INDIPENDENZA DEI GIUDICI. LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SULLA NORMATIVA NAZIONALE CHE PREVEDE L’ISTITUZIONE DI UN GIUDICE DELLA REGISTRAZIONE, PRESSO GLI ORGANI GIURISDIZIONALI DI SECONDO GRADO, DOTATO DEL POTERE DI SOSPENDERE LA PRONUNCIA DI UNA SENTENZA

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In data 11 luglio 2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nelle Cause riunite C‑554/21, C‑622/21 e C‑727/21, Financijska agencija contro HANN-INVEST d.o.o., MINERAL-SEKULINE d.o.o. e UDRUGA KHL MEDVEŠČAK ZAGREB, sull’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, del Trattato sull’Unione europea (TUE) e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Tali domande erano state presentate nell’ambito di tre controversie, di cui le prime due tra la Financijska agencija (Agenzia delle finanze croata) e la HANN-INVEST d.o.o. (“HANN”) e la MINERAL-SEKULINE d.o.o.(“MINERAL”) e la terza vertente su una domanda presentata dalla UDRUGA KHL MEDVEŠČAK ZAGREB (“UDGRUGA”) ai fini dell’avvio di una procedura di amministrazione controllata.

Questi i fatti.

Dinanzi al Visoki trgovački sud (Corte d’appello di commercio; il “giudice del rinvio”) erano pendenti tre procedimenti di appello relativi, da un lato, ad ordinanze che avevano respinto le domande dell’Agenzia delle finanze per il rimborso delle spese relative alle attività svolte da quest’ultima nell’ambito di una procedura di insolvenza e, dall’altro, ad un’ordinanza che respingeva la domanda di avvio una procedura di amministrazione controllata. Dopo che la Corte d’appello di commercio aveva respinto tali appelli, i suoi giudici avevano firmato le loro sentenze e le avevano successivamente trasmesse al servizio di registrazione delle decisioni giudiziarie dello stesso[1], il cui giudice, tuttavia, aveva rifiutato di registrarle rinviandole ai rispettivi collegi giudicanti accompagnate da una lettera in cui dichiarava di non condividere le soluzioni ivi adottate.

A seguito del rifiuto di registrazione della sua prima decisione giudiziaria, il collegio giudicante nella Causa C‑727/21 si era riunito per ulteriori deliberazioni, nelle quali aveva riesaminato l’appello e il parere del giudice della registrazione prima di decidere di non modificare la soluzione precedentemente adottata. Dopo aver adottato una nuova decisione giudiziaria, pertanto, il collegio l’aveva trasmessa al servizio di registrazione, il cui giudice, preferendo una soluzione giuridica diversa, aveva deferito tale procedimento alla sezione del contenzioso commerciale e altre controversie del giudice del rinvio affinché la questione giuridica controversa fosse esaminata in una riunione di tale dipartimento. Quest’ultimo, pertanto, aveva adottato una posizione giuridica in cui aveva accolto la soluzione preferita dal giudice della registrazione, rinviando nuovamente il procedimento principale al collegio giudicante competente affinché si pronunciasse conformemente.

Alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, pertanto, il giudice del rinvio aveva deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte di Giustizia se l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma[2], TUE debba essere interpretato nel senso che esso osta a che il diritto nazionale preveda un meccanismo interno a un organo giurisdizionale nazionale in base al quale, da un lato, una decisione giudiziaria può essere spedita alle parti per concludere il procedimento in questione solo se un giudice della registrazione che non è membro del collegio giudicante che ha adottato tale decisione approva il contenuto di quest’ultima e, dall’altro, a una riunione di dipartimento di tale organo giurisdizionale nazionale è demandata l’adozione di “posizioni giuridiche” vincolanti per tutte le sezioni o i giudici di detto organo giurisdizionale.

La Corte ha preliminarmente ricordato che sebbene l’istituzione, la composizione, le competenze e il funzionamento degli organi giurisdizionali nazionali rientrino nella competenza degli Stati Membri, questi ultimi sono nondimeno tenuti a rispettare gli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione e, in particolare, dall’articolo 19 TUE[3]. Di conseguenza, qualsiasi misura o prassi nazionale volta ad evitare divergenze nella giurisprudenza o a porvi rimedio, e quindi a garantire la certezza del diritto insita nel principio dello Stato di diritto, deve soddisfare i requisiti derivanti dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

A tale proposito, il requisito di indipendenza degli organi giurisdizionali, intrinsecamente connesso al compito di giudicare, costituisce un aspetto essenziale del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva e ad un equo processo, che rivestono importanza cardinale in quanto garanzie della tutela dell’insieme dei diritti derivanti al singolo dal diritto dell’Unione e della salvaguardia dei valori comuni agli Stati Membri enunciati all’articolo 2 TUE[4]. Più particolarmente, il requisito di indipendenza, da un lato, richiede che l’organo interessato eserciti le sue funzioni in piena autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo gerarchico o di subordinazione nei confronti di alcuno e senza ricevere ordini o istruzioni da alcuna fonte[5] e, dall’altro, impone il rispetto dell’obiettività e l’assenza di qualsivoglia interesse nella soluzione da dare alla controversia all’infuori della stretta applicazione della norma giuridica[6]. Tali garanzie di indipendenza e di imparzialità, pertanto, presuppongono l’esistenza di regole, relative in particolare alla composizione dell’organo in questione, che consentano di fugare qualsiasi legittimo dubbio che i singoli possano nutrire in merito all’impermeabilità di detto organo rispetto ad elementi esterni e alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti[7].

In considerazione dei legami inscindibili che esistono fra le garanzie di indipendenza e di imparzialità dei giudici nonché di accesso ad un giudice precostituito per legge[8], inoltre, l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE richiede la presenza di un giudice “precostituito per legge”, un’espressione che riguarda non solo il fondamento normativo dell’esistenza stessa del giudice in questione, e bensì anche la composizione del collegio in ciascuna causa[9], di modo da evitare che l’organizzazione dell’ordinamento giudiziario sia lasciata alla discrezione del potere esecutivo e di fare in modo che la materia sia disciplinata da una legge. Un giudice costituito per legge, pertanto, è caratterizzato dalla sua funzione giurisdizionale, ossia quella di decidere, sulla base di norme di legge e seguendo un procedimento organizzato, qualsiasi questione che rientri nella sua competenza, dovendo quindi soddisfare, oltre all’indipendenza e all’imparzialità dei suoi membri, anche altri requisiti quali la presenza di garanzie offerte dalla procedura seguita dinanzi ad esso, tra cui, in particolare, il principio del contraddittorio[10].

Tutto ciò premesso, l’effetto della prassi del caso concreto, per cui il ruolo del giudice della registrazione sembra andare oltre tale funzione, è quello di consentire un’ingerenza di quest’ultimo nel procedimento in questione, che può implicare una sua influenza sulla soluzione definitiva da adottare e non sembra nemmeno regolato da criteri oggettivi chiaramente definiti che riflettano una giustificazione specifica e siano idonei ad evitare l’esercizio di un potere discrezionale. Di conseguenza, una prassi del genere, in base alla quale la decisione giudiziaria adottata dal collegio giudicante investito del procedimento può essere considerata definitiva e può essere spedita alle parti solo se il suo contenuto è stato approvato da un giudice della registrazione che non appartiene a tale collegio giudicante, non è conciliabile con i requisiti inerenti al diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.

Similmente, non risulta che il potere di convocare la riunione di dipartimento in questione nel caso concreto sia sufficientemente regolato da criteri oggettivi e applicati come tali. Al pari dell’intervento del giudice della registrazione, inoltre, la convocazione di una riunione di dipartimento e l’adozione da parte di quest’ultima di una posizione giuridica vincolante, in particolare, per il collegio giudicante investito di detto procedimento non vengono rese note in alcun momento alle parti, che pertanto non sembrano avere la possibilità di esercitare i loro diritti procedurali nell’ambito di una tale riunione. Di conseguenza, una normativa nazionale che consente ad una riunione di dipartimento di un organo giurisdizionale nazionale di obbligare, con l’emissione di una posizione giuridica, il collegio giudicante investito del procedimento a modificare il contenuto della decisione giudiziaria che esso avevaprecedentemente adottato, ancorché tale riunione comprenda anche giudici diversi da quelli appartenenti al collegio in questione, non è conciliabile con le prescrizioni inerenti al diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva e ad un processo equo.

Alla luce di quanto visto finora, la Corte ha pertanto statuito che:

L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a che il diritto nazionale preveda un meccanismo interno a un organo giurisdizionale nazionale in virtù del quale:

– la decisione giudiziaria adottata dal collegio giudicante investito di un procedimento può essere spedita alle parti ai fini della conclusione di quest’ultimo solo se il suo contenuto è stato approvato da un giudice della registrazione non appartenente a tale collegio giudicante;

– una riunione di dipartimento di tale organo giurisdizionale ha il potere di obbligare, con l’emissione di una «posizione giuridica», il collegio giudicante investito di un procedimento a modificare il contenuto della decisione giudiziaria che esso ha precedentemente adottato, ancorché tale riunione di dipartimento comprenda anche giudici diversi da quelli appartenenti a tale collegio giudicante e, se del caso, soggetti estranei all’organo giurisdizionale in questione, dinanzi ai quali le parti non hanno la possibilità di presentare i loro argomenti.

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[1] L’articolo 177 del Sudski poslovnik (regolamento di procedura dei tribunali) al paragrafo 3 dispone: “… In secondo grado, una causa si considera conclusa alla data di spedizione della decisione dall’ufficio del giudice, che ha luogo dopo la restituzione della causa dal servizio di registrazione. A decorrere dalla data in cui riceve il fascicolo, il servizio di registrazione è tenuto a restituirlo all’ufficio del giudice nel più breve tempo possibile. Si procede poi alla spedizione della decisione entro un nuovo termine di otto giorni…”.

[2] L’articolo 19 TUE al paragrafo 1 dispone: “La Corte di giustizia dell’Unione europea comprende la Corte di giustizia, il Tribunale e i tribunali specializzati. Assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati.

Gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione…”.

[3] CGUE 05.06.2023, Causa C‑204/21, Commissione/Polonia (Indipendenza e vita privata dei giudici), punto 63.

[4] Ibidem, punto 58.

[5] CGUE 19.11.2019, Cause riunite C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema), punto 121.

[6] Ibidem, punto 122.

[7] Ibidem, punto 123.

[8] CGUE 21.12.2023, Causa C‑718/21, Krajowa Rada Sądownictwa (Mantenimento in servizio di un giudice), punto 59.

[9] CGUE 22.03.2022, Causa C‑508/19, Prokurator Generalny (Sezione disciplinare della Corte suprema – Nomina), punto 73; CGUE 26.03.2020, Cause riunite C‑542/18 RX-II e C‑543/18 RX-II, Riesame Simpson/Consiglio e HG/Commissione, punto 73.

[10] CGUE 10.02.2022, Causa C‑219/20, Bezirkshauptmannschaft Hartberg-Fürstenfeld (Termine di prescrizione), punto 46; CGUE 29.04.2021, Causa C‑19/20, Bank BPH, punto 92; CGUE 16.10.2019, Causa C‑189/18, Glencore Agriculture Hungary, punto 61; CGUE 17.12.2009, Causa C‑197/09 RX-II, Riesame M/EMEA, punto 59.