In data 7 novembre 2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-683/22, Adusbef – Associazione difesa utenti servizi bancari e finanziari contro Presidenza del Consiglio dei ministri e a., sull’interpretazione degli articoli 38, 43 e 44 della Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione[1]. Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Adusbef – Associazione difesa utenti servizi bancari e finanziari e, dall’altro, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, il DIPE – Dipartimento programmazione e coordinamento della politica economica, l’Autorità di regolazione dei trasporti, la Corte dei conti e l’Avvocatura generale dello Stato in merito alla legittimità delle modifiche apportate alla concessione autostradale di cui la Autostrade per l’Italia SpA (“ASPI”) è titolare a seguito del crollo del ponte Morandi (Genova).
Questi i fatti.
In data 14 agosto 2018 il ponte Morandi, che faceva parte del viadotto del Polcevera sull’autostrada A10, gestita in concessione dalla ASPI[2], era crollato causando la morte di 43 persone. Di conseguenza, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti aveva avviato un procedimento nei confronti della ASPI per grave inadempimento agli obblighi di manutenzione e custodia della rete autostradale. L’11 luglio 2020, pertanto, quest’ultima aveva presentato una proposta di soluzione negoziale nella quale si impegnava i) a pagare la somma di 3.400 milioni di euro a titolo di interventi strutturali compensativi, ii) a rafforzare gli standard di sicurezza della rete autostradale in sua concessione, e iii) a cedere il suo controllo alla Cassa Depositi e Prestiti SpA e ad investitori ritenuti accettabili.
Sulla base di tale proposta, la ASPI e il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili avevano concluso un accordo transattivo[3] che aveva posto fine al procedimento avviato nei confronti della ASPI senza che fosse stata formalmente constatata l’esistenza di un inadempimento agli obblighi di manutenzione e custodia della rete autostradale in capo a quest’ultima. La Adusbef, pertanto, aveva proposto un ricorso per l’annullamento dell’accordo dinnanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (il “giudice del rinvio) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia tre questioni pregiudiziali.
Con la prima questione, il giudice del rinvio chiedeva se la Direttiva 2014/23 debba essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale ai sensi della quale l’amministrazione aggiudicatrice può procedere alla modifica di una concessione in corso di validità, riguardante la persona del concessionario e l’oggetto della concessione, senza organizzare una nuova procedura di aggiudicazione e senza aver esposto i motivi per i quali ha ritenuto di non esservi tenuta.
La Corte ha preliminarmente ricordato che la modifica dei contratti di concessione in corso di validità è disciplinata dall’articolo 43[4]della Direttiva 2014/23, che ha proceduto ad un’armonizzazione esaustiva, da un lato, delle ipotesi in cui le concessioni possono essere modificate senza che sia necessaria l’organizzazione di una nuova procedura di aggiudicazione conforme alle norme stabilite da tale direttiva, e, dall’altro, di quelle in cui una tale procedura è richiesta in caso di modifica delle condizioni di concessione[5]. Più particolarmente, l’articolo 43, paragrafo 1, primo comma, lettera c), della Direttiva 2014/23 è inteso a conferire alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori una certa flessibilità perché adattino la concessione alle circostanze esterne che non era possibile prevedere quando l’hanno aggiudicata. Un inadempimento contrattuale da parte del concessionario, tuttavia, non può, di per sé, essere considerato come una circostanza che un’amministrazione aggiudicatrice diligente non poteva prevedere, di talché esso non può giustificare la modifica di una concessione in corso di validità senza apertura alla concorrenza.
Secondo la Corte, inoltre, una modifica della compagine azionaria del concessionario non può, in quanto tale, essere considerata una modifica della concessione stessa ai sensi dell’articolo 43, paragrafo 5, della Direttiva 2014/23. Le cessioni di quote del capitale sociale del concessionario, che sia a favore di nuovi azionisti oppure di azionisti esistenti, infatti, comportano non la sostituzione del concessionario iniziale con uno nuovo, ipotesi prevista dall’articolo 43, paragrafo 1, primo comma, lettera d), di tale direttiva, e bensì soltanto modifiche nella composizione o nella ripartizione del capitale sociale di tale concessionario. Nella misura in cui non modificano la concessione ai sensi dell’articolo 43, paragrafo 5, della Direttiva 2014/23, pertanto, le modifiche che incidono sul capitale sociale del concessionario non richiedono l’organizzazione di una nuova procedura di aggiudicazione.
In ogni caso, l’amministrazione aggiudicatrice deve conformarsi al principio generale del diritto dell’Unione relativo ad una buona amministrazione, che comporta requisiti che spetta agli Stati Membri rispettare tra i quali, nello specifico, quello di motivazione delle decisioni adottate dalle autorità nazionali, che consente ai relativi destinatari di difendere i loro diritti e di decidere con piena cognizione di causa se occorra proporre un ricorso giurisdizionale contro di esse[6]. Tale obbligo di motivazione, che incombe alle amministrazioni aggiudicatrici, discende altresì da quello di garantire la trasparenza sia della procedura di aggiudicazione sia dell’esecuzione del contratto di concessione, di modo da consentire a qualsiasi interessato di identificare, senza difficoltà, i motivi per i quali l’amministrazione aggiudicatrice ha ritenuto di non essere tenuta ad organizzare una nuova procedura di aggiudicazione della concessione in applicazione delle pertinenti disposizioni dell’articolo 43, paragrafi 1 e 2, della Direttiva 2014/23 e/o delle relative misure nazionali di recepimento.
Con la seconda questione, invece, il giudice del rinvio chiedeva se la Direttiva 2014/23 debba essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale ai sensi della quale l’amministrazione aggiudicatrice può procedere alla modifica di una concessione in corso di validità senza aver valutato l’affidabilità del concessionario in circostanze in cui quest’ultimo si è reso o è sospettato di essersi reso autore di un grave inadempimento contrattuale.
La Corte ha preliminarmente ricordato che le condizioni di partecipazione ad una procedura di aggiudicazione relative alle capacità professionali e tecniche di un candidato devono essere correlate e proporzionali alla necessità di garantire la capacità del concessionario di eseguire la concessione, tenendo conto del suo oggetto nonché dell’obiettivo di assicurare la concorrenza effettiva. Più particolarmente, la facoltà, se non anche l’obbligo, per l’amministrazione aggiudicatrice di applicare i motivi di esclusione enunciati dall’articolo 38, paragrafo 7[7], della Direttiva 2014/23 è destinata a consentirle di valutare l’integrità e l’affidabilità di ciascuno degli operatori economici che partecipano ad una procedura di aggiudicazione di concessione[8].
Sebbene tale articolo elenchi in modo esaustivo i motivi di esclusione facoltativi idonei a giustificare l’esclusione di un operatore economico dalla partecipazione ad una procedura di aggiudicazione di concessione per ragioni fondate su elementi oggettivi relativi alle sue qualità professionali[9], tuttavia, nulla impedisce all’amministrazione aggiudicatrice di imporre requisiti particolarmente stringenti per quanto riguarda l’idoneità e l’affidabilità dei concessionari[10]. Di conseguenza, l’amministrazione aggiudicatrice è tenuta, prima della modifica di una concessione che richiede l’organizzazione di una nuova procedura di aggiudicazione in forza dell’articolo 43, paragrafo 5, della Direttiva 2014/23, ad esaminare l’affidabilità dei candidati conformemente alle disposizioni dell’articolo 38 di quest’ultima.
Con la terza questione, infine, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 44[11] della Direttiva 2014/23 stabilisca un obbligo di risolvere una concessione in corso di validità qualora essa sia stata modificata in violazione vuoi dell’obbligo di organizzare una nuova procedura di aggiudicazione vuoi dell’eventuale obbligo di esaminare l’affidabilità del concessionario.
Secondo la Corte, tuttavia, nel caso concreto non risulta che il giudice del rinvio sia chiamato ad esaminare un’eventuale risoluzione, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, della concessione autostradale detenuta dalla ASPI in applicazione dell’articolo 44 della Direttiva 2014/23. Ai sensi dell’articolo 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), infatti, la decisione pregiudiziale richiesta deve essere necessaria al fine di consentire al giudice del rinvio di emanare la sua sentenza nella causa della quale è investito[12]. Di conseguenza, la terza questione deve essere dichiarata irricevibile.
Tutto ciò premesso, la Corte ha pertanto statuito che:
“L’articolo 43 della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, in combinato disposto con il principio generale di buona amministrazione, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale ai sensi della quale l’amministrazione aggiudicatrice può procedere alla modifica di una concessione in corso di validità, riguardante la persona del concessionario e l’oggetto della concessione, senza organizzare una nuova procedura di aggiudicazione di concessione, purché tale modifica non rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 43, paragrafo 5, della citata direttiva e l’amministrazione aggiudicatrice abbia esposto i motivi per i quali ha ritenuto di non essere tenuta a organizzare una tale procedura.
L’articolo 43 della direttiva 2014/23 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale ai sensi della quale l’amministrazione aggiudicatrice può procedere alla modifica di una concessione in corso di validità senza aver valutato l’affidabilità del concessionario, qualora tale modifica non rientri nell’ambito di applicazione né dell’articolo 43, paragrafo 1, primo comma, lettera d), ii), né dell’articolo 43, paragrafo 5, della citata direttiva. Spetta a ciascuno Stato membro determinare le norme che permettono all’amministrazione aggiudicatrice di reagire qualora il concessionario si sia reso o sia sospettato di essersi reso autore di un grave inadempimento contrattuale, che rende dubbia la sua affidabilità, durante l’esecuzione della concessione”.
[1] GUUE L 94 del 28.03.2014.
[2] Ciò ai sensi della Convenzione unica per l’affidamento in concessione di una pluralità di tratte autostradali, sottoscritta in data 12 ottobre 2007 tra la ASPI e la Azienda Nazionale Autonoma delle Strade.
[3] Approvato con delibera del CIPE n. 75, del 22 dicembre 2021 nonché con decreto interministeriale (del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze) n. 37, del 22 febbraio 2022.
[4] L’articolo 43 della Direttiva 2014/23, intitolato “Modifica di contratti durante il periodo di validità”, dispone: “… Le concessioni possono essere modificate senza una nuova procedura di aggiudicazione della concessione a norma della presente direttiva nei casi seguenti:
a) se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi, o opzioni. Tali clausole fissano la portata e la natura di eventuali modifiche o opzioni, nonché le condizioni alle quali possono essere impiegate. Esse non apportano modifiche o opzioni che altererebbero la natura generale della concessione;
b) per lavori o servizi supplementari da parte del concessionario originario che si sono resi necessari e non erano inclusi nella concessione iniziale, ove un cambiamento di concessionario:
i) risulti impraticabile per motivi economici o tecnici quali il rispetto dei requisiti di intercambiabilità o interoperatività tra apparecchiature, servizi o impianti esistenti forniti nell’ambito della concessione iniziale; e
ii) comporti per l’amministrazione aggiudicatrice o all’ente aggiudicatore notevoli disguidi o una consistente duplicazione dei costi.
Tuttavia, nel caso di concessioni aggiudicate dall’amministrazione aggiudicatrice allo scopo di svolgere un’attività diversa da quelle di cui all’allegato II, l’eventuale aumento di valore non deve eccedere il 50% del valore della concessione iniziale. In caso di più modifiche successive, tale limitazione si applica al valore di ciascuna modifica. Tali modifiche successive non sono intese ad aggirare la presente direttiva;
c) ove siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
i) la necessità di modifica è determinata da circostanze che un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore diligente non ha potuto prevedere;
ii) la modifica non altera la natura generale della concessione;
iii) nel caso di concessioni aggiudicate dall’amministrazione aggiudicatrice allo scopo di svolgere un’attività diversa da quelle di cui all’allegato II, l’eventuale aumento di valore non è superiore al 50 % del valore della concessione iniziale. In caso di più modifiche successive, tale limitazione si applica al valore di ciascuna modifica. Tali modifiche successive non sono intese ad aggirare la presente direttiva;
d) se un nuovo concessionario sostituisce quello a cui l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore avevano inizialmente aggiudicato la concessione a causa di una delle seguenti circostanze:
i) una clausola o opzione di revisione inequivocabile in conformità della lettera a);
ii) al concessionario iniziale succede, in via universale o parziale, a seguito di ristrutturazioni societarie, comprese rilevazioni, fusioni, acquisizione o insolvenza, un altro operatore economico che soddisfi i criteri di selezione qualitativa stabiliti inizialmente, purché ciò non implichi altre modifiche sostanziali al contratto e non sia finalizzato ad eludere l’applicazione della presente direttiva; oppure
iii) nel caso in cui l’amministrazione aggiudicatrice stessa o l’ente aggiudicatore stesso si assumano gli obblighi del concessionario principale nei confronti dei suoi subappaltatori, ove tale possibilità sia prevista dalla legislazione nazionale; e) se le modifiche, a prescindere dal loro valore, non sono sostanziali ai sensi del paragrafo 4.
Le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori che hanno modificato una concessione nelle situazioni di cui al presente paragrafo, lettere b) e c), pubblicano un avviso al riguardo nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Tale avviso contiene le informazioni di cui all’allegato XI ed è pubblicato conformemente all’articolo 33.
Inoltre, e senza ulteriore bisogno di verificare se le condizioni di cui al paragrafo 4, lettere da a) a d), sono rispettate, le concessioni possono parimenti essere modificate senza necessità di una nuova procedura di aggiudicazione di una concessione a norma della presente direttiva se il valore della modifica è al di sotto di entrambi i valori seguenti:
i) la soglia fissata all’articolo 8; e
ii) il 10% del valore della concessione iniziale.
Tuttavia, la modifica non può alterare la natura generale della concessione. In caso di più modifiche successive, il valore è accertato sulla base del valore complessivo netto delle successive modifiche.
Ai fini del calcolo del valore di cui al paragrafo 2 e al paragrafo 1, lettere b) e c), il valore aggiornato è il valore di riferimento quando la concessione prevede una clausola di indicizzazione. Se la concessione non prevede una clausola di indicizzazione, il valore aggiornato è calcolato tenendo conto dell’inflazione media nello Stato membro dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore.
La modifica di una concessione durante il periodo della sua validità è considerata sostanziale ai sensi del paragrafo 1, lettera e), muta sostanzialmente la natura della concessione rispetto a quella inizialmente conclusa. In ogni caso, fatti salvi i paragrafi 1 e 2, una modifica è considerata sostanziale se una o più delle seguenti condizioni sono soddisfatte:
a) la modifica introduce condizioni che, se fossero state contenute nella procedura iniziale di aggiudicazione della concessione, avrebbero consentito l’ammissione di candidati diversi da quelli inizialmente selezionati o l’accettazione di un’offerta diversa da quella inizialmente accettata, oppure avrebbero attirato ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione della concessione;
b) la modifica cambia l’equilibrio economico della concessione a favore del concessionario in modo non previsto dalla concessione iniziale;
c) la modifica estende notevolmente l’ambito di applicazione della concessione;
d) se un nuovo concessionario sostituisce quello cui l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore avevano inizialmente aggiudicato la concessione in casi diversi da quelli previsti al paragrafo 1, lettera d).
Una nuova procedura di aggiudicazione di una concessione in conformità della presente direttiva è richiesta per modifiche delle disposizioni di una concessione durante il periodo della sua validità diverse da quelle previste ai paragrafi 1 e 2…”.
[5] CGUE 02.09.2021, Cause riunite C‑721/19 e C‑722/19, Sisal e a., punto 31.
[6] CGUE 21.12.2023, Causa C‑66/22, Infraestruturas de Portugal e Futrifer Indústrias Ferroviárias, punto 87.
[7] L’articolo 38 della Direttiva 2014/23, intitolato “Selezione e valutazione qualitativa dei candidati”, al paragrafo 7 dispone: “… Le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori possono escludere o possono essere obbligati dagli Stati membri a escludere dalla partecipazione all’aggiudicazione di concessioni un operatore economico, se si verifica una delle condizioni seguenti:
a) ove possano dimostrare con qualunque mezzo adeguato la violazione degli obblighi applicabili di cui all’articolo 30, paragrafo 3;
b) se l’operatore economico è in stato di fallimento o è oggetto di una procedura di insolvenza o di liquidazione, se è in stato di amministrazione controllata, se ha stipulato un concordato preventivo con i creditori, se ha cessato le sue attività o si trova in qualsiasi altra situazione analoga derivante da una procedura simile ai sensi di leggi e regolamenti nazionali; tuttavia l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore possono decidere di non escludere oppure gli Stati membri possono esigere che l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore non escludano un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui sopra, qualora abbiano stabilito che l’operatore economico in questione sarà in grado di eseguire la concessione, tenendo conto delle norme e misure nazionali applicabili in relazione alla prosecuzione delle attività in tali situazioni;
c) se l’amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità;
d) se un conflitto di interessi ai sensi dell’articolo 35, secondo comma, non può essere risolto efficacemente con altre misure meno intrusive;
e) se l’amministrazione aggiudicatrice dispone di indicazioni sufficientemente plausibili per concludere che l’operatore economico ha sottoscritto accordi con altri operatori economici intesi a falsare la concorrenza; f) se l’operatore economico ha evidenziato gravi o persistenti carenze nell’esecuzione di un requisito sostanziale nel quadro di una precedente concessione o di un precedente contratto con un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore secondo la definizione di cui alla presente direttiva o alla direttiva 2014/25/UE che hanno causato la cessazione anticipata di tale contratto precedente, un risarcimento danni o altre sanzioni comparabili;
g) se l’operatore economico si è reso gravemente colpevole di false dichiarazioni nel fornire le informazioni richieste per verificare l’assenza di motivi di esclusione o il rispetto dei criteri di selezione, non ha trasmesso tali informazioni o non è in grado di presentare i documenti prescritti a sostegno di tali informazioni;
h) se l’operatore economico ha tentato di influenzare indebitamente il procedimento decisionale dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore, ha tentato di ottenere informazioni confidenziali che possono conferirgli vantaggi indebiti rispetto alla procedura di aggiudicazione della concessione, oppure ha fornito per negligenza informazioni fuorvianti che possono avere un’influenza notevole sulle decisioni riguardanti l’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione;
i) nel caso di concessioni nei settori della difesa e della sicurezza di cui alla direttiva 2009/81/CE, se l’operatore economico, previo accertamento con qualsiasi mezzo di prova, comprese le fonti di dati protette, è risultato privo dell’affidabilità necessaria per escludere rischi per la sicurezza dello Stato membro…”.
[8] CGUE 21.12.2023, Causa C‑66/22, Infraestruturas de Portugal e Futrifer Indústrias Ferroviárias, punto 56.
[9] CGUE 15.09.2022, Causa C‑416/21, J. Sch. Omnibusunternehmen e K. Reisen, punto 54.
[10] CGUE 07.09.2023, Causa C‑601/21, Commissione/Polonia, punto 92.
[11] L’articolo 44 della Direttiva 2014/23, intitolato “Risoluzione delle concessioni”, dispone: “… Gli Stati membri assicurano che le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori abbiano la possibilità, alle condizioni fissate dal diritto nazionale applicabile, di porre termine alla concessione in vigenza della stessa, se una o più delle seguenti condizioni sono soddisfatte:
a) la concessione ha subito una modifica che avrebbe richiesto una nuova procedura di aggiudicazione della concessione ai sensi dell’articolo 43;
b) il concessionario si è trovato, al momento dell’aggiudicazione della concessione, in una delle situazioni di cui all’articolo 38, paragrafo 4, e avrebbe dovuto pertanto essere escluso dalla procedura di aggiudicazione della concessione;
c) la Corte di giustizia dell’Unione europea constata, in un procedimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE, che uno Stato membro ha mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù dei trattati per il fatto che un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore appartenente allo Stato membro in questione ha aggiudicato la concessione in oggetto senza adempiere gli obblighi previsti dai trattati e dalla presente direttiva…”.
[12] CGUE 09.01.2024, Cause riunite C‑181/21 e C‑269/21, G. e a. (Nomina dei giudici ordinari in Polonia), punto 63.