MEDICINALI PER USO UMANO. LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SULLE NOZIONI DI “PRODOTTO PROTETTO DA UN BREVETTO DI BASE IN VIGORE” E DI “PRODOTTO OGGETTO DI UN CPC”

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In data 19 dicembre 2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nelle Cause riunite C-119/22 e C-149/22, Teva BV e Teva Finland Oy contro Merck Sharp & Dohme Corp. e Merck Sharp & Dohme Corp. contro Clonmel Healthcare Limited, sull’interpretazione dell’articolo 3, lettere a) e c), del Regolamento (CE) n. 469/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, sul certificato protettivo complementare per i medicinali[1]. Tali domande erano state presentate nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Teva BV e la Teva Finland Oy (congiuntamente “Teva”) e la Merck Sharp & Dohme LLC (“Merck”) in merito alla validità di un certificato protettivo complementare (CPC) concesso a quest’ultima per un prodotto farmaceutico destinato al trattamento del diabete e, dall’altro, tra la Merck e la Clonmel Healthcare Limited (“Clonmel”) in merito alla validità di un CPC ottenuto dalla Merck per un medicinale destinato al trattamento del colesterolo.

Questi i fatti.

In data 21 marzo 2007 la Merck, titolare del brevetto europeo EP 1 412 357[2], rilasciato dall’Ufficio europeo dei brevetti (European Patent Office, EPO), tra l’altro, per la Finlandia, aveva ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) del prodotto denominato “Januvia”, un farmaco utilizzato per il trattamento del diabete di tipo 2 e che contiene sitagliptin come unico principio attivo. In data 31 agosto 2008, inoltre, la Merck aveva ottenuto un’AIC per il medicinale denominato “Janumet”, un altro farmaco utilizzato per il trattamento del diabete di tipo 2 ma contente sitagliptin e metformina cloridrato. In entrambi i casi, la Merck aveva ottenuto un CPC in Finlandia[3] sulla base del brevetto EP 1 412 357 e, rispettivamente, delle AIC per lo Januvia e il Janumet. Successivamente, la Teva aveva presentato un’azione contro la Merck dinnanzi al markkinaoikeus (Tribunale finlandese delle questioni economiche; il “giudice del rinvio”) volta a dichiarare la nullità del CPC n. 342 in quanto sarebbe stato rilasciato in violazione delle condizioni di cui all’articolo 3[4] del Regolamento 469/2009. Alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, pertanto, il giudice del rinvio aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia quattro questioni pregiudiziali.

La Merck è altresì titolare del brevetto europeo EP 0 720 599[5], concesso dall’EPO in 19 maggio 1999 per, tra l’altro, l’Irlanda. Nel 2003, la Merck aveva ottenuto un’AIC di un medicinale denominato “Ezetrol”, un farmaco ipocolesterolemizzante che contiene l’ezetimibe come unico principio attivo, ottenendo per quest’ultimo un CPC in Irlanda. Nel 2004, inoltre, la Merck aveva ottenuto un’AIC per un altro prodotto denominato “Inegy”, un medicinale anch’esso ipocolesterolemizzante ma contenente ezetimibe e simvastatina, e il corrispondente CPC. Dopo la scadenza del CPC per l’ezetimibe, ma con quello per l’ezetimibe e la simvastatina ancora in corso di validità, la Clonmel aveva lanciato una versione generica del prodotto “Inegy”. Ritenendo che la produzione e la commercializzazione di quest’ultimo violasse il secondo CPC, pertanto, la Merck aveva avviato un’azione per contraffazione contro la Clonmel presso la High Court (Alta Corte d’Irlanda), che aveva annullato il CPC in questione. Poiché tale decisione era stata confermata anche in appello, la Merck aveva adito la Supreme Court (Corte suprema d’Irlanda; il “giudice del rinvio”) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia quattro questioni pregiudiziali.

Con le questioni dalla prima alla quarta nella Causa C‑119/22, nonché con le questioni terza e quarta nella Causa C‑149/22, i giudici del rinvio chiedevano se l’articolo 3, lettera c), del Regolamento n. 469/2009 osti alla concessione di un CPC per un prodotto composto da due principi attivi qualora uno di essi sia già stato, singolarmente, oggetto di un precedente CPC e sia l’unico ad essere stato divulgato dal brevetto di base, mentre l’altro principio attivo era già noto alla data del deposito o di priorità del brevetto medesimo.

La Corte ha preliminarmente ricordato che il fatto che un principio attivo, o una combinazione di principi attivi, sia utilizzato ai fini di una nuova applicazione terapeutica non gli conferisce la qualità di prodotto distinto qualora tale principio attivo, o detta combinazione, sia stato utilizzato ai fini di un’altra applicazione terapeutica già nota[6]. Di conseguenza, l’identicità o la differenza di due prodotti, nel contesto del Regolamento n. 469/2009, dipende unicamente dal raffronto del o dei principi attivi in essi contenuti, indipendentemente dalle loro applicazioni terapeutiche, di talché, nel caso in cui uno dei prodotti da comparare sia una combinazione di principi attivi, questo deve essere considerato quale prodotto diverso da quello costituito da uno solo dei principi attivi che lo compongono. Nel contesto dell’articolo 3, lettera c), del Regolamento n. 469/2009, inoltre, la definizione di “prodotto”[7]conduce necessariamente alla conclusione che una domanda di CPC per un prodotto composto da due principi attivi (A+B) non può essere respinta, in virtù di tale disposizione, per il motivo che un prodotto, composto unicamente dal principio A o dal principio B, sia già stato oggetto di un CPC alla data della domanda nello Stato Membro in cui quest’ultima sia stata presentata.

Tutto ciò premesso, nel caso in cui una domanda di CPC riguardi un prodotto composto da due principi attivi (A+B) è irrilevante, rispetto alla condizione di cui all’articolo 3, lettera c), del Regolamento n. 469/2009, il fatto che solo uno di essi sia stato divulgato dal brevetto di base. Le considerazioni relative al brevetto di base, infatti, sono valutate unicamente alla luce dell’articolo 3, lettera a), di tale regolamento e non alla luce della lettera c), che fa riferimento ad una condizione distinta. Il fatto che solo uno dei principi attivi componenti il prodotto in questione sia stato oggetto di divulgazione nel brevetto di base, inoltre, non può essere preso in considerazione nella definizione del prodotto. Di conseguenza, il contenuto del brevetto di base è irrilevante nel contesto dell’articolo 3, lettera c), del Regolamento n. 469/2009, di talché, per valutare il rispetto della condizione ivi prevista, è sufficiente, innanzitutto, individuare il prodotto per il quale è stata presentata la domanda di CPC in esame, o per il quale è stato concesso il CPC controverso e, successivamente, verificare se tale prodotto sia già stato oggetto, alla data della domanda, di un CPC nello Stato Membro in cui la domanda è stata presentata.

Con la prima questione nella Causa C‑149/22, invece, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 3, lettera a), del Regolamento n. 469/2009 debba essere interpretato nel senso che è sufficiente che un prodotto sia esplicitamente menzionato nelle rivendicazioni del brevetto di base affinché esso sia considerato protetto da quest’ultimo.

La Corte ha preliminarmente ricordato che affinché possa essere considerato “protetto da un brevetto di base” ai sensi dell’articolo 3, lettera a), del Regolamento n. 469/2009 non è sufficiente che un prodotto sia esplicitamente e specificamente menzionato nelle rivendicazioni di tale brevetto, dovendo parimenti rientrare nell’invenzione protetta da quest’ultimo[8]. Più particolarmente, tale prodotto, in esito ad una prima fase di verifica, deve necessariamente rientrare, per un esperto del ramo, nell’invenzione oggetto di tale brevetto, alla luce della descrizione e dei disegni di quest’ultimo, mentre, in una seconda fase, esso dev’essere esplicitamente menzionato nelle rivendicazioni del brevetto medesimo ovvero essere specificamente identificabile. In quest’ultima ipotesi, l’esperto del ramo deve essere in grado di identificare lo stesso prodotto in maniera specifica, alla luce di tutti gli elementi divulgati da tale brevetto, e sulla base dello stato dell’arte alla data di deposito o di priorità del brevetto medesimo[9]. Se la mera menzione, anche esplicita, di un prodotto in tali rivendicazioni fosse sufficiente, senza che il fascicolo del brevetto riveli come il prodotto in questione costituisca una caratteristica tecnica necessaria per la soluzione del problema divulgato dal brevetto stesso, infatti, ciò consentirebbe di ottenere un CPC per un prodotto che non è il risultato della ricerca che ha condotto all’invenzione protetta.

Con la seconda questione nella Causa C‑149/22, infine, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 3, lettera a), del Regolamento n. 469/2009 debba essere interpretato nel senso che un prodotto composto da due principi attivi (A+B) è protetto da un brevetto di base, ai sensi di detta disposizione, qualora A e B siano esplicitamente menzionati nelle rivendicazioni del brevetto stesso e il fascicolo del brevetto indichi che A può essere utilizzato come medicinale per uso umano singolarmente o in combinazione con B, che è un principio attivo di pubblico dominio alla data di deposito o di priorità del medesimo brevetto.

La Corte ha preliminarmente ricordato che nel caso di un prodotto composto da due principi attivi (A+B), entrambi esplicitamente menzionati nelle rivendicazioni del brevetto di base, ai fini dell’articolo 3, lettera a), del Regolamento n. 469/2009, alla data di deposito o di priorità tale prodotto deve rientrare necessariamente, dal punto di vista di un esperto del ramo, nell’invenzione oggetto di tale brevetto alla luce della descrizione e dei disegni di quest’ultimo. La menzione esplicita dei due principi attivi che compongono il prodotto in questione nelle rivendicazioni del brevetto di base, infatti, è sufficiente solo riguardo alla seconda fase della verifica risultante dalla sentenza Teva[10], in quanto al fine di sodisfare la condizione di cui all’articolo 3, lettera a) occorre che sia rispettata anche la prima fase. Più particolarmente, la mera menzione, in una rivendicazione del brevetto di base, della possibilità di combinare un principio attivo ivi divulgato con un altro principio attivo noto di pubblico dominio non è sufficiente, in quanto il fascicolo deve anche divulgare come la combinazione dei due principi attivi costituisca una caratteristica necessaria per la soluzione del problema tecnico divulgato dal brevetto medesimo[11].

Tutto ciò premesso, il fatto che uno dei principi attivi che compongono il prodotto in questione sia noto alla sua data di deposito o di priorità e sia di dominio pubblico non lo esclude necessariamente in relazione alla prima fase della verifica. Laddove il brevetto di base divulghi che la combinazione dei due principi attivi presenta un effetto combinato che va al di là della semplice somma degli effetti di tali principi e che contribuisce alla soluzione del problema tecnico, infatti, si potrà concludere che essa rientra necessariamente nell’invenzione oggetto di tale brevetto. Una tale interpretazione dell’articolo 3, lettera a), del Regolamento n. 469/2009 consente di conseguire l’obiettivo di promuovere la ricerca, permettendo di ammortizzare gli investimenti effettuati nella ricerca stessa, tenendo conto di tutti gli interessi in gioco e consentendo il rilascio di CPC solo per i prodotti che rientrino nell’invenzione oggetto del brevetto di base.

Alla luce di quanto visto finora, la Corte ha pertanto statuito che:

L’articolo 3, lettera c), del regolamento (CE) n. 469/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, sul certificato protettivo complementare per i medicinali, deve essere interpretato nel senso che esso non osta al rilascio di un certificato protettivo complementare (CPC) per un prodotto composto da due principi attivi, ancorché uno dei due principi attivi sia già stato, singolarmente, oggetto di un precedente CPC e sia l’unico ad essere stato divulgato dal brevetto di base, mentre l’altro principio attivo era noto alla data del deposito o di priorità di tale brevetto.

L’articolo 3, lettera a), del regolamento n. 469/2009 deve essere interpretato nel senso che non è sufficiente che un prodotto sia esplicitamente menzionato nelle rivendicazioni del brevetto di base affinché esso sia considerato protetto da tale brevetto, ai sensi di detta disposizione. Al fine di soddisfare la condizione prevista a tale disposizione, occorre parimenti che detto prodotto rientri necessariamente, per un esperto del ramo, alla luce della descrizione e dei disegni del brevetto stesso, nell’invenzione oggetto del brevetto medesimo alla data di deposito o di priorità.

L’articolo 3, lettera a), del regolamento n. 469/2009 deve essere interpretato nel senso che un prodotto composto da due principi attivi (A+B) è protetto da un brevetto di base, ai sensi di tale disposizione, qualora A e B siano esplicitamente menzionati nelle rivendicazioni di tale brevetto e il relativo fascicolo indichi che A può essere utilizzato come medicinale per uso umano singolarmente o in combinazione con B, che è un principio attivo di pubblico dominio alla data di deposito o di priorità di detto brevetto, a condizione che la combinazione dei due principi attivi rientri necessariamente nell’invenzione oggetto del brevetto medesimo”.

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[1] GUUE L 152 del 16.06.2009.

[2] L’invenzione di cui al brevetto in questione riguarda sostanze che svolgono la funzione di inibitori dell’enzima dipeptidil‑peptidasi IV (inibitori della DP‑IV) e che, come tali, sono utili nel trattamento o nella prevenzione di malattie nelle quali è coinvolto quest’ultimo. L’invenzione, inoltre, riguarda sostanze contenenti detti composti nonché il loro impiego nel trattamento o nella prevenzione di malattie nelle quali è coinvolto l’enzima dipeptidil‑peptidasi IV.

[3] Rispettivamente i CPC n. 343 e 342.

[4] L’articolo 3 del Regolamento n. 469/2009, intitolato “Condizioni di rilascio del certificato”, dispone: “Il certificato viene rilasciato se nello Stato membro nel quale è presentata la domanda di cui all’articolo 7 e alla data di tale domanda:

a) il prodotto è protetto da un brevetto di base in vigore;

b) per il prodotto in quanto medicinale è stata rilasciata un’autorizzazione in corso di validità di immissione in commercio a norma, secondo il caso, della direttiva 2001/83/CE o della direttiva 2001/82/CE;

c) il prodotto non è già stato oggetto di un certificato;

d) l’autorizzazione di cui alla lettera b) è la prima autorizzazione di immissione in commercio del prodotto in quanto medicinale…”.

[5] La descrizione del brevetto indica che alcune sostanze denominate “azetidinoni” hanno l’effetto di inibire l’assorbimento del colesterolo nel sangue sulla membrana del villo intestinale nell’intestino tenue. In quanto tali, dette sostanze sono utili per il trattamento e la prevenzione dell’aterosclerosi.

[6] CGUE 09.07.2020, Santen, Causa C‑673/18, punto 47.

[7] L’articolo 1 del Regolamento n. 469/2009, intitolato “Definizioni”, alla lettera b) dispone: “… Ai fini del presente regolamento si intende per:

(…)

b) «prodotto»: il principio attivo o la composizione di principi attivi di un medicinale…”.

[8] CGUE 25.07.2018, Causa C‑121/17, Teva UK e a., punto 46.

[9] Ibidem, punto 52.

[10] Ibidem, punto 56.

[11] Ibidem, punto 48.