LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SUL CASO SUPERLEGA. QUALE FUTURO PER LO SPORT E IL DIRITTO EUROPEO DELLA CONCORRENZA?

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Con una decisione destinata a modificare radicalmente i rapporti tra lo sport e il diritto europeo della concorrenza, in data 21 dicembre 2023 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-333/21, European Superleague Company, sull’interpretazione degli articoli 45, 49, 56, 63, 101 e 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), ribaltando quanto precedentemente suggerito dall’Avvocato Generale Rantos nelle sue Conclusioni del 15 dicembre 2022[1]. La domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Fédération internationale de football association (FIFA) e l’Union of European Football Associations (UEFA) e, dall’altro, l’European Superleague Company SL (“ESLC”), una società spagnola che intende avviare una nuova competizione calcistica europea (c.d. “Superlega”) alternativa o concorrente a quelle organizzate fino ad oggi dalle due storiche federazioni.

Questi i fatti.

Ideata dai manager di alcuni dei più prestigiosi club europei[2] sotto l’egida del presidente del Real Madrid Florentino Perez, la Superlega è un modello di competizione alternativo alla Champions League organizzata dalla UEFA per riunire le migliori squadre europee in un torneo maggiormente elitario e remunerativo dal punto di vista degli sponsor nonché dei diritti audiovisivi[3]. Particolarmente promettente dal punto di vista economico per i club partecipanti, il progetto Superlega ha fin da subito sollevato forti obiezioni sia da parte dell’UEFA che degli stessi tifosi, i quali lamentavano, tra le altre cose, la quasi totale assenza di meritocrazia del nuovo sistema, nonché l’affermazione di un calcio sempre più “aristocratico” e riservato solamente ai club più facoltosi ed influenti.

Ritenendo che i partecipanti alla Superlega violassero l’articolo 49 del suo statuto, l’UEFA aveva annunciato l’intenzione di inibire ai club interessati la partecipazione a qualsiasi altra competizione a livello nazionale, europeo o mondiale nonché di negare ai loro giocatori l’opportunità di rappresentare le loro squadre nazionali. Di conseguenza, Real Madrid, Juventus e Barcellona avevano deciso di adire il Tribunale commerciale di Madrid (Juzgado de lo Mercantil nº 17 de Madrid –; il “giudice del rinvio”) che, dopo aver disposto una serie di misure cautelari nei confronti dell’UEFA e della FIFA[4], in data 11 maggio 2021 aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Giustizia sollevando sei questioni pregiudiziali in merito alla compatibilità delle condotte poste in essere e preannunciate dall’UEFA e dalla FIFA con le norme europee in materia di concorrenza.

Prima di esaminare le questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio, la Corte si è soffermata sul rapporto tra il diritto europeo e lo sport ricordando che, costituendo un’attività economica, quest’ultimo è soggetto alle norme europee a lei applicabili[5]. Più particolarmente, ad eccezione delle norme adottate esclusivamente per motivi non economici e che riguardano questioni di interesse esclusivo per lo sport in sé[6], le norme delle associazioni sportive che disciplinano il compenso o la prestazione di servizi da parte di giocatori professionisti o semi-professionisti e, più in generale, quelle che, pur non disciplinando formalmente tali prestazioni, hanno un impatto indiretto su di esse possono rientrare nell’ambito di applicazione degli articoli 45[7], 49[8], 56[9] e 63[10] TFUE[11]. Del pari, le condotte delle associazioni che le hanno adottate rientrano nell’ambito di applicazione delle disposizioni del TFUE sul diritto della concorrenza qualora siano soddisfatte le condizioni ivi previste[12]; di talché tali associazioni possono essere qualificate come “imprese” o “associazioni di imprese” ai sensi degli articoli 101 e 102. Rientrando nell’ambito di applicazione del TFUE, pertanto, laddove risultino applicabili ai singoli tali norme devono trovare attuazione nel rispetto dei principi generali del diritto dell’Unione, ed in particolare di quelli di non discriminazione e proporzionalità[13].

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 102 TFUE debba essere interpretato nel senso che vieta un abuso di posizione dominante in base al quale la FIFA e la UEFA stabiliscono nei loro statuti che è richiesta la loro previa autorizzazione – trattandosi di enti ai quali è attribuita la competenza esclusiva di organizzare o autorizzare competizioni internazionali in Europa – affinché un’entità terza istituisca una nuova competizione paneuropea per club come la Superlega, in particolare quando non esiste una procedura regolamentata sulla base di criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori, e tenuto conto del possibile conflitto di interessi che concerne la FIFA e l’UEFA.

La Corte ha preliminarmente rilevato che la FIFA e l’UEFA esercitano entrambe un’attività economica, che consiste nell’organizzazione e nella commercializzazione di competizioni calcistiche internazionali e nello sfruttamento dei diritti connessi, detenendo in tal modo una posizione dominante, o addirittura un monopolio, sul mercato rilevante. Le norme contenute nei loro statuti, adottati in virtù dei poteri di regolamentazione e di controllo che le stesse si sono attribuite, inoltre, garantiscono a tali enti non solo il potere di autorizzare la costituzione e l’organizzazione, da parte di un terzo, di una nuova competizione calcistica tra clubsul territorio dell’Unione, e bensì anche quello di controllare la partecipazione dei club e dei giocatori stessi sotto pena di sanzioni. Di conseguenza, le federazioni responsabili di una disciplina sportiva, come la FIFA e la UEFA, possono adottare, attuare e garantire il rispetto di norme relative non solo all’organizzazione e allo svolgimento delle competizioni internazionali di tale disciplina, e bensì anche alla previa approvazione e partecipazione da parte dei club e dei giocatori.

Tutto ciò premesso, oltre a rivestire una notevole importanza sociale e culturale nell’Unione[14], il calcio suscita anche un grande interesse mediatico. Più particolarmente, tra le sue peculiarità rientra l’organizzazione di numerose competizioni, sia a livello europeo che nazionale, che prevedono la partecipazione di squadre che hanno raggiunto determinati risultati sportivi[15]. Di conseguenza, il calcio si fonda essenzialmente sul merito sportivo, che può essere garantito solo se tutte le squadre partecipanti si affrontano in condizioni regolamentari e tecniche omogenee, assicurando così un certo livello di pari opportunità. Queste diverse specificità rendono legittimo sottoporre l’organizzazione e lo svolgimento delle competizioni internazionali di calcio professionistico a regole comuni destinate a garantirne l’omogeneità e il coordinamento all’interno di un calendario complessivo nonché, più in generale, a promuoverne, in modo adeguato ed efficace, uno svolgimento delle competizioni basato sulle pari opportunità e sul merito. Del pari, è anche legittimo garantire il rispetto di tali regole comuni attraverso norme come quelle adottate dalla FIFA e dall’UEFA sull’approvazione preventiva di tali competizioni e sulla partecipazione alle stese da parte di club e giocatori. Poiché tali norme sono legittime nel contesto specifico del calcio professionistico e delle attività economiche che riguardano la pratica di tale sport, né la loro adozione né la loro attuazione possono essere qualificate, di per sé, come abuso di posizione dominante[16]. Ciò vale anche per l’apparato sanzionatorio, che costituisce un legittimo mezzo per garantire l’effettività della regolazione sostanziale[17].

Nessuna delle peculiarità che caratterizzano il calcio professionistico, tuttavia, consente di legittimare l’adozione e l’attuazione di norme di previa approvazione, nonché delle sanzioni connesse, che sono, in generale, non soggette a restrizioni, obblighi e controlli idonei ad eliminare il rischio di abuso di posizione dominante e che non prevedono un quadro di criteri sostanziali e procedure dettagliate per garantirne la trasparenza, l’oggettività, la precisione e il carattere non discriminatorio; di talché, le stesse sono contrarie all’articolo 102 TFUE. A tale riguardo, è irrilevante che la FIFA e l’UEFA non godano di un monopolio legale e che le imprese concorrenti possano, in teoria, organizzare nuove competizioni che non sarebbero soggette alle norme adottate dalle due federazioni. La posizione dominante detenuta dalla FIFA e dalla UEFA sul mercato dell’organizzazione e della commercializzazione delle competizioni calcistiche internazionali tra club, infatti, è tale che, attualmente, è impossibile organizzare una competizione al di fuori del loro ecosistema, dato il pervasivo controllo che le stesse esercitano, direttamente o attraverso le federazioni calcistiche affiliate, sui club, sui giocatori e sulle competizioni nazionali.

Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 101 TFUE debba essere interpretato nel senso che vieta alla FIFA e alla UEFA di imporre nei loro statuti una previa autorizzazione, in quanto titolari della competenza esclusiva di organizzare o autorizzare competizioni internazionali in Europa, affinché un’entità terza possa istituire una competizione paneuropea per club come la Superlega, in particolare quando non esista una procedura regolamentata sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori, e tenuto conto del possibile conflitto di interessi che interesserebbe la FIFA e la UEFA.

Sebbene le motivazioni addotte per la loro adozione possano includere il perseguimento di obiettivi legittimi, quali garantire il rispetto dei principi, dei valori e delle regole su cui si fonda il calcio, le norme FIFA e UEFA subordinano alla loro previa approvazione l’organizzazione e la commercializzazione di qualsiasi competizione calcistica internazionale diversa da quelle organizzate da tali entità nel perseguimento di un’attività economica. Così facendo, tali norme conferiscono loro il potere di autorizzare, controllare e fissare le condizioni di accesso al mercato rilevante per qualsiasi impresa potenzialmente concorrente, nonché di determinare sia il grado di concorrenza che può sussistere su tale mercato che le condizioni in cui la stessa può essere esercitata. Le norme in questione, pertanto, consentono, se non di escludere da tale mercato qualsiasi impresa concorrente, anche altrettanto efficiente, quanto meno di limitare la creazione e la commercializzazione di competizioni nuove o alternative in termini di formato e di contenuto, privando così i club e i giocatori della possibilità di parteciparvi nonché gli spettatori e i telespettatori della possibilità di assistervi o di guardarne la trasmissione.

Contenendo regole sulla partecipazione dei club e dei giocatori alle competizioni calcistiche internazionali nonché sulle sanzioni cui tale partecipazione può dar luogo, inoltre, le norme FIFA e UEFA appaiono, prima facie, idonee a rafforzare l’oggetto anticoncorrenziale insito in ogni meccanismo di approvazione preventiva non soggetto a restrizioni, obblighi e controlli idonei a garantirne la trasparenza, l’oggettività, la precisione e la non discriminazione, in quanto impediscono a qualsiasi impresa che organizza una competizione potenzialmente concorrente di sfruttare in modo significativo le risorse disponibili sul mercato. In assenza di un quadro che preveda criteri sostanziali e procedure dettagliate idonee a garantirne la trasparenza, l’oggettività, la precisione, la non discriminazione e la proporzionalità, pertanto, le norme FIFA e UEFA sulla previa approvazione, sulla partecipazione e sule sanzioni rivelano, per loro stessa natura, un grado sufficiente di pregiudizio per la concorrenza, rientrando così nell’ambito di applicazione del divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

Con la terza questione, il giudice del rinvio chiedeva se gli articoli 101 e 102 TFUE debbano essere interpretati nel senso che vietano un’azione da parte della FIFA, della UEFA, delle l federazioni che ne sono membri e/o delle leghe nazionali che minacci l’adozione di sanzioni contro i club che partecipano alla Superlega e/o i loro giocatori, per la dissuasione che potrebbero generare e se, qualora tali sanzioni siano adottate senza essere fondate su criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori, esse costituiscono una violazione degli articoli 101 e 102 TFUE.

Secondo la Corte, alla luce delle risposte fornite alle prime due questioni non occorre rispondere alla terza in maniera separata, in quanto le condotte di FIFA e UEFA attuano norme che violano sia l’articolo 102 che l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, rientrando quindi nell’ambito di applicazione dei divieti ivi previsti.

Con la quinta questione, il giudice del rinvio chiedeva se, qualora la FIFA e la UEFA, quali entità a cui è attribuita la competenza esclusiva di organizzare e autorizzare competizioni internazionali di club calcistici in Europa, vietassero o si opponessero, sulla base delle disposizioni dei loro statuti, allo sviluppo della Superlega, l’articolo 101 TFUE debba essere interpretato nel senso che tali restrizioni alla concorrenza potrebbero beneficiare dell’eccezione ivi stabilita al paragrafo 3, atteso che l’offerta è circoscritta in maniera sostanziale, la comparsa sul mercato di prodotti alternativi a quelli offerti dalla FIFA/UEFA è protetta e l’innovazione è limitata, precludendo formati e modalità ulteriori, eliminando la concorrenza potenziale nel mercato rilevante e limitando la scelta del consumatore. Il giudice del rinvio, inoltre, chiedeva se tale restrizione trarrebbe vantaggio da una giustificazione obiettiva che consenta di ritenere che non vi sia abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE.

La Corte ha preliminarmente ricordato che in una situazione come quella di specie, in cui il comportamento contrario all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE presenta un grado sufficiente di pregiudizio per la concorrenza ed è tale da incidere su diverse categorie di utenti o consumatori, occorre verificare, in primo luogo, se ed, eventualmente, in che misura, lo stesso potrebbe avere degli effetti pro-concorrenziali. Di conseguenza, spetta al giudice del rinvio esaminare se le norme sulla previa autorizzazione, sulla partecipazione e sulle sanzioni siano idonee ad incidere favorevolmente sulle diverse categorie di utenti, tra cui figurano, in particolare, le associazioni calcistiche, i club, i calciatori e, più in generale, i consumatori, siano essi spettatori o telespettatori. Sebbene tali norme possano apparire legittime, in linea di principio, in quanto contribuiscono a garantire il rispetto dei principi, dei valori e delle regole su cui si fonda il calcio professionistico, in particolare, il carattere aperto e meritocratico delle competizioni, tuttavia, tali obiettivi, per quanto lodevoli, non esonerano le associazioni che le hanno adottate dall’obbligo di dimostrare, dinanzi al giudice nazionale, che, da un lato, il loro perseguimento comporta incrementi di efficienza reali e quantificabili e che, dall’altro, essi sono in grado di compensare gli svantaggi concorrenziali. Poiché, inoltre, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE il comportamento in questione deve essere indispensabile o necessario, il giudice del rinvio dovrà valutarne l’impatto e confrontarlo con le misure alternative effettivamente ipotizzabili, di modo da verificare se gli incrementi di efficienza attesi da tale comportamento possano essere ottenuti mediante misure meno restrittive per la concorrenza. Per verificare se le norme FIFA e UEFA in materia di approvazione preventiva, partecipazione e sanzioni diano alle imprese partecipanti la possibilità di eliminare ogni concorrenza effettiva per una parte sostanziale dei prodotti o servizi interessati, infine, il giudice del rinvio deve tener conto del fatto che non esiste un quadro che, per tali norme, preveda criteri sostanziali e procedure dettagliate idonee a garantirne la trasparenza, l’oggettività, la precisione e la non discriminazione.

Quanto all’articolo 102 TFUE, secondo la Corte, l’istituzione, da parte della FIFA e dell’UEFA, di norme discrezionali relative all’approvazione preventiva delle competizioni calcistiche internazionali tra club, al controllo della partecipazione alle stesse da parte di questi ultimi nonché alle relative sanzioni non può in alcun modo ritenersi oggettivamente giustificato da necessità tecniche o commerciali, contrariamente a quanto potrebbe avvenire se esistesse un quadro normativo che prevedesse criteri sostanziali e procedure dettagliate rispondenti ai requisiti di trasparenza, chiarezza, precisione, neutralità e proporzionalità, che sono imperativi in questo settore. Le norme, i controlli e le sanzioni, pertanto, hanno lo scopo di riservare alla FIFA e all’UEFA l’organizzazione delle competizioni, con il rischio di eliminare ogni concorrenza da parte di imprese terze, dando così luogo ad un abuso di posizione dominante vietato dall’articolo 102 TFUE e non giustificato da alcuna necessità oggettiva. In ogni caso, spetta all’impresa in posizione dominante provare che i) la sua condotta può conseguire incrementi di efficienza, dimostrandone l’effettiva esistenza e portata, ii) gli incrementi controbilanciano i probabili effetti dannosi della condotta sulla concorrenza ed il benessere dei consumatori sul mercato o sui mercati rilevanti, e iii) la condotta in questione è necessaria per conseguire tali incrementi di efficienza, senza eliminare tutte o la maggior parte delle fonti esistenti di concorrenza effettiva o potenziale[18].

Con la quarta questione, il giudice del rinvio chiedeva se gli articoli 101 e 102 TFUE debbano essere interpretati nel senso che sono con essi incompatibili le disposizioni degli articoli 67 e 68 dello Statuto della FIFA in quanto identificano la UEFA e le federazioni nazionali che ne sono membri come “proprietari originali di tutti i diritti derivanti dagli incontri (…) sotto la rispettiva giurisdizione”, privando i club partecipanti e qualsiasi altro organizzatore di competizioni alternative della titolarità originaria di tali diritti, assumendosi la prerogativa esclusiva della loro commercializzazione.

La Corte ha preliminarmente ricordato che, ai sensi dell’articolo 345[19] TFUE, l’Unione e i Trattati non pregiudicano in alcun modo le norme degli Stati Membri che disciplinano il regime di proprietà, di talché gli articoli 101 e 102 TFUE non ostano a disposizioni come gli articoli 67 e 68 dello Statuto della FIFA, in quanto le stesse designano tale entità e l’UEFA come titolari originari di tutti i diritti derivanti dalle competizioni calcistiche tra club da loro organizzate sul territorio dell’Unione con il sostegno di questi ultimi e dei giocatori che vi partecipano.

Tutto ciò premesso, lo scopo stesso delle norme FIFA e UEFA è quello di sostituire un accordo di sfruttamento esclusivo e collettivo di tutti i diritti derivanti dalle competizioni calcistiche tra club da loro organizzate ad ogni altra modalità di sfruttamento che potrebbe, in assenza di tali norme, essere liberamente scelta dai club che partecipano alle competizioni. Norme come quelle previste dagli articoli 67 e 68 dello Statuto della FIFA, infatti, riservano ad essa, in termini molto chiari e precisi, il potere esclusivo di determinare, mediante disposizioni regolamentari, le condizioni di sfruttamento e di utilizzo di tali diritti nonché quello di autorizzare la trasmissione di partite ed eventi, compresi quelli riguardanti le competizioni calcistiche tra club, sia su piattaforme audiovisive che di altra natura, senza alcuna restrizione di contenuto, orario, luogo e aspetti tecnici. Così facendo, tali norme consentono alla FIFA e all’UEFA di controllare integralmente la fornitura dei diritti relativi alle competizioni e, di conseguenza, di impedire qualsiasi competizione tra club per quanto riguarda i diritti relativi alle partite cui essi prendono parte.

I vari diritti derivanti dalle competizioni calcistiche costituiscono la principale fonte di entrate tanto per la FIFA e per la UEFA, quanto per i club stessi, senza la cui partecipazione tali competizioni non potrebbero aver luogo, così integrando il presupposto necessario dell’attività economica cui queste ultime danno origine; di talché, la loro vendita è intrinsecamente legata all’organizzazione delle stesse. In tal senso, il monopolio conferito alla FIFA e all’UEFA per quanto riguarda lo sfruttamento e la commercializzazione dei diritti si salda con il controllo assoluto che tali entità esercitano sull’organizzazione delle competizioni, rafforzandone la portata giuridica, economica e pratica. Indipendentemente dall’attività economica alla quale danno origine, inoltre, i diritti derivanti dalle competizioni calcistiche tra club integrano un elemento essenziale del sistema di concorrenza che l’Unione e i Trattati intendono istituire e mantenere[20], costituendo un parametro che le norme in questione sottraggono al controllo dei club che partecipano alle competizioni.

Alla luce del contenuto delle norme relative all’approvazione preventiva delle competizioni calcistiche internazionali tra club, di ciò che oggettivamente mirano a realizzare in termini di concorrenza nonché del contesto economico e giuridico in cui si inscrivono, pertanto, l’UEFA e la FIFA sono responsabili non solo di impedire qualsiasi concorrenza tra i club affiliati alle federazioni nazionali nella commercializzazione dei diritti relativi alle partite cui partecipano, e bensì anche di incidere sul funzionamento stesso della concorrenza, a danno, da un lato, delle imprese terze che operano su una serie di mercati mediatici situati a valle e, dall’altro, dei consumatori e dei telespettatori. Più particolarmente, tali norme possono consentire alle due entità cui conferiscono il monopolio, consistente nel controllo totale dell’offerta, di praticare prezzi eccessivi, e quindi abusivi[21], a fronte dei quali gli acquirenti attuali o potenziali hanno prima facie un potere negoziale estremamente limitato, considerato il ruolo imprescindibile che le competizioni e le partite di calcio professionistico tra club rivestono nell’attrarre e fidelizzare un vasto pubblico durante tutto l’anno. In quanto sostituiscono, imperativamente e integralmente, un regime di sfruttamento esclusivo di tutti i diritti derivanti dalle competizioni calcistiche organizzate dalla FIFA e dall’UEFA a qualsiasi altra modalità di sfruttamento che potrebbe, in loro assenza, essere liberamente scelta, si può ritenere che le norme in questione abbiano per oggetto di impedire o restringere la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, e che costituiscano un abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE.

Con la sesta questione, infine, il giudice del rinvio chiedeva se gli articoli 45, 49, 56 e 63 TFUE debbano essere interpretati nel senso che una disposizione come quella contenuta negli statuti della FIFA e della UEFA costituisce una restrizione contraria ad alcune delle libertà fondamentali sancite in tali disposizioni, richiedendo la previa autorizzazione di tali enti per l’istituzione da parte di un operatore economico di uno Stato Membro di una competizione per club paneuropea come la Superlega.

Secondo la Corte, poiché non esiste un quadro che preveda criteri sostanziali e regole dettagliate idonee a garantirne la trasparenza, l’oggettività, la non discriminazione e la proporzionalità, le disposizioni della FIFA e della UEFA consentono loro di esercitare un controllo discrezionale i) sulla possibilità, per eventuali terzi, di organizzare e commercializzare competizioni calcistiche tra club sul territorio dell’Unione, ii) sulla possibilità per questi ultimi di partecipare a tali competizioni, nonché iii) sulla possibilità per qualsiasi altra impresa di fornire servizi connessi all’organizzazione o commercializzazione di tali competizioni. In tal modo, le norme FIFA e UEFA non solo ostacolano o rendono meno attraenti le attività economiche interessate, e bensì le impediscono tout court, limitando l’accesso a qualsiasi nuovo competitor[22] e, pertanto, costituiscono un ostacolo alla libera prestazione dei servizi di cui all’articolo 56 TFUE.

L’adozione di norme sull’approvazione preventiva delle competizioni calcistiche tra club e sulla partecipazione di questi ultimi e dei loro giocatori può tuttavia essere giustificata, in linea di principio, da obiettivi di interesse pubblico, consistenti nel garantire che le competizioni non solo saranno organizzate nel rispetto dei principi, dei valori e delle regole su cui si fonda il calcio professionistico, in particolare, quelli di apertura, merito e solidarietà, e bensì che le stesse, in maniera sostanzialmente omogenea e temporalmente coordinata, possano integrarsi nel sistema delle competizioni nazionali, europee ed internazionali che caratterizzano quello sport. Ciononostante, tali obiettivi non sono idonei a giustificare l’adozione di tali norme qualora non contengano criteri sostanziali e procedure dettagliate idonee a garantirne la trasparenza, l’oggettività, la precisione e la non discriminazione. Al fine di essere giustificato, infatti, un regime di approvazione preventiva come quello previsto dalla FIFA e dalla UEFA dovrebbe, in ogni caso, basarsi su criteri oggettivi, non discriminatori e conosciuti in anticipo, così da limitare l’esercizio del potere discrezionale conferito all’organo abilitato a concedere o rifiutare tale approvazione e fare in modo che lo stesso non venga utilizzato arbitrariamente[23].

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[1] Per ulteriori informazioni si veda il nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK.

[2] Nello specifico AC Milan, Arsenal FC, Atletico de Madrid, Chelsea FC, FC Barcellona, FC Internazionale Milano, Juventus FC, Liverpool FC, Manchester City, Manchester United, Real Madrid CF e Tottenham Hotspur.

[3] La nuova competizione prevede la partecipazione di 20 club (i 15 fondatori più altre 5 squadre classificate annualmente sulla base dei risultati della stagione precedente) suddivisi in due diversi gironi composti ognuno da dieci squadre che, a partire da agosto e con gare infrasettimanali, dovrebbero affrontarsi in partite di andata e ritorno in un torneo c.d. “all’italiana”. Al termine della fase preliminare, le prime tre squadre di ogni girone verrebbero direttamente ammesse a quella ad eliminazione diretta, mentre le quarte e quinte classificate si affronterebbero in un incontro basato sul modello playoff. Dopodiché, le otto squadre così individuate si sfiderebbero nei quarti di finale con partite di andata e ritorno, con accoppiamenti decisi in base alla classifica dei due gironi.

[4] Per ulteriori informazioni si veda il nostro precedente contributo “Il caso Superlega. L’ineludibile tensione tra l’autogoverno degli organismi esponenziali dello sport e le norme europee in materia di concorrenza nel settore sportivo”, disponibile al seguente LINK.

[5] CGUE 16.03.2010, Causa C-325/08, Olympique Lyonnais SASP contro Olivier Bernard e Newcastle UFC, punto 27; CGUE 12.12.1974, Causa 36/74, B.N.O. Walrave, L.J.N. Koch contro Association Union cycliste internationale, Koninklijke Nederlandsche Wielren Unie e Federación Española Ciclismo, punto 4.

[6] CGUE 11.04.2000, Cause riunite C-51/96 e C-191/97, Christelle Deliège contro Ligue francophone de judo et disciplines associées ASBL, Ligue belge de judo ASBL, Union européenne de judo e François Pacquée, punti 43-44 e 63-69; CGUE 15.12.1995, Causa C‑415/93, Bosman, punti 76 e 127; CGUE 12.12.1974, Causa 36/74, B.N.O. Walrave, L.J.N. Koch contro Association Union cycliste internationale, Koninklijke Nederlandsche Wielren Unie e Federación Española Ciclismo, punto 8.

[7] L’articolo 45 TFUE dispone: “… La libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione è assicurata.

Essa implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro.

Fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica, essa importa il diritto:

a) di rispondere a offerte di lavoro effettive;
b) di spostarsi liberamente a tal fine nel territorio degli Stati membri;
c) di prendere dimora in uno degli Stati membri al fine di svolgervi un’attività di lavoro, conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che disciplinano l’occupazione dei lavoratori nazionali;
d) di rimanere, a condizioni che costituiranno l’oggetto di regolamenti stabiliti dalla Commissione, sul territorio di uno Stato membro, dopo aver occupato un impiego.

Le disposizioni del presente articolo non sono applicabili agli impieghi nella pubblica amministrazione…”.

[8] L’articolo 49 TFUE dispone: “… Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro.

La libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’articolo 54, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali…”.

[9] L’articolo 56 TFUE dispone: “… Nel quadro delle disposizioni seguenti, le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno dell’Unione sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro che non sia quello del destinatario della prestazione.

Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono estendere il beneficio delle disposizioni del presente capo ai prestatori di servizi, cittadini di un paese terzo e stabiliti all’interno dell’Unione…”.

[10] L’articolo 63 TFUE dispone: “… Nell’ambito delle disposizioni previste dal presente capo sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi.

Nell’ambito delle disposizioni previste dal presente capo sono vietate tutte le restrizioni sui pagamenti tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi…”.

[11] CGUE 16.03.2010, Causa C-325/08, Olympique Lyonnais SASP contro Olivier Bernard e Newcastle UFC, punti 28-30; CGUE 18.07.2006, Causa C-519/04 P, David Meca-Medina e Igor Majcen contro Commissione delle Comunità europee, punto 28; CGUE 12.04.2005, Causa C-265/03, Igor Simutenkov contro Ministerio de Educación y Cultura e Real Federación Española de Fútbol, punto 32; CGUE 15.12.1995, Causa C‑415/93, Bosman, punti 75 e 82-87; CGUE 12.12.1974, Causa 36/74, B.N.O. Walrave, L.J.N. Koch contro Association Union cycliste internationale, Koninklijke Nederlandsche Wielren Unie e Federación Española Ciclismo, punti 5 e 17-19.

[12] CGUE 18.07.2006, Causa C-519/04 P, David Meca-Medina e Igor Majcen contro Commissione delle Comunità europee, punti 30-33.

[13] CGUE 13.06.2019, Causa C-22/18, TopFit e.V. e Daniele Biffi contro Deutscher Leichtathletikverband e.V., punti 60-66.

[14] CGUE 16.03.2010, Causa C-325/08, Olympique Lyonnais SASP contro Olivier Bernard e Newcastle UFC, punto 40; CGUE 15.12.1995, Causa C‑415/93, Bosman, punto 106.

[15] CGUE 15.12.1995, Causa C‑415/93, Bosman, punto 132.

[16] CGUE 11.04.2000, Cause riunite C-51/96 e C-191/97, Christelle Deliège contro Ligue francophone de judo et disciplines associées ASBL, Ligue belge de judo ASBL, Union européenne de judo e François Pacquée, punto 64.

[17] CGUE 18.07.2006, Causa C-519/04 P, David Meca-Medina e Igor Majcen contro Commissione delle Comunità europee, punto 44.

[18] CGUE 27.03.2012, Causa C‑209/10, Post Danmark A/S contro Konkurrencerådet, punto 42.

[19] L’articolo 345 TFUE dispone: “… I trattati lasciano del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri…”.

[20] CGUE 12.11.2002, Causa C-206/01, Arsenal Football Club plc contro Matthew Reed, punti 47-48.

[21] CGUE 11.12.2008, Causa C-52/07, Kanal 5 Ltd e TV 4 AB contro Föreningen Svenska Tonsättares Internationella Musikbyrå (STIM) upa, punti 28-29; CGUE 14.02.1978, Causa 27/76, United Brands Company e United Brands Continentaal BV contro Commissione delle Comunità europee, punto 250.

[22] CGUE 08.06.2023, Causa C-50/21, Prestige and Limousine, punto 62; CGUE 10.03.2009, Causa C-169/07, Hartlauer Handelsgesellschaft mbH contro Wiener Landesregierung e Oberösterreichische Landesregierung, punto 34.

[23] CGUE 13.06.2019, Causa C-22/18, TopFit e.V. e Daniele Biffi contro Deutscher Leichtathletikverband e.V., punto 65; CGUE 22.01.2002, Causa C-390/99, Canal Satélite Digital SL contro Adminstración General del Estado, in presenza di Distribuidora de Televisión Digital SA (DTS), punto 35.