SANZIONI UCRAINA. IL TRIBUNALE DELL’UNIONE EUROPEA SI PRONUNCIA SULL’ESTENSIONE DEL DIVIETO DI FORNIRE SERVIZI DI CONSULENZA GIURIDICA AL GOVERNO RUSSO E ALLE ENTITÀ STABILITE IN RUSSIA

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In data 2 ottobre 2024, il Tribunale dell’Unione Europea si è pronunciato nella Cause T-797/22, T-798/22 e T-828/22, sul ricorso con cui l’Ordre néerlandais des avocats du barreau de Bruxelles (Ordine neerlandese degli avvocati del foro di Bruxelles), l’Ordre des avocats à la cour de Paris (Ordine degli avvocati di Parigi) l’associazione Avocats Ensemble (ACE), nonché diverse persone fisiche e giuridiche chiedevano l’annullamento i) dell’articolo 1, punto 12, del Regolamento (UE) 2022/1904[1] nella parte in cui sostituisce e modifica l’articolo 5 quindecies, paragrafi 2 e da 4 a 12, del Regolamento (UE) n. 833/2014[2] per quanto riguarda i servizi di consulenza giuridica, ii) dell’articolo 1, punto 13, del Regolamento (UE) 2022/2474[3] nella parte in cui sostituisce e modifica l’articolo 5 quindecies, paragrafi 2 e da 4 a 11, del Regolamento n. 833/2014 per quanto riguarda i servizi di consulenza giuridica, e iii) dell’articolo 1, punto 13, del Regolamento (UE) 2023/427[4] nella parte in cui inserisce un articolo 12 ter, paragrafo 2 bis, nel Regolamento n. 833/2014 per quanto riguarda i servizi di consulenza giuridica.

I Regolamenti contestati in parte qua dai ricorrenti fanno parte di diversi pacchetti di sanzioni (tanto economiche quanto individuali) che il Consiglio, a partire dal 24 febbraio 2022, ha adottato per esercitare pressione sulla Russia affinché ponga fine alla guerra di aggressione nei confronti dell’Ucraina[5]. Più particolarmente, tra le misure adottate figura il divieto di fornire servizi di consulenza giuridica che, fatte salve talune eccezioni, proibisce di prestare, direttamente o indirettamente, tali servizi al governo russo o a persone giuridiche, entità o organismi stabiliti in Russia. Ritenendo che tale divieto sia privo di motivazione e violi i diritti fondamentali che garantiscono l’accesso alla consulenza giuridica di un avvocato, il suo segreto professionale, il suo dovere di indipendenza, i valori dello Stato di diritto nonché i principi di proporzionalità e di certezza del diritto, i ricorrenti si rivolgevano al Tribunale dell’Unione deducendo diversi motivi di ricorso.

Con la prima parte del primo motivo, i ricorrenti sostenevano che il divieto in questione violerebbe gli articoli 7[6] e 47[7] della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che stabiliscono il diritto fondamentale di accesso alla consulenza giuridica di un avvocato, e che sarebbe garantito a qualsiasi persona sia in materia contenziosa che non.

Il Tribunale ha preliminarmente ricordato che il diritto fondamentale previsto dall’articolo 47 della Carta riveste un’importanza basilare in quanto garante della tutela di tutti i diritti che i singoli ritraggono dal diritto dell’Unione e dalla salvaguardia dei valori comuni agli Stati Membri enunciati nell’articolo 2 del Trattato sull’Unione Europea (TUE)[8], e segnatamente, il valore dello Stato di diritto[9], che comporta la possibilità, per gli amministrati, di conoscere senza ambiguità i propri diritti e i propri obblighi[10]. Più particolarmente, il diritto ad un processo equo include la possibilità per qualsiasi persona di farsi consigliare, difendere e rappresentare da un avvocato, che deve essere riconosciuta soltanto se esiste un collegamento con un procedimento giurisdizionale[11]. A differenza dell’articolo 47, invece, l’articolo 7 della Carta non mira a proteggere il diritto ad un ricorso effettivo, e bensì a tutelare la vita privata di ogni individuo, in particolare le sue comunicazioni, indipendentemente da qualsiasi collegamento con un procedimento giurisdizionale. Più particolarmente, è da questa disposizione che deriva la protezione del segreto professionale dell’avvocato, il quale è garantito allorché quest’ultimo svolge il suo compito di difendere o rappresentare in giudizio gli interessi del suo cliente oppure quando fornisce a qualsiasi persona i consigli giuridici che questa richiede. La tutela del segreto professionale sancita dall’articolo 7 della Carta, pertanto, permette ad un avvocato di garantire la propria missione di consulenza, di difesa e di rappresentanza del proprio cliente in maniera adeguata, al fine di assicurare il diritto di quest’ultimo ad un processo equo sancito dall’articolo 47 della Carta[12].

Le protezioni garantite dai due articoli, tuttavia, non hanno la stessa portata. La tutela del segreto professionale sancita dall’articolo 7 della Carta, infatti, è riconosciuta in assenza di qualunque collegamento con un procedimento giurisdizionale[13], ed ha come unica finalità, in considerazione del diritto al rispetto della vita privata, quella di preservare la riservatezza della corrispondenza tra l’avvocato e il suo cliente. Di conseguenza, non si può dedurre che le tutele garantite dagli articoli 7 e 47 della Carta, considerate separatamente o congiuntamente, siano idonee a fondare l’esistenza di un diritto fondamentale per qualsiasi persona ad avere accesso ad un avvocato e a riceverne la consulenza al di fuori di un contesto contenzioso, attuale o probabile. Il diritto fondamentale di accesso ad un avvocato e di beneficiare della sua consulenza, sancito dall’articolo 47 della Carta, pertanto, deve essere riconosciuto solo se esiste un collegamento con un procedimento giurisdizionale, indipendentemente dal fatto che quest’ultimo sia già stato avviato o che possa essere prevenuto o anticipato, sulla base di elementi tangibili, nella fase di valutazione, da parte dell’avvocato, della situazione giuridica del suo cliente.

Tutto ciò premesso, secondo il Tribunale dalla formulazione dell’articolo 5 quindecies, paragrafo 6[14], del Regolamento n. 833/2014 risulta che il divieto non si applica ai servizi di consulenza giuridica che intervengono dal momento in cui è richiesta l’assistenza dell’avvocato per l’esercizio di un incarico di difesa o di rappresentanza in giudizio o per ottenere consulenza su come intentare o evitare un procedimento giurisdizionale[15]. Di conseguenza, esso non osta alla fornitura dei servizi di consulenza giuridica finalizzati a valutare la situazione giuridica della persona interessata, al solo scopo di stabilire se un procedimento, segnatamente giurisdizionale, debba, tenuto conto della situazione di tale persona, essere escluso oppure se, al contrario, esso risulti probabile o addirittura inevitabile. Senza una tale valutazione preliminare, infatti, non sarebbe possibile sapere quale potrebbe essere l’oggetto della consultazione e stabilire se la consulenza richiesta presenti un collegamento con un procedimento giurisdizionale e rientrare, di conseguenza, nell’ambito del diritto fondamentale di accesso ad un avvocato. Per contro, il divieto si applica quando, in materia non contenziosa, un avvocato assiste un cliente o agisce in nome e per conto del medesimo nella preparazione o nella realizzazione di determinate transazioni che sono essenzialmente di natura finanziaria e commerciale. Tali attività, per loro stessa natura, si svolgono in un contesto privo di un collegamento con un procedimento giurisdizionale, situandosi al di fuori dell’ambito di applicazione del diritto ad un ricorso effettivo e del diritto ad un processo equo garantiti dall’articolo 47 della Carta.

Il divieto in questione, pertanto, non pregiudica il diritto di farsi consigliare, difendere e rappresentare da un avvocato, quale tutelato dall’articolo 47 della Carta, nella duplice declinazione del diritto di difesa e del diritto di azione. Poiché l’articolo 7 della Carta non garantisce un diritto di accesso ad un avvocato, indifferentemente nell’ambito di un procedimento giurisdizionale o in un contesto non contenzioso, il divieto non può configurare un’ingerenza in un diritto scaturente da quest’ultimo articolo, di talché la prima parte del primo motivo viene respinta.

Con la seconda parte del primo motivo, i ricorrenti sostenevano che le procedure di autorizzazione previste dalle disposizioni di esenzione del Regolamento 833/2014 comportavano un’ingerenza nel segreto professionale dell’avvocato sancito dall’articolo 7 della Carta, in quanto quest’ultimo, laddove desideri richiedere un’autorizzazione, dovrebbe rivelare all’autorità competente dettagli relativi al suo potenziale cliente nonché alla natura della consulenza richiesta.

Il Tribunale ha ricordato l’articolo 7 della Carta garantisce necessariamente la segretezza della consulenza giuridica sotto il profilo sia del suo contenuto che della sua esistenza; di talché, salvo situazioni eccezionali, qualsiasi persona deve poter legittimamente confidare nel fatto che, senza il suo consenso, il difensore non rivelerà ad alcuno che essa lo sta consultando[16]. L’articolo 7 della Carta, tuttavia, non vieta di imporre agli avvocati un certo numero di obblighi che possono riguardare le relazioni con i loro clienti, segnatamente, quando esistano indizi plausibili di partecipazione di un avvocato ad un reato, od anche nel quadro della lotta contro determinate pratiche, a condizione che simili misure siano rigorosamente delimitate e offrano garanzie procedurali sufficienti contro gli atti arbitrari[17]. Più particolarmente, un obbligo di dichiarazione, che impone ad un avvocato di rivelare ad un soggetto intermediario terzo che non è suo cliente la propria identità, la propria valutazione dell’obbligo di dichiarazione in questione e il fatto stesso di essere stato consultato, comporta un’ingerenza nel diritto al rispetto delle comunicazioni tra gli avvocati e i loro clienti, garantito dall’articolo 7 della Carta[18].

Tutto ciò premesso, l’articolo 5 quindecies, paragrafo 10[19], e l’articolo 12 ter, paragrafo 2 bis[20], del Regolamento n. 833/2014 consentono alle autorità competenti di rimuovere il divieto in questione in alcune situazioni precisamente identificate. Tali disposizioni, pertanto, lasciano alle autorità competenti un margine di discrezionalità per quanto riguarda le modalità con le quali una domanda di esenzione deve essere formulata, depositata e trattata, non suggerendo, né esplicitamente né implicitamente, che l’avvocato sia tenuto a condividere con le autorità competenti, senza il consenso del cliente, informazioni coperte dal segreto professionale garantito dall’articolo 7 della Carta. Del pari, per quanto riguarda le informazioni necessarie per il trattamento della domanda di esenzione, le relative disposizioni non fanno menzione degli elementi di cui l’autorità competente deve disporre per effettuare il suo esame, e pertanto esse non comportano, di per sé, alcuna ingerenza nel diritto garantito dall’articolo 7 della Carta. Di conseguenza, la seconda parte del primo motivo di ricorso viene respinta e, con essa, anche la terza parte, con la quale i ricorrenti, assumendo che il divieto in questione costituisse un’ingerenza nell’articolo 7 della Carta, sostenevano che la stessa non potesse essere giustificata ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1[21], della Carta stessa.

Con la prima parte del secondo motivo, i ricorrenti sostenevano che l’obbligo di richiedere un’autorizzazione per fornire servizi di consulenza giuridica costituisce un’ingerenza nell’indipendenza dell’avvocato, necessaria per garantire il rispetto dei valori dell’Unione sanciti dall’articolo 2 TUE come la democrazia, lo Stato di diritto o i diritti umani.

Il Tribunale ha sottolineato che il compito fondamentale dell’avvocato comporta, da un lato, la necessità di garantire a chiunque la possibilità di rivolgersi in piena libertà a un difensore, la cui professione comprende, per sua essenza, il compito di dare, in modo indipendente, pareri giuridici a tutti coloro che ne hanno necessità e, dall’altro, la correlata esigenza di lealtà dell’avvocato verso il suo cliente[22]. Più particolarmente, l’indipendenza deve essere intesa non come assenza di qualsiasi vincolo dell’avvocato verso il suo cliente, e bensì come assenza di quei soli legami che arrecano manifestamente pregiudizio alla sua capacità di svolgere il proprio compito difensivo servendo al meglio gli interessi del suo cliente, nel rispetto della legge e delle regole professionali e deontologiche[23]; di talché il diritto del singolo di beneficiare dei consigli giuridici forniti in piena indipendenza da un avvocato è inerente al diritto ad un ricorso effettivo. Di conseguenza, malgrado l’inesistenza di una norma di diritto primario che sancisca e definisca l’indipendenza dell’avvocato, quest’ultima riveste un ruolo fondamentale al fine di garantire il diritto dei singoli ad un ricorso effettivo, in contesti che presentano un collegamento con un procedimento giurisdizionale.

Tutto ciò premesso, il divieto in questione non si applica ai servizi di consulenza giuridica forniti da un avvocato e presentanti un collegamento con un procedimento giurisdizionale, non determinando, quindi, alcuna ingerenza nel diritto ad un ricorso effettivo garantito dall’articolo 47 della Carta. In ogni caso, anche laddove una tale ingerenza fosse constatata, ciò non implica, di per sé, che la professione degli avvocati non possa essere soggetta a limitazioni, in quanto la loro indipendenza può essere oggetto di restrizioni giustificate da obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione, a condizione che queste ultime non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile che pregiudicherebbe la sostanza stessa dell’indipendenza degli avvocati[24]. Le disposizioni di esenzione del Regolamento 833/2014, inoltre, non consentono alle autorità competenti di esercitare influenza sul contenuto della consulenza che può, eventualmente, essere fornita dall’avvocato al governo russo o a un’entità stabilita in Russia. Anche supponendo che vi sia ingerenza nell’indipendenza degli avvocati, pertanto, questa sarebbe giustificata e proporzionata, di talché la prima parte del secondo motivo viene parimenti respinta.

Con la seconda parte del secondo motivo, invece, i ricorrenti sostenevano che i Regolamenti 2022/1904, 2022/2474 e 2023/427 violerebbero il principio di proporzionalità, un principio generale del diritto dell’Unione sancito dall’articolo 5[25] TUE, in quanto l’introduzione di un regime generale di divieto di fornitura di servizi di consulenza giuridica non sarebbe idonea a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti e andrebbe oltre quanto è strettamente necessario per raggiungerli.

Il Tribunale ha ricordato che per quanto riguarda il controllo giurisdizionale del rispetto del principio di proporzionalità, si deve riconoscere un ampio potere discrezionale al legislatore dell’Unione nei settori che richiedono scelte di natura politica, economica e sociale, e nei quali esso è chiamato ad effettuare valutazioni complesse. Ne segue che soltanto il carattere manifestamente inappropriato di una misura adottata in tali settori, in rapporto all’obiettivo che l’istituzione competente intende perseguire, può incidere sulla sua legittimità. Poiché, tuttavia, il divieto in questione risponde in maniera appropriata e coerente all’obiettivo di intensificare la pressione esercitata sulla Federazione Russa affinché ponga fine alla sua guerra di aggressione contro l’Ucraina, esso non può essere considerato manifestamente inappropriato, e pertanto anche la seconda parte del secondo motivo viene respinta.

Con il terzo motivo, infine, i ricorrenti sostenevano che le disposizioni che introducono il divieto in questione violano il principio della certezza del diritto, in quanto non sarebbero né chiare né precise e non permetterebbero alcuna prevedibilità quanto alla loro applicazione.

Il Tribunale ha rammentato che il principio della certezza del diritto implica che qualsiasi normativa dell’Unione, in particolare, quando infligge o permette di infliggere sanzioni, sia chiara e precisa, affinché le persone interessate possano conoscere senza ambiguità i diritti e gli obblighi che ne derivano ed agire di conseguenza[26]. L’esistenza di termini vaghi in una disposizione, tuttavia, non comporta necessariamente una violazione dell’articolo 7[27] della CEDU, e il fatto che una legge conferisca un potere discrezionale non contrasta di per sé con il requisito di prevedibilità, a condizione che l’estensione e le modalità di esercizio di un tale potere siano definite con sufficiente chiarezza, tenuto conto del legittimo obiettivo in gioco, per fornire all’individuo un’adeguata protezione contro l’arbitrio[28]. Il requisito di prevedibilità che accompagna il principio della legalità delle pene, inoltre, non osta a che la legge conferisca un potere discrezionale la cui ampiezza e le cui modalità di esercizio risultino definite con sufficiente chiarezza[29].

Tutto ciò premesso, secondo il Tribunale, nessuno degli argomenti dei ricorrenti risulta persuasivo. L’articolo 5 quindecies del Regolamento n. 833/2014, ed in particolare dei suoi paragrafi 5 e 6, infatti, permette ai ricorrenti di distinguere con sufficiente chiarezza i servizi di consulenza giuridica che sfuggono al divieto in questione e quelli che vi sono soggetti. Il requisito di compatibilità con gli obiettivi perseguiti dal Regolamento n. 833/2014 e dal Regolamento n. 269/2014, quale previsto dall’articolo 5 quindecies, paragrafo 6, del Regolamento n. 833/2014, inoltre, mira a garantire che l’eccezione ivi prevista non rimetta in discussione l’obiettivo consistente nell’esercitare pressioni sulla Federazione Russa affinché ponga fine alla sua guerra di aggressione contro l’Ucraina, nel rispetto dei principi garantiti dalla Carta. Di conseguenza, anche il terzo motivo viene respinto e con esso, le impugnazioni dei ricorrenti.

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[1] Regolamento (UE) 2022/1904 del Consiglio, del 6 ottobre 2022, che modifica il regolamento (UE) n. 833/2014 concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina, GUUE L 259I del 06.10.2022.

[2] Regolamento (UE) n. 833/2014 del Consiglio, del 31 luglio 2014, concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina, GUUE L 229 del 31.07.2014.

[3] Regolamento (UE) 2022/2474 del Consiglio, del 16 dicembre 2022, che modifica il regolamento (UE) n. 833/2014 concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina, GUUE L 322I del 16.12.2022.

[4] Regolamento (UE) 2023/427 del Consiglio, del 25 febbraio 2023, che modifica il regolamento (UE) n. 833/2014 concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina, GUUE L 59I del 25.02.2023.

[5] Per ulteriori informazioni si vedano i nostri precedenti contributi, disponibili al seguente LINK.

[6] L’articolo 7 della Carta, intitolato “Rispetto della vita privata e della vita familiare”, dispone: “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni…”.

[7] L’articolo 47 della Carta, intitolato “Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale”, dispone: “… Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.

Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare.

A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia…”.

[8] L’articolo 2 TUE dispone: “L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini…”.

[9] CGUE 20.04.2021, Causa C‑896/19, Repubblika, punto 51.

[10] CGUE 05.03.2024, Causa C‑588/21 P, Public.Resource.Org e Right to Know/Commissione e a., punto 81.

[11] CGUE 08.12.2022, Causa C‑694/20, Orde van Vlaamse Balies e a., punto 61.

[12] Ibidem, punto 60.

[13] Ibidem, punti 61-65.

[14] L’articolo 5 quindecies del Regolamento n. 833/2014 al paragrafo 6 dispone: “… I paragrafi 1 e 2 non si applicano alla prestazione dei servizi strettamente necessari per l’accesso a un procedimento giudiziario o amministrativo o a un arbitrato in uno Stato membro nonché per il riconoscimento o l’esecuzione di una sentenza o di un lodo arbitrale resi in uno Stato membro, a condizione che tale prestazione di servizi sia coerente con gli obiettivi del presente regolamento e del regolamento (UE) n. 269/2014 del Consiglio…”.

[15] CGUE 26.06.2007, Causa C‑305/05, Ordre des barreaux francophones et germanophone e a., punto 34.

[16] CGUE 08.12.2022, Causa C‑694/20, Orde van Vlaamse Balies e a., punto 27.

[17] Corte EDU 16.11.2021, Särgava c. Estonia, punto 89.

[18] CGUE 08.12.2022, Causa C‑694/20, Orde van Vlaamse Balies e a., punti 29-30.

[19] L’articolo 5 quindecies del Regolamento n. 833/2014 al paragrafo 10 dispone: “… In deroga ai paragrafi 1, 2, 2 bis, 2 ter e 3 bis, le autorità competenti possono autorizzare vendita, fornitura, trasferimento, esportazione o messa a disposizione dei servizi di cui ai detti paragrafi, alle condizioni che ritengono appropriate, dopo aver accertato che il servizio è necessario per:

a) scopi umanitari, quali la prestazione o l’agevolazione della prestazione di assistenza, tra cui forniture mediche e generi alimentari, o per il trasferimento di operatori umanitari e la relativa assistenza, o per evacuazioni;

b) attività della società civile che promuovono direttamente la democrazia, i diritti umani o lo Stato di diritto in Russia;

c) il funzionamento delle rappresentanze diplomatiche e consolari dell’Unione e degli Stati membri o dei paesi partner in Russia, comprese le delegazioni, le ambasciate e le missioni, o delle organizzazioni internazionali in Russia che godono di immunità in virtù al diritto internazionale;

d) l’approvvigionamento energetico critico all’interno dell’Unione e l’acquisto, l’importazione o il trasporto nell’Unione di titanio, alluminio, rame, nichel, palladio e minerali di ferro;

e) il funzionamento continuo di infrastrutture, hardware e software critici per la salute e la sicurezza delle persone o per la sicurezza dell’ambiente;

f) la costituzione, la gestione, la manutenzione, l’approvvigionamento e il ritrattamento del combustibile e la sicurezza delle capacità nucleari a uso civile, nonché la continuazione della progettazione, della costruzione e dell’attivazione necessaria per il completamento degli impianti nucleari civili, la fornitura di materiale precursore per la produzione di radioisotopi medici e applicazioni mediche analoghe, o di tecnologie critiche per il controllo delle radiazioni ambientali, e la cooperazione nucleare per fini civili, in particolare nel settore della ricerca e dello sviluppo;

g) la prestazione di servizi di comunicazione elettronica da parte di operatori di telecomunicazioni dell’Unione necessari per il funzionamento, la manutenzione e la sicurezza, compresa la cibersicurezza, dei servizi di comunicazione elettronica, in Russia, in Ucraina, nell’Unione, tra la Russia e l’Unione e tra l’Ucraina e l’Unione, e per i servizi dei centri di dati nell’Unione;

h) l’uso esclusivo di persone giuridiche, entità o organismi stabiliti in Russia che sono di proprietà o sotto il controllo, esclusivo o congiunto, di una persona giuridica, un’entità o un organismo registrati o costituiti a norma del diritto di uno Stato membro, di un paese membro dello Spazio economico europeo, della Svizzera o di un paese partner compreso nell’elenco di cui all’allegato VIII…”.

[20] L’articolo 12 ter del Regolamento n. 833/2014 al paragrafo 2 bis dispone: “… In deroga all’articolo 5 quindecies, le autorità competenti possono autorizzare il proseguimento della prestazione di servizi ivi indicati fino al 31 dicembre 2024 qualora sia strettamente necessaria per disinvestire dalla Russia o liquidare attività commerciali in Russia, purché siano soddisfatte le condizioni seguenti:

a) i servizi derivanti dal disinvestimento sono prestati alle persone giuridiche, alle entità o agli organismi ovvero a loro esclusivo beneficio; e

b) le autorità competenti che decidono se rilasciare l’autorizzazione non hanno motivi fondati per ritenere che i servizi possano essere prestati, direttamente o indirettamente, al governo russo o a un utilizzatore finale militare o possano essere destinati a un uso finale militare in Russia…”.

[21] L’articolo 52 della Carta, intitolato “Portata e interpretazione dei diritti e dei principi”, al paragrafo 1 dispone: “Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui…”.

[22] CGUE 08.12.2022, Causa C‑694/20, Orde van Vlaamse Balies e a., punto 28.

[23] CGUE 24.03.2022, Cause riunite C‑529/18 P e C‑531/18 P, PJ e PC/EUIPO, punti 65-69.

[24] CGUE 28.03.2017, Causa C‑72/15, Rosneft, punto 148.

[25] Tribunale 15.02.2023, Causa T‑536/21, Belaeronavigatsia/Consiglio, punto 68; CGUE 28.03.2017, Causa C‑72/15, Rosneft, punto 146.

[26] Tribunale 16.07.2014, Causa T‑578/12, National Iranian Oil Company/Consiglio, punto 112.

[27] L’articolo 7 CEDU, intitolato “Nulla poena sine lege” dispone: “… Nessuno può essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso.

Il presente articolo non ostacolerà il giudizio e la condanna di una persona colpevole di una azione o di una omissione che, al momento in cui è stata commessa, costituiva un crimine secondo i principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili…”.

[28] Tribunale 04.09.2015, Causa T‑577/12, NIOC e a./Consiglio, punto 135.

[29] Ibidem, punto 136.