In data 6 giugno 2024, l’Avvocato Generale Collins ha presentato le sue conclusioni nella Causa C-264/23, Booking.com, sull’interpretazione dell’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) nonché dell’articolo 3, paragrafo 1, del Regolamento (UE) n. 330/2010 della Commissione, del 20 aprile 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate[1].
Questi i fatti.
Dopo aver avviato un’indagine sulla Hotel Reservation Service Robert Ragge GmbH (“HRS”) in merito all’uso di clausole di parità di prezzo ampie nei contratti con gli alberghi, in data 20 dicembre 2013 il Bundeskartellamt (autorità federale garante della concorrenza) aveva adottato una decisione stabilendo che queste ultime violavano l’articolo 101 TFUE. Successivamente, la stessa autorità aveva avviato un’indagine in merito alle clausole di parità di prezzo ampie che la Booking.com BV (“Booking”) inseriva nei suoi contratti. Di conseguenza, e di concerto con le autorità garanti della concorrenza francese, italiana e svedese, nel luglio 2015 la Booking aveva posto fine a tali clausole, sostituendole con quelle di parità di prezzo ristrette, che impediscono agli alberghi di offrire camere ad un prezzo inferiore attraverso i propri canali di vendita diretta.
In data 22 dicembre 2015, tuttavia, il Bundeskartellamt aveva ritenuto che anche queste ultime clausole fossero contrarie all’articolo 101 TFUE, in quanto limitavano la concorrenza sul mercato della fornitura di servizi ricettivi alberghieri nonché, di fatto, sul mercato della fornitura di servizi di intermediazione online da parte delle piattaforme agli alberghi. Successivamente, l’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale superiore del Land Düsseldorf) aveva stabilito che, pur costituendo una restrizione della concorrenza, le clausole di parità di prezzo ristrette erano necessarie per evitare lo sfruttamento senza contropartita (c.d. “free-riding”), annullando quindi la decisione del Bundeskartellamt. Poiché il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) aveva a sua volta annullato tale sentenza e confermato la decisione del Bundeskartellamt, la Booking aveva avviato un procedimento dinanzi al Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam; il “giudice del rinvio”) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia due questioni pregiudiziali.
Con la prima questione, il giudice del rinvio chiedeva se le clausole di parità di prezzo, ampie e ristrette, che un’agenzia di viaggio online (online travel agents, OTA) intende imporre agli alberghi nell’ambito delle sue condizioni commerciali debbano essere considerate restrizioni accessorie ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.
L’AG ha preliminarmente ricordato che se un’operazione o una determinata attività non ricade nell’ambito di applicazione del principio di divieto sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE per la sua neutralità o per il suo effetto positivo sul piano della concorrenza, neppure una restrizione dell’autonomia commerciale di uno o più partecipanti a tale operazione o a tale attività vi ricade qualora essa sia obiettivamente necessaria per l’attuazione di tale operazione o attività e proporzionata agli obiettivi dell’una o dell’altra[2]. A tale riguardo, quando si tratta di accertare se una restrizione anticoncorrenziale possa sottrarsi al divieto sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE in quanto accessoria ad un’operazione principale priva di tale carattere anticoncorrenziale occorre appurare se la sua realizzazione risulterebbe impossibile in mancanza di detta restrizione, non essendo sufficiente che l’operazione in questione sia più difficilmente realizzabile, o anche meno redditizia, senza ricorrere a quest’ultima[3].
Tutto ciò premesso, nel caso concreto la prestazione di servizi di prenotazione online di alloggi da parte di OTA quali Booking ha avuto effetti positivi per la concorrenza, in quanto tale attività consente ai clienti finali di cercare e confrontare offerte concorrenti di servizi ricettivi. Le clausole di parità di prezzo ampie e ristrette, tuttavia, non sembrano essere indispensabili a tale fine. Secondo l’AG, infatti, non risulta alcun legame intrinseco tra l’attività principale delle OTA e l’imposizione di clausole di parità di prezzo, né queste ultime risultano oggettivamente necessarie per garantire la vitalità economica delle OTA stesse, in quanto le stessecontinuano a fornire i loro servizi e persino a prosperare in diversi Stati Membri dopo che è stato loro vietato di ricorrere alle clausole di parità di prezzo. Di conseguenza, è quantomeno dubbio che le clausole di parità di prezzo ampie e ristrette soddisfino il criterio di proporzionalità al quale devono rispondere le restrizioni accessorie. Ciò, tuttavia, non pregiudica l’esercizio, da parte del giudice del rinvio, del bilanciamento degli effetti favorevoli e contrari alla concorrenza di tali restrizioni nel contesto di un esame individuale ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE.
Con la seconda questione, invece, il giudice del rinvio chiedeva come debba essere definito, ai fini dell’applicazione dell’articolo 3, paragrafo 1[4], del Regolamento n. 330/2010, il mercato rilevante del prodotto in relazione alle attività di un’OTA che effettua intermediazione tra gli alberghi e i clienti finali.
L’AG ha preliminarmente ricordato che la nozione di mercato rilevante implica che vi possa essere concorrenza effettiva tra i prodotti o servizi che ne fanno parte, ciò che presuppone un sufficiente grado di intercambiabilità per lo stesso uso tra tutti i prodotti o servizi che fanno parte dello stesso mercato, per quanto riguarda un uso specifico di questi ultimi. A tale riguardo, l’intercambiabilità o la sostituibilità non si valuta unicamente in relazione alle caratteristiche oggettive dei prodotti e dei servizi di cui trattasi, occorrendo anche prendere in considerazione le condizioni della concorrenza nonché la struttura della domanda e dell’offerta sul mercato[5].
Tutto ciò premesso, i mercati bilaterali sono quelli in cui un operatore economico, spesso una piattaforma online, collega due diversi gruppi di utenti. In tali circostanze, la domanda di un gruppo di utenti influisce su quella dell’altro gruppo, dando luogo ad effetti di rete indiretti (c.d. “piattaforme multi‑sided”)[6]. In tali casi, può essere opportuno tanto definire un mercato rilevante del prodotto per i prodotti offerti dalla piattaforma nel suo complesso, in maniera tale da comprendere tutti i gruppi di utenti, quanto definire mercati rilevanti del prodotto separati, benché correlati, per i prodotti offerti su ciascun lato della piattaforma, tenendo conto di diversi fattori quali, tra gli altri, la circostanza che si tratti o meno di una piattaforma di transazione[7]. In tale contesto, la decisione del Bundeskartellamt e le successive sentenze dei giudici tedeschi costituiscono quanto meno un elemento di prova prima facie, che consente al giudice del rinvio di definire il mercato rilevante ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, della Direttiva 2014/104[8]. I giudici nazionali, tuttavia, non sono vincolati dalle decisioni adottate in un altro Stato Membro, in particolare qualora risulti che le stesse sono viziate da un errore di diritto o da un errore manifesto di valutazione, circostanza su cui spetta al giudice del rinvio pronunciarsi.
Di conseguenza, l’AG ha suggerito alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali nel senso che:
“L’articolo 101, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che le clausole di parità di prezzo, ampie e ristrette, che un’agenzia di viaggio online (OTA) intende imporre agli alberghi nell’ambito delle proprie condizioni commerciali non costituiscono restrizioni accessorie, a meno che non siano indispensabili e proporzionate per garantire la vitalità economica dell’OTA, circostanza che spetta al giudice del rinvio determinare, fatta salva la sua analisi ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE.
L’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 330/2010 del 20 aprile 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate deve essere interpretato nel senso che è necessario definire il mercato del prodotto rilevante in relazione alle attività di un’OTA che effettua intermediazione tra gli alberghi e i clienti finali, valutando se altri canali di vendita siano fungibili dal punto di vista degli alberghi e dei clienti finali, al fine di calcolare la quota di mercato di un’OTA quale fornitore di servizi di intermediazione online agli alberghi”.
[1] GUUE L 102 del 23.04.2010.
[2] CGUE 26.10.2023, Causa C‑331/21, EDP – Energias de Portugal e a., punto 88; CGUE 23.01.2018, Causa C‑179/16, F. Hoffmann‑La Roche e a., punto 69; CGUE 11.09.2014, Causa C‑382/12 P, MasterCard e a./Commissione, punto 89.
[3] CGUE 26.10.2023, Causa C‑331/21, EDP – Energias de Portugal e a., punto 90; CGUE 23.01.2018, Causa C‑179/16, F. Hoffmann‑La Roche e a., punto 71; CGUE 11.09.2014, Causa C‑382/12 P, MasterCard e a./Commissione, punto 91.
[4] L’articolo 3 del Regolamento n. 330/2010, intitolato “Soglia della quota di mercato”, al paragrafo 1 dispone: “… L’esenzione di cui all’articolo 2 si applica a condizione che la quota di mercato detenuta dal fornitore non superi il 30% del mercato rilevante sul quale vende i beni o servizi oggetto del contratto e la quota di mercato detenuta dall’acquirente non superi il 30% del mercato rilevante sul quale acquista i beni o servizi oggetto del contratto…”.
[5] CGUE 30.01.2020, Causa C‑307/18, Generics (UK) e a., punto 129; CGUE 23.01.2018, Causa C‑179/16, F. Hoffmann‑La Roche e a., punti 50-51.
[6] Com. Comm. C(2023) 6789 final del 08.02.2024, Comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto dell’Unione in materia di concorrenza, punto 94.
[7] Ibidem, punto 95.
[8] Direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell’Unione europea, GUUE L 349 del 05.12.2014. L’articolo 9 della Direttiva, intitolato “Effetto delle decisioni nazionali”, al paragrafo 2 dispone: “… Gli Stati membri provvedono affinché una decisione definitiva ai sensi del paragrafo 1 adottata in un altro Stato membro possa, conformemente al rispettivo diritto nazionale, essere presentata dinanzi ai propri giudici nazionali, almeno a titolo di prova prima facie, del fatto che è avvenuta una violazione del diritto della concorrenza e possa, se del caso, essere valutata insieme ad altre prove addotte dalle parti…”.