In data 24 ottobre 2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-227/23, Kwantum Nederland BV e Kwantum België BV contro Vitra Collections AG, sull’interpretazione degli articoli da 2 a 4 della Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione[1], dell’articolo 17, paragrafo 2, e dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, letti alla luce dell’articolo 2, paragrafo 7, della Convenzione per la protezione delle opere letterarie ed artistiche, firmata a Berna il 9 settembre 1886 (“Convenzione di Berna”), nonché dell’articolo 351, primo comma, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Vitra Collections AG (“Vitra”), una società di diritto svizzero, e, dall’altro, la Kwantum Nederland BV e la Kwantum België BV (congiuntamente “Kwantum”), che gestiscono, nei Paesi Bassi e in Belgio, una catena di negozi di articoli per arredo interno, tra cui mobilio, per il motivo che queste ultime hanno commercializzato una sedia che, a parere della Vitra, violerebbe taluni diritti d’autore di cui essa è titolare.
Questi i fatti.
Nel corso del 2014, la Vitra aveva constatato che la Kwantum commercializzava una sedia, denominata “sedia Paris”, in violazione dei diritti d’autore detenuti su una sedia da essa fabbricata, denominata Dining Sidechair Wood (“sedia DSW”) e concepita dai coniugi Charles e Ray Eames, cittadini degli Stati Uniti d’America, nell’ambito di un concorso di progettazione di mobili organizzato a New York nel 1948. Di conseguenza, la Vitra aveva adito il rechtbank Den Haag (Tribunale dell’Aia), che aveva statuito che la Kwantum non ne violava i diritti d’autore nei Paesi Bassi e in Belgio e non agiva in modo illecito commercializzando la sedia Paris. Poiché tale sentenza era stata annullata dal Gerechtshof Den Haag (Corte d’appello dell’Aia), la Kwantum si era rivolta allo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi; il “giudice del rinvio”) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia cinque questioni pregiudiziali.
Con la prima questione, il giudice del rinvio chiedeva se il caso concreto rientri nell’ambito di applicazione materiale del diritto dell’Unione.
La Corte ha preliminarmente ricordato che l’ambito di applicazione della Direttiva 2001/29 è definito non già secondo il criterio del paese d’origine dell’opera o della cittadinanza del suo autore, e bensì con riferimento al mercato interno, che equivale all’ambito di applicazione territoriale dei Trattati[2]. Le disposizioni di tale direttiva, che armonizza taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, inoltre, si applicano a tutte le opere e agli altri materiali protetti in essa contemplati che, alla data prevista per il suo recepimento, rispondono ai criteri per la tutela ivi stabiliti. Più particolarmente, un oggetto delle arti applicate, quale la sedia DSW, può essere qualificato come “opera” ai sensi della Direttiva 2001/29 qualora sia originale, ossia costituisca una creazione intellettuale propria del suo autore[3]. Di conseguenza, quando un oggetto delle arti applicate presenta tali caratteristiche, e costituisce pertanto un’opera, esso deve beneficiare, in tale qualità, di una tutela ai sensi del diritto d’autore conformemente alla Direttiva 2001/29[4].
Con le questioni dalla seconda alla quarta, invece, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 2, lettera a)[5], e l’articolo 4, paragrafo 1[6], della Direttiva 2001/29, letti in combinato disposto con l’articolo 17, paragrafo 2[7], e l’articolo 52, paragrafo 1[8], della Carta debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che gli Stati Membri applichino il criterio di reciprocità sostanziale previsto all’articolo 2, paragrafo 7, seconda frase[9], della Convenzione di Berna nei riguardi di un’opera delle arti applicate il cui paese d’origine sia uno Stato terzo e il cui autore sia un cittadino di uno Stato terzo.
La Corte ha preliminarmente ricordato che, ai sensi della Direttiva 2001/29, gli Stati Membri riconoscono agli autori i diritti esclusivi di autorizzare o vietare, da un lato, la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte, per quanto riguarda le loro opere e, dall’altro, qualsiasi forma di distribuzione al pubblico dell’originale delle loro opere o di loro copie, attraverso la vendita o in altro modo. A tale riguardo, quando può essere qualificato come opera ai sensi della Direttiva 2001/29, un oggetto deve, in tale qualità, beneficiare di una tutela ai sensi del diritto d’autore conformemente a tale direttiva, in quanto quest’ultima non prevede alcuna condizione riguardante il paese d’origine dell’opera in questione o la cittadinanza del suo autore. Nel definire l’ambito di applicazione della Direttiva 2001/29 mediante un criterio territoriale, inoltre, il legislatore europeo ha preso in considerazione tutte le opere per le quali viene richiesta la tutela nel territorio dell’Unione, indipendentemente dal loro paese d’origine o dalla cittadinanza del loro autore. Secondo la Corte, infine, sarebbe contrario agli obblighi internazionali dell’Unione attuati dalla Direttiva 2001/29 nel settore della proprietà intellettuale il fatto che quest’ultima armonizzi il diritto d’autore per quanto concerne le opere il cui paese d’origine sia uno Stato Membro o il cui autore ne sia cittadino pur lasciando al diritto interno degli Stati Membri la determinazione del regime giuridico applicabile alle opere il cui paese d’origine sia uno Stato terzo o il cui autore ne sia cittadino. Di conseguenza, l’articolo 2, lettera a), e l’articolo 4, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29 si applicano alle opere delle arti applicate originarie di paesi terzi o i cui autori siano cittadini di tali paesi.
Tutto ciò premesso, l’applicazione, da parte di uno Stato Membro, del criterio di reciprocità sostanziale previsto all’articolo 2, paragrafo 7, seconda frase, della Convenzione di Berna nei riguardi di un’opera delle arti applicate il cui paese d’origine sia uno Stato terzo o il cui autore ne sia cittadino non solo sarebbe contraria al tenore letterale dell’articolo 2, lettera a), e dell’articolo 4, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29, e bensì rimetterebbe parimenti in discussione l’obiettivo di quest’ultima, che consiste nell’armonizzazione del diritto d’autore nel mercato interno. In applicazione di tale criterio, infatti, le opere delle arti applicate originarie di paesi terzi potrebbero essere trattate in maniera diversa in diversi Stati Membri, in forza di disposizioni di diritto convenzionale applicabili in via bilaterale tra uno Stato Membro e un paese terzo. Nel caso concreto, pertanto, l’applicazione, da parte di uno Stato membro, del criterio di reciprocità sostanziale previsto all’articolo 2, paragrafo 7, seconda frase, della Convenzione di Berna potrebbe costituire una limitazione dei diritti di proprietà intellettuale di cui alla Direttiva 2001/29, in quanto tale applicazione è idonea a privare l’eventuale titolare del godimento e dell’esercizio di questi ultimi in una parte del mercato interno, ossia nel territorio dello Stato Membro che applica tale clausola.
Con la quinta questione, infine, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 351, primo comma[10], TFUE debba essere interpretato nel senso che esso consente ad uno Stato Membro di applicare, in deroga alle disposizioni del diritto dell’Unione, il criterio di reciprocità sostanziale contenuto nell’articolo 2, paragrafo 7, seconda frase, della Convenzione di Berna nei riguardi di un’opera il cui paese d’origine siano gli Stati Uniti d’America.
La Corte ha preliminarmente ricordato che allorché una convenzione internazionale che è stata conclusa anteriormente alla sua adesione all’Unione gli consente, come nel caso concreto, di adottare un provvedimento che risulti contrario alle norme europee, senza tuttavia obbligarlo in tal senso, uno Stato Membro deve astenersi dall’adottarlo[11]. Nell’ipotesi in cui, in ragione di un’evoluzione del diritto dell’Unione, una misura normativa adottata conformemente alla facoltà riconosciuta da una convenzione internazionale anteriore risulti contraria a tale diritto, inoltre, lo Stato Membro in questione non può far valere tale convenzione per esonerarsi dagli obblighi europei sorti in un momento successivo[12]. Di conseguenza, uno Stato Membro non può avvalersi dell’articolo 2, paragrafo 7, della Convenzione di Berna per esonerarsi dagli obblighi derivanti dalla Direttiva 2001/29.
Tutto ciò premesso, la Corte ha pertanto statuito che:
“Rientra nell’ambito di applicazione materiale del diritto dell’Unione una situazione in cui una società rivendica una tutela in forza del diritto d’autore di un oggetto delle arti applicate commercializzato in uno Stato membro, purché possa essere qualificato come «opera», ai sensi della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione.
L’articolo 2, lettera a), e l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, letti in combinato disposto con l’articolo 17, paragrafo 2, e l’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che allo stato attuale del diritto dell’Unione, essi ostano a che gli Stati membri applichino, nel diritto nazionale, il criterio di reciprocità sostanziale previsto all’articolo 2, paragrafo 7, seconda frase, della Convenzione per la protezione delle opere letterarie ed artistiche, firmata a Berna il 9 settembre 1886 (atto di Parigi del 24 luglio 1971), nella sua versione risultante dalla modifica del 28 settembre 1979, nei riguardi di un’opera delle arti applicate il cui paese d’origine sia un paese terzo e il cui autore sia un cittadino di un paese terzo. Spetta al solo legislatore dell’Unione, in conformità all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, prevedere, mediante una legislazione dell’Unione, se si debba limitare la concessione, nell’Unione, dei diritti previsti da tale articolo 2, lettera a), e da tale articolo 4, paragrafo 1.
L’articolo 351, primo comma, TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non consente a uno Stato membro di applicare, in deroga alle disposizioni del diritto dell’Unione, il criterio di reciprocità sostanziale contenuto nell’articolo 2, paragrafo 7, seconda frase, della Convenzione per la protezione delle opere letterarie ed artistiche, firmata a Berna il 9 settembre 1886 (atto di Parigi del 24 luglio 1971), nella sua versione risultante dalla modifica del 28 settembre 1979, nei riguardi di un’opera il cui paese d’origine siano gli Stati Uniti d’America”.
[1] GUUE L 167 del 22.06.2001.
[2] CGUE 08.09.2020, Causa C‑265/19, Recorded Artists Actors Performers, punto 59.
[3] CGUE 13.11.2018, Causa C‑310/17, Levola Hengelo, punti 35-37.
[4] CGUE 12.09.2019, Causa C‑683/17, Cofemel, punto 35.
[5] L’articolo 2 della Direttiva 2001/29, intitolato “Diritto di riproduzione”, alla lettera a) dispone: “… Gli Stati membri riconoscono ai soggetti sotto elencati il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte:
a) agli autori, per quanto riguarda le loro opere…”.
[6] L’articolo 4 della Direttiva 2001/29, intitolato “Diritto di distribuzione”, al paragrafo 1 dispone: “… Gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi forma di distribuzione al pubblico dell’originale delle loro opere o di loro copie, attraverso la vendita o in altro modo…”.
[7] L’articolo 17 della Carta, intitolato “Diritto di proprietà”, al paragrafo 2 dispone: “… La proprietà intellettuale è protetta…”.
[8] L’articolo 52 della Carta, intitolato “Portata e interpretazione dei diritti e dei principi”, al paragrafo 1 dispone: “… Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui…”.
[9] L’articolo 2 della Convenzione di Berna al paragrafo 7 dispone: “… è riservato alle legislazioni dei Paesi dell’Unione di determinare sia la sfera di applicazione delle leggi relative alle opere delle arti applicate ed ai disegni e modelli industriali, sia le condizioni di protezione di tali opere, disegni e modelli, tenendo conto delle disposizioni dell’art. 7. 4) della presente Convenzione. Per le opere protette, nel Paese d’origine, unicamente come disegni e modelli, può essere rivendicata, in un altro Paese dell’Unione, soltanto la protezione speciale ivi concessa ai disegni e modelli; tuttavia, se questo Paese non concede una tale speciale protezione, dette opere saranno protette come opere artistiche…”.
[10] L’articolo 351 TFUE al paragrafo 1 dispone: “… Le disposizioni dei trattati non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti da convenzioni concluse, anteriormente al 1o gennaio 1958 o, per gli Stati aderenti, anteriormente alla data della loro adesione, tra uno o più Stati membri da una parte e uno o più Stati terzi dall’altra…”.
[11] CGUE 09.02.2012, Causa C‑277/10, Luksan, punto 62; CGUE 28.03.1995, Causa C‑324/93, Evans Medical e Macfarlan Smith, punto 32.
[12] CGUE 09.02.2012, Causa C‑277/10, Luksan, punto 63.