ACCORDI VERTICALI. LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SULL’OBBLIGO INCOMBENTE ALL’AUTORITÀ DELLA CONCORRENZA DI DIMOSTRARE GLI EFFETTI ANTICONCORRENZIALI

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In data 5 dicembre 2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-606/23, «Tallinna Kaubamaja Grupp» AS e «KIA Auto» AS contro Konkurences padome, sull’interpretazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la «Tallinna Kaubamaja Grupp» AS (“Tallinna”) e la «KIA Auto» AS (“KIA”) e, dall’altro, il Konkurences padome (consiglio lettone per la concorrenza) in merito ad un’ammenda applicata a causa della conclusione di un accordo verticale che prevede limitazioni relative alla garanzia automobilistica.

Questi i fatti.

In data 7 agosto 2014, il consiglio per la concorrenza aveva inflitto alla KIA un’ammenda pari a circa 134.000 euro per essersi accordata con i concessionari ed i riparatori autorizzati di automobili sulle condizioni di garanzia che obbligavano o incentivavano i relativi proprietari a far effettuare, al fine di continuare a beneficiare di quest’ultima, tutte le attività di manutenzione periodica previste dal costruttore KIA e le riparazioni non coperte dalla garanzia stessa presso i suddetti rappresentanti autorizzati nonché ad utilizzare pezzi di ricambio di origine KIA all’atto delle manutenzioni periodiche e delle riparazioni effettuate durante il periodo di garanzia. Più particolarmente, tale accordo verticale sulle condizioni di garanzia nell’ambito della rete KIA ostacolava l’ingresso, da un lato, dei riparatori indipendenti, al di fuori della garanzia, al mercato lettone e, dall’altro, quello dei fabbricanti indipendenti di pezzi di ricambio al mercato della distribuzione di tali pezzi in Lettonia, limitando la concorrenza tra i distributori di pezzi di ricambio.

La KIA, pertanto, aveva proposto ricorso dinanzi all’Administratīvā apgabaltiesa (Corte amministrativa regionale; il “giudice del rinvio”), che tuttavia lo aveva respinto. Di conseguenza, la KIA si era rivolta al Senāta Administratīvo lietu departaments (Corte suprema, sezione del contenzioso amministrativo), che aveva annullato la sentenza del giudice del rinvio rinviando nuovamente la causa dinanzi a quest’ultimo. Alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, pertanto, tale giudice aveva deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte di Giustizia se l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che impone all’autorità garante della concorrenza di uno Stato Membro di dimostrare l’esistenza di effetti restrittivi concreti e reali sulla concorrenza, all’atto di valutare se un accordo, che prevede limitazioni della garanzia per le automobili atte a obbligare o incentivare i relativi proprietari a farle riparare e farne effettuare la manutenzione unicamente presso i rappresentanti autorizzati del costruttore degli autoveicoli, nonché a utilizzare i pezzi di ricambio originali di quest’ultimo ai fini della loro manutenzione periodica, affinché la garanzia delle automobili resti valida, possa essere qualificato come restrizione della concorrenza per effetto, ai sensi di tale disposizione, oppure se sia sufficiente in tal senso che essa dimostri l’esistenza di effetti restrittivi potenziali sulla concorrenza.

La Corte ha preliminarmente ricordato che la nozione di comportamento avente un effetto anticoncorrenziale comprende ogni comportamento che non possa essere considerato come avente un oggetto anticoncorrenziale, purché sia dimostrato che lo stesso ha per effetto attuale o potenziale di impedire, restringere o falsare in modo sensibile il gioco della concorrenza[1]. A tal fine, occorre considerare quest’ultimo nel concreto quadro in cui si svolgerebbe in assenza dell’accordo, della decisione di un’associazione di imprese o della pratica concordata in questione, definendo il mercato o i mercati sui quali detto comportamento può produrre effetti e poi determinando gli stessi, siano essi reali o potenziali[2]. Di conseguenza, la valutazione degli effetti di un accordo tra imprese alla luce dell’articolo 101 TFUE comporta la necessità di considerare la situazione concreta in cui tale accordo si inquadra, in particolare il contesto economico e giuridico nel quale operano le imprese interessate, la natura dei beni o dei servizi coinvolti nonché le condizioni reali del funzionamento e della struttura del mercato o dei mercati in questione[3].

La ricostruzione dello scenario controfattuale ha lo scopo di dimostrare le possibilità realistiche di comportamento degli operatori economici in assenza dell’accordo in questione e di determinare, così, il probabile gioco del mercato nonché la sua struttura[4]. Il carattere sia realistico sia credibile dello scenario controfattuale, tuttavia, non mette in discussione la possibilità di tenere conto degli effetti puramente potenziali di un accordo tra imprese per indagare se quest’ultimo costituisca una restrizione della concorrenza per effetto. Di conseguenza, è sufficiente, in seguito ad una valutazione adeguata del gioco della concorrenza nel quadro concreto in cui si sarebbe svolto senza l’accordo in questione, poter constatare effetti restrittivi potenziali sulla concorrenza che siano sufficientemente sensibili[5]. In tale contesto, pertanto, spetta al giudice del rinvio valutare se il consiglio per la concorrenza abbia correttamente esaminato il modo in cui si sarebbe svolto il gioco della concorrenza nel quadro concreto in cui avrebbe avuto luogo senza gli effetti dell’accordo in questione, definendo i mercati in cui quest’ultimo produce effetti ed individuando quelli sensibili, siano essi reali o potenziali.

Tutto ciò premesso, la Corte ha statuito che:

L’articolo 101, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non impone all’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro di dimostrare l’esistenza di effetti restrittivi concreti e reali sulla concorrenza, all’atto di valutare se un accordo che prevede limitazioni della garanzia sulle automobili, atte a obbligare o incentivare i proprietari delle automobili a farle riparare e a farne effettuare la manutenzione unicamente presso i rappresentanti autorizzati del costruttore automobilistico, nonché a utilizzare i pezzi di ricambio originali del costruttore automobilistico per la loro manutenzione periodica affinché la garanzia automobilistica resti valida, possa essere qualificato come restrizione della concorrenza per effetto, ai sensi di tale disposizione. È sufficiente che tale autorità accerti, conformemente alla disposizione suddetta, l’esistenza di effetti restrittivi potenziali sulla concorrenza, purché siano sufficientemente sensibili”.

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[1] CGUE 21.12.2023, Causa C‑124/21 P, International Skating Union/Commissione, punto 109.

[2] CGUE 21.12.2023, Causa C‑124/21 P, International Skating Union/Commissione, punto 110; CGUE 18.11.2021, Causa C‑306/20, Visma Enterprise, punto 74.

[3] CGUE 27.06.2024, Causa C‑176/19 P, Commissione/Servier e a., punto 341.

[4] CGUE 18.11.2021, Causa C‑306/20, Visma Enterprise, punto 76; CGUE 30.01.2020, Causa C‑307/18, Generics (UK) e a., punto 120.

[5] CGUE 28.05.1998, Causa C‑7/95 P, Deere/Commissione, punti 77-78; CGUE 28.05.1998, Causa C‑8/95 P, New Holland Ford/Commissione, punti 91-92.