ANTITRUST E MERCATI DEL LAVORO. IL NUOVO POLICY BRIEF DELLA COMMISSIONE SUGLI ACCORDI DI WAGE-FIXING E NO-POACH

marketude Diritto Europeo e della Concorrenza, Marco Stillo, Prospettive, Pubblicazioni, Roberto A. Jacchia

In data 2 maggio 2024, la Commissione Europea ha pubblicato un policy brief[1] che offre delle linee guida su come considerare in ottica antitrust determinati tipi di accordi sul mercato del lavoro, quali quelli di fissazione dei salari (c.d. “wage-fixing”)[2] e di c.d. non assunzione (c.d. “no-poach”)[3].

L’iniziativa della Commissione sorge dalle preoccupazioni relative agli effetti anti-concorrenziali che tali pratiche potrebbero produrre sui mercati del lavoro che presentano livelli di concentrazione elevati[4], ed in cui l’equilibrio contrattuale tra lavoratori e datori di lavoro comporta che i salari rispecchino il contributo marginale dei dipendenti. Pratiche come il wage-fixing e il no-poach, infatti, spostano il potere contrattuale in favore della parte datoriale, con conseguente massimizzazione dei profitti a scapito degli altri attori del mercato. Sebbene la Commissione non si sia ancora pronunciata in casi relativi a tali accordi, il policy brief evidenzia come anche questi ultimi debbano essere valutati alla luce delle norme europee in materia di concorrenza e, nello specifico, dell’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).

Secondo la giurisprudenza europea, infatti, i wage-fixing e i no-poach agreements sono assimilabili ai cartelli tra acquirenti (c.d. “buyer cartels”)[5] in quanto la fissazione dei salari rientra nell’ambito dell’articolo 101, paragrafo 1, lettera a), TFUE come tipologia di prezzo d’acquisto (della prestazione lavorativa), mentre il no-poach rientra nel disposto dell’articolo 101, paragrafo 1, lettera c), TFUE come forma di ripartizione delle fonti di approvvigionamento, con possibile qualificazione come restrizioni per oggetto[6].Questa posizione è stata condivisa anche dalla Commissione, che tanto nei suoi Orientamenti orizzontali[7] quanto nelle sue Linee guida sull’applicazione delle norme antitrust ai contratti collettivi per i lavoratori autonomi[8] ha ribadito che i wage-fixing e i no-poach agreements costituiscono restrizioni della concorrenza per oggetto che, in quanto tali, vengono considerate di per sé dannose in quanto limitano la mobilità dei lavoratori e alterano il libero funzionamento dei mercati del lavoro. In diversa prospettiva, i wage-fixing e i no-poach agreements potrebbero qualificarsi come “restrizioni accessorie”[9] solo a condizione che, cumulativamente, i) esista un’operazione principale non restrittiva della concorrenza, ii) la restrizione sia a lei direttamente correlata, ossia sia subordinata alla sua attuazione e ad essa inscindibilmente legata, iii) il vincolo sia oggettivamente necessario per la realizzazione dell’operazione principale, e iv) il vincolo sia proporzionato all’operazione principale[10], ciò che comporta un onere della prova particolarmente gravoso in capo alle imprese coinvolte. Molto difficilmente, infine, i wage-fixing e i no-poach agreements potrebbero produrre effetti pro-competitivi ai fini di una esenzione individuale ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, in quanto si limitano a rafforzare il potere di mercato delle imprese senza alcun vantaggio compensativo per i lavoratori o per l’economia nel suo insieme.

Oltre che dalla Corte di Giustizia e dalla Commissione, la questione dei rapporti tra la normativa antitrust ed il mercato del lavoro è stata affrontata negli ultimi anni anche dalle autorità nazionali di concorrenza (ANC) di diversi Stati Membri[11].

Nel 2017, ad esempio, l’Autorité de la concurrence francese aveva sanzionato le tre imprese leader nel settore dei prodotti in polivinilcloruro (PVC) per aver, tra le altre cose, stipulato tra loro un accordo di no-poach in merito ai rispettivi dipendenti, stabilendo così che tali accordi non solo limitavano la mobilità lavorativa, e bensì compromettevano anche la concorrenza nei mercati a valle, producendo un impatto negativo trasversale sull’economia[12].

Similmente, nel 2020 l’Autoridade da Concorrência (AdC) portoghese aveva avviato un’indagine al fine di verificare se i club di Serie A e B, insieme alla Lega Portoghese di Calcio Professionistico (LPFP), avessero concordato di non assumere giocatori che avessero rescisso unilateralmente i loro contratti a causa delle difficoltà legate alla pandemia di coronavirus. Più particolarmente, ciò costituiva una grave violazione delle norme in materia di concorrenza, in quanto limitava la libertà dei club danneggiando al contempo i giocatori in termini di potere negoziale e opportunità professionali; di talché nel 2022 l’AdC aveva sanzionato i soggetti coinvolti con un’ammenda pari a circa 11,3 milioni di euro[13].

Anche l’ANC polacca (Urząd Ochrony Konkurencji i Konsumentów, UOKiK) ha di recente intensificato il proprio impegno nella lotta contro le pratiche anticoncorrenziali nel mercato del lavoro, con un focus particolare sugli accordi di wage-fixing, sanzionando nel 2023 la Federazione automobilistica e motociclistica per aver fissato le tariffe massime che le società che partecipano alle competizioni possono corrispondere ai propri atleti[14].

Il policy brief segna un significativo passo avanti nel percorso della regolamentazione delle pratiche anticoncorrenziali nei mercati del lavoro, con verosimile intensificazione delle indagini e dell’enforcement nei prossimi anni. Ciò sembra trovare conferma nelle ispezioni che, nel novembre 2023, la Commissione ha condotto presso diverse imprese della distribuzione online di alimenti e beni di consumo, tra cui Delivery Hero e Glovo[15], che nel luglio 2024 hanno condotto all’apertura di procedimenti formali contro queste ultime con l’addebito di aver concluso accordi di allocazione geografica e di aver scambiato informazioni sensibili, incluse clausole di no-poach. La Commissione, inoltre, ha chiarito che è alquanto improbabile che gli argomenti relativi ad eventuali obiettivi legittimi[16] dichiaratamente perseguiti da tali tipi di accordi possano risultare persuasivi, in quanto questi potrebbero essere raggiunti tramite pratiche meno restrittive quali, tra le altre, accordi di non divulgazione e legittime clausole di non concorrenza.

La nuova policy della Commissione, infine, potrebbe preludere ad una cooperazione rafforzata con le autorità nazionali ed internazionali che hanno già avviato simili iniziative. La crescente consapevolezza degli effetti negativi di tali pratiche, non solo sulla mobilità dei lavoratori, e bensì anche sull’efficienza e la competitività dei mercati, lascia presagire un approccio più sistematico e rigoroso a livello europeo, e le imprese saranno corrispondentemente chiamate a prestare maggiore attenzione alla normativa antitrust.

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[1] Disponibile al seguente LINK.

[2] Per wage-fixing agreements si intendono quegli accordi orizzontali di fissazione dei salari attraverso i quali le imprese armonizzano o standardizzano le retribuzioni e/o altri benefici dei loro dipendenti.

[3] Per no-poach agreements si intendono quegli accordi in cui le imprese concordano tra loro per non reclutare e/o assumere i lavoratori delle altre imprese.

[4] Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK.

[5] I buyer cartels sono accordi o pratiche concordate tra due o più acquirenti che, senza prevedere trattative comuni con i fornitori, i) coordinano la condotta concorrenziale individuale degli stessi acquirenti sul mercato di acquisto o incidono sui pertinenti parametri di concorrenza reciproca, o ii) influenzano le trattative o gli acquisti degli stessi acquirenti con i fornitori.

[6] Tribunale 07.11.2019, Causa T-240/17, Campine NV e Campine Recycling NV contro Commissione europea; CGUE 12.06.2014, Causa C‑578/11 P, Deltafina SpA contro Commissione europea; CGUE 19.07.2012, Cause riunite C‑628/10 P e C‑14/11 P, Alliance One International Inc. e altri contro Commissione europea.

[7] Com. Comm. C(2023) 4752 final del 21.07.2023, Linee direttrici sull’applicabilità dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale.

[8] Com. Comm. C(2022) 6846 final del 30.09.2022, Guidelines on the application of Union competition law to collective agreements regarding the working conditions of solo self-employed persons.

[9] Per tali intendendosi qualsiasi presunta restrizione della concorrenza direttamente collegata e necessaria alla realizzazione di un’operazione principale non restrittiva e proporzionata rispetto a quest’ultima.

[10] CGUE 11.09.2014, Causa C-382/12 P, MasterCard contro Commissione europea, punto 89; CGUE 12.12.1995, Causa C-399/93, Oude Luttikhuis e altri, punti 12-15; CGUE 15.12.1994, Causa C-250/92, Gøttrup-Klim, punto 35; CGUE 28.01.1986, Causa 161/84, Pronuptia, punti 15-17; CGUE 11.07.1985, Causa 42/84, Remia ed altri/Commissione, punti 19-20.

[11] Per ulteriori informazioni si veda il nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK.

[12] Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK.

[13] Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK.

[14] Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK.

[15] Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK.

[16] Quali, ad esempio, tutelare gli incentivi di un’impresa ad investire nella formazione dei propri dipendenti o rispetto alla proprietà intellettuale che questi ultimi porterebbero con sé laddove si trasferissero presso un competitor.