In data 24 ottobre 2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-240/22 P, Commissione europea contro Intel Corporation Inc., sul ricorso con cui la Commissione chiedeva l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione Europea del 26 gennaio 2022[1] che, pronunciandosi su rinvio della Corte di Giustizia, aveva annullato parzialmente la Decisione C(2009)3726 final[2] che aveva inflitto un’ammenda di 1,06 miliardi di euro alla Intel Corporation Inc. (“Intel”) ritenendola responsabile di un abuso della propria posizione dominante nel mercato mondiale dei processori x863 nel periodo tra l’ottobre 2002 e il 2007 in violazione dell’articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).
Più particolarmente, secondo la Commissione la Intel aveva posto in essere pratiche abusive tramite gli sconti applicati a quattro partner commerciali produttori di apparecchiature informatiche[3] nonché al distributore europeo di dispositivi microelettronici Media-Saturn-Holding (MSH) i) imponendo, come condizione per l’ottenimento degli sconti, che i quattro partner si rifornissero presso di lei di tutto, o pressoché tutto, il loro fabbisogno di microprocessori x86, e ii) effettuando pagamenti a MSH a condizione che la stessa vendesse solamente computer muniti di microprocessori x86 prodotti da Intel. Quest’ultima, pertanto, aveva impugnato la decisione della Commissione dinnanzi al Tribunale, che tuttavia ne aveva integralmente respinto il ricorso[4].
Successivamente, la Intel si era rivolta alla Corte di Giustizia, che aveva annullato[5] la sentenza iniziale e rinviato la causa dinanzi al Tribunale. Quest’ultimo, pertanto, si era pronunciato nuovamente sulla questione, statuendo che la Commissione non era stata in grado di dimostrare che gli sconti di esclusiva e i pagamenti concessi ai partner commerciali nonché alla MSH fossero in grado di o idonei ad avere effetti anticoncorrenziali, in quanto la Decisione C(2009)3726 final risultava inficiata da errori relativi alla valutazione, da un lato, del c.d. “criterio del concorrente altrettanto efficiente” (as efficient competitor test, AEC)[6] e, dall’altro, del tasso di copertura del mercato ad opera della pratica in questione e della sua durata[7]. Di conseguenza, la Commissione si era rivolta alla Corte di Giustizia deducendo sei motivi di impugnazione.
Con la prima parte del primo motivo, la Commissione sosteneva che la Intel non aveva sollevato, nel suo ricorso in primo grado, alcun argomento secondo cui la portata dell’esame, nella Decisione C(2009)3726 final, dei criteri relativi al tasso di copertura del mercato e alla durata degli sconti contestati fosse insufficiente.
La Corte ha preliminarmente ricordato che è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Dopo una sentenza di rinvio, pertanto, le parti non sono legittimate, in linea di principio, a dedurre motivi che non siano stati sollevati nel corso del procedimento che ha dato luogo alla sentenza del Tribunale annullata dalla Corte[8], di talché solo un motivo che costituisca un’estensione di uno precedentemente dedotto, direttamente o implicitamente, nell’atto introduttivo del giudizio, e che sia strettamente connesso con quest’ultimo, va considerato ricevibile[9].
Tutto ciò premesso, con le sue censure la Intel aveva fatto valere dinanzi al Tribunale, da un lato, che il tasso di copertura del mercato da parte degli sconti contestati era basso al punto da escludere qualsiasi capacità di preclusione anticoncorrenziale e, dall’altro, che la durata degli sconti contestati era tale da non consentire di presumere la loro capacità di produrre un effetto preclusivo anticoncorrenziale. Di conseguenza, esaminando la legittimità delle valutazioni effettuate al riguardo dalla Commissione nella Decisione C(2009)3726 final, il Tribunale non aveva ecceduto l’ambito della controversia quale era stato determinato e circoscritto dalla Intel nel suo ricorso in primo grado, di talché la prima parte del primo motivo deve essere respinta.
Con la seconda parte del primo motivo, invece, la Commissione sosteneva che il Tribunale aveva limitato il suo esame relativo ai criteri stabiliti nella sentenza sull’impugnazione[10] al carattere sufficiente dell’analisi del tasso di copertura del mercato da parte degli sconti contestati e della durata degli stessi senza tener conto di alcuno degli altri criteri pertinenti ai fini della valutazione della capacità di tali sconti di escludere la concorrenza.
Secondo la Corte, tuttavia, tali argomenti si basano su un’erronea lettura della sentenza sull’impugnazione, di talché la Commissione non può validamente criticare il Tribunale per aver annullato la Decisione C(2009)3726 final per un motivo puramente formale, secondo il quale tale istituzione avrebbe dovuto esaminare ciascuno dei criteri enunciati in tale sentenza separatamente e con lo stesso grado di dettaglio, indipendentemente dal peso relativo di ciascuno di essi alla luce delle circostanze del caso concreto. Di conseguenza, anche la seconda parte del primo motivo deve essere respinta.
Con il secondo motivo, la Commissione sosteneva che, poiché gli sconti contestati concessi dalla Intel si presumono abusivi, essa non può essere tenuta a motivare la Decisione C(2009)3726 final in modo da rispondere non solo al volume molto elevato di elementi di prova prodotti dalla Intel nel corso del procedimento amministrativo, e bensì anche ad argomenti che quest’ultima non aveva sollevato in tale occasione.
Pur affermando che tener conto delle analisi complementari, prodotte dalla Commissione per la prima volta dinanzi ad esso, per avvalorare il test AEC contenuto nella Decisione C(2009)3726 final lo avrebbe portato a sostituire la propria motivazione a quella ivi contenuta, tuttavia, il Tribunale aveva comunque esaminato, a fini di completezza, tali elementi, concludendo che essi non mettevano in discussione le considerazioni formulate nella sua sentenza, di talché la censura della Commissione è fondata su una premessa errata. Secondo la Corte, inoltre, il rifiuto del Tribunale di tener conto dei calcoli presentati dalla Commissione e vertenti sui costi reali, per Intel, dei vantaggi in natura interessati, in quanto ciò lo avrebbe portato a sostituire la sua valutazione a quella contenuta nella Decisione C(2009)3726 final non costituisce una violazione dei diritti della difesa di tale istituzione, e pertanto il secondo motivo di impugnazione deve essere respinto.
Con la prima parte del terzo motivo, la Commissione sosteneva che il Tribunale si era fondato su criteri giuridici errati per valutare la prova fornita a sostegno della constatazione relativa all’esistenza di un abuso di posizione dominante.
La Corte ha preliminarmente ricordato che tenuto conto della responsabilità incombente ad un’impresa in posizione dominante di non pregiudicare, con il suo comportamento, una concorrenza effettiva e non falsata nel mercato interno, l’articolo 102 TFUE le vieta di attuare pratiche, anche tariffarie, che producano effetti preclusivi per i suoi concorrenti considerati altrettanto efficienti, rafforzando in tal modo la sua posizione dominante facendo ricorso a mezzi diversi da quelli che sono propri di una concorrenza basata sui meriti[11]. Più particolarmente, una pratica simile può assumere la forma di un sistema di sconti di fedeltà, ossia riduzioni condizionate dal fatto che il cliente, indipendentemente dal volume dei suoi acquisti presso l’impresa in posizione dominante, si rifornisca esclusivamente per la totalità o per una parte considerevole del suo fabbisogno presso quest’ultima. La dimostrazione dell’effetto restrittivo attuale o potenziale di un comportamento sulla concorrenza, che può implicare il ricorso a modelli di analisi differenti in funzione della tipologia di comportamento considerato in un determinato caso, inoltre, deve essere sempre compiuta valutando tutte le circostanze fattuali pertinenti, concernenti sia il comportamento stesso, sia il mercato o i mercati in questione nonché il funzionamento della concorrenza su questi ultimi, e deve essere volta ad attestare, sulla base di elementi di analisi e di prova precisi e concreti, che detto comportamento ha, in ogni caso, la capacità di produrre effetti preclusivi[12]. Di conseguenza, nel caso di una pratica consistente nella concessione di sconti di fedeltà, rispetto alla quale l’impresa in posizione dominante sostiene, nel corso del procedimento amministrativo, di non aver avuto la capacità di produrre gli effetti preclusivi addebitati, spetta alla Commissione analizzare non soltanto elementi quali l’ampiezza della posizione dominante dell’impresa in questione, il tasso di copertura del mercato da parte degli sconti contestati nonché le loro condizioni, modalità di concessione, durata ed importo, e bensì anche l’eventuale esistenza di una strategia diretta ad escludere i concorrenti quantomeno altrettanto efficienti[13].
La capacità di simili sconti di escludere un concorrente efficiente quanto l’impresa in posizione dominante, che si presume faccia fronte agli stessi costi sostenuti da quest’ultima, si valuta ricorrendo al test AEC, che mira a valutare la capacità che avrebbe un siffatto concorrente, considerato in astratto, di replicare il comportamento dell’impresa in posizione dominante[14]. Nello specifico, il test AEC, come effettuato nel caso concreto, tiene conto, in particolare, dell’eventuale perdita degli sconti contestati in caso di approvvigionamento di un produttore di apparecchiature informatiche (Original Equipment Manufacturer, OEM) presso la Advanced Micro Devices Inc. (“AMD”), e si basa su un confronto tra la quota contendibile e quella richiesta per ciascun OEM nonché per la MSH.
Tutto ciò premesso, il Tribunale non aveva fondato le sue considerazioni relative al test AEC riguardo agli sconti contestati concessi alla Dell su un dubbio attinente ad una parte non decisiva della valutazione della Commissione o sul semplice suggerimento che per tale test era possibile un altro risultato, basandosi invece sul fatto che l’insieme dei dati rilevanti che dovevano essere presi in considerazione per valutare la quota contendibile della Dell, il cui esame, fatta salva l’allegazione di snaturamento, rientra nella sola competenza del Tribunale stesso. Di conseguenza, quest’ultimo non aveva travisato la natura del test AEC quale modello econometrico che consente di valutare la capacità degli sconti contestati di escludere un concorrente efficiente quanto l’impresa in posizione dominante, di talché la prima parte del terzo motivo deve essere respinta.
Con la seconda parte del terzo motivo, invece, la Commissione sosteneva che il Tribunale aveva erroneamente applicato lo standard probatorio che aveva accolto nella sua sentenza.
Secondo la Corte, tuttavia, l’argomentazione della Commissione si fonda su una lettura parziale della sentenza impugnata. La regola generale secondo cui le risposte date a nome di un’impresa godono di una credibilità superiore a quella che avrebbe potuto presentare la risposta fornita da un suo dipendente o da uno dei suoi dirigenti, infatti, non incide sull’obbligo per la Commissione di prendere in considerazione tutti gli elementi pertinenti per valutare se una violazione dell’articolo 102 TFUE possa essere dimostrata in modo giuridicamente adeguato. Di conseguenza, la seconda parte del terzo motivo deve essere respinta.
Con la terza parte del terzo motivo, infine, la Commissione sosteneva che il Tribunale aveva snaturato gli elementi di prova nell’ambito dell’esame del test AEC nei confronti della Dell.
La Corte ha preliminarmente ricordato che tenuto conto della natura eccezionale di una censura vertente sullo snaturamento degli elementi di prova, il ricorrente deve indicare con precisione quelli che sarebbero stati snaturati dal Tribunale e dimostrare gli errori di valutazione che, a suo avviso, avrebbero portato quest’ultimo a tale snaturamento, che deve risultare manifestamente dai documenti del fascicolo senza che sia necessario effettuare una nuova valutazione dei fatti e delle prove[15]. Sebbene uno snaturamento degli elementi di prova possa consistere in un’interpretazione di un documento contraria al suo contenuto, pertanto, non è sufficiente dimostrare che detto documento possa essere interpretato in modo diverso dall’interpretazione adottata dal Tribunale, essendo necessario, al contrario, dimostrare che quest’ultimo ha manifestamente oltrepassato i limiti di una valutazione ragionevole di tale documento, segnatamente procedendo ad una lettura contraria al suo tenore letterale[16]. Ciò che, tuttavia, non è avvenuto nel caso concreto, di talché anche la terza parte del terzo motivo deve essere respinta.
Con la prima parte del quarto motivo, la Commissione sosteneva che, dichiarando che il calcolo della quota richiesta di HP non consentiva di ritenere che gli sconti contestati concessi a quest’ultima fossero idonei ad escludere la concorrenza per il periodo compreso tra il 1º novembre 2002 e il 30 settembre 2003, il Tribunale aveva commesso diversi errori di diritto.
Secondo la Corte, tuttavia, l’argomento della Commissione si fonda su una lettura erronea della sentenza del Tribunale, che pertanto non aveva fondato l’annullamento della Decisione C(2009)3726 final in relazione agli sconti contestati accordati a HP sulla lacuna che riguardava solo una parte del periodo dell’infrazione. Di conseguenza, la prima parte del quarto motivo deve essere respinta.
Con la seconda parte del quarto motivo, invece, la Commissione sosteneva che il Tribunale aveva errato nel rifiutare di prendere in considerazione taluni elementi prodotti in corso di causa, consistenti in un calcolo supplementare che copriva il secondo e il terzo trimestre fiscale dell’esercizio 2003.
Poiché, tuttavia, tale calcolo era stato fatto valere per la prima volta in un documento prodotto come allegato alla controreplica, il Tribunale non aveva commesso alcun errore rifiutando di tenerne conto, e pertanto anche la seconda parte del quarto motivo deve essere respinta.
Con il quinto motivo, la Commissione sosteneva che il Tribunale non aveva tenuto conto della natura del test AEC, adottando una definizione errata del concorrente “altrettanto efficiente” di Intel in violazione dell’articolo 102 TFUE.
La Corte ha preliminarmente ricordato che, conformemente ai fondamenti del test AEC, occorre valutare uno sconto concesso sotto forma di prestazione in natura prendendo in considerazione un ipotetico concorrente con una struttura di costi analoga a quella dell’impresa in posizione dominante[17]. Più particolarmente, tale approccio è tanto più giustificato in quanto esso è altresì conforme al principio generale della certezza del diritto. La presa in considerazione dei costi dell’impresa in posizione dominante, infatti, consente a quest’ultima, alla luce della particolare responsabilità ad essa incombente ai sensi dell’articolo 102 TFUE, di valutare la legittimità della propria condotta, dal momento che essa conosce i propri costi[18].
Tutto ciò premesso, non si può escludere che il costo della prestazione in natura possa richiedere un certo adeguamento che consenta di tener conto del fatto che il concorrente altrettanto efficiente non detiene una posizione dominante. Un adeguamento del genere, infatti, può risultare necessario qualora i costi del concorrente efficiente quanto l’impresa in posizione dominante subiscano un impatto a causa del fatto che esso soddisfa unicamente la quota contendibile dei clienti, che è inferiore alla quota non contendibile di questi ultimi fornita da tale impresa. Constatando che la Commissione non aveva ragionato tenendo conto di un ipotetico concorrente in grado di vendere CPU x86 a Lenovo, offrendole al contempo vantaggi in natura alle stesse condizioni di Intel, partendo quindi da un postulato contrario ai fondamenti del test AEC esposti nella Decisione C(2009)3726 final, pertanto, il Tribunale non aveva sostituito la propria valutazione ad un’analisi valida effettuata da quest’ultima, e bensì aveva evidenziato un’incoerenza interna al test AEC come applicato nel caso concreto. Di conseguenza, il quinto motivo di impugnazione deve essere respinto.
Con il sesto motivo, infine, la Commissione sosteneva che il Tribunale aveva commesso un errore di diritto per quanto concerne le conseguenze da trarre, da un lato, dagli errori constatati per quanto riguarda il test AEC e, dall’altro, dalla nozione di concorrente efficiente quanto Intel quale risulterebbe dalla sentenza sull’impugnazione.
La Corte ha preliminarmente ricordato che spetta alla Commissione fornire la prova delle infrazioni alle norme in materia di concorrenza che essa constata e produrre gli elementi di prova idonei a dimostrare in modo giuridicamente adeguato l’esistenza degli elementi costitutivi di un’infrazione[19], che devono emergere dalla motivazione dell’atto che constata l’infrazione e che i giudici dell’Unione non possono modificare sostituendo la propria motivazione a quella dell’autore dell’atto in questione.
Sebbene la concessione di sconti di fedeltà possa costituire un’infrazione all’articolo 102 TFUE, il fatto che un’impresa in posizione dominante sostenga, nel corso del procedimento amministrativo, sulla base di elementi di prova, che il suo comportamento non ha avuto la capacità di restringere la concorrenza e, in particolare, di produrre gli effetti preclusivi addebitati obbliga la Commissione a effettuare un’analisi volta a determinare l’esistenza di tale capacità. In tale ipotesi, dal momento che la dimostrazione dell’effetto attuale o potenziale di restrizione della concorrenza si valuta alla luce di tutte le circostanze di fatto pertinenti, la Commissione è tenuta ad analizzare non solo l’ampiezza della posizione dominante dell’impresa sul mercato pertinente, il tasso di copertura del mercato da parte degli sconti contestati, le condizioni e le modalità di concessione degli sconti in questione, la loro durata e il loro importo, e bensì anche l’eventuale esistenza di una strategia diretta ad escludere i concorrenti quantomeno altrettanto efficienti di tale impresa. È sulla base di tale analisi, pertanto, che la Commissione deve, in tal caso, adempiere il suo obbligo di stabilire, nella motivazione della decisione adottata al termine della sua indagine, che il comportamento censurato costituisce un abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE.
Tutto ciò premesso, è in considerazione del fatto che la Commissione aveva effettuato un test AEC che la Corte ha rinviato la causa dinanzi al Tribunale affinché quest’ultimo esaminasse la capacità degli sconti contestati di restringere la concorrenza alla luce degli argomenti di Intel diretti a denunciare errori asseritamente commessi dalla Commissione nell’ambito di tale test. Più particolarmente, è in tale contesto che il Tribunale aveva ritenuto che gli errori da esso individuati nel test AEC, il tasso di copertura del mercato da parte degli sconti contestati e la durata di applicazione di questi ultimi giustificassero l’annullamento dell’articolo 1, lettere da a) a e), della Decisione C(2009)3726 final. Di conseguenza, non spettava al Tribunale esaminare, prima di pronunciare l’annullamento parziale di tale decisione, se gli sconti contestati avessero una capacità di escludere un concorrente efficiente quanto Intel fondandosi, ai fini di tale esame, su elementi diversi da quelli sui quali la Commissione si era fondata al fine di dimostrare tale capacità, e pertanto anche il sesto motivo di impugnazione deve essere respinto e, con esso, l’impugnazione nel suo complesso.
[1] Tribunale 26.01.2022, Causa T-286/09 RENV, Intel Corporation Inc. contro Commissione europea.
[2] Dec. Comm. C(2009)3726 final del 13 maggio 2009 relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 102 TFUE e dell’articolo 54 dell’accordo SEE, Caso COMP/C-3/37.990 – Intel.
[3] Ossia la Dell, la Lenovo, la HP e la NEC.
[4] Tribunale 12.06.2014, Causa T‑286/09, Intel Corp. contro Commissione europea.
[5] CGUE 06.09.2017, Causa C-413/14 P, Intel Corp. Inc. contro Commissione europea.
[6] Il test AEC fa riferimento a diversi criteri utilizzati per valutare la capacità di una prassi di produrre effetti preclusivi anticoncorrenziali, facendo riferimento all’idoneità di un ipotetico concorrente dell’impresa in posizione dominante, altrettanto efficiente in termini di struttura dei costi, a proporre ai clienti una tariffa tanto vantaggiosa da indurli a cambiare fornitore, nonostante gli svantaggi generati, senza che ciò lo porti a subire perdite.
[7] Per ulteriori informazioni si veda il nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK.
[8] CGUE 01.07.2008, Cause riunite C‑341/06 P e C‑342/06 P, Chronopost e La Poste/UFEX e a., punto 71.
[9] CGUE 11.03.2020, Causa C‑56/18 P, Commissione/Gmina Miasto Gdynia e Port Lotniczy Gdynia Kosakowo, punto 66.
[10] CGUE 06.09.2017, Causa C-413/14 P, Intel Corp. Inc. contro Commissione europea, punto 139.
[11] CGUE 12.05.2022, Causa C‑377/20, Servizio Elettrico Nazionale e a., punto 76.
[12] CGUE 21.12.2023, Causa C‑333/21, European Superleague Company, punti 129-130.
[13] CGUE 19.01.2023, Causa C‑680/20, Unilever Italia Mkt. Operations, punti 47-49.
[14] CGUE 12.05.2022, Causa C‑377/20, Servizio Elettrico Nazionale e a., punti 80-82.
[15] CGUE 25.07.2018, Causa C‑139/17 P, QuaMa Quality Management/EUIPO, punto 34.
[16] CGUE 23.03.2023, Causa C‑640/20 P, PV/Commissione, punto 134; CGUE 25.02.2021, Causa C‑615/19 P, Dalli/Commissione, punto 139.
[17] CGUE 19.01.2023, Causa C‑680/20, Unilever Italia Mkt. Operations, punto 59; CGUE 14.10.2010, Causa C‑280/08 P, Deutsche Telekom/Commissione, punto 198.
[18] CGUE 14.10.2010, Causa C‑280/08 P, Deutsche Telekom/Commissione, punto 202.
[19] CGUE 16.02.2017, Causa C‑90/15 P, Hansen & Rosenthal e H&R Wax Company Vertrieb/Commissione, punto 26; CGUE 06.01.2004, Cause riunite C‑2/01 P e C‑3/01 P, BAI e Commissione/Bayer, punto 62.