LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SULLA NORMATIVA NAZIONALE CHE PREVEDE LA CESSIONE A TITOLO GRATUITO ALLO STATO DELLE OPERE NON AMOVIBILI REALIZZATE SUL DEMANIO PUBBLICO MARITTIMO

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In data 11 luglio 2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C‑598/22, Società Italiana Imprese Balneari Srl, sull’interpretazione degli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Società Italiana Imprese Balneari Srl (“SIIB”) ed il Comune di Rosignano Marittimo in merito alle decisioni mediante le quali quest’ultimo aveva constatato che, alla scadenza di una concessione di occupazione del demanio pubblico marittimo rilasciata alla SIIB, le opere da essa costruite su tali aree erano state acquisite, a titolo gratuito, dallo Stato italiano, ed aveva di conseguenza imposto il pagamento di canoni demaniali maggiorati.

Questi i fatti.

Dal 1928, la SIIB gestisce sul territorio del Comune, senza soluzione di continuità, uno stabilimento balneare situato per la maggior parte sul demanio pubblico marittimo, sul quale ha costruito diverse opere tra il 1958 e il 1995. Con decisione del 20 novembre 2007, il Comune aveva classificato tra le pertinenze del demanio pubblico marittimo varie opere insistenti sulla superficie demaniale e considerate di difficile rimozione, che erano state dallo stesso acquisite ex lege alla scadenza della concessione n. 36/2002, che copriva il periodo dal 1° gennaio 1999 al 31 dicembre 2002 e che era stata rinnovata fino al 31 dicembre 2008. In data 23 settembre 2008, inoltre, il Comune aveva notificato alla SIIB l’avvio del procedimento di incameramento delle pertinenze del demanio pubblico non ancora acquisite, senza però portarlo a termine, rilasciando successivamente la concessione demaniale marittima n. 181/2009 valida dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2014.

Invocando l’articolo 1 del decreto n. 52/R del Presidente della Giunta regionale della Toscana del 24 settembre 2013[1], la SIIB aveva presentato una dichiarazione secondo cui tutte le opere incidenti sull’area demaniale potevano essere rimosse in 90 giorni, di talché le stesse dovevano essere considerate come di facile rimozione. Dopo aver inizialmente riconosciuto tale qualifica alle opere in questione, il Comune aveva deciso di revocarla in quanto sull’area demaniale data in concessione incidevano beni già acquisiti dallo Stato in virtù dell’articolo 49 del codice della navigazione[2]. Il Comune, inoltre, aveva ribadito che i fabbricati presenti sull’area demaniale in concessione erano pertinenze del demanio pubblico, applicando un canone maggiorato per il periodo dal 2009 al 2015.

Di conseguenza, la SIIB aveva contestato le decisioni del Comune dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, che tuttavia aveva respinto tutti i suoi ricorsi. La SIIB, pertanto, aveva interposto appello dinanzi al Consiglio di Stato (il “giudice del rinvio”) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte di Giustizia se l’articolo 49[3] TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una norma nazionale secondo la quale, alla scadenza di una concessione per l’occupazione del demanio pubblico e salva una diversa pattuizione nell’atto di concessione, il concessionario è tenuto a cedere, immediatamente, gratuitamente e senza indennizzo le opere non amovibili da esso realizzate nell’area concessa, anche in caso di rinnovo della concessione.

La Corte ha preliminarmente ricordato che non viola il divieto stabilito dall’articolo 49 TFUE una normativa nazionale opponibile a tutti gli operatori esercenti delle attività nel territorio nazionale che non abbia come scopo di disciplinare le condizioni relative allo stabilimento degli operatori economici interessati e i cui eventuali effetti restrittivi sulla libertà di stabilimento siano troppo aleatori ed indiretti perché l’obbligo da essa dettato possa essere considerato idoneo ad ostacolare questa libertà[4]. Poiché l’articolo 49 del codice della navigazione è opponibile a tutti gli operatori esercenti attività nel territorio italiano, pertanto, questi ultimi si trovano ad affrontare la medesima preoccupazione, che è quella di sapere se sia economicamente sostenibile presentare la propria candidatura e sottoporre un’offerta ai fini dell’attribuzione di una concessione sapendo che, alla scadenza di quest’ultima, le opere non amovibili costruite saranno acquisite al demanio pubblico. L’articolo 49 del codice della navigazione, inoltre, non riguarda, in quanto tale, le condizioni per lo stabilimento dei concessionari autorizzati a gestire un’attività turistico‑ricreativa sul demanio pubblico marittimo italiano, in quanto esso prevede soltanto che, alla scadenza della concessione e salvo che sia diversamente stabilito nel relativo atto, le opere non amovibili costruite dal concessionario saranno incamerate immediatamente e senza compensazione finanziaria nel demanio pubblico marittimo.

Tutto ciò premesso, l’appropriazione gratuita e senza indennizzo, da parte del soggetto pubblico concedente, delle opere non amovibili costruite dal concessionario sul demanio pubblico costituisce l’essenza stessa del principio di inalienabilità del demanio pubblico, secondo cui quest’ultimo resta di proprietà di soggetti pubblici e le autorizzazioni di occupazione demaniali hanno una durata determinata e sono revocabili. Conformemente a tale principio, il quadro normativo applicabile, nel caso concreto, ad una concessione di occupazione del demanio pubblico fissa, senza alcun possibile equivoco, i termini dell’autorizzazione all’occupazione che viene concessa, di talché la SIIB non poteva ignorare, sin dalla conclusione del contratto di concessione, che l’autorizzazione all’occupazione demaniale che le era stata attribuita aveva carattere precario ed era revocabile. Gli eventuali effetti restrittivi dell’articolo 49 del codice della navigazione sulla libertà di stabilimento, inoltre, sono troppo aleatori ed indiretti perché esso possa essere considerato idoneo ad ostacolare tale libertà. Prevedendo espressamente la possibilità di derogare per contratto al principio dell’acquisizione immediata senza alcun indennizzo o rimborso delle opere non amovibili costruite dal concessionario sul demanio pubblico marittimo, infatti, tale disposizione evidenzia la dimensione contrattuale, e dunque consensuale, di una concessione di occupazione del demanio pubblico. Di conseguenza, l’acquisizione immediata, gratuita e senza indennizzo delle opere non amovibili costruite dal concessionario su tale demanio non può essere considerata come una modalità di cessione forzosa delle stesse.

Alla luce di quanto detto finora, la Corte ha pertanto statuito che:

L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una norma nazionale secondo la quale, alla scadenza di una concessione per l’occupazione del demanio pubblico e salva una diversa pattuizione nell’atto di concessione, il concessionario è tenuto a cedere, immediatamente, gratuitamente e senza indennizzo, le opere non amovibili da esso realizzate nell’area concessa, anche in caso di rinnovo della concessione”.

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[1] L’articolo 1 del Decreto dispone: “… Sono classificate di facile rimozione e sgombero le costruzioni e le strutture utilizzate ai fini dell’esercizio di attività turistico‑ricreative, realizzate sia sopra che sotto il suolo in aree demaniali marittime oggetto di concessione che (…) possono essere completamente rimosse utilizzando le normali modalità offerte dalla tecnica, con conseguente restituzione in pristino dei luoghi nello stato originario, in non più di novanta giorni…”.

[2] Regio decreto del 30 marzo 1942, n. 327, Approvazione del testo definitivo del Codice della navigazione, GU n. 93 del 18 aprile 1942. L’articolo 49 del Codice, intitolato “Devoluzione delle opere non amovibili”, al paragrafo 1 dispone: “… Salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato…”.

[3] L’articolo 49 TFUE dispone: “… Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro.

La libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’articolo 54, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali…

[4] CGUE 06.10.2022, Cause riunite C‑433/21 e C‑434/21, Contship Italia, punto 45; CGUE 20.06.1996, Cause riunite da C‑418/93 a C‑421/93, da C‑460/93 a C‑462/93, C‑464/93, da C‑9/94 a C‑11/94, C‑14/94, C‑15/94, C‑23/94, C‑24/94 e C‑332/94, Semeraro Casa Uno e a., punto 32.