NE BIS IN IDEM. LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SULL’AMMISSIBILITÀ DI ULTERIORI AZIONI PENALI ESERCITATE IN PERSONAM PER I MEDESIMI FATTI

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In data 25 gennaio 2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-58/22, NR, sull’interpretazione dell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, letto in combinato disposto con la Decisione 2006/928/CE della Commissione, del 13 dicembre 2006, che istituisce un meccanismo di cooperazione e verifica dei progressi compiuti dalla Romania per rispettare i parametri di riferimento in materia di riforma giudiziaria e di lotta contro la corruzione. Tale domanda era stata presentata nell’ambito di un procedimento penale a carico di NR per corruzione passiva.

Questi i fatti.

In data 12 febbraio 2014, l’assemblea generale dei membri della società BX aveva deciso di rimuovere dalle sue funzioni il presidente NR, che tuttavia era stata reintegrata a seguito del suo ricorso di annullamento. Successivamente, in data 30 aprile 2015 si era tenuta una riunione cui hanno partecipato NR, alcuni membri del consiglio di amministrazione di BX nonché GL, HS, JK, MT e PB (congiuntamente: “i denuncianti”), uno dei quali aveva effettuato registrazioni audio delle discussioni avvenute nel corso di tale riunione. Più particolarmente, NR aveva preteso dai denuncianti, che erano all’origine della decisione di rimuoverla dalle sue funzioni di presidente di tale società, il pagamento dell’importo che la stessa aveva versato al suo avvocato, a pena della risoluzione dei loro contratti di lavoro. Poiché la sua richiesta non era stata soddisfatta, NR aveva proceduto in tal senso, di talché GL, HS, JK, MT e PB avevano proposto denunce penali nei confronti di NR dinanzi all’Inspectoratul de Poliție al Județului Olt (Ispettorato di polizia del dipartimento di Olt) e alla Direcția Națională Anticorupție – Serviciul Teritorial Craiova (Direzione nazionale anticorruzione – Servizio territoriale di Craiova) per i reati di estorsione, abuso d’ufficio e corruzione passiva.

La denuncia proposta dinanzi all’Ispettorato di polizia del dipartimento di Olt era stata registrata presso il Parchet de pe lângă Tribunalul Olt (Procura presso il Tribunale superiore di Olt), che di conseguenza aveva esercitato azioni penali in rem per il reato di estorsione. Dopo aver sentito NR nonché i denuncianti, tuttavia, l’organo di polizia responsabile delle indagini aveva redatto una relazione, sulla base della quale il pubblico ministero aveva emesso un’ordinanza di archiviazione. Tale ordinanza era stata successivamente annullata dal procuratore capo del Parchet de pe lângă Judecătoria Slatina (Procura presso il Tribunale di primo grado di Slatina), che aveva ordinato la riapertura delle indagini a carico di NR. Adita di una domanda di conferma di tale riapertura, tuttavia, la sezione preliminare della Judecătoria Slatina (Tribunale di primo grado di Slatina) l’aveva respinta, di talché l’ordinanza di archiviazione era divenuta definitiva.

La denuncia proposta dinanzi alla Direzione nazionale anticorruzione, invece, era stata trasmessa alla Procura presso il Tribunale di primo grado di Slatina, che aveva esercitato azioni penali nei confronti di NR. Quest’ultima, pertanto, era stata rinviata a giudizio per il reato di corruzione passiva dinanzi al Tribunalul Olt (Tribunale superiore di Olt), che ne aveva respinto in quanto infondato l’argomento concernente l’asserita violazione del principio del ne bis in idem, secondo cui gli stessi fatti erano già stati oggetto di un procedimento penale conclusosi con una decisione definitiva. In data 20 ottobre 2020, tuttavia, la Curtea de Apel Craiova (Corte d’appello di Craiova; il “giudice del rinvio”) aveva accolto l’appello proposto da NR contro la sentenza del Tribunale superiore di Olt, di talché la Procura presso la Corte d’appello di Craiova aveva proposto ricorso per cassazione dinanzi all’Înalta Curte de Casație şi Justiție (Alta Corte di cassazione e di giustizia).

Quest’ultima aveva accolto il ricorso per cassazione, annullando tale sentenza e rinviando la causa dinnanzi al giudice del rinvio che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte di Giustizia se il principio del ne bis in idem sancito all’ l’articolo 50[1] della Carta debba essere interpretato nel senso che una persona possa essere considerata come definitivamente assolta, ai sensi di tale articolo, in conseguenza di una ordinanza di archiviazione adottata da una procura senza che sia stata esaminata la situazione giuridica di tale persona in qualità di responsabile, sul piano penale, dei fatti integrativi del reato addebitato.

La Corte ha preliminarmente ricordato che l’applicazione del principio del ne bis in idem è soggetta ad una duplice condizione, ossia, da un lato, che vi sia una decisione definitiva anteriore (c.d. “condizione bis”) e, dall’altro, che gli stessi fatti siano oggetto tanto della decisione anteriore quanto del procedimento o della decisione successivi (c.d. “condizione idem”)[2].

Per quanto riguarda la condizione bis, affinché una persona possa essere considerata come giudicata con sentenza penale definitiva per i fatti che le sono addebitati occorre che l’azione penale sia definitivamente estinta in conformità al diritto nazionale. Una decisione che non estingue definitivamente l’azione penale a livello nazionale, infatti, non può costituire un ostacolo procedurale all’avvio o al proseguimento di un procedimento penale, per gli stessi fatti, a carico di tale persona[3]. Affinché una persona possa essere considerata come oggetto di una sentenza penale definitiva per i fatti che le sono addebitati, inoltre, occorre accertarsi che tale decisione sia stata pronunciata a seguito di un esame condotto nel merito della causa in questione[4]. A tale riguardo, quando una sanzione è stata irrogata come conseguenza del comportamento addebitato all’interessato, si può ragionevolmente ritenere che l’autorità competente avesse, preliminarmente, effettuato una valutazione sulle circostanze della causa e sul carattere illecito del comportamento in questione[5]. Una decisione delle autorità giudiziarie di uno Stato Membro con cui un imputato è stato definitivamente assolto per insufficienza di prove, inoltre, deve essere parimenti considerata come fondata su una tale valutazione nel merito[6].

Nel caso concreto, da un lato, i denuncianti non si erano avvalsi dei mezzi di ricorso disponibili nel diritto rumeno al fine di contestare l’ordinanza di archiviazione in questione e, dall’altro, mediante l’ordinanza della sezione preliminare della Judecătoria Slatina, la domanda di conferma della riapertura delle indagini penali a carico di NR per il reato di estorsione formulata dal procuratore capo del Parchet de pe lângă Judecătoria Slatina era stata respinta. Di conseguenza, l’azione penale si era definitivamente estinta, e l’ordinanza di archiviazione era divenuta definitiva. Per adottare quest’ultima, inoltre, il pubblico ministero si era fondato su una relazione redatta dall’organo di polizia che aveva sentito NR e i denuncianti, e aveva raccolto un CD contenente la registrazione audio della riunione dell’assemblea generale della BX del 30 aprile 2015, di talché più mezzi di prova erano stati raccolti ed esaminati nel corso delle indagini.

Per quanto attiene alla condizione idem, invece, il criterio rilevante ai fini della valutazione della sussistenza di uno stesso reato è quello dell’identità dei fatti materiali, inteso come l’esistenza di un insieme di circostanze concrete inscindibilmente collegate tra loro che abbiano condotto all’assoluzione o alla condanna definitiva dell’interessato[7]. La qualificazione giuridica, in diritto nazionale, dei fatti e l’interesse giuridico tutelato, inoltre, non sono rilevanti ai fini della constatazione della sussistenza di uno stesso reato, considerato che la portata della tutela conferita all’articolo 50 della Carta non può variare da uno Stato Membro all’altro[8].

Nel caso concreto, mentre nel secondo procedimento erano state esercitate azioni penali in personam nei confronti di NR per il reato di corruzione passiva, nel primo le azioni penali erano state esercitate in rem per il reato di estorsione. A tale riguardo, e nei limiti in cui tali procedimenti riguardavano fatti identici, la circostanza che le azioni penali ivi esercitate concernessero reati diversi è irrilevante ai fini della valutazione della sussistenza di un medesimo reato ai sensi dell’articolo 50 della Carta. Per contro, la circostanza che le azioni penali nel primo procedimento, da cui era scaturita l’adozione dell’ordinanza di archiviazione in questione, siano state esercitate in rem non può essere ritenuta come irrilevante ai fini di tale valutazione, in quanto NR non avrebbe formalmente acquisito la qualità di indagato e non sarebbe stata sentita in qualità di testimone.

Più particolarmente, si può considerare che nei confronti di una persona sia stata pronunciata una sentenza penale definitiva solo se risulti chiaramente dalla decisione adottata che, nelle indagini che l’hanno preceduta, e indipendentemente dalla circostanza che le stesse siano state avviate in rem o in personam conformemente al diritto nazionale, era stata esaminata la sua situazione giuridica in qualità di responsabile, sul piano penale, dei fatti integrativi dei reati addebitati e, nell’ipotesi di una ordinanza di archiviazione da parte di una procura, esclusa. Di conseguenza, qualora tale ipotesi non ricorra, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare, l’ordinanza di archiviazione in questione non potrebbe avere l’effetto di costituire un ostacolo all’esercizio di nuove azioni penali nei confronti di NR per gli stessi fatti.

Tutto ciò premesso, la Corte ha pertanto statuito che:

Il principio del ne bis in idem sancito all’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che una persona non può essere considerata come definitivamente assolta, ai sensi di tale articolo 50, in conseguenza di un’ordinanza di archiviazione adottata da un pubblico ministero in assenza di un esame della situazione giuridica di tale persona in qualità di responsabile, sul piano penale, dei fatti integrativi del reato addebitato”.

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[1] L’articolo 50 della Carta, intitolato “Diritto di non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato”, dispone: “Nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge…”.

[2] CGUE 22.03.2022, Causa C‑117/20, bpost, punto 28.

[3] CGUE 29.06.2016, Causa C‑486/14, Kossowski, punti 34-35.

[4] CGUE 14.09.2023, Causa C‑55/22, Bezirkshauptmannschaft Feldkirch, punto 49.

[5] CGUE 23.03.2023, Causa C‑412/21, Dual Prod, punto 57.

[6] CGUE 28.09.2006, Causa C‑150/05, Van Straaten, punti 60-61.

[7] CGUE 12.10.2023, Causa C‑726/21, INTER CONSULTING, punto 72.

[8] Ibidem, punto 73.