LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SULLA QUALIFICAZIONE DEGLI SCAMBI DI INFORMAZIONI TRA ENTI DI CREDITO COME “RESTRIZIONE DELLA CONCORRENZA PER OGGETTO”

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In data 29 luglio 2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C‑298/22, Banco BPN/ BIC Português e a., sull’interpretazione dell’articolo 101, paragrafi 1 e 3, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra diversi enti creditizi e l’Autoridade da Concorrência (Autorità garante della concorrenza portoghese, AdC) in merito alla decisione di quest’ultima di infliggere a tali istituti un’ammenda per un’infrazione alle disposizioni nazionali del diritto della concorrenza e all’articolo 101 TFUE.

Più particolarmente, con la decisione del 9 settembre 2019 l’AdC aveva sanzionato taluni enti creditizi per aver partecipato ad uno scambio di informazioni di cui non era stato fatto valere che fosse accessorio di una pratica concordata restrittiva della concorrenza e che riguardava le condizioni applicabili alle loro operazioni di credito, quali gli spread e le variabili di rischio, attuali e future, nonché le cifre di produzione individualizzate dei partecipanti a tale scambio in violazione dell’articolo 101 TFUE e di diverse disposizioni del diritto nazionale. Di conseguenza, la maggior parte degli enti creditizi partecipanti aveva proposto ricorso dinanzi al Tribunal da Concorrência, Regulação e Supervisão (Tribunale per la concorrenza, la regolamentazione e la vigilanza; il “giudice del rinvio”) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia due questioni pregiudiziali.

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che un ampio scambio di informazioni reciproche e mensili tra enti creditizi concorrenti, avvenuto in mercati che presentano una forte concentrazione, nonché barriere all’ingresso, e che verte sulle condizioni applicabili alle operazioni realizzate in tali mercati, in particolare gli spread e le variabili di rischio, attuali e future, nonché le cifre di produzione individualizzate dei partecipanti a tale scambio, debba essere qualificato come restrizione della concorrenza per oggetto.

La Corte ha preliminarmente ricordato che il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza su un mercato presuppone una certa trasparenza rispetto alla situazione esistente attualmente su quest’ultimo, in quanto solo così un mercato può essere efficiente[1]. A tale riguardo, affinché un mercato funzioni in condizioni normali ciascun operatore deve, da un lato, essere obbligato a determinare autonomamente la politica che intende seguire sul mercato unico[2] e, dall’altro, essere incerto almeno quanto alla data, alla misura e alle modalità della futura modifica del comportamento dei suoi concorrenti su tale mercato[3]. Nel contesto in cui si inserisce lo scambio di informazioni, inoltre, è necessario che qualsiasi coordinamento avente caratteristiche simili a quelle di tale scambio non possa portare a condizioni di concorrenza che non corrispondano a quelle normali di funzionamento del mercato in questione, tenuto conto della natura dei beni o servizi di cui trattasi, delle condizioni effettive di funzionamento del mercato nonché della sua struttura[4]. Costituisce una restrizione per oggetto, infine, uno scambio di informazioni che, pur non essendo formalmente presentato come volto a perseguire un oggetto anticoncorrenziale, può spiegarsi altrimenti, tenuto conto della sua forma e del contesto nel quale è intervenuto, solo con il perseguimento di un obiettivo contrario ad uno degli elementi costitutivi del principio di libera concorrenza. Dato che ogni operatore economico ha l’obbligo di determinare autonomamente la politica che intende seguire sul mercato unico, pertanto, uno scambio di informazioni presenta le caratteristiche che lo ricollegano ad una forma di coordinamento tra imprese che deve essere considerato, per sua stessa natura, dannoso per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza qualora il suo contenuto riguardi informazioni che, indipendentemente dal loro carattere sensibile o riservato, sono tali, nel contesto in cui avviene tale scambio, da indurre i relativi partecipanti, che sarebbero ragionevolmente attivi ed economicamente razionali, a seguire tacitamente una stessa linea di condotta per quanto riguarda uno dei parametri in base ai quali si stabilisce la concorrenza sul mercato in questione.

Per poterlo qualificare come restrizione per oggetto, tuttavia, non è sempre necessario dimostrare che uno scambio verte su informazioni del genere. Affinché un mercato funzioni in condizioni normali, infatti, i relativi operatori devono non solo determinare autonomamente la politica che intendono seguire nel mercato unico, e bensì restare nell’incertezza quanto ai comportamenti futuri degli altri partecipanti. Di conseguenza, uno scambio di informazioni può essere considerato rientrante in una forma di coordinamento tra imprese che, per sua stessa natura, è dannosa per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza senza che sia nemmeno necessario dimostrare che, nel contesto di detto scambio, le informazioni scambiate possono solo indurre i partecipanti che sarebbero ragionevolmente attivi ed economicamente razionali a seguire tacitamente una stessa linea di condotta per quanto riguarda uno dei parametri in base ai quali si stabilisce la concorrenza sul mercato di cui trattasi, qualora detto scambio consenta di eliminare tale incertezza, essendo sufficiente che le informazioni scambiate siano, da un lato, riservate, e, dall’altro, strategiche[5]. Sebbene qualsiasi scambio di informazioni riguardanti prezzi futuri, o taluni fattori determinanti questi ultimi, sia intrinsecamente anticoncorrenziale alla luce, segnatamente, del rischio di danno alla concorrenza che esso comporta, inoltre, la nozione di “informazione strategica” è tuttavia più ampia ed include qualsiasi dato non già noto agli operatori economici che, nel contesto in cui si inserisce tale scambio, sia idoneo a ridurre l’incertezza dei partecipanti quanto al comportamento futuro degli altri partecipanti riguardo a ciò che costituisce, a causa della natura dei beni o dei servizi in questione, delle condizioni reali del funzionamento del mercato e della struttura di quest’ultimo, uno o più parametri in base ai quali viene stabilita la concorrenza sul mercato di cui trattasi.

Tutto ciò premesso, poiché gli spread riguardano uno dei parametri in base ai quali la concorrenza si stabilisce sui tre mercati in questione nel caso concreto, qualsiasi informazione relativa alle intenzioni future degli enti creditizi di modificare tali spread deve essere considerata un’informazione strategica. Di conseguenza, uno scambio di informazioni che è organizzato in modo riservato, e che verte sulle intenzioni future degli enti creditizi in materia di spread, che serve a determinare quello proposto ai loro clienti rientra in una forma di coordinamento tra imprese che deve essere considerato, per sua stessa natura, dannoso per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza e, quindi, come costitutiva di una restrizione per oggetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Ciò vale anche per le informazioni relative alle modifiche future delle variabili di rischio applicate agli spread in funzione del profilo di rischio individuale dei clienti in quanto, combinate con le informazioni relative alle intenzioni future degli enti creditizi in materia di spread, sono tali da consentire ai partecipanti allo scambio di avere una visione più precisa delle strategie di determinazione dei prezzi che gli altri partecipanti intendono attuare.

Dal momento che si tratta di uno scambio di informazioni “autonomo”[6], inoltre, risulta poco probabile che, considerate isolatamente e in assenza di circostanze particolari, informazioni del genere siano tali da rivelare le intenzioni future degli enti creditizi interessati o da indurre i partecipanti allo scambio, che sarebbero ragionevolmente attivi ed economicamente razionali, a seguire tacitamente una stessa linea di condotta per quanto riguarda uno dei parametri alla luce dei quali la concorrenza si stabilisce in uno dei mercati interessati. Di conseguenza, uno scambio di informazioni autonomo potrebbe rientrare in una forma di coordinamento tra imprese da considerare, per sua stessa natura, dannoso per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza se tali informazioni erano, in particolare, combinate con altri tipi di informazioni scambiate, nonché, eventualmente, con altre informazioni già liberamente disponibili, tali che un’impresa ragionevolmente attiva ed economicamente razionale possa dedurne, tenuto conto della natura, delle condizioni reali di funzionamento dei mercati in questione e della loro struttura, le intenzioni future degli altri partecipanti o essere portata a seguire tacitamente, con questi ultimi, una stessa linea di condotta per quanto riguarda uno dei parametri in base ai quali si stabilisce la concorrenza su tali mercati. Dal momento che le informazioni scambiate vertono, segnatamente, sulle intenzioni di modifica futura degli spread dei partecipanti, pertanto, uno scambio come quello del caso concreto costituisce una restrizione per oggetto.

Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, la Corte ha ritenuto non necessario rispondere alla seconda, con la quale il giudice del rinvio chiedeva se la medesima normativa osti alla qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto nel caso in cui non si siano accertati, né si sia cercato di individuare, efficienze, effetti ambivalenti o favorevoli alla concorrenza risultanti da tale scambio d’informazioni.

Di conseguenza, la Corte ha statuito che:

L’articolo 101, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che un ampio scambio di informazioni reciproche e mensili tra enti creditizi concorrenti, avvenuto in mercati che presentano una forte concentrazione, nonché barriere all’ingresso, e che verte sulle condizioni applicabili alle operazioni realizzate in tali mercati, segnatamente gli spread e le variabili di rischio, attuali e future, nonché le cifre di produzione individualizzate dei partecipanti a tale scambio, nei limiti in cui, quantomeno, tali spread così scambiati sono quelli che tali enti intendono applicare in futuro, deve essere qualificato come restrizione della concorrenza per oggetto.

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[1] CGUE 02.10.2003, Causa C‑194/99 P, Thyssen Stahl/Commissione, punto 84.

[2] CGUE 19.03.2015, Causa C‑286/13 P, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, punto 119.

[3] CGUE 12.01.2023, Causa C‑883/19 P, HSBC Holdings e a./Commissione, punto 116; CGUE 04.06.2009, Causa C‑8/08, T-Mobile Netherlands e a., punto 41.

[4] CGUE 19.03.2015, Causa C‑286/13 P, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, punto 120; CGUE 04.06.2009, Causa C‑8/08, T-Mobile Netherlands e a., punto 33; CGUE 28.05.1998, Causa C‑7/95 P, Deere/Commissione, punto 87.

[5] CGUE 12.01.2023, Causa C‑883/19 P, HSBC Holdings e a./Commissione, punto 117.

[6] Ossia uno scambio di cui non è stato fatto valere che fosse accessorio di una pratica concordata restrittiva della concorrenza.