MANIPOLAZIONE DEI TASSI INTERBANCARI EURIBOR E SCAMBI INFORMATIVI. L’AG EMILIOU SI PRONUNCIA SULLA PRESUNZIONE DI INNOCENZA E SUL DIRITTO AD UNA BUONA AMMINISTRAZIONE NEI PROCEDIMENTI IBRIDI

marketude Contenzioso, Diritto Europeo e della Concorrenza, Marco Stillo, Pubblicazioni, Roberto A. Jacchia, Società

In data 12 maggio 2022, l’Avvocato Generale Emiliou ha reso note le sue Conclusioni nella Causa C‑883/19 P, HSBC Holdings e altri contro Commissione, nel procedimento di impugnazione con cui talune società appartenenti al gruppo bancario HSBC chiedevano alla Corte di Giustizia di annullare la sentenza del Tribunale[1] che aveva parzialmente respinto il loro ricorso per l’annullamento della Decisione C(2016) 8530 final[2] con cui la Commissione aveva inflitto loro un’ammenda per aver partecipato, dal 12 febbraio al 27 marzo 2007, ad un cartello nel mercato dei derivati sui tassi di interesse in euro (“EIRD”) collegati all’Euro Interbank Offered Rate(“Euribor”)[3] e/o all’Euro Over‑Night Index Average (“EONIA”)[4].

Questi i fatti.

In date 5 marzo/29 ottobre 2013, la Commissione aveva avviato[5] un procedimento di infrazione nei confronti di HSBC Holdings plc, HSBC Bank plc e HSBC Continental Europe (congiuntamente “HSBC”) nonché del gruppo bancario Barclays (“Barclays”), del Crédit Agricole SA e del Crédit Agricole Corporate and Investment Bank (congiuntamente “Crédit Agricole”), di Deutsche Bank AG, Deutsche Bank Services (Jersey) Ltd e DB Group Services (UK) Ltd (congiuntamente “Deutsche Bank”), di JP Morgan Chase & Co., JP Morgan Chase Bank National Association e JP Morgan Services LLP (congiuntamente “JP Morgan”), di Royal Bank of Scotland plc e Royal Bank of Scotland Group plc (congiuntamente “RBS”) e di Société générale in relazione a condotte di cartello nel mercato dei derivati EIRD sui tassi Euribor ed EONIA. Al suo esito, la Commissione aveva adottato nei confronti di Barclays, Deutsche Bank, Société générale e RBS, che avevano deciso di partecipare ad una procedura di transizione ai sensi del Regolamento 773/2004[6], la Decisione C (2013) 8512 final[7], con la quale aveva accertato che tali imprese avevano violato l’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e l’articolo 53 dell’Accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE) partecipando ad un’infrazione unica e continuata avente ad oggetto l’alterazione del corso normale di fissazione dei prezzi sul mercato degli EIRD.

Dopo aver inviato alle società del gruppo HSBC, che non avevano aderito alla procedura di transazione, una comunicazione degli addebiti, in data 7 dicembre 2016 la Commissione aveva adottato la Decisione C(2016) 8530 final, con cui aveva inflitto loro un’ammenda pari a circa 33 milioni di euro per aver violato l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’Accordo SEE partecipando, dal 12 febbraio al 27 marzo 2007, ad un’infrazione unica e continuata relativa al mercato degli EIRD, consistente in accordi e/o pratiche concordate aventi lo scopo di falsare il corso normale delle componenti dei prezzi dei derivati sui tassi Euribor ed EONIA. Le società del gruppo HSBC si erano allora rivolte al Tribunale per ottenere l’annullamento della Decisione della Commissione o, in subordine, la riduzione dell’ammenda. Nella sua sentenza del 24 settembre 2019, il Tribunale aveva respinto i motivi delle ricorrenti concernenti i) la qualificazione come infrazione per oggetto adottata dalla Commissione, ii) la qualificazione come infrazione unica e continuata parimenti adottata dalla Commissione, ed iii) un asserito errore di diritto e un’asserita violazione di forme sostanziali nello svolgimento del procedimento amministrativo, ritenendo comunque che la decisione della Commissione fosse viziata da insufficienza di motivazione per quanto riguardante la determinazione dell’importo dell’ammenda.

Le società HSBC avevano impugnato la sentenza del Tribunale dinanzi alla Corte di Giustizia presentando sei motivi.

Con il primo motivo, le ricorrenti sostenevano che il Tribunale aveva commesso un errore di diritto nel valutare le violazioni commesse dalla Commissione, del principio della presunzione di innocenza, del loro diritto ad una buona amministrazione e del rispetto dei loro diritti della difesa. Più particolarmente, adottando un procedimento ibrido c.d. “scaglionato”[8], la Commissione avrebbe irrimediabilmente pregiudicato la loro posizione prima della concreta adozione della Decisione C(2016) 8530 final, violando così il principio della presunzione di innocenza. Nel valutare gli argomenti dedotti in riferimento alla presunzione di innocenza e al diritto ad una buona amministrazione, inoltre, il Tribunale avrebbe errato, imponendo loro di fornire la prova che, in assenza della violazione, la decisione sarebbe stata diversa (c.d. “criterio Suiker Unie”)[9].

L’AG ha preliminarmente ricordato i due filoni giurisprudenziali relativi alle conseguenze degli eventuali errori procedurali commessi dalla Commissione nella conduzione dei procedimenti in materia di concorrenza. Secondo un primo orientamento, i giudici dell’Unione hanno annullato decisioni adottate in esito ad un procedimento in cui la Commissione aveva violato una “forma sostanziale”, non ritenendo necessaria la dimostrazione, da parte delle imprese che la invocavano, della circostanza che quest’ultimo avrebbe potuto influenzare, a loro discapito, lo svolgimento del procedimento e il contenuto della decisione. In base ad un secondo orientamento, invece, i giudici dell’Unione hanno esercitato il loro sindacato sulle irregolarità procedurali in relazione a cui non poteva essere individuato un interesse pubblico prevalente all’annullamento dell’atto impugnato, stabilendo che queste potevano comportarne l’annullamento soltanto laddove esse avessero influenzato o potessero influenzare l’esito del procedimento (c.d. “criterio dell’errore innocuo”). Più particolarmente, tale criterio si declina in tre diverse formulazioni, ossia i) una versione più rigorosa, secondo cui un errore procedurale comporta l’annullamento della decisione della Commissione soltanto qualora il ricorrente sia in grado di dimostrare che, in assenza dell’irregolarità, l’esito del procedimento sarebbe stato diverso (criterio Suiker Unie)[10], ii) una versione più attenuata, secondo cui le decisioni impugnate devono essere annullate qualora i ricorrenti dimostrino che, in assenza dell’irregolarità procedurale, il procedimento avrebbe potuto concludersi con un risultato diverso[11], e iii) la situazione in cui la Corte, a seguito dell’accertamento di un’irregolarità procedurale produttiva di una violazione grave e manifesta di taluni diritti procedurali delle imprese, ha presunto che tale irregolarità avesse inciso, od avrebbe probabilmente inciso, sull’esito del procedimento[12].

Secondo l’AG, la versione attenuata del criterio dell’errore innocuo è divenuta quella di ordinaria applicazione, perlomeno nei casi in cui la fattispecie sia caratterizzata da un’effettiva dimensione di diritti fondamentali, in quanto i) l’onere della prova di un’infrazione delle regole in materia di concorrenza spetta alla Commissione, mentre l’esistenza di qualsiasi ragionevole dubbio giova alle imprese sottoposte a indagine[13], e ii) spesso può rivelarsi particolarmente difficile, per un’impresa, dimostrare uno scenario alternativo e ipotetico (l’esito del procedimento in assenza dell’irregolarità procedurale), soprattutto alla luce del margine di discrezionalità che le norme europee di concorrenza attribuiscono alla Commissione nel controllo del loro rispetto e della loro attuazione. Di conseguenza, la versione Suiker Unie dovrebbe essere riservata alle situazioni in cui gli errori procedurali lamentati riguardano irregolarità minori, e pertanto il Tribunale aveva errato nel valutare le censure delle ricorrenti concernenti la violazione del dovere di imparzialità e della presunzione di innocenza alla luce della versione rigorosa del criterio dell’errore innocuo, esigendo specifiche prove del fatto che la Decisione C(2016) 8530 final sarebbe stata diversa in assenza dell’irregolarità.

Secondo l’AG, infine, il Tribunale non aveva condotto un’analisi rispondente ai criteri prescritti dalla Corte nella c.d. “sentenza Pometon”[14], secondo cui, nell’ambito di un procedimento ibrido scaglionato che comporta due decisioni distinte, può essere oggettivamente necessario che la Commissione esamini, nella decisione di transazione, taluni fatti e comportamenti concernenti i partecipanti al presunto cartello formante oggetto del procedimento ordinario, dovendo in ogni caso garantire che sia preservata la presunzione di innocenza delle imprese che hanno rifiutato di prendere parte alla transazione ed il cui procedimento prosegue nelle forme ordinarie. Ciò non aveva avuto luogo nel caso di specie, in cui Il Tribunale non aveva analizzato la decisione che concludeva il procedimento di transazione e la sua motivazione nel loro insieme ed alla luce delle circostanze particolari in cui essa era stata adottata. Di conseguenza, secondo l’AG il primo motivo di impugnazione dedotto dalle ricorrenti è da ritenersi fondato.

Il secondo e il terzo motivo di impugnazione riguardano, ancora una volta, la nozione di infrazione per oggetto e le modalità con cui il Tribunale è giunto alla conclusione che il comportamento delle ricorrenti aveva dato luogo all’infrazione. Più particolarmente, con il secondo motivo le ricorrenti sostenevano che il Tribunale avesse commesso un errore di diritto nel concludere che la semplice possibilità che i partecipanti alla manipolazione offrissero condizioni migliori rispetto ai loro concorrenti (a causa dell’asimmetria informativa sui livelli dell’Euribor) rivelasse un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente a dar vita a un’infrazione per oggetto. Con il terzo motivo, invece, le ricorrenti sostenevano che il Tribunale avesse commesso un errore di diritto nel concludere che le due discussioni intervenute tra le imprese sui prezzi mediani[15] costituissero infrazioni per oggetto.

L’AG ha ricordato che la nozione di restrizione della concorrenza “per oggetto” ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE si riferisce ai comportamenti collusivi che, per loro stessa natura, sono considerati dannosi per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza[16], di talché se un’autorità garante, dopo aver esaminato le disposizioni e gli obiettivi di un accordo, unitamente al contesto giuridico ed economico nel quale esso è stato approvato ed attuato, conclude che esso rientra tra gli accordi la cui natura dannosa è, alla luce dell’esperienza, comunemente riconosciuta e facilmente identificabile, tale autorità non è tenuta a verificare se l’accordo abbia effettivamente falsato la concorrenza. A fronte di un comportamento intrinsecamente anticoncorrenziale, pertanto, l’autorità è semplicemente tenuta a verificare, nel caso concreto, se vi siano circostanze di diritto o di fatto che impediscono che l’accordo o la pratica in questione restringano la concorrenza senza doverne dimostrare gli effetti[17].

Tanto premesso, secondo l’AG il Tribunale aveva correttamente ritenuto che, al fine di qualificare il comportamento delle imprese come una restrizione per oggetto, non fossero decisivi l’asserita mancanza di volontà e/o di un incentivo dei traders coinvolti ad offrire tassi migliori, di talché il secondo motivo di impugnazione dovrebbe essere respinto.

Per contro, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nel valutare le affermazioni delle ricorrenti concernenti il carattere pro-concorrenziale della condotta.

Come precisato dalla Corte di Giustizia, infatti, qualora le parti di un accordo facciano valere i suoi effetti pro-concorrenziali, tali effetti devono essere debitamente presi in considerazione ai fini della qualificazione come restrizione per oggetto, nei limiti in cui possano rimettere in discussione la valutazione globale del grado sufficientemente dannoso della pratica collusiva[18]. La considerazione degli asseriti effetti pro-concorrenziali di un accordo, pertanto, non costituisce una regola di ragionevolezza, e bensì mira soltanto a valutare la gravità oggettiva della pratica, e laddove le imprese dimostrino che tali effetti sono pertinenti, propri dell’accordo e sufficientemente importanti, ciò consente di dubitare ragionevolmente del carattere sufficientemente dannoso per la concorrenza dell’accordo interessato e, pertanto, del suo oggetto anticoncorrenziale[19]. Di conseguenza, il terzo motivo di impugnazione dovrebbe essere accolto.

Il quarto, il quinto e il sesto motivo riguardano la statuizione del Tribunale secondo cui le ricorrenti avevano preso parte ad un’infrazione unica e continuata. Più particolarmente, con il quarto motivo le ricorrenti lamentavano che il Tribunale avesse manifestamente snaturato i fatti e gli elementi di prova per quanto concerneva le discussioni tra le parti del 12 febbraio e del 16 febbraio 2007. Con il quinto motivo, invece, le ricorrenti contestavano la conclusione del Tribunale secondo cui i vari comportamenti individuati nella Decisione C(2016) 8530 final avrebbero perseguito un obiettivo unico. Con il sesto motivo, infine, le ricorrenti contestavano la conclusione del Tribunale secondo cui la HSBC sarebbe stata al corrente del fatto che stava partecipando ad un’infrazione unica e continuata includente non soltanto la manipolazione del 19 marzo 2007, e bensì anche le discussioni sulla possibilità di una sua reiterazione che avevano avuto luogo il 19 e il 27 marzo 2007.

L’AG ha ricordato che, in linea di principio, il Tribunale è il giudice competente ad accertare e valutare i fatti, mentre soltanto uno snaturamento degli elementi di prova da parte sua costituisce una questione di diritto, soggetta al sindacato della Corte di Giustizia[20].

Nel caso concreto, le ricorrenti avevano invocato uno snaturamento degli elementi di prova soltanto nell’ambito del loro quarto motivo di impugnazione. Più particolarmente, le ricorrenti non avevano criticato l’interpretazione da parte del Tribunale della nozione di infrazione “unica e continuata” né, più in generale, il contesto normativo applicato nella sentenza impugnata, contestandone al contrario specifiche statuizioni per quanto concerneva l’oggetto, la natura e il contesto di una serie di discussioni tra traders. Per tale ragione, le ricorrenti chiedevano alla Corte di Giustizia di procedere ad una nuova valutazione dei fatti e degli elementi di prova per quanto riguardava la loro partecipazione ad un’infrazione unica e continuata. Si trattava, tuttavia, di questioni irricevibili in sede di impugnazione, di talché il quinto e il sesto motivo di impugnazione dovrebbero venire dichiarati irricevibili. Anche il quarto motivo dovrebbe essere respinto in quanto infondato, atteso che lo snaturamento deve emergere in modo manifesto dagli atti di causa, senza che sia necessario procedere ad una nuova valutazione dei fatti e delle prove[21], e non è sufficiente, al fine di dimostrarne l’esistenza, proporre una lettura degli elementi di prova diversa da quella adottata dal Tribunale[22].

A questo punto dell’analisi, sebbene il primo e il terzo motivo di impugnazione siano da ritenersi fondati, l’AG ha ricordato che qualora la motivazione di una sentenza del Tribunale riveli una violazione del diritto dell’Unione, ma il suo dispositivo appaia fondato per altri motivi di diritto, una tale violazione non è in grado di comportare l’annullamento della decisione, dovendosi procedere alla sua sostituzione respingendo l’impugnazione[23].

Nel caso concreto, le ricorrenti sostenevano che la Commissione avesse violato il diritto ad una buona amministrazione[24], il principio della presunzione di innocenza[25] nonché quello del rispetto dei diritti della difesa conducendo un procedimento ibrido scaglionato e adottando una decisione di transazione che aveva accertato, de facto, la responsabilità di HSBC per un’infrazione all’articolo 101 TFUE. Le ricorrenti, inoltre, lamentavano talune dichiarazioni pronunciate dal Commissario per la concorrenza dell’epoca[26] prima dell’adozione della Decisione C(2016) 8530 final.

L’AG ha, ancora, ricordato che, nell’ambito di un procedimento disciplinato dalle disposizioni del Regolamento n. 1/2003, sia le imprese indagate sia la Commissione si trovano, rispetto ad un precedente procedimento di transazione, in una situazione di “tabula rasa”, ove le responsabilità devono ancora essere accertate, e la Commissione è vincolata unicamente dalla comunicazione degli addebiti rivolta alle imprese in questione con obbligo di garantire loro l’opportunità di essere ascoltate, tenendo debitamente conto di tutti gli elementi di diritto e fatto dedotti[27]. Di conseguenza, nulla impedisce che la Commissione, dopo aver effettuato accertamenti di fatto e di diritto nella decisione di transazione, giunga ad una conclusione diversa nella decisione ordinaria successiva, qualora le siano sottoposti nuovi argomenti o elementi di prova, non potendo semplicemente basarsi sugli accertamenti effettuati nella decisione di transazione.

Peraltro, secondo l’AG non si può ritenere che i riferimenti alla HSBC contenuti nella decisione di transazione avessero pregiudicato irrimediabilmente la sua posizione nel procedimento parallelo, in quanto tale decisione non era diretta a produrre effetti giuridici, né poteva produrli, almeno direttamente, nei confronti delle ricorrenti, dato che esse non ne erano le destinatarie, né erano menzionate nel suo dispositivo.

In secondo luogo, l’AG ha ricordato che esiste una distinzione fondamentale tra, da un lato, statuizioni per le quali una persona è semplicemente sospettata di aver commesso un reato (generalmente considerate legittime) e, dall’altro, dichiarazioni chiare, in assenza di una condanna definitiva, ai sensi delle quali una persona ha effettivamente commesso il reato (ciò che violerebbe la presunzione di innocenza)[28]. Il paradigma è trasponibile dal piano penale in senso proprio a quello della repressione degli illeciti anticoncorrenziali. Di conseguenza, sebbene la scelta dei termini, da parte delle autorità, nelle loro statuizioni rivesta un’importanza elevata[29], ciò che conta è il loro reale significato, e non la loro forma letterale[30].

Nel caso concreto, secondo l’AG, non si era verificata alcuna violazione del principio della presunzione di innocenza quale conseguenza delle dichiarazioni del Commissario dell’epoca nel 2012 e nel 2014. Alla luce del loro contenuto, del contesto in cui erano state rese e delle loro possibili conseguenze, infatti, pur prestando il fianco a possibili critiche, tali dichiarazioni non erano tuttavia di natura e gravità tali da mettere in dubbio l’imparzialità con cui la Commissione aveva condotto la sua indagine nella Decisione C(2016) 8530 final.

L’AG generale, infine, non ha rilevato alcun aspetto pro-concorrenziale nelle condotte dei traders del caso concreto. Lo scambio di informazioni riservate sui prezzi mediani, infatti, non ha permesso alle banche coinvolte di offrire servizi nuovi o migliorati, di entrare in nuovi mercati, di aprire il mercato a nuovi clienti o, più in generale, di migliorarne il funzionamento di correggerne i malfunzionamenti. Al contrario, mediante tali scambi alcune banche hanno eliminato l’incertezza concernente il loro comportamento futuro in materia di fissazione dei prezzi, a vantaggio delle banche partecipanti alla collusione e a danno di quelle non partecipanti.

Il fatto che le banche coinvolte possano aver trasferito taluni vantaggi ai loro clienti non esclude il carattere anticoncorrenziale del comportamento, in quanto le norme europee di concorrenza mirano a tutelare non soltanto gli interessi immediati dei consumatori, e bensì anche la struttura del mercato[31]; di talché, qualora le condizioni pertinenti di cui all’articolo 101 e/o all’articolo 102 TFUE siano soddisfatte, un comportamento idoneo ad incidere sull’incentivo e sulla capacità di concorrenti (parimenti efficienti) di competere sul mercato può essere considerato anticoncorrenziale. Di conseguenza, per constatare che un determinato comportamento ha un oggetto anticoncorrenziale, non è necessario un collegamento immediato e diretto tra quest’ultimo e un aumento dei prezzi al dettaglio, in quanto anche un comportamento idoneo a determinare una certa riduzione dei prezzi dei prodotti o dei servizi di cui trattasi può, in determinate circostanze, presentare valenza intrinsecamente anticoncorrenziale.

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[1] Tribunale 24.09.2019, Causa T‑105/17, HSBC Holdings e a./Commissione.

[2] Dec. Comm. C(2016) 8530 final del 07.12.2016 relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE, Caso AT.39914 – Euro Interest Rate Derivatives.

[3] L’Euribor è un tasso di riferimento, calcolato giornalmente, che indica il tasso di interesse medio delle transazioni finanziarie in euro tra le principali banche europee.

[4] L’EONIA rappresenta la media ponderata dei tassi overnight applicati su tutte le operazioni di finanziamento non garantite, concluse sul mercato interbancario dalle principali banche europee ed è prezzato da due giorni fino a due anni.

[5] Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato, GUUE L 1 del 04.01.2003. L’articolo 11 del Regolamento, intitolato “Cooperazione fra la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri”, al paragrafo 6 dispone: “… L’avvio di un procedimento da parte della Commissione per l’adozione di una decisione ai sensi del capitolo III priva le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri della competenza ad applicare gli articoli 81 e 82 del trattato. Qualora un’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro stia già svolgendo un procedimento, la Commissione avvia il procedimento unicamente previa consultazione di quest’ultima…”.

[6] Regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli 81 e 82 del trattato CE, GUUE L 123 del 27.04.2004. Per ulteriori informazioni, si veda l’’articolo 10 bis del Regolamento, intitolato “Procedura di transazione nei casi di cartelli”.

[7] Dec. Comm. C (2013) 8512 final del 04.12.2013 relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE, Caso AT.39914- Euro Interest Rate Derivatives (EIRD) (Settlement).

[8] Un procedimento ibrido è qualificato come “scaglionato” quando la decisione di transazione e la decisione o le decisioni ordinarie non sono adottate contemporaneamente, e bensì disallineate nel tempo.

[9] CGUE 16.12.1975, Cause riunite 40 a 48, 50, 54 a 56, 111, 113 e 114-73, Coöperatieve Vereniging “Suiker Unie” UA e altri contro Commissione delle Comunità europee, punti 90-91.

[10] CGUE 16.12.1975, Cause riunite 40 a 48, 50, 54 a 56, 111, 113 e 114-73, Coöperatieve Vereniging “Suiker Unie” UA e altri contro Commissione delle Comunità europee, punti 90-91.

[11] CGUE 26.09.2018, Causa C‑99/17 P, Infineon Technologies/Commissione, punto 78.

[12] CGUE 25.10.2011, Causa C‑109/10 P, Solvay/Commissione, punti 62-65.

[13] CGUE 22.11.2012, Causa C‑89/11 P, E.ON Energie/Commissione, punti 71-72.

[14]

[14] CGUE 18.03.2021, Causa C‑440/19 P, Pometon/Commissione.

[15] Il termine “mid” si riferisce al prezzo mediano o medio tra quelli di acquisto e di vendita per un prodotto specifico, di talché essi costituiscono spesso un’approssimazione attendibile del prezzo al quale un market maker negozierebbe con un cliente, in particolare quando il mercato è liquido e il divario acquirente/venditore è ristretto.

[16] CGUE 02.04.2020, Causa C‑228/18, Budapest Bank e a., punto 36.

[17] CGUE 07.01.2004, Cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, punto 335.

[18] CGUE 30.01.2020, Causa C‑307/18, Generics (UK) e a., punto 103.

[19] Ibidem, punti 104-107.

[20] CGUE 28.01.2021, Causa C‑466/19 P, Qualcomm e Qualcomm Europe/Commissione, punto 42.

[21] CGUE 04.04.2017, Causa C‑337/15 P, Mediatore/Staelen, punto 83.

[22] CGUE 25.07.2018, Causa C‑139/17 P, QuaMa Quality Management/EUIPO, punto 35.

[23] CGUE 11.11.2021, Causa C‑933/19 P, Autostrada Wielkopolska/Commissione e Polonia, punto 58; CGUE 22.09.2020, Causa C‑594/18 P, Austria/Commissione, punto 47.

[24] L’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, intitolato “Diritto ad una buona amministrazione”, al paragrafo 1 dispone: “… Ogni individuo ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni e dagli organi dell’Unione…”.

[25] L’articolo 48 della Carta, intitolato “Presunzione di innocenza e diritti della difesa”, dispone: “… Ogni imputato è considerato innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata.

Il rispetto dei diritti della difesa è garantito ad ogni imputato…”.

[26] Nel 2015, il Mediatore europeo aveva constatato che il Commissario per la concorrenza dell’epoca aveva reso, nel 2012 e nel 2014, dichiarazioni pubbliche che potevano ragionevolmente lasciar intendere che la Commissione (o il Commissario stesso) avessero già deciso il risultato dell’indagine in corso, il che costituiva un caso di cattiva amministrazione.

[27] Tribunale 02.02.2022, Causa T‑799/17, Scania e a./Commissione, punto 129.

[28] Corte EDU 12.11.2015, El Kaada c. Germania, paragrafo 54.

[29] Corte EDU 27.03.2014, Müller c. Germania, paragrafo 46.

[30] Corte EDU 28.11.2002, Lavents c. Lettonia, paragrafo 126.

[31] CGUE 19.03.2015, Causa C‑286/13 P, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, punto 125.