ESENZIONI PER CATEGORIE DI ACCORDI VERTICALI NEL SETTORE AUTOMOTIVE. LA VALUTAZIONE DELLA COMMISSIONE SUL REGOLAMENTO 461/2010

marketude Automotive, Diritto Europeo e della Concorrenza, Marco Stillo, Prospettive, Pubblicazioni, Roberto A. Jacchia

In data 28 maggio 2021, la Commissione ha pubblicato una relazione[1] che valuta il funzionamento delle norme in materia di esenzione per categoria contenute nel Regolamento (UE) n. 461/2010[2] ed i relativi Orientamenti[3] (nonché il Regolamento (UE) n. 330/2010[4] e gli Orientamenti sulle restrizioni verticali[5]) nella misura in cui si applicano alla distribuzione di autoveicoli nuovi, alla fornitura di servizi di riparazione e manutenzione e alla distribuzione di pezzi di ricambio nell’Unione.

Avviato ufficialmente nel dicembre 2018, il processo di valutazione si basa su diverse fonti di informazione quali, tra le altre, la consultazione pubblica che aveva avuto luogo tra il 12 ottobre 2020 e il 25 gennaio 2021 al fine di raccogliere le opinioni dei vari stakeholders sulle principali questioni in materia di concorrenza nei rapporti verticali sui mercati della distribuzione e dell’assistenza post-vendita dei veicoli a motore, al fine di valutare se gli obiettivi delle norme in materia di esenzione per categoria siano stati raggiunti.

Più particolarmente, la consultazione pubblica si basava su cinque criteri di valutazione.

Il primo criterio riguardava l’efficacia delle norme in materia di esenzione per categoria per gli accordi verticali del settore automotive, ossia se esse siano riuscite a raggiungere i loro obiettivi, e prevedeva diversi gruppi di domande.

Il primo gruppo di domande riguardava l’intensità della concorrenza. Più particolarmente, agli stakeholders era stato chiesto se essi ritenevano che la concorrenza si fosse intensificata, indebolita o fosse rimasta invariata a partire dal 2010 per quanto riguarda la distribuzione di nuovi autoveicoli, i servizi di riparazione e manutenzione e la distribuzione di pezzi di ricambio. A tal proposito, in tutti e tre i segmenti è emersa la stessa tendenza: mentre nessuno ha affermato che la concorrenza sia rimasta invariata nell’ultimo decennio, la maggior parte degli stakeholders si è espressa nel senso del suo aumento.

Il secondo gruppo di domande riguardava la portata delle esenzioni. Nello specifico, agli stakeholders era stato innanzitutto chiesto se essi ritenevano che la soglia del 30% della quota di mercato detenuta dal fornitore prevista dal Regolamento (UE) n. 461/2010[6] fosse ancora adeguata. Nonostante una netta maggioranza abbia risposto in maniera affermativa, coloro che consideravano tale soglia troppo elevata propendevano per un suo abbassamento al 20%, a causa, tra le altre cose, i) dell’aumento delle vendite dirette da parte dei costruttori di veicoli, ii) del fatto che solo pochissimi operatori raggiungono effettivamente il 30% di quota di mercato, e iii) del fatto che ciò potrebbe migliorare l’accesso alle reti dei fornitori di apparecchiature originali (Original Equipment Suppliers, OES) per i servizi di vendita e post-vendita. In secondo luogo, alla richiesta di individuare eventuali altri elementi ai quali subordinare l’esenzione per categoria, la maggioranza degli stakeholders aveva risposto menzionando diverse condizioni quali, tra le altre, i) l’accesso alle informazioni tecniche, ii) l’assenza di restrizioni alla libertà di scelta da parte dei rivenditori e degli utenti finali, e iii) la qualificazione dell’uso improprio delle garanzie come una violazione del diritto della concorrenza. In terzo luogo, gli stakeholders hanno individuato diverse restrizioni verticali che, sebbene non espressamente qualificate come tali, dovrebbero essere ritenute “fondamentali”[7], tra cui, i) criteri quantitativi diretti o indiretti in merito all’accesso alle reti autorizzate, ii) restrizioni all’accesso alle informazioni tecniche e ai dati a bordo del veicolo per gli operatori post-vendita, iii) il rifiuto di concedere in licenza alcuni diritti ritenuti necessari per consentire ai fornitori di offrire pezzi di ricambio attraverso canali indipendenti, e iv) restrizioni alla vendita di marche di diversi fornitori. Gli stakeholders, inoltre, hanno sostenuto di non aver riscontrato alcun tipo di restrizione verticale nel settore automobilistico che, sebbene non qualificata come tale dal Regolamento (UE) n. 330/2010, dovrebbero essere ritenuta “esclusa”. Infine, per quanto riguarda le restrizioni verticali che, sebbene espressamente qualificate come tali, non dovrebbero essere ritenute “fondamentali”, gli stakeholdershanno menzionato prevalentemente la restrizione della facoltà dell’acquirente di determinare il proprio prezzo di vendita[8] e quella delle vendite di pezzi di ricambio per autoveicoli da parte dei membri di un sistema di distribuzione selettiva a riparatori indipendenti[9].

Il terzo gruppo di domande riguardava la prevalenza di particolari restrizioni. In primo luogo, la maggior parte degli stakeholders ha considerato come raggiunti, o parzialmente raggiunti, diversi obiettivi delle norme quali, tra gli altri, i) garantire l’accesso ai mercati della vendita al dettaglio e della riparazione di veicoli per i produttori che desiderano entrare in nuovi mercati o espandere la loro attuale presenza, ii) tutelare la concorrenza tra fornitori e/o riparatori autorizzati nell’ambito della stessa marca, iii) prevenire restrizioni al commercio transfrontaliero di autoveicoli, e iv) garantire l’accesso al mercato secondario da parte dei fornitori di pezzi di ricambio. In secondo luogo, agli stakeholders era stato chiesto se, a partire dal 2010, avessero riscontrato restrizioni specifiche nel contesto di accordi cui essi stessi o i loro clienti avevano preso parte quali, tra le altre, i) il mantenimento del prezzo di rivendita, ii) gli obblighi di non concorrenza, di non produrre, acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi nonché di non vendere marche di particolari fornitori concorrenti[10], iii) la restrizione dell’accesso degli operatori indipendenti alle informazioni tecniche[11], e iv) l’abuso di garanzie[12]. Infine, la maggior parte degli stakeholders ha affermato di aver riscontrato da parte di alcuni partner commerciali comportamenti volti indirettamente a conseguire risultati anticoncorrenziali quali, tra gli altri, i) restrizioni all’accesso alle informazioni tecniche e ai dati a bordo del veicolo, ii) raggruppamenti di pezzi di ricambio ad acquisto obbligatorio e non, nelle vendite ai riparatori indipendenti, iii) obblighi di immatricolazione e utilizzo dei veicoli nello Stato Membro di acquisto, e iv) risoluzione dei contratti di fornitura senza giusta causa o motivazione.

Infine, il quarto gruppo di domande mirava a verificare se le norme in materia di esenzione per categoria abbiano raggiunto o meno la certezza del diritto. A tal proposito, la maggior parte degli stakeholders ha affermato che non solo le definizioni ivi contenute quali, tra le altre, quelle di accordi verticali[13], accordi di minore importanza[14], obbligo di non concorrenza[15], distribuzione esclusiva[16] e pezzi di ricambio[17], e bensì anche le norme stesse, hanno aumentato la certezza del diritto rispetto alle situazioni in cui esse non risultavano applicabili.

Il secondo criterio riguardava l’efficienza delle norme, ossia se i relativi costi fossero proporzionati ai benefici. Anche in questo caso, agli stakeholders era stato chiesto di rispondere a diverse domande. Più particolarmente, nell’identificare i tipi di costi sostenuti per valutare se gli accordi verticali possono beneficiare delle esenzioni per categoria, la maggior parte degli stakeholders ha fatto riferimento a quelli per consulenze esterne, a quelli amministrativi interni nonché a quelli legali interni, mentre una minoranza ha affermato di non averne sostenuto alcuno. In secondo luogo, agli stakeholders era stato chiesto di fornire una stima dell’ammontare di tali costi su base annua, sia in termini di valore che come percentuale del fatturato, con una risposta che andava da 10.000 a 140.000 euro. In terzo luogo, alla richiesta di indicare se i costi fossero proporzionati ai vantaggi che le norme di esenzione per categoria hanno comportato, gli stakeholders hanno risposto che i) applicare direttamente il Regolamento (UE) n. 461/2010 e gli Orientamenti aggiuntivi e dimostrare gli effetti delle pratiche sul mercato e sui consumatori era un esercizio talmente complesso, che i relativi costi non erano affatto proporzionati ai benefici, ii) le spese legali di una controversia superavano i potenziali benefici di un comportamento contrario alle norme poiché la probabilità di successo rimane relativamente bassa, e iii) le spese legali per contestare un comportamento non conforme risultavano sproporzionati per i singoli rivenditori a causa della lunghezza dei relativi procedimenti giudiziari. Secondo gli stakeholders, infine, le spese necessarie per valutare se gli accordi verticali possono beneficiare di particolari esenzioni sarebbero state molto più elevate in assenza delle norme di cui al Regolamento (UE) n. 461/2010.

Il terzo criterio riguardava la rilevanza delle norme in materia di esenzione per categoria per gli autoveicoli, ovvero se i loro obiettivi siano ancora conformi alle esigenze attuali. In primo luogo, nell’identificare eventuali cambiamenti che hanno interessato la loro attività a partire dal 2010, e che dovrebbero pertanto riflettersi negli obiettivi di tali norme, oltre a menzionare quelli relativi agli sviluppi tecnologici e ai modelli di business, gli stakeholders hanno individuato la necessità, tra le altre cose, di i) imporre requisiti più elevati sulle tempistiche per la fornitura di informazioni tecniche, ii) introdurre maggiori garanzie per gli utenti delle società di leasing e noleggio e iii) menzionare esplicitamente le compagnie di assicurazione come operatori indipendenti. In secondo luogo, agli stakeholders era stato chiesto se gli obiettivi delle norme siano ancora rilevanti. Più particolarmente, per quanto riguarda la garanzia dell’accesso ai mercati della vendita al dettaglio e della riparazione di veicoli per i produttori che desiderano entrare in nuovi mercati o espandere la loro presenza, gli stakeholders che si sono espressi nel senso della non rilevanza hanno giustificato la loro scelta con le opportunità di espansione comunque attualmente disponibili. In terzo luogo, agli stakeholders era stato chiesto di identificare eventuali altri obiettivi che, a loro avviso, la Commissione dovrebbe perseguire in relazione agli accordi verticali, evidenziandone la rilevanza per la concorrenza sui mercati in questione. A questo proposito, i punti individuati riguardavano, tra le altre cose, i) garantire la piena riparabilità dei veicoli ed il riciclaggio dei pezzi di ricambio per rispondere agli obiettivi di sostenibilità, ii) scoraggiare le nuove pratiche commerciali che indeboliscono la concorrenza, iii) garantire parità di condizioni per quanto riguarda l’accesso ai dati a bordo del veicolo, e iv) prendere in considerazione aggiornamenti più frequenti delle norme in materia di esenzione per categoria. Infine, la maggior parte degli stakeholders ha ritenuto che l’ambito di applicazione materiale del regime previsto per gli accordi verticali riguardanti gli autoveicoli[18] dovrebbe essere ampliato.

Il quarto criterio riguardava la coerenza delle norme, tanto a livello interno quanto a livello europeo. Più particolarmente, mentre le risposte degli stakeholders erano equamente divise sulla questione se vi fossero incongruenze o contraddizioni all’interno di uno qualsiasi dei singoli strumenti previsti dalle norme, le risposte erano state prevalentemente negative circa eventuali incongruenze o contraddizioni tra le norme in materia di esenzione per categoria e agli altri strumenti della Commissione che stabiliscono norme o forniscono orientamenti sull’applicazione e/o sull’interpretazione dell’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Similmente, la maggioranza degli stakeholders non ha individuato incongruenze o contraddizioni né rispetto ad altri strumenti esistenti di politica di concorrenza né, più in generale, rispetto ad ulteriori norme esistenti o in via di emanazione.

Il quinto criterio, infine, riguardava il valore aggiunto delle norme, vale a dire, se gli stessi risultati sarebbero stati possibili attraverso la sola legislazione nazionale. Secondo gli stakeholders, tali norme hanno effettivamente agevolato il compito delle Autorità nazionali garanti della concorrenza (ANC) e dei tribunali nazionali, di talché, in loro assenza, gli orientamenti nazionali, le best practice delle ANC e la giurisprudenza nazionale pertinente sarebbero state meno efficaci.

Tutto ciò premesso, sebbene sia sottoposto a forti pressioni per adeguarsi, tra le altre cose, alle nuove politiche in materia di tecnologia, riduzione delle emissioni nonché lotta al coronavirus, secondo la Commissione l’ambiente concorrenziale nei mercati degli autoveicoli non è cambiato molto dal 2010. 

Più particolarmente, nei mercati della distribuzione degli autoveicoli le condizioni concorrenziali variano a seconda del tipo di veicolo, di talché, mentre la concorrenza nel settore delle autovetture è vigorosa, quella relativa ai veicoli commerciali leggeri, autocarri e autobus non è altrettanto intensa. Anche nei mercati della riparazione l’attuale regime risulta adeguato. Molti riparatori autorizzati, infatti, godono di un potere notevole sui mercati locali, con la conseguenza che non sarebbe opportuno alzare la soglia della quota di mercato detenuta dai fornitori ai sensi Regolamento (UE) n. 461/2010 nè includere gli accordi tra questi ultimi e i riparatori. Benché, inoltre, la concorrenza all’interno di una marca nell’ambito delle reti autorizzate sia limitata da criteri qualitativi rigorosi e dettagliati e dai notevoli investimenti richiesti ai riparatori che ne fanno parte, i riparatori indipendenti continuano ad esercitare una pressione concorrenziale fondamentale sui primi, garantendo così ai consumatori la possibilità di scelta in termini di forniture e di prezzi. Secondo la Commissione, infine, il trattamento particolare riservato ai mercati dei pezzi di ricambio per autoveicoli continua ad essere giustificato, in quanto questi ultimi sono caratterizzati da rigidità che riducono indirettamente la disponibilità di scelta per i consumatori finali. Di conseguenza, essendosi dimostrato complessivamente appropriato, l’attuale regime previsto dalle norme in materia di esenzione per categoria non richiede modifiche rilevanti. Poiché alcune disposizioni, tuttavia, potrebbero necessitare di un aggiornamento per tenere conto dei più recenti progressi tecnologici, la Commissione proseguirà nelle sue valutazioni al fine di decidere, entro il 31 maggio 2023, se rinnovare il Regolamento (UE) n. 461/2010, rivederlo o lasciarlo scadere.

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[1] Com. Comm. COM(2021) 264 final del 28.05.2021, Relazione di valutazione della Commissione sull’applicazione del regolamento (UE) n. 461/2010 di esenzione per categoria nel settore automobilistico.

[2] Regolamento (UE) n. 461/2010 della Commissione, del 27 maggio 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate nel settore automobilistico, GUUE L 129 del 28.05.2010.

[3] Orientamenti aggiuntivi in materia di restrizioni verticali negli accordi per la vendita e la riparazione di autoveicoli e per la distribuzione di pezzi di ricambio per autoveicoli, GUUE C 138 del 28.05.2010.

[4] Regolamento (UE) n. 330/2010 della Commissione, del 20 aprile 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate, GUUE L 102 del 23.04.2010.

[5] Com. Comm. SEC(2010) 411 final del 10.05.2010, Orientamenti sulle restrizioni verticali.

[6] L’articolo 3 del Regolamento (UE) n. 330/2010, intitolato “Soglia della quota di mercato”, al paragrafo 1 dispone: “… L’esenzione di cui all’articolo 2 si applica a condizione che la quota di mercato detenuta dal fornitore non superi il 30% del mercato rilevante sul quale vende i beni o servizi oggetto del contratto e la quota di mercato detenuta dall’acquirente non superi il 30% del mercato rilevante sul quale acquista i beni o servizi oggetto del contratto…”.

[7] Si vedano gli articoli 4 del Regolamento (UE) n. 330/2010 e 5 del Regolamento (UE) n. 461/2010.

[8] L’articolo 4 del Regolamento (UE) n. 330/2010, intitolato “Restrizioni che eliminano il beneficio dell’esenzione per categoria — restrizioni fondamentali”, alla lettera a) dispone: “… L’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica agli accordi verticali che, direttamente o indirettamente, isolatamente o congiuntamente con altri fattori sotto il controllo delle parti, hanno per oggetto quanto segue:

a) la restrizione della facoltà dell’acquirente di determinare il proprio prezzo di vendita, fatta salva la possibilità per il fornitore di imporre un prezzo massimo di vendita o di raccomandare un prezzo di vendita, a condizione che questi non equivalgano ad un prezzo fisso o ad un prezzo minimo di vendita per effetto di pressioni esercitate o incentivi offerti da una delle parti…

[9] L’articolo 5 del Regolamento (UE) n. 461/2010, intitolato “Restrizioni che eliminano il beneficio dell’esenzione per categoria- restrizioni fondamentali”, alla lettera a) dispone: “… L’esenzione di cui all’articolo 4 non si applica agli accordi verticali che, direttamente o indirettamente, isolatamente o congiuntamente con altri fattori sotto il controllo delle parti, hanno per oggetto quanto segue:

a) la restrizione delle vendite di pezzi di ricambio per autoveicoli da parte dei membri di un sistema di distribuzione selettiva a riparatori indipendenti che utilizzano tali pezzi per la riparazione e la manutenzione di un autoveicolo…

[10] Articolo 5 del Regolamento (UE) n. 330/2010, intitolato “Restrizioni escluse”, al paragrafo 1 dispone: “… L’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica alle seguenti obbligazioni contenute in accordi verticali:

a) un obbligo di non concorrenza, diretto o indiretto, la cui durata sia indeterminata o superiore a cinque anni;

b) un obbligo diretto o indiretto che imponga all’acquirente, una volta giunto a scadenza l’accordo, di non produrre, acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi;

c) un obbligo diretto o indiretto che imponga ai membri di un sistema di distribuzione selettiva di non vendere marche di particolari fornitori concorrenti.

Ai fini del primo comma, lettera a), un obbligo di non concorrenza tacitamente rinnovabile oltre i cinque anni si considera concluso per una durata indeterminata…”.

[11] Si vedano i paragrafi 62-68 degli Orientamenti aggiuntivi.

[12] Si vedano i paragrafi 49 e 69 degli Orientamenti aggiuntivi.

[13] L’articolo 1 del Regolamento (UE) n. 330/2010, intitolato “Definizioni”, al paragrafo 1 lettera a) dispone: “… Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:

a) per «accordi verticali» si intendono gli accordi o le pratiche concordate conclusi tra due o più imprese, operanti ciascuna, ai fini dell’accordo o della pratica concordata, ad un livello differente della catena di produzione o di distribuzione, e che si riferiscono alle condizioni in base alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi…”.

[14] Si vedano i paragrafi 8-11 degli Orientamenti sulle restrizioni verticali.

[15] L’articolo 1 del Regolamento (UE) n. 330/2010, intitolato “Definizioni”, al paragrafo 1 lettera d) dispone “… Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:

(…)

d) per «obbligo di non concorrenza» si intende qualsiasi obbligo, diretto o indiretto, che impone all’acquirente di non produrre, acquistare, vendere o rivendere beni o servizi in concorrenza con i beni o servizi oggetto del contratto, ovvero qualsiasi obbligo, diretto o indiretto, che impone all’acquirente di acquistare dal fornitore o da un’altra impresa da questo indicata più dell’80% degli acquisti annui complessivi dei beni o servizi contrattuali e dei loro succedanei effettuati dall’acquirente stesso sul mercato rilevante, calcolati sulla base del valore o, se è normale prassi del settore, del volume dei suoi acquisti relativi all’anno civile precedente…”.

[16] Il paragrafo 151 degli Orientamenti sulle restrizioni verticali dispone: “… In un accordo di distribuzione esclusiva, il fornitore acconsente a vendere i propri prodotti ad un unico distributore perché li rivenda in un particolare territorio. Al tempo stesso al distributore viene solitamente imposto un limite alla vendita attiva in altri territori assegnati su base esclusiva. I possibili effetti sulla concorrenza sono essenzialmente una riduzione della concorrenza all’interno di uno stesso marchio e la compartimentazione del mercato, che possono facilitare la discriminazione di prezzo. Quando tutti o quasi tutti i fornitori applicano accordi di distribuzione esclusiva, l’indebolimento della concorrenza e la collusione, sia a livello di fornitori che di distributori, potrebbero risultare agevolate. Infine, gli accordi di distribuzione esclusiva possono determinare la preclusione ad altri distributori e pertanto ridurre la concorrenza a tale livello…”.

[17] L’articolo 1 del Regolamento (UE) n. 461/2010, intitolato “Definizioni”, al paragrafo 1 lettera h) dispone: “… Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:

(…)

h) per «pezzi di ricambio» si intendono i beni che vengono incorporati o montati in o su un autoveicolo per sostituirne delle parti componenti, compresi beni, quali i lubrificanti, necessari all’utilizzo di un autoveicolo, ad eccezione del carburante…”.

[18] L’articolo 1 del Regolamento (UE) n. 461/2010 al paragrafo 1 lettera g) dispone: “… Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:

(…)

g) per «autoveicolo» si intende un veicolo destinato a circolare su strada mosso dal proprio motore, munito di tre o più ruote…”.