LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SULLA FISSAZIONE DA PARTE DI UN’ORGANIZZAZIONE PROFESSIONALE DI AVVOCATI DEGLI IMPORTI MINIMI DI ONORARI E SUL DIVIETO PER UN GIUDICE DI DISPORRE LA RIFUSIONE DI UN IMPORTO INFERIORE

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In data 25 gennaio 2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-438/22, EM akaunt BG ЕООDcontro Zastrahovatelno aktsionerno druzhestvo Armeets AD, sull’interpretazione dell’articolo 101, paragrafi 1 e 2, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) in combinato disposto con l’articolo 2 del Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 101 e 102 TFUE[1] e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra la EM akaunt BG EOOD (“EM”) e la Zastrahovatelno aktsionerno druzhestvo Armeets AD (“Zastrahovatelno”) in merito ad una domanda di risarcimento in base all’assicurazione sui beni a seguito del furto di un veicolo nonché a interessi moratori.

Questi i fatti.

La EM aveva proposto dinanzi al Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia; il “giudice del rinvio”) una domanda di risarcimento nei confronti della Zastrahovatelno, il suo assicuratore, a seguito del furto di un veicolo, includendovi gli onorari del proprio avvocato calcolati conformemente ad un accordo previamente concluso con quest’ultimo. Poiché il giudice del rinvio aveva accolto parzialmente la domanda di risarcimento, riducendo tuttavia l’importo degli onorari richiesti in quanto ritenuto eccessivo, entrambe le imprese avevano presentato ricorso nei confronti della sua decisione. La EM, inoltre, aveva presentato una domanda di riesame relativa alle spese dinanzi al giudice del rinvio, sulla base del rilievo che gli onorari d’avvocato erano stati fissati al di sotto della soglia prevista dalla normativa nazionale[2]. Alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, pertanto, quest’ultimo aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia dieci questioni pregiudiziali.

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che, nell’ipotesi in cui constati che un regolamento che fissa gli importi minimi degli onorari degli avvocati, reso obbligatorio da una normativa nazionale, è contrario a tale disposizione, un giudice nazionale può rifiutare di applicare quest’ultima nei confronti della parte condannata a pagare le spese corrispondenti agli onorari d’avvocato, anche qualora tale parte non abbia sottoscritto alcun contratto di servizi d’avvocato e di onorari d’avvocato.

Poiché l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE produce effetti diretti nei rapporti fra i singoli, attribuendo loro diritti che i giudici nazionali devono tutelare[3], nei limiti in cui uno di essi dovesse constatare che le restrizioni della concorrenza risultanti dal regolamento relativo agli importi minimi degli onorari degli avvocati non possono essere considerate inerenti al perseguimento di obiettivi legittimi, la normativa nazionale che lo rende obbligatorio sarebbe incompatibile con tale articolo, dovendo pertanto essere disapplicata. Sebbene riguardi esclusivamente la condotta delle imprese, e non disposizioni legislative o regolamentari emanate dagli Stati Membri, infatti, l’articolo 101 TFUE obbliga questi ultimi a non adottare o a non mantenere in vigore provvedimenti, anche di natura legislativa o regolamentare, idonei ad eliminare l’effetto utile delle regole di concorrenza applicabili alle imprese[4].

Con le questioni dalla seconda alla nona, invece, il giudice del rinvio chiedeva precisazioni per quanto riguarda i) gli obiettivi legittimi che dovrebbe perseguire una normativa nazionale che, da un lato, non consente all’avvocato e al suo cliente di pattuire un compenso inferiore all’importo minimo fissato da un regolamento adottato da un’organizzazione professionale di avvocati, come il Consiglio superiore dell’ordine forense, e, dall’altro, non autorizza il giudice a disporre la rifusione degli onorari per un importo inferiore a tale minimo, per essere conforme all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, e ii) il controllo che tale giudice è chiamato adeffettuare nel contesto in parola.

La Corte ha preliminarmente ricordato che il criterio giuridico essenziale per determinare se un accordo, che sia orizzontale o verticale, comporti una restrizione della concorrenza per oggetto risiede nel rilievo che esso presenta, di per sé, un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente[5]. A tale fine, occorre riferirsi al tenore delle sue disposizioni, agli obiettivi che mira a raggiungere e al contesto economico e giuridico nel quale si colloca, prendendo in considerazione anche la natura dei beni o dei servizi coinvolti nonché le condizioni reali del funzionamento e della struttura del mercato o dei mercati in questione[6].

Nel caso di una decisione di un’associazione di imprese che fissa gli importi minimi degli onorari degli avvocati, la determinazione di questi ultimi, resi obbligatori da una normativa nazionale come quella del caso concreto, equivale alla determinazione orizzontale di tariffe minime imposte, vietata dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE[7]. La possibilità che comportamenti collusivi del genere abbiano effetti negativi, in particolare, sul prezzo, sulla quantità o sulla qualità dei prodotti e dei servizi è talmente alta che può essere ritenuto inutile, ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, dimostrare che essi abbiano effetti concreti sul mercato. L’esperienza, infatti, mostra che tali comportamenti determinano riduzioni della produzione e aumenti dei prezzi, dando luogo ad una cattiva allocazione delle risorse a detrimento, in particolare, dei consumatori[8]. Di conseguenza, tali comportamenti devono essere qualificati come restrizioni per oggetto, in quanto rivelano un grado sufficiente di dannosità nei confronti della concorrenza a prescindere dal livello a cui è fissato il prezzo minimo, e pertanto restrizioni del genere non possono in nessun caso essere giustificate dal perseguimento di obiettivi legittimi, come quelli asseritamente perseguiti dalla normativa relativa agli importi minimi degli onorari d’avvocato.

Con la decima questione, infine, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 101, paragrafo 2, TFUE debba essere interpretato nel senso che, nel caso in cui constati che un regolamento che fissa gli importi minimi degli onorari degli avvocati, reso obbligatorio da una normativa nazionale, viola il divieto enunciato all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, un giudice nazionale è, nondimeno, tenuto a utilizzare gli importi minimi previsti da tale regolamento, nei limiti in cui gli stessi riflettono i prezzi reali del mercato dei servizi d’avvocato.

Poiché l’articolo 101 TFUE costituisce una disposizione fondamentale indispensabile per l’adempimento dei compiti affidati all’Unione e, in particolare, per il funzionamento del mercato interno, gli accordi e le decisioni vietati in virtù di tale articolo sono nulli di pieno diritto[9]. Più particolarmente, tale nullità, che può essere fatta valere da chiunque, s’impone al giudice quando ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e l’accordo in questione non può giustificare la concessione di un’esenzione ai sensi del paragrafo 3. Posto che la nullità di cui all’articolo 101, paragrafo 2, TFUE è assoluta, inoltre, un accordo nullo è privo di effetti nei rapporti fra i contraenti, e non può essere opposto ai terzi[10]. Il prezzo di un servizio fissato in un accordo o in una decisione adottati da tutti gli operatori del mercato, infine, non può essere considerato un prezzo reale di mercato. Al contrario, l’azione concertata sui prezzi dei servizi da parte di tutti gli operatori del mercato, che costituisce una grave distorsione della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, osta proprio all’applicazione di prezzi reali di mercato.

Tutto ciò premesso, la Corte ha pertanto statuito che:

L’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, dev’essere interpretato nel senso che, nell’ipotesi in cui un giudice nazionale constati che un regolamento che fissa gli importi minimi degli onorari degli avvocati, reso obbligatorio da una normativa nazionale, è contrario a detto articolo 101, paragrafo 1, esso è tenuto a rifiutare di applicare tale normativa nazionale nei confronti della parte condannata a pagare le spese corrispondenti agli onorari d’avvocato, anche qualora tale parte non abbia sottoscritto alcun contratto di servizi d’avvocato e di onorari d’avvocato.

L’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, dev’essere interpretato nel senso che una normativa nazionale che, da un lato, non consente all’avvocato e al suo cliente di pattuire un compenso inferiore all’importo minimo fissato da un regolamento adottato da un’organizzazione professionale di avvocati, come il Visshia advokatski savet (Consiglio superiore dell’ordine forense), e, dall’altro, non autorizza il giudice a disporre la rifusione degli onorari per un importo inferiore a tale minimo, dev’essere considerata una restrizione della concorrenza «per oggetto», ai sensi di tale disposizione. In presenza di una simile restrizione, non possono essere invocati, al fine di sottrarre il comportamento in questione al divieto degli accordi e delle pratiche restrittivi della concorrenza, enunciato all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, gli obiettivi legittimi asseritamente perseguiti da detta normativa nazionale.

L’articolo 101, paragrafo 2, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, dev’essere interpretato nel senso che, nel caso in cui un giudice nazionale constati che un regolamento che fissa gli importi minimi degli onorari degli avvocati, reso obbligatorio da una normativa nazionale, viola il divieto enunciato all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, esso è tenuto a rifiutare l’applicazione di tale normativa nazionale, anche quando gli importi minimi previsti da tale regolamento riflettono i prezzi reali del mercato dei servizi d’avvocato.

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[1] GUUE L 1 del 04.01.2003.

[2] L’articolo 1 della Naredba n. 1 za minimalnite razmeri na advokatskite vaznagrazhdenia (Regolamento n. 1 relativo agli importi minimi degli onorari degli avvocati) dispone: “… L’importo degli onorari per il patrocinio prestato da un avvocato viene liberamente pattuito sulla base di un accordo scritto con il cliente, ma non può essere inferiore all’importo minimo fissato dal presente regolamento per il tipo di assistenza di cui trattasi…”.

[3] CGUE 06.10.2021, Causa C‑882/19, Sumal, punto 32.

[4] CGUE 21.09.2016, Causa C‑221/15, Établissements Fr. Colruyt, punto 43.

[5] CGUE 18.11.2021, Causa C‑306/20, Visma Enterprise, punto 59; CGUE 11.09.2014, Causa C‑67/13 P, CB/Commissione, punto 57.

[6] CGUE 12.01.2023, Causa C‑883/19 P, HSBC Holdings e a./Commissione, punto 107; CGUE 11.09.2014, Causa C‑67/13 P, CB/Commissione, punto 53.

[7] CGUE 23.11.2017, Cause riunite C‑427/16 e C‑428/16, CHEZ Elektro Bulgaria e FrontEx International, punto 51.

[8] CGUE 02.04.2020, Causa C‑228/18, Budapest Bank e a., punto 36.

[9] CGUE 20.09.2001, Causa C‑453/99, Courage e Crehan, punti 20-21; CGUE 01.06.1999, Causa C‑126/97, Eco Swiss, punto 36.

[10] CGUE 20.09.2001, Causa C‑453/99, Courage e Crehan, punto 22.