In data 19 settembre 2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-264/23, Booking.com BV e Booking.com (Deutschland) GmbH contro 25hours Hotel Company Berlin GmbH e a., sull’interpretazione dell’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e del Regolamento (UE) n. 330/2010 della Commissione, del 20 aprile 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE a categorie di accordi verticali e pratiche concordate[1]. Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, Booking.com BV e Booking.com (Deutschland) GmbH(congiuntamente “Booking”) e, dall’altro, la 25hours Hotel Company Berlin GmbH e altre 62 strutture alberghiere situate in Germania in merito alla validità, alla luce dell’articolo 101 TFUE, delle clausole di parità della tariffa utilizzate da Booking nei contratti stipulati con tali esercizi.
Questi i fatti.
Dopo aver concluso che la c.d. “clausola di parità ampia” utilizzata dalla Hotel Reservation Service Robert Ragge GmbH (“HRS”) era in contrasto con il divieto di intese vigente nel diritto dell’Unione e nel diritto tedesco, nel corso del 2013 il Bundeskartellamt (Autorità federale garante della concorrenza) aveva avviato un’indagine relativa alla clausola utilizzata dalla Booking, che era analoga a quella della HRS[2]. Poiché, in data 9 gennaio 2015, l’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale superiore del Land Düsseldorf) aveva respinto il ricorso proposto da quest’ultima avverso la decisione del Bundeskartellamt del 2013 con una sentenza che, non essendo stata impugnata, era passata in giudicato, a partire dal successivo 1º luglio la Booking si era impegnata a rimuovere la clausola di parità ampia dalle sue condizioni generali di contratto e a sostituirla con una c.d. “clausola di parità ristretta”, in base alla quale il divieto posto ai fornitori di servizi alberghieri di offrire le loro camere a prezzi migliori di quelli offerti su Booking.com si applicava solo alle offerte fatte attraverso i propri canali di vendita.
In data 22 dicembre 2015, tuttavia, il Bundeskartellamt aveva ritenuto che anche tale clausola fosse contraria al divieto di intese ai sensi del diritto dell’Unione e del diritto tedesco, di talché la Booking si era rivolta all’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale superiore del Land Düsseldorf), che ne aveva accolto parzialmente il ricorso ritenendo che la clausola di parità ristretta potesse, in quanto restrizione accessoria, essere considerata necessaria per consentirle di percepire un’equa remunerazione per la sua prestazione di servizi. Investito di un’impugnazione proposta dal Bundeskartellamt, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia tedesca) aveva annullato quest’ultima decisione, e pertanto la Booking aveva adito il Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam; il “giudice del rinvio”) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia due questioni pregiudiziali.
Con la prima questione, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che le clausole di parità, sia ampia che ristretta, inserite negli accordi conclusi tra le piattaforme di prenotazione alberghiera online e i prestatori di servizi alberghieri esulano dall’applicazione di tale disposizione per il fatto che sarebbero accessorie a detti accordi.
La Corte ha preliminarmente ricordato che se un’operazione o una determinata attività non ricade nell’ambito di applicazione del divieto sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE per la sua neutralità o per il suo effetto positivo sul piano della concorrenza, neppure una restrizione dell’autonomia commerciale di uno o più partecipanti a tale operazione o a tale attività vi ricade qualora essa sia oggettivamente necessaria per l’attuazione di tale operazione o attività e proporzionata agli obiettivi dell’una o dell’altra[3]. Di conseguenza, laddove non sia possibile dissociare la restrizione dall’operazione o dall’attività principale senza comprometterne l’esistenza e gli obiettivi, occorre esaminarne la compatibilità con l’articolo 101 TFUE congiuntamente con la compatibilità dell’operazione o dell’attività principale cui essa è accessoria sebbene, considerata isolatamente, tale restrizione possa rientrare, a prima vista, nel divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE[4]. Affinché una restrizione possa essere qualificata come “accessoria” occorre esaminare i) se la realizzazione dell’operazione principale sprovvista di tale carattere anticoncorrenziale risulterebbe impossibile in sua assenza[5], e ii) se del caso, la proporzionalità della restrizione rispetto agli obiettivi soggiacenti all’operazione in questione[6]. Secondo la Corte, inoltre, occorre distinguere tra la nozione di “restrizioni accessorie” di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e l’esenzione fondata sull’articolo 101, paragrafo 3, TFUE in quanto, a differenza di quest’ultima, la condizione relativa alla necessità oggettiva per qualificare una restrizione come accessoria non implica una ponderazione degli effetti proconcorrenziali e anticoncorrenziali di un accordo[7].
Tutto ciò premesso, la fornitura di servizi di prenotazione alberghiera online da parte di piattaforme come Booking.com ha prodotto un effetto neutrale, se non addirittura positivo, sulla concorrenza, in quanto gli stessi inducono significativi incrementi di efficienza consentendo, da un lato, ai consumatori di accedere ad un’ampia gamma di offerte di alloggio e di confrontarle in modo semplice e rapido secondo diversi criteri e, dall’altro, ai prestatori di servizi alberghieri di acquisire una maggiore visibilità nonché di aumentare il numero di potenziali clienti. Per contro, tuttavia, non è dimostrato che le clausole di parità della tariffa siano oggettivamente necessarie per la realizzazione dell’operazione principale nonché proporzionate rispetto all’obiettivo da essa perseguito. La circostanza che l’assenza delle clausole di parità della tariffa imposte dalla piattaforma di prenotazione alberghiera possa eventualmente produrre conseguenze negative sulla redditività dei servizi offerti da tale piattaforma, infatti, non implica, di per sé, che esse debbano essere considerate oggettivamente necessarie. Il fatto che, eventualmente, tali clausole tendano a contrastare eventuali fenomeni di parassitismo, e siano indispensabili per garantire incrementi di efficienza o per assicurare il successo commerciale dell’operazione principale, inoltre, non consente di qualificarle come “restrizioni accessorie” nell’accezione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in quanto tale circostanza può essere presa in considerazione solo nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE.
Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiedeva in che maniera occorra, ai fini dell’applicazione dell’articolo 3, paragrafo 1[8], del Regolamento n. 330/2010, definire il mercato di prodotti rilevante in una situazione in cui una piattaforma di prenotazione alberghiera funge da intermediario in transazioni concluse tra prestatori di servizi alberghieri e consumatori.
La Corte ha preliminarmente ricordato che la definizione del mercato consente di individuare e definire l’ambito nel quale le imprese interessate sono in concorrenza. Più particolarmente, la nozione di “mercato rilevante” implica che vi possa essere concorrenza effettiva tra i prodotti o servizi che ne fanno parte, ciò che presuppone un sufficiente grado di intercambiabilità per lo stesso uso tra tutti i prodotti o servizi che fanno parte dello stesso mercato, che non viene valutata unicamente in relazione alle caratteristiche oggettive dei prodotti e dei servizi in questione, e bensì prendendo in considerazione anche le condizioni della concorrenza nonché la struttura della domanda e dell’offerta nel mercato[9].
Di conseguenza, per determinare la quota di mercato detenuta dalla Booking come fornitore di servizi di intermediazione online ai prestatori di servizi alberghieri ai fini dell’applicazione dell’articolo 3, paragrafo 1, del Regolamento n. 330/2010 è necessario esaminare se altri tipi di servizi di intermediazione e altri canali di vendita siano sostituibili ai servizi di intermediazione dal punto di vista della domanda, da un lato, da parte dei prestatori di servizi alberghieri, di tali servizi di intermediazione e, dall’altro, da parte dei clienti finali. Al fine di determinare il mercato rilevante, pertanto, il giudice del rinvio deve verificare se esista concretamente una sostituibilità tra i servizi di intermediazione online e gli altri canali di vendita, indipendentemente dal fatto che questi ultimi presentino caratteristiche diverse e non offrano le stesse funzionalità di ricerca e di comparazione delle offerte di servizi alberghieri.
Tutto ciò premesso, la Corte ha statuito che:
“L’articolo 101, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che le clausole di parità, sia ampia che ristretta, inserite negli accordi conclusi tra le piattaforme di prenotazione alberghiera online e i prestatori di servizi alberghieri, non esulano dall’applicazione di tale disposizione per il fatto che sarebbero accessorie a detti accordi.
L’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 330/2010 della Commissione, del 20 aprile 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, [TFUE] a categorie di accordi verticali e pratiche concordate, deve essere interpretato nel senso che in una situazione in cui una piattaforma di prenotazione alberghiera online funge da intermediario nelle transazioni concluse tra strutture alberghiere e consumatori, la definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione delle soglie delle quote di mercato stabilite in tale disposizione richiede un esame concreto della sostituibilità, dal punto di vista dell’offerta e della domanda, tra i servizi di intermediazione online e gli altri canali di vendita”.
[1] GUUE L 102 del 23.04.2010.
[2] Al momento del suo ingresso sul mercato tedesco nel 2006 la Booking, al pari delle altre agenzie di viaggi online (Online Travel Agencies, OTA), inseriva nelle condizioni generali degli accordi conclusi con i prestatori di servizi alberghieri queste clausole in forza delle quali questi ultimi non erano autorizzati ad offrire, sui propri canali di vendita o su quelli gestiti da terzi, ivi compresi le OTA concorrenti, stanze ad un prezzo inferiore a quello offerto su Booking.com.
[3] CGUE 26.10.2023, Causa C‑331/21, EDP – Energias de Portugal e a., punto 88; CGUE 23.01.2018, Causa C‑179/16, F. Hoffmann-La Roche e a., punto 69; CGUE 11.09.2014, Causa C‑382/12 P, MasterCard e a./Commissione, punto 89.
[4] CGUE 26.10.2023, Causa C‑331/21, EDP – Energias de Portugal e a., punto 89; CGUE 23.01.2018, Causa C‑179/16, F. Hoffmann-La Roche e a., punto 70; CGUE 11.09.2014, Causa C‑382/12 P, MasterCard e a./Commissione, punto 90.
[5] CGUE 26.10.2023, Causa C‑331/21, EDP – Energias de Portugal e a., punto 90; CGUE 23.01.2018, Causa C‑179/16, F. Hoffmann-La Roche e a., punto 71; CGUE 11.09.2014, Causa C‑382/12 P, MasterCard e a./Commissione, punto 91.
[6] CGUE 11.09.2014, Causa C‑382/12 P, MasterCard e a./Commissione, punti 107-111.
[7] Ibidem, punto 93.
[8] L’articolo 3 del Regolamento n. 330/2010, intitolato “Soglia della quota di mercato”, al paragrafo 1 dispone: “… L’esenzione di cui all’articolo 2 si applica a condizione che la quota di mercato detenuta dal fornitore non superi il 30% del mercato rilevante sul quale vende i beni o servizi oggetto del contratto e la quota di mercato detenuta dall’acquirente non superi il 30% del mercato rilevante sul quale acquista i beni o servizi oggetto del contratto…”.
[9] CGUE 30.01.2020, Causa C‑307/18, Generics (UK) e a., punto 129; CGUE 23.01.2018, Causa C‑179/16, F. Hoffmann-La Roche e a., punto 51.