Commissione sosteneva che il Tribunale aveva assimilato le condizioni richieste per ritenere che una concentrazione possa produrre effetti non coordinati a quelle richieste per dimostrare l’esistenza di una posizione dominante.
La Corte ha preliminarmente ricordato che le censure dirette contro elementi ultronei della motivazione di una decisione del Tribunale non possono comportarne l’annullamento, e sono dunque da considerarsi inoperanti[14]. Di conseguenza, anche supponendo che la prima parte del secondo motivo di impugnazione sia fondata, essa non sarebbe tale da invalidare la sentenza del Tribunale, dal momento che essa riguarda un punto della motivazione di quest’ultima[15] in merito al quale non ne è stato il contributo a sostenere il dispositivo della sentenza stessa.
Con la seconda parte del secondo motivo di impugnazione, invece, la Commissione sosteneva che il Tribunale era incorso in un errore di diritto nel ritenere che l’articolo 2, paragrafo 3, del Regolamento n. 139/2004, letto alla luce del considerando 25[16] di quest’ultimo, debba essere interpretato nel senso che, in assenza di creazione o di rafforzamento di una posizione dominante a seguito di un’operazione di concentrazione, un ostacolo significativo ad una concorrenza effettiva può essere accertato solo qualora siano soddisfatte le due condizioni cumulative previste in tale considerando ossia, da un lato, l’eliminazione degli importanti vincoli concorrenziali reciprocamente esercitati dalle imprese partecipanti alla concentrazione, e, dall’altro, la riduzione della pressione concorrenziale sui restanti concorrenti.
La Corte ha preliminarmente ricordato che sebbene sia idoneo a precisare il contenuto delle sue disposizioni[17], il preambolo di un atto dell’Unione non ha alcun valore giuridico vincolante, e non può essere invocato né per derogare alle disposizioni stesse dell’atto in questione né per interpretarle in un senso manifestamente contrario al loro tenore letterale[18]. Tutto ciò premesso, dal considerando 25 del Regolamento n. 139/2004 risulta che il controllo efficace previsto da quest’ultimo si estende a qualsiasi concentrazione che ostacoli in modo significativo una concorrenza effettiva nel mercato interno o in una sua parte sostanziale, comprese le concentrazioni che danno luogo a effetti non coordinati. Tale controllo rientra nell’obiettivo generale del Regolamento n. 139/2004 di evitare che un processo di ristrutturazione comporti un pregiudizio durevole per la concorrenza nel mercato interno o in una parte sostanziale di esso.
Più particolarmente, per garantire una concorrenza effettiva e leale nel mercato interno, e per assicurare una politica condotta conformemente al principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza, il Regolamento n. 139/2004 mira ad instaurare un controllo efficace di tutte le concentrazioni che ostacolino in modo significativo una concorrenza effettiva, comprese quelle che producono effetti non coordinati in mercati oligopolistici. Di conseguenza, oltre alla circostanza che un considerando di tale regolamento non può, in ogni caso, limitare la portata delle sue disposizioni, non si può ritenere che il controllo efficace delle operazioni di concentrazione effettuate in tali mercati, che possono dar luogo a effetti non coordinati, debba essere limitato alle situazioni che rientrano simultaneamente nelle due fattispecie enunciate al considerando 25 del medesimo regolamento, e pertanto la seconda parte del secondo motivo di impugnazione deve essere accolta.
Con la prima parte del terzo motivo di impugnazione, la Commissione affermava che, interpretando le nozioni di “importante forza concorrenziale” e di “diretti concorrenti”, il Tribunale si era discostato dalle definizioni contenute negli Orientamenti sulle concentrazioni orizzontali[19] nonché dal quadro economico ivi stabilito, violando così il potere discrezionale della Commissione in materia economica e sostituendo la propria valutazione economica a quella di quest’ultima.
La Corte ha preliminarmente ricordato che benché la Commissione non possa discostarsi dagli Orientamenti senza giustificazione, pena una sanzione, eventualmente, a titolo di violazione di principi generali del diritto, essi non possono essere qualificati come norme giuridiche alla cui osservanza l’amministrazione sarebbe in ogni caso tenuta, e non costituiscono il fondamento giuridico delle decisioni adottate dalla Commissione nella materia interessata[20]. Di conseguenza, il giudice dell’Unione resta competente ad interpretare gli Orientamenti, in particolare, quando, nelle sue decisioni che autorizzano o vietano un’operazione di concentrazione, la Commissione si è basata su di essi per determinare se l’operazione di concentrazione interessata comportasse o meno un ostacolo significativo ad una concorrenza effettiva.
Tutto ciò premesso, la Commissione dispone di un potere discrezionale in materia economica ai fini dell’applicazione delle norme sostanziali del Regolamento n. 139/2004, che giustifica il fatto che il controllo da parte del giudice dell’Unione di una decisione in materia di operazioni di concentrazione sia limitato alla verifica dell’esattezza materiale dei fatti e all’assenza di errore manifesto di valutazione. Ciò, tuttavia, non implica che tale giudice debba astenersi dal controllare l’interpretazione, da parte della Commissione, di dati di natura economica, in quanto egli è tenuto, non solo a verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, e bensì anche ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che se ne traggono[21]. Tale potere discrezionale della Commissione, inoltre, non implica neppure che il giudice dell’Unione debba astenersi dal controllarne l’interpretazione delle nozioni del diritto europeo che richiedono un’analisi economica al momento della loro attuazione. Di conseguenza, sebbene le nozioni di “importante forza concorrenziale” e di “diretti concorrenti” richiedano un’analisi economica al momento della loro attuazione, il giudice dell’Unione è competente a interpretarle nell’ambito dell’esercizio del suo sindacato sulle decisioni della Commissione adottate in materia di controllo delle concentrazioni, e pertanto la prima parte del terzo motivo di impugnazione deve essere respinta in quanto infondata.
Con la seconda parte del terzo motivo di impugnazione, la Commissione deduceva tre censure vertenti i) su uno snaturamento della Decisione C(2016) 2796 final, ii) su uno snaturamento del suo controricorso, e iii) su un’interpretazione erronea della nozione di “importante forza concorrenziale”.
Per quanto riguarda la prima censura, contrariamente a quanto constatato dal Tribunale dalla Decisione C(2016) 2796 final non risulta che la Commissione abbia considerato che l’eliminazione di un’“importante forza concorrenziale” sarebbe di per sé sufficiente, nel caso concreto, a provare un ostacolo significativo ad una concorrenza effettiva. Al contrario, gli Orientamenti sulle concentrazioni orizzontali enunciano una serie di fattori rilevanti al fine di determinare se una concentrazione possa comportare effetti non coordinati. A tale riguardo, sebbene abbia precisato che non tutti questi fattori devono necessariamente ricorrere affinché simili effetti siano probabili, la Commissione non ne ha desunto che la presenza di uno solo di essi sia sufficiente per constatare che la concentrazione esaminata potrebbe integrare un ostacolo significativo ad una concorrenza effettiva. Di conseguenza, il Tribunale ha effettivamente snaturato la Decisione C(2016) 2796 final, di talché la prima censura deve essere accolta.
Per quanto riguarda la seconda censura, invece, secondo la Corte anche supponendo che il Tribunale abbia snaturato il controricorso della Commissione, tale snaturamento non può condurre all’annullamento della sentenza impugnata, in particolare perché le osservazioni scritte della Commissione, presentate nell’ambito del procedimento dinanzi al Tribunale e vertenti sulla nozione di “importante forza concorrenziale”, non possono essere considerate decisive per determinare il contenuto di tale nozione, e pertanto tale censura deve essere respinta in quanto inoperante.
Per quanto riguarda la terza censura, la Corte ha preliminarmente ricordato che l’eliminazione di un’”importante forza concorrenziale” è, in linea di principio, uno dei fattori che possono influire sulla probabilità che una concentrazione comporti effetti non coordinati significativi e che consentono così di valutare, in particolare, se essa comporti l’eliminazione di importanti vincoli concorrenziali reciprocamente esercitati dalle imprese partecipanti[22]. In tale contesto, i requisiti richiesti per qualificare un’impresa come “importante forza concorrenziale”, che incidono direttamente sull’utilizzo di tale qualificazione come fattore rilevante per concludere per l’eventuale esistenza di un ostacolo significativo ad una concorrenza effettiva, non dovrebbero essere tali da escludere la possibilità, per la Commissione, di dichiarare incompatibili con il mercato interno concentrazioni che potrebbero dar luogo a effetti non coordinati significativi e, di conseguenza, nuocere in modo significativo ad una concorrenza effettiva.
Tutto ciò premesso, il fatto che un’impresa che partecipa ad una concentrazione in un mercato oligopolistico non si discosti dai suoi concorrenti, mostrandosi particolarmente aggressiva in termini di prezzo, non implica che tale concentrazione non possa modificare la dinamica della concorrenza in modo significativo e dannoso. Il controllo sulle concentrazioni, infatti, mira proprio ad esaminare in che modo una concentrazione potrebbe modificare i fattori che determinano lo stato della concorrenza in un dato mercato, al fine di verificare se ne conseguirebbe un ostacolo significativo ad una concorrenza effettiva, senza che sia determinante al riguardo che una delle partecipanti sia un’impresa particolarmente aggressiva su tale mercato. Il prezzo, inoltre, non costituisce sempre l’unico parametro importante per valutare le dinamiche concorrenziali, in particolare in mercati di prodotti differenziati nei quali la qualità e l’innovazione potrebbero svolgere un ruolo fondamentale per il posizionamento dei prodotti in questione. Di conseguenza, la nozione di “importante forza concorrenziale” non può essere applicata esclusivamente ad imprese che esercitano una concorrenza particolarmente aggressiva in materia di prezzi, e che costringerebbero i loro concorrenti sul mercato ad allinearsi ai loro prezzi, o ad imprese la cui politica dei prezzi potrebbe modificare in modo significativo le dinamiche concorrenziali sul mercato interessato. Nell’affermare che, per qualificare un’impresa come “importante forza concorrenziale”, la Commissione avrebbe dovuto dimostrare che essa esercitava una concorrenza particolarmente aggressiva in termini di prezzi e che costringeva gli altri operatori sul mercato ad allinearsi ai propri prezzi, o che la sua politica dei prezzi era idonea a modificare in modo significativo le dinamiche concorrenziali sul mercato, pertanto, il Tribunale è incorso in un errore di diritto, di talché la seconda parte del terzo motivo di impugnazione deve essere accolta.
Con la terza parte del terzo motivo di impugnazione, infine, la Commissione sosteneva, da un lato, che, imponendole di dimostrare che le imprese partecipanti alla concentrazione non sono “concorrenti diretti” bensì “concorrenti particolarmente stretti”, il Tribunale avrebbe stabilito un requisito eccessivo per quanto riguarda la valutazione della prossimità del rapporto di concorrenza tra tali parti e, dall’altro, che lo stesso Tribunale aveva snaturato la Decisione C(2016) 2796 final ritenendo che essa si fosse basata sulla premessa secondo cui la prossimità della concorrenza tra la Three e la O2[23] era sufficiente per ritenere che la concentrazione prevista avrebbe comportato un ostacolo significativo ad una concorrenza effettiva.
Per quanto riguarda la prima censura, la Corte ha preliminarmente ricordato che, sebbene rappresenti un indizio importante per valutare l’eventuale eliminazione di importanti vincoli concorrenziali esercitati tra le imprese partecipanti ad una concentrazione[24], la prossimità della concorrenza tra di esse è solo uno dei fattori che consentono di valutare la probabilità che un’operazione di concentrazione comporti effetti non coordinati significativi. Più particolarmente, i prodotti possono, nell’ambito di un mercato rilevante, essere differenziati in modo tale che alcuni siano sostituti più stretti di altri, e che tanto più elevato è il grado di sostituibilità tra i prodotti delle imprese partecipanti, tanto più è probabile che tali imprese aumentino i prezzi in misura significativa dopo la concentrazione. Di conseguenza, un grado di prossimità della concorrenza tra le imprese partecipanti ad un’operazione di concentrazione può costituire un indizio del fatto che è più probabile che improbabile che essa ostacoli in modo significativo una concorrenza effettiva nel mercato interno, o in una sua parte significativa, mentre un minor grado di prossimità della concorrenza tra tali imprese partecipanti può costituire un indizio in senso contrario. In tale contesto, esigere, ai fini della valutazione della prossimità della concorrenza tra le parti di una concentrazione, che queste ultime siano concorrenti “particolarmente stretti” implica l’esistenza di un livello molto elevato di sostituibilità tra i prodotti di tali imprese partecipanti su un mercato di prodotti differenziati, che tuttavia non è necessariamente richiesto. Di conseguenza, non si può concludere che solo una concentrazione tra concorrenti particolarmente stretti potrebbe ostacolare in modo significativo una concorrenza effettiva nel mercato interessato, e pertanto la prima censura deve essere accolta.
Per quanto riguarda la seconda censura, la Decisione C(2016) 2796 final non contiene alcun elemento da cui risulti che la prossimità della concorrenza tra la Three e la O2 fosse sufficiente, di per sé, per ritenere che la concentrazione prevista potesse rappresentare un ostacolo ad una concorrenza effettiva. Al contrario, la Commissione aveva rilevato che gli Orientamenti sulle concentrazioni orizzontali enunciano vari fattori, tra i quali figurano quello della prossimità della concorrenza, rilevanti al fine di stabilire se una concentrazione possa comportare effetti non coordinati. Di conseguenza, anche la seconda censura e, con essa, la terza parte del terzo motivo di impugnazione devono essere accolti.
Con la prima parte del quarto motivo di impugnazione, la Commissione sosteneva che il Tribunale, da un lato, aveva snaturato le sue memorie per quanto riguarda l’aumento dei prezzi che poteva derivare dalla concentrazione prevista e, dall’altro, era incorso in un errore di diritto lasciando intendere che quest’ultimo non era significativo, in quanto inferiore a quelli previsti in alcune decisioni precedenti che autorizzavano, a determinate condizioni, talune concentrazioni.
Per quanto riguarda la prima censura, la Corte ha preliminarmente ricordato che, qualora deduca uno snaturamento dei propri argomenti, il ricorrente deve indicare in modo preciso gli elementi che sarebbero stati snaturati dal Tribunale e dimostrare gli errori di valutazione che, a suo avviso, avrebbero condotto a tale risultato[25]. Ciò che, secondo la Corte, è avvenuto nel caso concreto, di talché tale censura deve essere accolta. Del pari, poiché la prassi decisionale anteriore della Commissione non funge da contesto normativo applicabile in materia di controllo delle concentrazioni e ha solo carattere indicativo, il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel giudicare che l’aumento dei prezzi risultante dalla concentrazione non era significativo in quanto inferiore a quelli previsti nei casi irlandese[26] e tedesco[27], e pertanto la prima parte del quarto motivo di impugnazione deve essere accolta.
Con la seconda parte del quarto motivo di impugnazione, invece, la Commissione sosteneva che il Tribunale aveva erroneamente considerato che essa avrebbe dovuto includere nella sua analisi quantitativa gli incrementi standard di efficienza che sarebbero propri di ogni concentrazione.
Secondo la Corte, tuttavia, né il Regolamento n. 139/2004 né gli Orientamenti sulle concentrazioni orizzontali fanno riferimento ad una categoria di incrementi standard di efficienza o stabiliscono una presunzione secondo cui qualsiasi concentrazione comporti tali incrementi. Sebbene, infatti, talune operazioni di concentrazione possono comportare incrementi di efficienza loro propri, tale possibilità non implica che tutte le operazioni di concentrazione comportino simili incrementi, che in ogni caso spetta alle parti notificanti dimostrare. Di conseguenza, riconoscere che qualsiasi concentrazione comporti incrementi standard di efficienza equivarrebbe a creare una presunzione nonché ad invertire l’onere della prova per una particolare categoria di incrementi, e pertanto anche la seconda parte del quarto motivo di impugnazione deve essere accolta.
Con il quinto motivo di impugnazione, la Commissione imputava al Tribunale di non aver analizzato se l’insieme dei fattori rilevanti consentisse di ritenere che essa fosse riuscita, nel caso concreto, a dimostrare che la concentrazione prevista avrebbe comportato un ostacolo significativo ad una concorrenza effettiva, snaturando così la Decisione C(2016) 2796 final e sostituendo la propria valutazione economica a quella della Commissione.
La Corte ha preliminarmente ricordato che, nell’ambito del suo controllo di una concentrazione, la Commissione deve tener conto della posizione sul mercato delle imprese partecipanti nonché del loro potere economico e finanziario, delle possibilità di scelta dei fornitori e degli utenti, del loro accesso alle fonti di approvvigionamento o agli sbocchi, dell’esistenza di diritto o di fatto di ostacoli all’entrata, dell’andamento dell’offerta e della domanda dei prodotti e dei servizi in questione, degli interessi dei consumatori intermedi e finali nonché dell’evoluzione del progresso tecnico ed economico purché essa sia a vantaggio del consumatore e non costituisca impedimento alla concorrenza[28]. Gli Orientamenti sulle concentrazioni orizzontali, inoltre, enunciano fattori che possono effettivamente influire sulla probabilità che da un’operazione di concentrazione derivino effetti non coordinati significativi ma che, tuttavia, non è necessario siano tutti presenti[29], pur potendo costituire indizi del fatto che un’operazione di concentrazione comporti tali effetti, che devono essere oggetto di una valutazione globale.
Tutto ciò premesso, pur constatando che, nella Decisione C(2016) 2796 final, la Commissione aveva effettuato tale valutazione, il Tribunale non aveva esaminato esso stesso se poteva ritenersi che la Commissione avesse dimostrato, in modo giuridicamente adeguato, l’esistenza di un ostacolo significativo ad una concorrenza effettiva, incorrendo perciò in un errore di diritto. Di conseguenza, anche il quinto motivo di impugnazione deve essere accolto.
Con la prima parte del sesto motivo di impugnazione, la Commissione sosteneva che il Tribunale, ritenendo che essa non aveva proceduto alla valutazione di un possibile deterioramento della qualità della rete del soggetto risultante dalla concentrazione prevista, aveva snaturato la Decisione C(2016) 2796 final.
Secondo la Corte, tuttavia, la Commissione aveva effettuato tale analisi partendo dalla premessa secondo cui un altro mezzo per ridurre la pressione concorrenziale esercitata da un partner di un accordo di condivisione di rete consisteva nel deteriorare la qualità della rete stessa, impedendo o ritardando gli investimenti da parte di un altro partner. Di conseguenza, la Commissione aveva considerato fin dall’inizio che la riduzione della pressione concorrenziale avrebbe potuto consistere, in particolare, in un tale deterioramento da parte del soggetto risultante dalla concentrazione prevista della qualità della propria rete. Constatando, al contrario, che la Commissione non aveva effettuato una tale valutazione, pertanto, il Tribunale aveva snaturato la Decisione C(2016) 2796 final, di talché la prima parte del sesto motivo di impugnazione deve essere accolta.
Con la seconda parte del sesto motivo di impugnazione, infine, la Commissione affermava che il Tribunale aveva esaminato d’ufficio una questione non sollevata dalla CK Telecoms.
La Corte ha preliminarmente ricordato che sebbene taluni motivi possano, o anche debbano, essere rilevati d’ufficio, quale un difetto o un’insufficienza di motivazione della decisione in questione, rientrante nelle forme sostanziali, un motivo vertente sulla legalità sostanziale di quest’ultima, riconducibile alla violazione dei Trattati o di qualsiasi norma di diritto relativa alla loro applicazione, può essere esaminato dal giudice dell’Unione solo se è dedotto dal ricorrente[30].
Nelle sue memorie in primo grado, la CK Telecoms non aveva addebitato alla Commissione di aver omesso di precisare o analizzare il contesto temporale adeguato nel quale quest’ultima intendeva dimostrare la sussistenza di effetti non coordinati e di un ostacolo significativo ad una concorrenza effettiva. Di conseguenza, senza esaminare le censure presentate dalla CK Telecoms nell’ambito della sesta parte del suo terzo motivo[31], il Tribunale aveva sollevato d’ufficio la censura relativa alla mancanza di precisione del contesto temporale e dell’analisi degli effetti non coordinati a lungo termine. Poiché, tuttavia, tale censura non può essere qualificata come motivo di ordine pubblico, il Tribunale era incorso in un errore di diritto, e pertanto anche il sesto motivo deve essere accolto integralmente.
Tutto ciò premesso, la Corte ha deciso di accogliere l’impugnazione della Commissione. Non disponendo, tuttavia, degli elementi necessari per statuire definitivamente sull’insieme dei motivi dedotti in primo grado, la Corte ha deciso di rinviare la causa al Tribunale.
[1] Tribunale 28.05.2020, Causa T-399/16, CK Telecoms UK Investments Ltd contro Commissione europea.
[2] Dec. Comm. C(2016) 2796 final, dell’11.05.2016, che dichiara una concentrazione incompatibile con il mercato interno, Caso M.7612 — Hutchison 3G UK/Telefónica UK.
[3] Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese, GUUE L 24 del 29.01.2004. L’articolo 4 del Regolamento, intitolato “Notificazione preventiva delle concentrazioni e rinvio prima della notificazione su richiesta delle parti notificanti”, al paragrafo 1 dispone: “… Le concentrazioni di dimensione comunitaria di cui al presente regolamento sono notificate alla Commissione prima della loro realizzazione e dopo la conclusione dell’accordo, la comunicazione dell’offerta d’acquisto o di scambio o l’acquisizione di una partecipazione di controllo.
La notificazione è ammessa anche quando le imprese interessate dimostrano alla Commissione che hanno in buona fede intenzione di concludere un accordo o, in caso di offerta pubblica, quando hanno pubblicamente annunciato che intendono procedere a tale offerta, qualora l’accordo o l’offerta previsti dovessero dar luogo ad una concentrazione di dimensione comunitaria. Ai fini del presente regolamento il termine “concentrazione notificata” comprende anche i progetti di concentrazione notificati ai sensi del secondo comma. Ai fini dei paragrafi 4 e 5 del presente articolo, il termine “concentrazione” comprende anche i progetti di concentrazione ai sensi del secondo comma…”.[4] L’articolo 9 del Regolamento (CE) n. 139/2004, intitolato “Rinvio alle autorità competenti degli Stati membri”, al paragrafo 2 dispone: “… Entro 15 giorni lavorativi a decorrere dalla data di ricezione della copia della notifica uno Stato membro, di sua iniziativa o su invito della Commissione, può comunicare alla Commissione, che a sua volta ne informa le imprese interessate, che una concentrazione
a) rischia di incidere in misura significativa sulla concorrenza in un mercato all’interno del suddetto Stato membro che presenta tutte le caratteristiche di un mercato distinto; o b) incide sulla concorrenza in un mercato all’interno del suddetto Stato membro che presenta tutte le caratteristiche di un mercato distinto e non costituisce una parte sostanziale del mercato comune…”.[5] Dec. Comm. C(2015) 8534 final, del 04.12.2015, relativa all’articolo 9 del Regolamento n. 139/2004, Caso M.7612 Hutchison 3G UK/Telefónica UK.
[6] L’articolo 2 del Regolamento n. 139/2004, intitolato “Valutazione delle concentrazioni”, ai paragrafi 2-3 dispone: “… Le concentrazioni che non ostacolino in modo significativo una concorrenza effettiva nel mercato comune o in una parte sostanziale di esso, in particolare a causa della creazione o del rafforzamento di una posizione dominante, sono dichiarate compatibili con il mercato comune.
Le concentrazioni che ostacolino in modo significativo una concorrenza effettiva nel mercato comune o in una parte sostanziale di esso, in particolare a causa della creazione o del rafforzamento di una posizione dominante, sono dichiarate incompatibili con il mercato comune…”.[7] L’articolo 8 del Regolamento n. 139/2004, intitolato “Poteri di decisione della Commissione”, ai paragrafi 1 e 3 dispone: “… Se la Commissione accerta che una concentrazione notificata soddisfa il criterio di cui all’articolo 2, paragrafo 2, e, nei casi contemplati dall’articolo 2, paragrafo 4, i criteri di cui all’articolo 81, paragrafo 3, del trattato, essa, mediante decisione, dichiara la concentrazione compatibile con il mercato comune.
Si considera che la decisione che dichiara la concentrazione compatibile riguarda anche le restrizioni direttamente connesse alla realizzazione della concentrazione e ad essa necessarie. (…) Se la Commissione accerta che una concentrazione soddisfa il criterio di cui all’articolo 2, paragrafo 3, o, nei casi contemplati dall’articolo 2, paragrafo 4, non risponde ai criteri di cui all’articolo 81, paragrafo 3, del trattato, essa, mediante decisione, dichiara la concentrazione incompatibile con il mercato comune…”.[8] CGUE 10.07.2008, Causa C‑413/06 P, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, punto 46.
[9] Ibidem, punto 48.
[10] Ibidem, punto 51.
[11] Ibidem, punto 50.
[12] Ibidem, punto 51.
[13] Ibidem, punto 144.
[14] CGUE 23.03.2023, Causa C‑640/20 P, PV/Commissione, punto 191.
[15] Tribunale 28.05.2020, Causa T-399/16, CK Telecoms UK Investments Ltd contro Commissione europea, punto 90.
[16] Il considerando (25) del Regolamento n. 139/2004 dispone: “… Date le conseguenze che le concentrazioni possono avere nelle strutture di mercato oligopolistiche, è ancor più necessario mantenere una concorrenza effettiva in tali mercati. Molti mercati oligopolistici presentano una concorrenza vivace. Tuttavia, in determinate circostanze, le concentrazioni che comportano l’eliminazione di importanti vincoli concorrenziali reciprocamente esercitati dalle imprese partecipanti alla concentrazione, così come una riduzione della pressione concorrenziale sui restanti concorrenti possono, anche in assenza di una probabilità di coordinamento tra i membri dell’oligopolio, dar luogo ad ostacoli significativi ad una concorrenza effettiva. Tuttavia, a tutt’oggi gli organi giurisdizionali comunitari non hanno espressamente interpretato il regolamento (CEE) n. 4064/89 nel senso che imponga l’obbligo di dichiarare incompatibili con il mercato comune le concentrazioni che danno luogo a tali effetti non coordinati. Pertanto, nell’interesse della certezza del diritto occorre precisare che il presente regolamento consente un controllo efficace di tutte le concentrazioni di questo tipo, prevedendo che qualsiasi concentrazione che ostacoli in modo significativo una concorrenza effettiva nel mercato interno o in una sua parte sostanziale debba essere dichiarata incompatibile con il mercato comune. La nozione di “ostacolo significativo ad una concorrenza effettiva”, di cui all’articolo 2, paragrafi 2 e 3, dovrebbe essere interpretata come riguardante, al di là del concetto di posizione dominante, solo gli effetti anticoncorrenziali di una concentrazione risultante da un comportamento non coordinato di imprese che non avrebbero una posizione dominante sul mercato in questione…”.
[17] CGUE 19.12.2019, Causa C‑418/18 P, Puppinck e a./Commissione, punto 75.
[18] Ibidem, punto 76.
[19] Orientamenti relativi alla valutazione delle concentrazioni orizzontali a norma del regolamento del Consiglio relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese, GUUE C 31 del 05.02.2004.
[20] CGUE 28.06.2005, Cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, punti 209-213.
[21] CGUE 10.07.2008, Causa C‑413/06 P, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, punto 145.
[22] Si vedano i punti 26 e 37-38 degli Orientamenti.
[23] All’epoca della concentrazione, sul mercato dei servizi di telecomunicazione mobile al dettaglio del Regno Unito erano presenti quattro operatori di telefonia mobile, ossia la EE Ltd, una società figlia della BT Group plc, acquisita da quest’ultima nel 2016, la O2, la Vodafone e la Hutchison 3G UK Ltd (“Three”), società figlia indiretta della CK Hutchison Holdings, le cui rispettive quote di mercato in termini di numero di abbonati erano comprese all’incirca tra il 30 e il 40%, tra il 20 e il 30%, tra il 10 e il 20% e tra il 10 e il 20%.
[24] Si vedano i punti 26-30 degli Orientamenti.
[25] CGUE 01.07.2010, Causa C‑407/08 P, Knauf Gips/Commissione, punto 31.
[26] Dec. Comm. C(2014) 3561 final, del 28.05.2014, che dichiara una concentrazione compatibile con il mercato interno e con l’accordo SEE, Caso M.6992 – Hutchison 3G UK/Telefónica Ireland.
[27] Dec. Comm. C (2014) 4443, del 02.07.2014, che dichiara una concentrazione compatibile con il mercato interno e con il funzionamento dell’accordo SEE, Caso M.7018 –Telefónica Deutschland/E-Plus.
[28] L’articolo 2 del Regolamento n. 139/2004 al paragrafo 1 dispone: “… Le concentrazioni di cui al presente regolamento sono valutate conformemente agli obiettivi del presente regolamento e alle seguenti disposizioni per stabilire se siano compatibili o meno con il mercato comune.
In tale valutazione la Commissione tiene conto: a) della necessità di preservare e sviluppare una concorrenza effettiva nel mercato comune alla luce, segnatamente, della struttura di tutti i mercati interessati e della concorrenza effettiva o potenziale di imprese situate all’interno o esterno della Comunità; b) della posizione sul mercato delle imprese partecipanti, del loro potere economico e finanziario, delle possibilità di scelta dei fornitori e degli utilizzatori, del loro accesso alle fonti di approvvigionamento o agli sbocchi, dell’esistenza di diritto o di fatto di ostacoli all’entrata, dell’andamento dell’offerta e della domanda dei prodotti e dei servizi in questione, degli interessi dei consumatori intermedi e finali nonché dell’evoluzione del progresso tecnico ed economico purché essa sia a vantaggio del consumatore e non costituisca impedimento alla concorrenza…”.[29] Si vedano i punti 26-38 degli Orientamenti.
[30] CGUE 10.12.2013, Causa C‑272/12 P, Commissione/Irlanda e a., punto 28.
[31] Nello specifico, la CK Telecoms aveva dedotto che la Commissione, da un lato, sarebbe incorsa in un errore di diritto qualificando come effetto non coordinato l’eventuale riduzione degli investimenti globali risultante da una maggiore trasparenza degli investimenti tra gli operatori di telefonia mobile e che, dall’altro, non avrebbe tenuto pienamente conto degli impegni formulati dalla stessa CK.