MERCATI DEL GAS DELL’EUROPA CENTRALE E ORIENTALE. L’AG RANTOS SI PRONUNCIA SULL’ADEGUATEZZA DEGLI IMPEGNI INDIVIDUALI OFFERTI DA UN’IMPRESA ALLA LUCE DELLE PREOCCUPAZIONI IN MATERIA DI CONCORRENZA INDIVIDUATE NELLA COMUNICAZIONE DEGLI ADDEBITI

marketude Federico Aluigi, Marco Stillo, Pubblicazioni

In data 6 giugno 2024, l’Avvocato Generale Rantos ha presentato le sue conclusioni nella Causa C-255/22 P, Orlen contro Commissione europea, sul ricorso con cui la Orlen S.A. (“Orlen”) chiedeva l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione Europea del 2 febbraio 2022[1] che aveva respinto il suo ricorso diretto all’annullamento della Decisione C(2018) 3106 final della Commissione[2], che aveva reso vincolanti gli impegni presentati dalla Gazprom PJSC e dalla Gazprom export LLC(congiuntamente “Gazprom”) chiudendo il procedimento amministrativo volto ad esaminare la conformità di pratiche riguardanti il settore del gas in alcuni Stati dell’Europa centrale e orientale (c.d. “PECO”)[3].

Tra il 2011 e il 2015, la Commissione aveva adottato diversi provvedimenti al fine di indagare sul funzionamento di tali mercati, inviando richieste di informazioni a diversi operatori, in particolare alla Gazprom e a taluni suoi clienti, tra cui la Orlen, ed effettuando accertamenti. Dopo aver formalmente avviato un procedimento volto ad adottare una decisione ai sensi del Regolamento n. 1/2003[4], in data 22 aprile 2015 la Commissione aveva inviato alla Gazprom una Comunicazione degli addebiti nella quale concludeva, in via preliminare, che quest’ultima deteneva una posizione dominante sui mercati nazionali della fornitura di gas all’ingrosso a monte nei PECO coinvolti e che, in violazione dell’articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), essa ne abusava mettendo in atto una strategia anticoncorrenziale al fine di frammentare e isolare detti mercati e impedirvi in tal modo la libera circolazione del gas. Pur contestando le preoccupazioni in materia di concorrenza espresse dalla Commissione, in data 14 febbraio 2017 la Gazprom aveva presentato un progetto formale di impegni, cui aveva successivamente fatto seguito un progetto modificato. Di conseguenza, in data 24 maggio 2018 la Commissione aveva adottato la Decisione C(2018) 3106 final, con la quale aveva reso obbligatori tali impegni e chiuso il procedimento amministrativo concludendo che non sussistevano più motivi di intervento riguardo alle pratiche potenzialmente abusive inizialmente indicate nella Comunicazione.

Parallelamente al procedimento amministrativo sfociato nella Decisione C(2018) 3106 final, in data 9 marzo 2017 la Orlen aveva presentato una denuncia relativa a presunte pratiche abusive da parte della Gazprom, che corrispondevano in gran parte alle preoccupazioni già espresse dalla Commissione nella sua Comunicazione degli addebiti. Poiché la Decisione C(2018) 3106 finalaveva già fornito una risposta alle preoccupazioni della Orlen, in data 17 aprile 2019 la Commissione aveva adottato la Decisione C(2019) 3003 final[5], con la quale ne aveva rigettato la denuncia. Di conseguenza, la Orlen aveva proposto ricorso dinanzi al Tribunale dell’Unione, che tuttavia lo aveva respinto. La Orlen, pertanto, aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Giustizia deducendo tre motivi di impugnazione.

Con la terza parte del primo motivo e il secondo motivo, la Orlen sosteneva che il Tribunale aveva commesso un errore di diritto nel controllo della valutazione, da parte della Commissione, dell’adeguatezza degli impegni omettendo di prendere in considerazione gli obiettivi perseguiti dall’articolo 194[6] TFUE, ivi compreso, in particolare, il principio di solidarietà energetica.

L’AG ha preliminarmente ricordato che gli obiettivi perseguiti da altre disposizioni del TFUE devono, se le circostanze lo richiedono, essere presi in considerazione nell’ambito dell’applicazione degli articoli 101 e 102. L’analisi della concorrenza, pertanto, impone di prendere in considerazione il contesto e l’esame degli effetti nella valutazione di una restrizione alla luce delle condizioni reali del funzionamento del mercato, tenendo conto di ogni elemento pertinente al riguardo[7]. Più particolarmente, nell’ambito del procedimento da seguire ai sensi dell’articolo 9[8] del Regolamento n. 1/2003, non è escluso che la Commissione debba tener conto degli obiettivi perseguiti da altre disposizioni del TFUE per concludere, in via provvisoria, per l’assenza di una violazione delle norme in materia di concorrenza[9].

Tutto ciò premesso, la circostanza che il potere discrezionale della Commissione sia limitato dal suo obbligo di agire conformemente alle disposizioni dei Trattati si traduce, in sostanza, in quello di verificare che gli impegni che intende accettare, e che essa considera idonei a rispondere in modo adeguato alle sue preoccupazioni in materia di concorrenza, non pregiudichino altre disposizioni del TFUE, ivi compreso, nel caso concreto, l’articolo 194 TFUE. La Commissione, pertanto, non potrebbe accettare impegni che rischierebbero di portare ad una violazione di quest’ultimo e porre così in pericolo gli obiettivi perseguiti dal principio di solidarietà energetica o la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’Unione, malgrado il fatto che tali impegni possano rispondere alle sue preoccupazioni sul mercato interessato. Ciò, tuttavia, non significa che la Commissione, agendo in qualità di regolatore della concorrenza nell’ambito del procedimento previsto dal Regolamento n. 1/2003, disponga della competenza ad imporre obblighi indipendenti ed ulteriori rispetto a quelli diretti a porre rimedio ai problemi di concorrenza individuati nel corso della sua indagine, e che sarebbero motivati da politiche diverse da quelle del diritto della concorrenza, richiedendo su tale base impegni maggiormente vincolanti. Di conseguenza, il Tribunale non aveva commesso alcun errore di diritto rifiutando di assimilare l’applicazione del principio di solidarietà energetica da parte della Commissione all’imposizione di obblighi positivi imputabili a quest’ultima, che esulano dall’ambito degli addebiti sollevati nei confronti della Gazprom o all’imposizione di obblighi maggiormente vincolanti.

Del pari, il Tribunale non aveva errato nel considerare che la Decisione C(2018) 3106 final e gli impegni in parola non ostano a chele istituzioni dell’Unione o gli Stati Membri agiscano in altri modi per rispondere ai problemi individuati dalla Orlen. Nulla, infatti, impedisce alle istituzioni europee o alle autorità nazionali di regolazione, che detengono peraltro competenze parallele a quelle della Commissione in materia di politica energetica e che sono dunque, per definizione, più adatte ad intervenire, di modificare la normativa in tale settore o, se del caso, assicurare il rispetto delle normative specifiche in materia di energia. Di conseguenza, la terza parte del primo motivo e il secondo motivo devono essere respinti.

Con le prime due parti del primo motivo, invece, la Orlen sosteneva che l’adeguatezza degli impegni offerti dalla Gazprom avrebbe dovuto essere valutata alla luce delle preoccupazioni in materia di concorrenza individuate dalla Commissione nella Comunicazione degli addebiti.

L’AG ha preliminarmente ricordato che, in quanto fase preliminare del procedimento, è inerente alla natura della Comunicazione l’essere provvisoria e soggetta a modifiche al momento della valutazione cui la Commissione successivamente procede sulla base delle osservazioni presentatele in risposta dalle parti nonché di altre constatazioni di fatto, di talché quest’ultima non è tenuta alla conferma delle valutazioni in fatto o in diritto formulate nella Comunicazione, essendole al contrario consentito di rinunciare a taluni addebiti che, pertanto, non possono più, per definizione, essere oggetto di contestazione contenziosa[10]. Di conseguenza, le preoccupazioni in materia di concorrenza quali esposte nella Comunicazione non possono essere utilizzate come criterio di esame della legittimità di una decisione della Commissione, così che anche le prime due parti del primo motivo devono essere respinte.

Con la prima parte del terzo motivo, infine, la Orlen sosteneva che il Tribunale aveva omesso di procedere ad un esame globale, da un lato, dell’insieme delle circostanze del caso concreto, ed in particolare dei diversi impegni e addebiti sollevati nei confronti delle stesse, indipendentemente dall’analisi individuale di ciascuno di essi e, dall’altro, dell’effetto cumulativo di tutte le irregolarità che lo stesso aveva recensito nell’ambito del suo controllo giurisdizionale relativo all’adeguatezza degli impegni.

Secondo l’AG, tuttavia, benché si limiti ad affermare in astratto che un’analisi globale condurrebbe ad un risultato diverso da quello raggiunto dal Tribunale, la Orlen non ne ha fornito alcuna prova e, soprattutto, non ha dimostrato l’esistenza di un errore manifesto di valutazione da parte di quest’ultimo. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Orlen, inoltre, né dalla Decisione C(2018) 3106 final né dalla sentenza del Tribunale risulta che lo stesso o la Commissione abbiano rinunciato a procedere ad un’analisi globale degli impegni sottoscritti dalla Gazprom. Un errore manifesto di valutazione, infime, implica, come si evince dal nome, l’esistenza non già di una qualsiasi irregolarità o omissione da parte della Commissione, e bensì di un errore tale da raggiungere una certa soglia di gravità in grado di rimettere in discussione la fondatezza dell’analisi da essa effettuata e, con ciò, la legittimità stessa di una decisione da essa adottata. Il controllo dell’errore manifesto di valutazione, pertanto, non richiede che l’analisi della Commissione sia esente da qualsiasi irregolarità, dato che le è stato concesso un certo margine di discrezionalità, purché non venga oltrepassata la soglia del manifesto. Di conseguenza, anche la prima parte del terzo motivo deve essere respinta.

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[1] Tribunale 02.02.2022, Causa T-616/18, Polskie Górnictwo Naftowe i Gazownictwo S.A. contro Commissione europea.

[2] Dec. Comm. C(2018) 3106 final del 24.05.2018 relativa a un procedimento a norma dell’articolo 102 TFUE e dell’articolo 54 dell’accordo SEE, Caso AT.39816 – Forniture di gas a monte in Europa centrale e orientale.

[3] Ossia Bulgaria, Repubblica ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia e Slovacchia

[4] Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato, GUUE L 1 del 04.01.2003.

[5] Dec. Comm. C(2019) 3003 final del 17.04.2019 relativa al rigetto della denuncia, Caso AT.40497 – Prezzi del gas in Polonia.

[6] L’articolo 194 TFUE dispone: “… Nel quadro dell’instaurazione o del funzionamento del mercato interno e tenendo conto dell’esigenza di preservare e migliorare l’ambiente, la politica dell’Unione nel settore dell’energia è intesa, in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, a:

a) garantire il funzionamento del mercato dell’energia,

b) garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico nell’Unione,

c) promuovere il risparmio energetico, l’efficienza energetica e lo sviluppo di energie nuove e rinnovabili,

d) promuovere l’interconnessione delle reti energetiche.

Fatte salve le altre disposizioni dei trattati, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono le misure necessarie per conseguire gli obiettivi di cui al paragrafo 1. Tali misure sono adottate previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni.

Esse non incidono sul diritto di uno Stato membro di determinare le condizioni di utilizzo delle sue fonti energetiche, la scelta tra varie fonti energetiche e la struttura generale del suo approvvigionamento energetico, fatto salvo l’articolo 192, paragrafo 2, lettera c).

In deroga al paragrafo 2, il Consiglio, deliberando secondo una procedura legislativa speciale, all’unanimità e previa consultazione del Parlamento europeo, stabilisce le misure ivi contemplate se sono principalmente di natura fiscale…”.

[7] CGUE 04.07.2023, Causa C-252/21, Meta Platforms e a. (Condizioni generali di utilizzo di un social network), punto 47; CGUE 21.02.1973, Causa 6/72, Europemballage e Continental Can/Commissione, punto 24.

[8] L’articolo 9 del Regolamento n. 1/2003, intitolato “Impegni”, dispone: “… Qualora intenda adottare una decisione volta a far cessare un’infrazione e le imprese interessate propongano degli impegni tali da rispondere alle preoccupazioni espresse loro dalla Commissione nella sua valutazione preliminare, la Commissione può, mediante decisione, rendere detti impegni obbligatori per le imprese. La decisione può essere adottata per un periodo di tempo determinato e giunge alla conclusione che l’intervento della Commissione non è più giustificato.

La Commissione, su domanda o d’ufficio, può riaprire il procedimento:

a) se si modifica la situazione di fatto rispetto a un elemento su cui si fonda la decisione;

b) se le imprese interessate contravvengono agli impegni assunti; oppure

c) se la decisione si basa su informazioni trasmesse dalle parti che sono incomplete, inesatte o fuorvianti…”.

[9] CGUE 09.12.2020, Causa C‑132/19 P, Groupe Canal +/Commissione, punti 121-122.

[10] CGUE 28.01.2021, Causa C-466/19 P, Qualcomm e Qualcomm Europe/Commissione, punto 66; CGUE 10.07.2008, Causa C-413/06 P, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, punto 63.