In data 18 ottobre 2023, il Tribunale dell’Unione Europea si è pronunciato nella Causa T-590/20, Clariant e Clariant International contro Commissione, da un lato, sul ricorso con cui la Clariant AG e la Clariant International AG (congiuntamente “Clariant”) chiedevano, in via principale, l’annullamento parziale della Decisione C(2020) 4817 final della Commissione[1] e, in subordine, la riduzione dell’importo dell’ammenda che era stata loro inflitta in solido e, dall’altro, sulla domanda riconvenzionale della Commissione.
Questi i fatti.
In data 29 giugno 2016, la Westlake Chemical Corporation, la Westlake Germany GmbH & Co. KG, la Vinnolit GmbH & Co. KG e la Vinnolit Holdings GmbH (congiuntamente “Westlake”) avevano chiesto l’immunità dalle ammende[2] per aver partecipato a contatti collusivi connessi con l’acquisto di etilene. Successivamente, anche la Clariant, la Orbia Advance Corporation, la S.A.B. de C.V. e la Vestolit GmbH (congiuntamente “Orbia”) nonché la Celanese Corporation, la Celanese Services Germany GmbH e la Celanese Europe B.V. (congiuntamente “Celanese”) avevano parimenti chiesto l’immunità dalle ammende o, in subordine, la possibilità di beneficiare di una riduzione del relativo importo, di talché la Commissione aveva avviato le discussioni per pervenire ad una transazione[3].
Tale procedimento si era concluso in data 14 luglio 2020 con la Decisione C(2020) 4817 final, in cui la Commissione aveva accertato che la Westlake, la Clariant, la Orbia e la Celanese, dal 26 dicembre 2011 al 29 marzo 2017, avevano partecipato ad un’infrazione unica e continuata consistente nello scambio di informazioni tariffarie e commerciali sensibili nonché nella fissazione di un elemento del prezzo connesso agli acquisti di etilene sui territori belga, tedesco, francese e nerlandese. Più particolarmente, le quattro imprese avevano coordinato il loro comportamento sul mercato mediante contatti bilaterali relativi al prezzo contrattuale mensile (PCM) concordando, da un lato, i prezzi da fissare quale obiettivo che intendevano utilizzare nelle procedure di negoziazione di quest’ultimo con i venditori di etilene e, dall’altro, i PCM finali che volevano ottenere, basati su una valutazione congiunta dei fattori di prezzo e delle analisi pubbliche[4]. Di conseguenza, alle quattro imprese era stata inflitta, in solido, un’ammenda pari a circa 155 milioni di euro, di talché le stesse avevano adito il Tribunale deducendo tre motivi di ricorso.
Il primo motivo si articola in tre parti.
Con la prima parte del primo motivo, le imprese sostenevano che, venendo meno al suo obbligo di valutazione, la Commissione aveva violato l’articolo 23, paragrafo 3, del Regolamento n. 1/2003[5] nonché i principi di proporzionalità e di buona amministrazione.
Il Tribunale ha preliminarmente ricordato che la Commissione dispone di un potere discrezionale con riguardo alla scelta degli elementi di cui tenere conto ai fini della determinazione dell’importo delle ammende, come ad esempio le caratteristiche specifiche di una recidiva[6], la cui presa in considerazione mira ad indurre le imprese che hanno dimostrato una tendenza a violare le regole della concorrenza a mutare il loro comportamento. Per quanto riguarda, nello specifico, la proporzionalità di una maggiorazione dell’ammenda in ragione della recidiva, il Tribunale può essere chiamato a valutare se la Commissione abbia rispettato il suddetto principio allorché ha maggiorato l’ammenda inflitta e, segnatamente, se la maggiorazione in questione fosse necessaria con riferimento al periodo di tempo trascorso tra l’infrazione e la precedente violazione delle norme in materia di concorrenza[7].
Nel caso concreto, la Commissione aveva inflitto alle imprese una maggiorazione del 50% dell’importo dell’ammenda per recidiva rilevando che, al momento in cui era stata commessa l’infrazione in questione, la Clariant era già stata ritenuta responsabile di una condotta anticoncorrenziale nella decisione relativa al sul mercato dell’acido monocloroacetico (MCAA)[8]. Più particolarmente, la Commissione aveva tenuto conto del fatto che la Clariant aveva commesso due infrazioni che costituivano una violazione dell’articolo 101 TFUE, separate da un periodo di tempo relativamente breve, ciò che costituisce una prova sufficiente della propensione a violare le regole di concorrenza[9]. La Commissione, inoltre, non aveva errato nel giustificare la scelta del tasso di maggiorazione basandosi sugli stessi elementi menzionati per valutare l’esistenza di una recidiva. Sebbene la Commissione possa prendere in considerazione altri elementi di prova ai fini dell’analisi della recidiva e della scelta del tasso di maggiorazione, infatti, ciò rientra nel suo potere discrezionale, che aveva esercitato ritenendo che le circostanze specifiche dell’infrazione oggetto della decisione sul cartello MCAA non fossero rilevanti. Sebbene si possano prendere in considerazione altri indicatori, infine, il tempo trascorso tra due infrazioni identiche o simili consente alla Commissione di valutare se un’impresa è recidiva in un determinato caso e quindi di determinare il tasso di maggiorazione appropriato, conformemente al principio di proporzionalità. Di conseguenza, la prima parte del primo motivo deve essere respinta.
Con la seconda parte del primo motivo, le imprese sostenevano che, nei limiti in cui le aveva erroneamente classificate come recidive, la Commissione aveva violato l’articolo 23, paragrafo 3, del Regolamento n. 1/2003. Più particolarmente, le imprese sostenevano che i) la Commissione aveva commesso un errore di diritto nel ritenere che l’infrazione che aveva avuto luogo nell’ambito del cartello MCAA e quella del caso concreto costituissero infrazioni identiche o simili ai sensi degli Orientamenti per il calcolo delle ammende[10], ii) il dies a quo per determinare il tempo trascorso tra l’infrazione del caso concreto e quella precedente fosse il momento in cui la Clariant aveva posto fine attivamente e di propria iniziativa all’infrazione commessa nell’ambito del cartello MCAA e aveva presentato domanda di clemenza, iii) la ragion d’essere di un aumento dell’ammenda a causa della recidiva è intrinsecamente legata al fallimento dell’effetto dissuasivo di una precedente sanzione pecuniaria, e iv) la Commissione e i giudici dell’Unione avevano già tenuto conto di altre circostanze nell’ambito della valutazione complessiva della propensione di un’impresa a violare le regole di concorrenza, e pertanto, se le stesse fossero state prese in considerazione dalla Commissione, quest’ultima non le avrebbe classificate come recidive.
Secondo il Tribunale, tuttavia, gli argomenti delle imprese sono da respingere in toto. In primo luogo, le infrazioni sono simili, o dello stesso tipo, ai fini dell’accertamento della recidiva, ove consistano in una violazione dell’articolo 101 TFUE[11]. Di conseguenza, sebbene l’infrazione commessa nell’ambito del cartello MCAA consisteva in un cartello di vendita volto ad attuare aumenti dei prezzi di vendita a valle, mentre quella del caso concreto consisteva in un cartello di acquisto volto ad ottenere un basso livello del prezzo di acquisto di una materia prima, ossia l’etilene, in entrambi i casi la Clariant e le sue controllate avevano partecipato ad un cartello tra imprese vietato dall’articolo 101 TFUE. In secondo luogo, la presa in considerazione della recidiva si giustifica con la necessità di ulteriore dissuasione testimoniata dal fatto che una precedente constatazione di infrazione non è stata sufficiente ad impedirne la reiterazione, di talché la recidiva si verifica necessariamente dopo che la prima infrazione è stata accertata e sanzionata[12]. Il concetto di “recidiva”, inoltre, non implica necessariamente l’accertamento di una precedente sanzione pecuniaria, e bensì solo quello di una precedente violazione delle norme europee in materia di concorrenza[13], di talché il fatto che le imprese non siano state sanzionate nella decisione relativa al cartello MCAA non è in grado di mettere in discussione l’applicazione degli Orientamenti per il calcolo delle ammende nei loro confronti. L’accertamento e la valutazione delle caratteristiche specifiche di un’infrazione ripetuta, infine, rientrano nel potere discrezionale della Commissione, che pertanto poteva legittimamente limitarsi a constatare che le imprese avevano commesso due infrazioni, costituenti una violazione dell’articolo 101 TFUE, separate da un periodo di tempo relativamente breve, e a considerare inconferenti le circostanze evidenziate dalle stesse.
Con la terza parte del primo motivo, infine, le imprese sostenevano che la Commissione aveva applicato una maggiorazione standard del 50% all’importo di base dell’ammenda senza fornire alcuna motivazione per la scelta di tale tasso.
Secondo il Tribunale, tuttavia, la Commissione aveva esposto dettagliatamente le ragioni che l’avevano indotta a ritenere che le imprese fossero recidive. Contrariamente a quanto sostenuto da queste ultime, inoltre, la Commissione non era tenuta a chiarire, in forza dell’obbligo di motivazione, per quale ragione, tra i vari tassi di maggiorazione possibili, avesse scelto quello del 50%[14], e pertanto anche la terza parte del primo motivo deve essere respinta.
Anche il secondo motivo si articola in tre parti.
Con la prima parte del secondo motivo, le imprese sostenevano che la Commissione, nell’applicare il punto 37 degli Orientamenti per il calcolo delle ammende, non aveva esercitato il proprio potere discrezionale.
Il Tribunale ha preliminarmente ricordato che la Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo delle ammende in caso di violazione delle norme europee in materia di concorrenza, che prevede vari elementi di flessibilità che le consentono di esercitare tale potere in conformità all’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del Regolamento n. 1/2003[15]. L’esercizio del potere discrezionale, tuttavia, è limitato dalle regole di condotta che la Commissione stessa si è imposta[16]. A tale riguardo, il punto 37 degli Orientamenti consente alla Commissione di discostarsi dal metodo generale, che prevede l’utilizzo del valore delle vendite come punto di partenza per calcolare l’importo dell’ammenda inflitta ad un’impresa, qualora ciò sia giustificato dalle particolarità di un determinato caso o dalla necessità di raggiungere un livello di deterrenza in un caso specifico. Ciò che si è verificato nel caso concreto, in cui la Commissione aveva ritenuto che, dato che l’infrazione relativa all’etilene costituiva un cartello di acquisto, e che i partecipanti non erano tutti presenti sullo stesso mercato a valle, fosse appropriato calcolare l’importo di base dell’ammenda sulla base del valore degli acquisti. Di conseguenza, la Commissione aveva debitamente esercitato il proprio potere discrezionale, ritenendo necessario, in virtù dello stesso, applicare il punto 37 degli Orientamenti ed aumentare l’importo di base dell’ammenda del 10%, di talché la prima parte del secondo motivo deve essere respinta.
Con la seconda parte del secondo motivo, le imprese sostenevano che la valutazione relativa all’adeguamento dell’importo di base dell’ammenda ai sensi del punto 37 degli Orientamenti era viziata da errori relativi al fatto che i) il valore degli acquisti non comporta una sottovalutazione dell’importanza economica dell’infrazione nel caso concreto, ii) la maggiorazione dell’importo dell’ammenda non era necessaria per garantire un effetto dissuasivo, iii) una maggiorazione applicata a tutti i cartelli di acquisto comporterebbe una dissuasione eccessiva sistematica, iv) la decisione relativa al riciclaggio di batterie per autoveicoli[17] è inconferente in quanto il cartello in questione avrebbe riguardato solo un elemento ridotto del prezzo, e v) i potenziali guadagni derivanti dai cartelli di acquisto sono inferiori a quelli derivanti dai cartelli di vendita.
Secondo il Tribunale, tuttavia, tali censure devono essere respinte. Il ragionamento della Commissione, infatti, non si basava sul fatto che il cartello in questione avesse avuto successo e avesse consentito di ridurre il prezzo di acquisto dell’etilene, e bensì sul fatto che, a prescindere dagli effetti dell’infrazione sul mercato, è insito nei cartelli di acquisto che la considerazione del valore degli acquisti non possa, di per sé, costituire un valore che consenta di riflettere l’importanza economica dell’infrazione. In secondo luogo, il valore degli acquisti, di per sé, non garantiva un effetto dissuasivo sufficiente, e pertanto gli eventuali profitti che le imprese potrebbero aver tratto dal cartello erano irrilevanti. A differenza di quanto avviene nel caso di un cartello di vendita, inoltre, il raggiungimento dell’obiettivo di un cartello di acquisto comporterebbe un valore degli acquisti inferiore a quello che sarebbe stato in assenza dell’infrazione, di talché l’ammenda non avrebbe alcun effetto dissuasivo[18]. Il caso oggetto della decisione relativa al riciclaggio di batterie per autoveicoli e quello concreto, infine, presentano caratteristiche comuni, e pertanto la Commissione non aveva commesso alcun errore nel farvi riferimento nella Decisione C(2020) 4817 final.
Con la terza parte del secondo motivo, infine, le imprese sostenevano che la Commissione aveva violato il suo obbligo di motivazione non avendo chiarito, nella Decisione C(2020) 4817 final, per quale ragione i) le particolarità del caso concreto giustificassero una maggiorazione dell’ammenda ai sensi del punto 37 degli Orientamenti, e ii) il tasso di tale aumento dovesse essere fissato al 10%.
Secondo il Tribunale, tuttavia, la Commissione aveva esposto dettagliatamente le ragioni che l’avevano indotta a ritenere che le particolarità del caso, e la necessità di raggiungere un importo dissuasivo dell’ammenda, giustificassero la deroga al metodo generale e l’aumento dell’importo di base del 10% ai sensi del punto 37 degli Orientamenti, trattandosi di un cartello di acquisto che richiedeva di prendere in considerazione il valore degli acquisti ai fini di tale calcolo. Le particolarità di un determinato caso ai sensi del punto 37 degli Orientamenti per il calcolo delle ammende, infatti, possono essere legate al tipo di cartello in questione, e non devono necessariamente essere circostanze uniche del caso stesso. Di conseguenza, anche la terza parte del secondo motivo deve essere respinta.
Con il loro terzo motivo, le imprese chiedevano al Tribunale di ridurre l’importo dell’ammenda loro inflitta.
Secondo il Tribunale, tuttavia, l’imposizione di una maggiorazione del 50% non appare sproporzionata in considerazione del periodo di tempo relativamente breve intercorso tra l’accertamento della prima violazione dell’articolo 101 TFUE nella decisione relativa al cartello MCAA e l’inizio della violazione del medesimo articolo oggetto della Decisione C(2020) 4817 final. L’aumento dell’importo di base dell’ammenda ai sensi del punto 37[19] degli Orientamenti della Commissione, inoltre, non è subordinato alla previa dimostrazione di effetti reali della condotta contestata sul mercato, di talché l’analisi economica volta a dimostrare che il comportamento in questione non ha avuto alcun impatto sul prezzo di acquisto dell’etilene è irrilevante e non può portare ad una riduzione dell’importo dell’ammenda. Di conseguenza, anche il terzo motivo dev’essere respinto.
La Commissione, infine, chiedeva al Tribunale di aumentare l’ammenda, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, non concedendo un beneficio del 10% alle imprese per la loro cooperazione durante il procedimento amministrativo.
Secondo il Tribunale, tuttavia, la Commissione non è riuscita a dimostrare che l’aumento dell’importo dell’ammenda richiesto fosse appropriato nel caso concreto, di talché la sua domanda riconvenzionale deve essere parimenti respinta.
[1] Dec. Comm. C(2020) 4817 final del 14.07.2020 relativa ad un procedimento di applicazione dell’articolo 101 TFUE, Caso AT.40410 – Etilene.
[2] Comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese, GUUE C 298 del 08.12.2006.
[3] Comunicazione della Commissione concernente la transazione nei procedimenti per l’adozione di decisioni a norma dell’articolo 7 e dell’articolo 23 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio nei casi di cartelli, GUUE C 167 del 02.07.2008.
[4] L’etilene era generalmente acquistato sulla base di accordi di fornitura a lungo termine. Al fine di riflettere il rischio di volatilità dei prezzi di acquisto dell’etilene, tali accordi di fornitura spesso si riferivano al PCM, per fissare il quale, per i mesi successivi, dovevano essere conclusi due accordi bilaterali distinti, ma identici (chiamati comunemente “transazioni”) tra due distinte coppie di fornitori e di acquirenti. Dopo la conclusione della prima transazione, le parti potevano notificare il loro accordo ad un organismo di notificazione privato e indipendente, che pubblicava questa prima transazione sul mercato. A seguito della conclusione di una transazione a un prezzo identico da parte di un’altra coppia di fornitori e acquirenti, questo prezzo veniva pubblicato dagli organismi di notifica quale PCM per i mesi successivi.
[5] Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato, GUUE L 1 del 04.01.2003. L’articolo 23 del Regolamento, intitolato “Ammende”, al paragrafo 3 dispone: “… Per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata…”.
[6] Tribunale 29.09.2021, Causa T 341/18, Nec/Commissione, punti 103-104; CGUE 08.02.2007, Causa C‑3/06 P, Groupe Danone/Commissione, punti 37-38.
[7] Tribunale 29.09.2021, Causa T 341/18, Nec/Commissione, punto 117; CGUE 17.06.2010, Causa C‑413/08 P, Lafarge/Commissione, punto 70.
[8] Dec. Comm. C(2004) 4876 final del 19.01.2005 relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE, Caso COMP/E-1/37.773 – MCAA.
[9] CGUE 08.02.2007, Causa C‑3/06 P, Groupe Danone/Commissione, punto 40.
[10] Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003, GUUE C 210 del 01.09.2006. Il punto 28 degli Orientamenti dispone: “… L’importo di base dell’ammenda può essere aumentato qualora la Commissione constati l’esistenza di circostanze aggravanti, come nei casi seguenti:
– quando un’impresa continua o ripete la stessa infrazione o un’infrazione simile dopo che la Commissione o un’autorità nazionale garante della concorrenza abbiano constatato che tale impresa ha violato le disposizioni dell’articolo 81 o 82. L’importo di base sarà aumentato fino al 100 % ogni volta che venga accertata una infrazione di questo tipo;
– quando l’impresa rifiuta di cooperare o pratica ostruzionismo durante lo svolgimento dell’indagine;
– quando l’impresa ha svolto il ruolo di capofila ovvero ha istigato a commettere l’infrazione; La Commissione esaminerà con particolare attenzione anche le eventuali misure adottate per costringere altre imprese a partecipare all’infrazione e/o alle misure di ritorsione prese nei confronti di altre imprese al fine di far rispettare le pratiche costituenti l’infrazione…”.
[11] Tribunale 30.09.2009, Causa T‑161/05, Hoechst/Commissione, punto 147; Tribunale 12.12.2007, Cause riunite T‑101/05 e T‑111/05, BASF e UCB/Commissione, punto 64.
[12] Tribunale 07.06.2011, Causa T‑217/06, Arkema France e a./Commissione, punto 299; Tribunale 08.07.2008, Causa T‑53/03, BPB/Commissione, punto 392.
[13] Tribunale 08.07.2008, Causa T‑53/03, BPB/Commissione, punto 387; Tribunale 25.10.2005, Causa T‑38/02, Groupe Danone/Commissione, punto 363.
[14] Tribunale 23.01.2014, Causa T‑391/09, Evonik Degussa e AlzChem/Commissione, punto 164.
[15] CGUE 01.08.2022, Causa C‑588/20, Daimler (Intese – Autocarri per la raccolta dei rifiuti domestici), punto 58.
[16] Ibidem, punto 59.
[17] Dec. Comm. C (2017) 900 final del 08.02.2017 relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE, Caso AT.40018 — Riciclaggio di batterie per autoveicoli.
[18] Tribunale 07.11.2019, Causa T‑240/17, Campine e Campine Recycling/Commissione, punto 345.
[19] Il punto 37 degli Orientamenti dispone: “… Nonostante i presenti orientamenti espongano la metodologia generale per la fissazione delle ammende, le specificità di un determinato caso o la necessità di raggiungere un livello dissuasivo possono giustificare l’allontanamento da tale metodologia o dai limiti fissati al punto 21…”.