In data 14 marzo 2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-516/22, Commissione europea contro Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, sul ricorso con cui la Commissione chiedeva di dichiarare che, con la sentenza della sua Corte Suprema nella Causa Micula v Romania, il Regno Unito era venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafo 3, del Trattato sull’Unione Europea (TUE) nonché dell’articolo 108, paragrafo 3, dell’articolo 267, commi primo e terzo, e dell’articolo 351, primo comma, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) in combinato disposto con l’articolo 127, paragrafo 1, dell’Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica[1].
Questi i fatti.
In data 28 luglio 2005, i signori Micula, cittadini svedesi, nonché la European Food SA, la Starmill SRL e la Multipack SRL(congiuntamente: “gli investitori”), società su cui essi esercitavano il controllo, avevano chiesto la costituzione di un tribunale arbitrale[2] al fine di ottenere il risarcimento del danno che avrebbero subìto a causa dell’abrogazione, da parte della Romania[3], del regime di aiuti di cui avevano beneficiato in precedenza[4]. Con lodo dell’11 dicembre 2013, il tribunale arbitrale aveva ritenuto che, con l’abolizione del regime di aiuti in questione, la Romania avesse leso il legittimo affidamento degli investitori, che ritenevano che gli incentivi fiscali in questione sarebbero stati disponibili fino al 31 marzo 2009, non aveva agito in modo trasparente, non avendo informato gli investitori in tempo utile, e non aveva garantito un trattamento giusto ed equo degli investimenti da essi effettuati, condannando la Romania a versare loro una somma pari a circa 178 milioni di euro. Con la Decisione C(2014) 3192 final[5], tuttavia, la Commissione aveva ordinato alla Romania di sospendere immediatamente qualsiasi azione potesse dare luogo all’attuazione o all’esecuzione del lodo arbitrale in quanto costitutiva un aiuto di Stato illegittimo, ciò che era stato confermato dalla successiva Decisione (UE) 2015/1470[6], secondo cui il pagamento del risarcimento concesso all’unità economica costituita dagli investitori mediante lodo era incompatibile con il mercato interno. Successivamente, il Tribunale dell’Unione Europea aveva annullato[7] la Decisione (UE) 2015/1470 in quanto la Commissione non era competente ratione temporis ad adottarla ai sensi dell’articolo 108 TFUE[8].
Il lodo arbitrale era stato registrato in data 17 ottobre 2014 presso la High Court of England and Wales (Alta Corte di giustizia dell’Inghilterra e del Galles), che nel 2017 aveva respinto la domanda della Romania diretta ad ottenere l’annullamento di tale registrazione sospendendo l’esecuzione del lodo fino alla conclusione del procedimento dinanzi ai giudici europei. Successivamente, la Court of Appeal (Corte d’appello) aveva dichiarato che i giudici del Regno Unito non potevano, in forza del principio di leale cooperazione, ordinare l’esecuzione immediata del lodo fino a che una decisione della Commissione vietava alla Romania di versare il risarcimento concesso da tale lodo, respingendo così l’appello proposto dagli investitori avverso la sospensione disposta dal primo giudice. In data 19 febbraio 2020, tuttavia, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema britannica) aveva disposto l’esecuzione del lodo arbitrale. Di conseguenza, la Commissione aveva inviato al Regno Unito una lettera di diffida, cui aveva fatto seguito un parere motivato ai sensi del quale, per effetto della sentenza della sua Corte Suprema, quest’ultimo aveva violato l’articolo 4, paragrafo 3[9], TUE, l’articolo 108, paragrafo 3, l’articolo 267, commi primo e terzo, nonché dell’articolo 351, primo comma[10], TFUE, in combinato disposto con l’articolo 127, paragrafo 1[11], dell’Accordo sul recesso.
Poiché il Regno Unito non ha risposto al parere motivato, la Commissione aveva adito la Corte di Giustizia proponendo quattro motivi di impugnazione.
Con il secondo motivo, la Commissione sosteneva che il Regno Unito aveva violato l’articolo 351, primo comma, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 127, paragrafo 1, dell’Accordo sul recesso, in quanto la sua Corte Suprema aveva dichiarato che il diritto europeo non si applicava all’obbligo di dare esecuzione al lodo arbitrale in forza della Convenzione ICSID.
La Corte ha preliminarmente ricordato che sebbene abbia lo scopo di salvaguardare i diritti degli Stati terzi[12], consentendo agli Stati Membri interessati di rispettare gli impegni ad essi incombenti in forza di una convenzione internazionale anteriore[13], l’articolo 351, primo comma, TFUE non autorizza questi ultimi a far valere diritti derivanti da tali convenzioni nei loro rapporti interni all’Unione[14]. Di conseguenza, i termini “diritti ed obblighi” si riferiscono, i primi, ai diritti degli Stati terzi e, i secondi, agli obblighi degli Stati Membri[15], di talché una norma di diritto europeo può essere resa inoperante da una convenzione internazionale solo alla duplice condizione che si tratti di una convenzione conclusa anteriormente all’entrata in vigore dei trattati dell’Unione nello Stato Membro in questione e che lo Stato terzo interessato ne tragga diritti di cui può esigere il rispetto da parte di quest’ultimo[16].
Tutto ciò premesso, secondo la Corte il TBI dev’essere considerato, dopo l’adesione della Romania all’Unione, come un trattato riguardante due Stati Membri[17], di talché la controversia sottoposta dagli investitori alla Corte Suprema mirava ad imporre ad uno Stato Membro, ossia il Regno Unito, l’obbligo di dare esecuzione, in applicazione della Convenzione ICSID, ad un lodo arbitrale per garantire il rispetto da parte di un altro Stato Membro, ossia la Romania, degli obblighi ad esso incombenti in forza del TBI nei confronti di un ulteriore Stato Membro, ossia la Svezia. Tale controversia, pertanto, riguardava l’asserito obbligo, per il Regno Unito, di conformarsi alle disposizioni della Convenzione ICSID nei confronti della Svezia e dei suoi cittadini e, correlativamente, l’asserito diritto di questi ultimi di esigere dal Regno Unito il rispetto di tali disposizioni. Per contro, invece, uno Stato terzo non appare legittimato ad esigere dal Regno Unito, ai sensi della suddetta Convenzione, l’esecuzione del lodo arbitrale, in quanto quest’ultima, nonostante il suo carattere multilaterale, ha lo scopo di disciplinare relazioni bilaterali tra le parti contraenti in modo analogo ad un trattato bilaterale[18].
A tale riguardo, sebbene avesse concluso nel senso dell’esistenza di un simile diritto, di cui potrebbero avvalersi Stati terzi nei confronti del Regno Unito, la Corte Suprema si era limitata a far emergere che gli Stati terzi che hanno concluso la Convenzione ICSID potrebbero avere un interesse a che uno Stato Membro, quale il Regno Unito, rispetti i suoi obblighi nei confronti di un altro Stato membro procedendo, conformemente alle disposizioni di tale convenzione, all’esecuzione di un lodo arbitrale rientrante nell’ambito di applicazione di quest’ultima. Un interesse puramente fattuale, tuttavia, non può essere assimilato ad un “diritto” ai sensi di una norma come l’articolo 351, primo comma, TFUE che, ove siano soddisfatte le condizioni ivi previste, può consentire deroghe all’applicazione del diritto dell’Unione, ivi compreso quello primario[19]. Prima di giungere alla conclusione per cui il diritto dell’Unione, per effetto dell’articolo 351, primo comma, TFUE, non è applicabile all’obbligo incombente al Regno Unito, in forza della Convenzione ICSID, di eseguire il lodo arbitrale, pertanto, la Corte Suprema era tenuta ad esaminare in modo approfondito se siffatto obbligo, nonostante riguardi un lodo che accerta la violazione, da parte di uno Stato Membro, di un trattato bilaterale concluso con un altro Stato Membro, implichi parimenti diritti di cui Stati terzi potrebbero avvalersi nei loro confronti. Di conseguenza, avendo interpretato erroneamente l’articolo 351, primo comma, TFUE nel senso di essere applicabile all’obbligo incombente al Regno Unito, in forza della Convenzione ICSID, di dare esecuzione al lodo arbitrale, la Corte Suprema ha gravemente leso l’ordinamento giuridico dell’Unione, di talché il secondo motivo deve essere accolto.
Con il primo motivo, la Commissione contestava al Regno Unito di aver violato l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, in combinato disposto con l’articolo 127, paragrafo 1, dell’Accordo sul recesso in quanto la Corte Suprema si era pronunciata sull’interpretazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE e sull’applicazione di tale disposizione all’esecuzione del lodo arbitrale pur se la questione vertente su tale interpretazione era stata risolta da una decisione della stessa Commissione ed era pendente dinanzi ai giudici dell’Unione.
La Corte ha preliminarmente ricordato che l’applicazione delle norme europee in materia di aiuti di Stato, previste agli articoli 107 e 108 TFUE, si fonda su un obbligo di leale cooperazione tra, da un lato, i giudici nazionali e, dall’altro, la Commissione e i giudici europei, nell’ambito della quale ciascuno agisce in funzione del ruolo assegnatogli dal Trattato[20]. A tale riguardo, mentre ai giudici nazionali possono essere sottoposte, in materia di aiuti di Stato, controversie nelle quali essi siano tenuti a interpretare e ad applicare la nozione di “aiuto” di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, essi non sono competenti a pronunciarsi sulla compatibilità di un aiuto di Stato con il mercato interno, in quanto tale valutazione rientra nella competenza esclusiva della Commissione, che agisce sotto il controllo del giudice dell’Unione[21]. Nell’ambito della necessaria cooperazione sulla quale riposa l’applicazione di tali disposizioni, inoltre, i giudici nazionali devono adottare tutte le misure idonee ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione ed astenersi, in particolare, dall’adottare decisioni contrarie ad una decisione della Commissione, anche se quest’ultima ha carattere provvisorio[22]. Quando la soluzione della controversia pendente dinanzi ad esso dipende dalla validità della decisione della Commissione, pertanto, il giudice nazionale dovrebbe sospendere il procedimento fino alla pronuncia della sentenza definitiva sul ricorso di annullamento da parte degli organi giurisdizionali dell’Unione, a meno che egli ritenga giustificato sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale sulla validità della decisione della Commissione[23].
Tutto ciò premesso, nel caso concreto i procedimenti pendenti dinanzi alle istituzioni europee e alla Corte suprema del Regno Unito vertevano sulla stessa questione, riguardavano l’interpretazione delle medesime disposizioni e vertevano sulla validità o sull’efficacia delle decisioni adottate dalla Commissione ai sensi degli articoli 107 e 108 TFUE al fine di impedire l’esecuzione del lodo arbitrale nell’Unione. Di conseguenza, la Corte Suprema era pienamente consapevole del fatto che, se essa avesse autorizzato l’esecuzione del lodo arbitrale nel Regno Unito, tale decisione avrebbe avuto l’effetto di ostacolare tanto il procedimento amministrativo avviato dinanzi alla Commissione in applicazione degli articoli 107 e 108 TFUE quanto quello giurisdizionale avviato dinanzi ai giudici dell’Unione ai sensi dell’articolo 263 TFUE. Sebbene, infatti, al momento in cui la Corte Suprema si era pronunciata, la Decisione (UE) 2015/1470 fosse stata annullata dal Tribunale, un annullamento del genere non ha alcuna incidenza sull’obbligo di leale cooperazione che le incombeva in forza dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE in combinato disposto con l’articolo 127, paragrafo 1, dell’Accordo sul recesso.
Nello specifico, l’annullamento della Decisione (UE) 2015/1470 non ha avuto l’effetto di mettere in discussione la Decisione C(2014) 3192 final. L’annullamento di un atto dell’Unione, infatti, non incide necessariamente sugli atti preparatori, in quanto la procedura di sostituzione dell’atto annullato può, in linea di principio, essere ripresa nel punto preciso in cui si è verificata l’illegittimità[24], di talché la sentenza del Tribunale non impediva alla Commissione di riprendere il procedimento d’indagine formale di cui all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE limitandosi a considerare il risarcimento dei danni relativo al periodo successivo all’adesione della Romania all’Unione. Nessuna decisione finale sulla validità della Decisione (UE) 2015/1470, inoltre, era stata ancora pronunciata dal giudice europeo al momento in cui la Corte Suprema del Regno Unito aveva a sua volta statuito. Alla data in cui quest’ultima si è pronunciata, pertanto, la questione dell’incidenza dell’articolo 351, primo comma, TFUE sull’applicazione del diritto dell’Unione, in particolare degli articoli 107 e 108 TFUE, all’esecuzione del lodo arbitrale era oggetto di esame provvisorio nella decisione di avvio del procedimento, nell’ambito della quale la Commissione aveva escluso l’applicazione di tale articolo, e poteva ancora essere valutata dal giudice dell’Unione nell’ambito del procedimento giudiziario, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, volto all’annullamento della Decisione (UE) 2015/1470. Di conseguenza, anche il primo motivo di impugnazione deve essere accolto.
Con il terzo motivo, la Commissione contestava al Regno Unito di aver violato l’articolo 267, commi primo e terzo, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 127, paragrafo 1, dell’Accordo sul recesso, in quanto la Corte Suprema si era pronunciata senza aver previamente sottoposto alla Corte una questione pregiudiziale vertente, da un lato, sulla validità della Decisione C(2014) 3192 final e, dall’altro, sull’interpretazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE.
Dopo aver ribadito la propria competenza a statuire in via pregiudiziale sulle domande dei giudici britannici presentate prima della fine del periodo di transizione[25], la Corte ha preliminarmente ricordato che l’autorità dell’interpretazione data in forza dell’articolo 267 TFUE può far cadere la causa dell’obbligo ivi previsto e renderlo senza contenuto qualora i) la questione sollevata sia materialmente identica ad un’altra questione, sollevata in relazione ad analoga fattispecie, che sia già stata decisa in via pregiudiziale o nell’ambito del medesimo procedimento nazionale, o ii) una giurisprudenza consolidata della Corte stessa risolva il punto di diritto in questione, anche in mancanza di una stretta identità delle questioni controverse[26]. Un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno, inoltre, può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione e risolverla sotto la propria responsabilità qualora l’interpretazione in questione s’imponga con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi[27].
Tutto ciò premesso, la questione se l’esecuzione, da parte di uno Stato Membro, di un lodo arbitrale emesso nei confronti di un altro Stato Membro in forza delle disposizioni della Convenzione ICSID implichi che essi sono obbligati nei confronti degli Stati terzi che hanno concluso quest’ultima è inedita nella giurisprudenza della Corte. Nelle sue decisioni, inoltre, la Commissione aveva accolto un’interpretazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE che era in contraddizione con quella successivamente adottata dalla Corte Suprema. Tanto la High Court of England and Wales quanto la Court of Appeal, infine, si erano rifiutate, nel caso concreto, di pronunciarsi sulla questione dell’applicazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE sulla base del rilievo che la stessa era pendente dinanzi ai giudici dell’Unione e che sussisteva quindi un rischio di decisioni confliggenti. Di conseguenza, quanto all’interpretazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE, esistevano elementi sufficienti per suscitare dubbi tali che, tenuto conto dell’incidenza di tale disposizione su una delle caratteristiche essenziali del diritto europeo e del rischio di decisioni confliggenti all’interno dell’Unione, avrebbero dovuto indurre la Corte Suprema a ritenere che la stessa non si imponesse con un’evidenza tale da non lasciar adito a ragionevoli dubbi, e pertanto anche il terzo motivo deve essere accolto.
Con il quarto motivo, infine, la Commissione contestava alla Corte Suprema di aver violato l’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 127, paragrafo 1, dell’Accordo sul recesso ordinando alla Romania di non rispettare gli obblighi ad essa incombenti ai sensi del diritto dell’Unione derivanti dalla Decisione C(2014) 3192 final.
La Corte ha preliminarmente ricordato che gli Stati Membri hanno l’obbligo, da un lato, di notificare alla Commissione ogni misura diretta ad istituire o modificare un aiuto e, dall’altro, di non darvi esecuzione fintantoché quest’ultima non abbia adottato una decisione finale al riguardo[28]. Più particolarmente, il divieto di messa in esecuzione dei progetti di aiuto enunciato all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE è provvisto di effetto diretto, la cui immediata applicabilità si estende a qualsiasi aiuto che sia stato portato ad esecuzione senza essere notificato[29]. Di conseguenza, spetta ai giudici nazionali trarre le conseguenze della violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE sia per quanto riguarda la validità degli atti che comportano l’attuazione delle misure d’aiuto che il recupero degli aiuti finanziari concessi in violazione di tale disposizione[30].
Nel caso concreto, la Commissione aveva ritenuto che il versamento del risarcimento concesso dal lodo arbitrale, che non le era stato notificato, costituisse un aiuto di Stato illegittimo e incompatibile con il mercato interno. Nonostante la decisione della Commissione era stata annullata dal Tribunale, un’impugnazione nei confronti di tale sentenza era pendente dinanzi alla Corte nel momento in cui la Corte Suprema del Regno Unito aveva emesso la propria decisione, che disponendo l’esecuzione del lodo arbitrale esigeva che la Romania procedesse al versamento del risarcimento concesso da tale lodo in violazione dell’obbligo di cui all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE. Di conseguenza, anche il quarto motivo deve essere accolto.
Tutto ciò premesso, pertanto, il Regno Unito è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, nonché dell’articolo 108, paragrafo 3, dell’articolo 267, commi primo e terzo, e dell’articolo 351, primo comma, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 127, paragrafo 1, dell’Accordo sul recesso.
[1] GUUE L 29 del 31.01.2020.
[2] L’articolo 7 del Trattato bilaterale di investimento, concluso il 29 maggio 2002 tra il governo del Regno di Svezia e la Romania per la promozione e la reciproca protezione degli investimenti (TBI) stabilisce che le controversie tra gli investitori e i paesi firmatari sono risolte, in particolare, da un tribunale arbitrale che applica la Convenzione ICSID.
[3] Il regime in questione era stato abrogato dalla Romania nel 2005 in vista della sua adesione all’Unione Europea.
[4] La Convenzione per il regolamento delle controversie relative agli investimenti tra Stati e cittadini di altri Stati (“Convenzione ICSID”). L’articolo 53 della Convenzione al paragrafo 1 dispone: “… Il lodo è obbligatorio nei confronti delle parti e non può essere oggetto di alcun appello o altro ricorso, ad eccezione di quelli previsti dalla presente Convenzione. Ciascuna parte deve dare esecuzione al lodo conformemente ai termini di quest’ultimo…”.
[5] Dec. Comm. C(2014) 3192 final, del 01.10.2014, Aiuti di Stato SA.38517 (2014/NN) – Romania – Lodo arbitrale Micula/Romania dell’11 dicembre 2013 – Ingiunzione di sospensione dell’aiuto.
[6] Decisione (UE) 2015/1470 della Commissione, del 30 marzo 2015, relativa all’aiuto di Stato SA.38517 (2014/C) (ex 2014/NN) cui la Romania ha dato esecuzione — Lodo arbitrale Micula/Romania dell’11 dicembre 2013, GUUE L 232 del 04.09.2015.
[7] Tribunale 18.06.2019, Cause riunite T-624/15, T-694/15 e T-704/15, European Food SA e altri contro Commissione europea, punti 91-111.
[8] Tale sentenza è stata annullata dalla Corte di giustizia in data 25 gennaio 2022 sulla base del rilievo che il Tribunale aveva commesso un errore di diritto nel ritenere che la Commissione non fosse competente ratione temporis ad adottare la Decisione (UE) 2015/1470 ai sensi dell’articolo 108 TFUE, in quanto il diritto all’aiuto di Stato cui si riferisce tale decisione era stato concesso dal lodo arbitrale dopo l’adesione della Romania all’Unione. La Corte ha pertanto rinviato la causa dinanzi al Tribunale, dove è tuttora pendente.
[9] L’articolo 4 TUE al paragrafo 3 dispone: “… In virtù del principio di leale cooperazione, l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dai trattati.
Gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell’Unione.
Gli Stati membri facilitano all’Unione l’adempimento dei suoi compiti e si astengono da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell’Unione…”.
[10] L’articolo 351 TFUE al paragrafo 1 dispone: “… Le disposizioni dei trattati non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti da convenzioni concluse, anteriormente al 1o gennaio 1958 o, per gli Stati aderenti, anteriormente alla data della loro adesione, tra uno o più Stati membri da una parte e uno o più Stati terzi dall’altra…”.
[11] L’articolo 127 dell’Accordo di recesso, intitolato “Ambito di applicazione della transizione”, al paragrafo 1 dispone: “… Salvo che il presente accordo non disponga diversamente, il diritto dell’Unione si applica al Regno Unito e nel Regno Unito durante il periodo di transizione.
Tuttavia, non si applicano al Regno Unito né nel Regno Unito durante il periodo di transizione le disposizioni seguenti dei trattati e gli atti seguenti adottati da istituzioni, organi o organismi dell’Unione:
a) disposizioni dei trattati e atti che, a norma del protocollo n. 15 su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, del protocollo n. 19 sull’acquisdi Schengen integrato nell’ambito dell’Unione europea e del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, o a norma delle disposizioni dei trattati sulla cooperazione rafforzata, compresi gli atti che modificano i suddetti atti, non erano vincolanti per il Regno Unito e nel Regno Unito prima della data di entrata in vigore del presente accordo;
b) l’articolo 11, paragrafo 4, TUE, l’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), l’articolo 22 e l’articolo 24, primo comma, TFUE, gli articoli 39 e 40 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e gli atti adottati in base a tali disposizioni…”.
[12] CGUE 13.07.1966, Cause riunite 56/64 e 58/64, Consten e Grundig/Commissione.
[13] CGUE 21.12.2011, Causa C‑366/10, Air Transport Association of America e a., punto 61.
[14] CGUE 07.07.2005, Causa C‑147/03, Commissione/Austria, punto 58; CGUE 02.07.1996, Causa C‑473/93, Commissione/Lussemburgo, punto 40.
[15] CGUE 02.08.1993, Causa C‑158/91, Levy, punto 12; CGUE 27.02.1962, Causa 10/61, Commissione/Italia.
[16] CGUE 10.03.1998, Cause riunite C‑364/95 e C‑365/95, T. Port, punto 61.
[17] CGUE 08.09.2009, Causa C‑478/07, Budějovický Budvar, punti 97-98.
[18] CGUE 02.09.2021, Causa C‑741/19, Repubblica di Moldova, punto 64.
[19] CGUE 28.10.2022, Causa C‑435/22 PPU, Generalstaatsanwaltschaft München (Estradizione e ne bis in idem), punto 119.
[20] CGUE 04.03.2020, Causa C‑586/18 P, Buonotourist/Commissione, punto 89.
[21] Ibidem, punto 90.
[22] CGUE 21.112013, Causa C‑284/12, Deutsche Lufthansa, punto 41.
[23] CGUE 25.07.2018, Causa C‑135/16, Georgsmarienhütte e a., punto 24.
[24] CGUE 21.09.2017, Causa C‑89/15 P, Riva Fire/Commissione, punto 34.
[25] L’articolo 86 dell’Accordo di recesso, intitolato “Cause pendenti dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea”, dispone: “… La Corte di giustizia dell’Unione europea resta competente per tutti i ricorsi proposti dal Regno Unito o contro il Regno Unito prima della fine del periodo di transizione. Tale competenza si applica a tutte le fasi del procedimento, compresi l’impugnazione dinanzi alla Corte di giustizia e il procedimento dinanzi al Tribunale in caso di rinvio.
La Corte di giustizia dell’Unione europea resta competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sulle domande presentate dai giudici del Regno Unito prima della fine del periodo di transizione.
Ai fini del presente capo, la Corte di giustizia dell’Unione europea si considera adita e la domanda di pronuncia pregiudiziale si considera presentata nel momento in cui la domanda giudiziale è registrata presso la cancelleria della Corte di giustizia o, secondo il caso, del Tribunale…”.
[26] CGUE 06.10.2021, Causa C‑561/19, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, punto 36.
[27] Ibidem, punti 39-41.
[28] CGUE 05.03.2019, Causa C‑349/17, Eesti Pagar, punto 56.
[29] Ibidem, punto 88.
[30] CGUE 19.03.2015, Causa C‑672/13, OTP Bank, punto 69.