TRATTATO SULLA CARTA DELL’ENERGIA E PROCEDIMENTI ARBITRALI INTRA-UNIONE. QUALE FUTURO PER L’EUROPA?

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In data 28 giugno 2024, l’Unione Europea ha notificato il ritiro proprio e dell’Euratom dal Trattato sulla Carta dell’energia (Energy Charter Treaty, ECT)[1], un accordo multilaterale sul commercio e gli investimenti applicabile al settore dell’energia.

Sottoscritto a Lisbona nel 1994, ed entrato in vigore nel 1998, l’ECT ripropone in forme giuridiche precise e vincolanti i principii generali affermati a livello politico con la Carta Europea dell’Energia del 1991, un documento che mirava a promuovere lo sviluppo accelerato dei paesi dell’Est europeo nonché ad assicurare un rifornimento stabile e un accesso sicuro alle loro risorse energetiche da parte gli Stati della Comunità Economica Europea. Di conseguenza, l’ECT si propone di creare un mercato aperto e concorrenziale nel settore energetico, disciplinando questioni relative, tra le altre cose, al transito dei prodotti energetici, all’efficienza energetica nonché alla promozione degli investimenti.

Benché basato sui principi dello sviluppo sostenibile e della sovranità sulle risorse energetiche, nel corso degli anni l’ECT è rimasto sostanzialmente invariato, diventando obsoleto e non essendo più in linea con le politiche di investimento europee nonché con gli obiettivi in materia di energia e clima previsti dal Green Deal europeo e dall’Accordo di Parigi. Nel 2018, pertanto, l’Unione aveva avviato un processo di modernizzazione, i cui negoziati si erano conclusi con un accordo di principio in occasione della conferenza straordinaria sulla Carta dell’energia del 24 giugno 2022. Le proposte che la Commissione aveva successivamente presentato al Consiglio, tuttavia, non erano state sostenute da quest’ultimo, di talché il testo modernizzato dell’ECT non aveva potuto essere adottato. Di conseguenza, in data 7 luglio 2023 la Commissione aveva adottato le proposte volte al ritiro dell’Unione e dell’Euratom dall’ECT.

Parallelamente, l’Unione e i suoi Stati Membri hanno raggiunto un accordo formale per porre fine al proseguimento dei procedimenti arbitrali intra-UE a norma dell’ECT che sono contrari al diritto europeo. L’accordo trova la sua ratio nella c.d. “sentenza Komstroy”[2], in cui la Corte di Giustizia aveva statuito in merito alla competenza di un tribunale arbitrale che aveva emesso un lodo nel 2013. Più particolarmente, in esecuzione di una serie di contratti conclusi nel corso del 1999, la Ukrenergo, produttore ucraino, aveva venduto energia elettrica alla Energoalians, distributore ucraino, la quale aveva rivenduto tale energia elettrica alla Derimen, società registrata nelle Isole Vergini britanniche che, a sua volta, l’aveva rivenduta alla Moldtranselectro, impresa pubblica moldava. Mentre la Derimen aveva pagato integralmente alla Energoalians gli importi dovuti per l’energia elettrica così acquistata, la Moldtranselectro aveva pagato solo parzialmente quelli dovuti alla Derimen, che nel 2000 aveva ceduto il credito che essa vantava nei confronti di quest’ultima alla Energoalians.

Poiché la Moldtranselectro aveva pagato solo parzialmente il suo debito nei confronti della Energoalians cedendole taluni crediti di cui era titolare, e ritenendo che taluni comportamenti della Repubblica di Moldova in tale contesto costituissero violazioni qualificate degli obblighi derivanti dall’ECT, quest’ultima aveva avviato il procedimento arbitrale ad hoc ivi previsto[3]. Con il lodo del 2013, pertanto, il tribunale arbitrale ad hoc aveva condannato la Repubblica di Moldova a pagare una somma di denaro alla Energoalianssulla base dell’ECT, di talché essa aveva proposto un ricorso di annullamento dinanzi alla cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi; il “giudice del rinvio”), che aveva annullato il lodo in questione in quanto il tribunale arbitrale che lo aveva emesso si era dichiarato erroneamente competente. Su impugnazione proposta dalla Komstroy LLC (“Komstroy”), che era succeduta alla Energoalians, la Cour de cassation (Corte di cassazione) aveva tuttavia annullato tale sentenza e rinviato le parti dinnanzi alla Corte d’appello, che a sua volta aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Giustizia.

Chiamata a pronunciarsi sull’interpretazione dell’articolo 1, punto 6[4], e dell’articolo 26, paragrafo 1[5], dell’ECT, la Corte aveva stabilito che se le disposizioni che consentono di sottoporre ad un tribunale arbitrale ad hoc la soluzione di una controversia potessero applicarsi a quella tra un investitore di uno Stato Membro ed un altro Stato Membro, ciò implicherebbe che, con la conclusione dell’ECT, l’Unione e gli Stati parti dell’accordo avrebbero istituito un meccanismo di risoluzione tale da escludere che una controversia del genere, anche laddove riguardasse l’interpretazione o l’applicazione del diritto dell’Unione, fosse risolta in modo da garantirne la piena efficacia[6]. Sebbene, infatti, un accordo internazionale che preveda l’istituzione di un giudice incaricato di interpretarne le disposizioni, e le cui decisioni vincolino le istituzioni europee, non sia, in linea di principio, incompatibile con il diritto dell’Unione, l’esercizio della competenza di quest’ultima in materia internazionale non può estendersi fino a consentire di prevedere, in un accordo internazionale, una disposizione secondo la quale una controversia tra un investitore di uno Stato Membro e un altro Stato Membro vertente sul diritto europeo possa essere sottratta al suo sistema giurisdizionale, in modo tale da non garantire la piena efficacia di tale diritto[7].

Di conseguenza, sebbene l’ECT possa imporre agli Stati Membri il rispetto dei meccanismi di arbitrato da esso previsti nei loro rapporti con gli investitori di Stati terzi che sono anche parti contraenti di tale trattato in merito ad investimenti effettuati da questi ultimi in tali Stati Membri, la preservazione dell’autonomia e del carattere peculiare del diritto europeo osta a che il Trattato possa imporre gli stessi obblighi agli Stati Membri tra loro, di talché il suo articolo 26 non è applicabile alle controversie tra uno Stato Membro e un investitore di un altro Stato Membro in merito a un investimento effettuato da quest’ultimo nel primo Stato[8].

Benché vincolante per tutti gli Stati Membri, la decisione della Corte non è sempre stata rispettata dai tribunali arbitrali, che hanno continuato ad accettare la competenza giurisdizionale e ad emettere sentenze nei procedimenti intra-UE. Di conseguenza, gli Stati Membri, l’Unione e l’Euratom hanno deciso di accompagnare la conclusione dei negoziati sull’accordo con una dichiarazione[9] che conferma la non applicabilità dell’articolo 26 dell’ECT alle controversie tra uno Stato Membro ed un investitore di un altro Stato Membro in merito ad un investimento effettuato da quest’ultimo nel primo Stato. La dichiarazione, inoltre, ha chiarito che non è possibile estendere l’articolo 47, paragrafo 3[10], dell’ECT ai procedimenti intra-UE.

I ritiri dall’ECT avranno effetto in un anno, mentre la dichiarazione è entrata in vigore a decorrere dalla sua firma in data 26 giugno 2024. Abbandonato un trattato ritenuto datato, pertanto, l’Unione continuerà a concentrare la propria attenzione sullo sviluppo di politiche ambientali sostenibili che promuovano e proteggano gli investimenti nell’ambito dell’energia rinnovabile.

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[1] Disponibile al seguente LINK.

[2] CGUE 02.09.2021, Causa C-741/19, Repubblica di Moldova contro Komstroy LLC.

[3] L’articolo 26 dell’ECT, intitolato “Soluzione delle controversie tra un investitore e una parte contraente”, al paragrafo 4 dispone: “… Qualora un investitore scelga di sottoporre la controversia per soluzione ai sensi del paragrafo 2, lettera c), deve anche notificare per iscritto il proprio consenso a che la controversia sia sottoposta a:

a) i)il Centro internazionale per la risoluzione delle controversie relative agli investimenti (International Centre for Settlement of Investment Disputes), istituito conformemente alla Convenzione per la risoluzione delle controversie relative agli investimenti fra Stati e soggetti di altri Stati, aperta alla firma a Washington il 18marzo1965 (in appresso denominata “Convenzione ICSID”), se la Parte contraente dell’investitore e la Parte contraente parte della controversia sono entrambe parti della Convenzione ICSID; o

ii) il Centro internazionale per la risoluzione delle controversie relative agli investimenti, istituito conformemente alla Convenzione di cui alla lettera a), punto i) in conformità del regolamento che disciplina il Servizio aggiuntivo per la gestione dei procedimenti da parte del Segretariato del Centro, in appresso designato “Regolamento del Servizio aggiuntivo”, se la Parte contraente dell’investitore o la Parte contraente parte della controversia, ma non entrambe, è parte della Convenzione ICSID;

b) un unico arbitro o un tribunale arbitrale ad hoc, costituito in conformità del regolamento arbitrale della Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale, (in appresso denominata “UNCITRAL”); o

c) un procedimento arbitrale da parte dell’Istituto di arbitrato della Camera di commercio di Stoccolma…”.

[4] L’articolo 1 dell’ECT, intitolato “Definizioni”, al punto 6 dispone: “… Si applicano, nel presente Trattato, le seguenti definizioni:

(…)

“Investimento”: ogni tipo di attività, detenuta o controllata, direttamente o indirettamente da un investitore e comprendente:

(a) Beni materiali e immateriali, beni mobili e immobili, proprietà e qualsiasi diritto su beni, quali locazioni (leases), ipoteche, vincoli e pegni;

(b) Una società o un’impresa commerciale, o azioni, quote di capitale, o altre forme di partecipazioni in una società o un’impresa commerciale e obbligazioni e altri debiti di una società o di un’impresa commerciale;

(c) Diritto di credito e diritto a prestazioni, in virtù di contratto aventi valore economico e connessi con un investimento;

(d) Proprietà intellettuale;

(e) Utili;

(f) Qualsiasi diritto conferito per legge o contratto o derivante da qualsiasi licenza e autorizzazione concesse conformemente alla legge a svolgere un’attività economica nel settore dell’energia.

Un mutamento della forma in cui sono investite le attività non ne altera la qualità di “investimenti”, termine con il quale si intendono tutti gli investimenti, già in atto oppure effettuato dopo la data di entrata in vigore del presente Trattato per la Parte contraente dell’investitore che effettua l’investimento ovvero, se successiva, dopo la data di entrata in vigore per l Parte contraente nel cui territorio si effettua l’investimento (in appresso denominata “data effettiva”), fermo restando che il trattato si applica solo a questioni che producano effetti su tali investimenti dopo la data effettiva.

Il termine “Investimento” si riferisce a qualsiasi investimento associato ad un’attività economica nel settore dell’energia ed a investimenti o categorie di investimenti designati da una Parte contraente nella sua area “Progetti di efficienza della carta” e notificati come tali al Segretariato…”.

[5] L’articolo 26 dell’ECT, intitolato “Soluzione delle controversie tra un investitore e una parte contraente”, al paragrafo 1 dispone: “… Le controversie tra una Parte contraente riguardanti la presunta violazione di un obbligo posto a suo carico a norma della parte III e un investitore di un’altra Parte contraente, in relazione a un suo investimento nell’area della prima sono da risolvere ove possibile in via amichevole…”.

[6] CGUE 02.09.2021, Causa C-741/19, Repubblica di Moldova contro Komstroy LLC, punto 60.

[7] Ibidem, punto 62.

[8] Ibidem, punto 66.

[9] Disponibile al seguente LINK.

[10] L’articolo 47 dell’ECT, intitolato “Recesso”, al paragrafo 3 dispone: “… le disposizioni del presente Trattato continuano ad applicarsi agli investimenti effettuati nell’area di una Parte contraente da investitori di altre Parti contraenti o nell’area di altre Parti contraenti da investitori di detta Parte contraente, per un periodo di 20 anni a decorrere dalla data in cui il recesso dal Trattato prende effetto…”.