In data 7 maggio 2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-115/22, SO, sull’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 1, lettere a) e c), dell’articolo 6, paragrafo 3, nonché degli articoli 9 e 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (General Data Protection Regulation, GDPR)[1]. Tale domanda era stata presentata nell’ambito di un procedimento arbitrale tra SO, un’atleta di livello agonistico, e la Nationale Anti‑Doping Agentur Austria GmbH (NADA) in merito alla decisione di quest’ultima di pubblicare le sanzioni inflitte a SO a motivo della sua violazione della normativa nazionale antidoping.
Questi i fatti.
Sulla base dei risultati di un’indagine condotta dal Bundeskriminalamt (Ufficio federale di polizia criminale), la NADA aveva presentato un’istanza di verifica del caso di SO dinanzi all’Österreichische Anti‑Doping Rechtskommission (Commissione austriaca per la lotta contro il doping, ÖADR), che con la decisione del 31 maggio 2021 aveva constatato che, tra maggio 2015 e aprile 2017, l’atleta aveva detenuto diverse sostanze il cui uso era vietato dall’Agenzia mondiale antidoping (AMA), dichiarando pertanto invalidi tutti i risultati ottenuti dalla stessa e vietandole di partecipare a qualsiasi tipo di competizione sportiva per una durata di quattro anni. L’ÖADR, inoltre, aveva respinto la richiesta di SO di non portare a conoscenza del grande pubblico la decisione in questione omettendo di divulgare e di pubblicare il suo nome nonché altre caratteristiche individuali.
Di conseguenza, SO aveva proposto una domanda di riesame dinanzi all’Unabhängige Schiedskommission (Commissione arbitrale indipendente, USK; il “giudice del rinvio”) che, pur confermando la decisione dell’ÖADR, aveva stabilito di statuire con decisione separata sulla domanda di non pubblicare le infrazioni commesse in materia di doping nonché le relative sanzioni. Alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, pertanto, il giudice del rinvio aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia cinque questioni pregiudiziali.
Prima di rispondere alle questioni sollevate dal giudice del rinvio, la Corte ha preliminarmente ricordato che il procedimento istituito dall’articolo 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) è uno strumento di cooperazione in base al quale essa fornisce ai giudici nazionali gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione di cui questi ultimi necessitano per la soluzione della controversia che sono chiamati a dirimere[2]. Di conseguenza, per essere legittimato ad adire la Corte nell’ambito del procedimento pregiudiziale, l’organismo di rinvio deve poter essere qualificato come “giurisdizione” ai sensi dell’articolo 267 TFUE, circostanza che spetta alla Corte stessa verificare sulla base della domanda di pronuncia pregiudiziale[3]. Più particolarmente, per valutare se l’organismo di rinvio in questione abbia natura di “giurisdizione” ai sensi dell’articolo 267 TFUE, la Corte tiene conto di diversi elementi quali, tra gli altri, la sua origine legale, il suo carattere permanente, l’obbligatorietà della sua giurisdizione, l’instaurazione del contraddittorio nel suo procedimento nonché la sua indipendenza[4].
A tale riguardo, la nozione di indipendenza comporta due aspetti[5]. Il primo, di ordine esterno, esige che l’organismo in questione eserciti le proprie funzioni in piena autonomia, senza soggiacere ad alcun vincolo gerarchico o di subordinazione e senza ricevere ordini o istruzioni, di modo da essere tutelato dinanzi agli interventi o alle pressioni esterne suscettibili di compromettere l’indipendenza di giudizio dei suoi membri e di influenzarne le decisioni[6]. Il secondo invece, di ordine interno, si ricollega alla nozione di imparzialità, ed impone il rispetto dell’obiettività e l’assenza di qualsivoglia interesse nella soluzione della controversia all’infuori della stretta applicazione della norma giuridica[7]. Tali garanzie di indipendenza e di imparzialità, pertanto, implicano l’esistenza di disposizioni relative alla composizione dell’organo, alla nomina, alla durata delle funzioni, nonché alle cause di astensione, di ricusazione e di rimozione dei suoi membri che consentano di fugare, negli amministrati, qualsiasi legittimo dubbio in merito alla sua impermeabilità di fronte ad elementi esterni e alla sua neutralità rispetto agli interessi in conflitto[8].
Tutto ciò premesso, la normativa nazionale del caso concreto non garantisce che i membri dell’USK si trovino al riparo da pressioni esterne, dirette o indirette, che possano far dubitare della loro indipendenza, di talché tale organismo non soddisfa il requisito di indipendenza proprio di una giurisdizione, non potendo pertanto essere qualificato come tale ai sensi dell’articolo 267 TFUE. Di conseguenza, la domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dal giudice del rinvio è irricevibile.
[1] GUUE L 119 del 04.05.2016.
[2] CGUE 09.01.2024, Causa C‑338/23, Bravchev, punto 18; CGUE 09.03.2010, Causa C‑378/08, ERG e a., punto 72.
[3] CGUE 19.05.2022, Causa C‑722/21, Frontera Capital, punto 11; CGUE 13.12.2018, Causa C‑370/18, Holunga, punto 13.
[4] CGUE 21.12.2023, Causa C‑718/21, Krajowa Rada Sądownictwa (Prosecuzione dell’incarico di un giudice), punto 40; CGUE 03.05.2022, Causa C‑453/20, CityRail, punto 41; CGUE 30.06.1966, Causa 61/65, Vaassen‑Göbbels.
[5] CGUE 21.01.2020, Causa C‑274/14, Banco de Santander, punto 57; CGUE 19.09.2006, Causa C‑506/04, Wilson, punti 49-50.
[6] CGUE 21.01.2020, Causa C‑274/14, Banco de Santander, punto 57.
[7] Ibidem, punto 61.
[8] Ibidem, punto 63.