INTERNATIONAL SKATING UNION. LA CORTE DI GIUSTIZIA CONFERMA CHE LE SANZIONI INFLITTE AGLI ATLETI PER LA PARTECIPAZIONE A COMPETIZIONI SPORTIVE NON AUTORIZZATE VIOLANO LE NORME EUROPEE SULLA CONCORRENZA

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In data 21 dicembre 2023, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-124/21 P, International Skating Union contro Commissione europea, in merito alla richiesta dell’International Skating Union (“ISU”) di annullare parzialmente la sentenza[1] con cui il Tribunale aveva respinto il suo ricorso diretto all’annullamento della Decisione della Commissione C(2017) 8230 final dell’8 dicembre 2017[2]. La Corte, inoltre, si è pronunciata sull’impugnazione incidentale proposta dai due atleti all’origine della denuncia che aveva condotto la Commissione ad avviare il procedimento nei confronti dell’ISU nonché dall’European Elite Athletes Association (Associazione europea degli atleti di alto livello).

Questi i fatti.

In qualità di organismo esponenziale unico del pattinaggio artistico e di velocità su ghiaccio, l’ISU aveva predisposto alcune c.d. “regole di ammissibilità” che prevedevano un sistema di autorizzazione preventiva per il quale gli atleti potevano prendere parte solamente agli eventi autorizzati dall’ISU medesima e/o dalle federazioni nazionali affiliate, che erano organizzati da rappresentanti da lei approvati. In caso di partecipazione ad un evento non autorizzato secondo tali modalità, gli atleti erano esposti a sanzioni che potevano giungere sino all’esclusione a vita da qualsiasi competizione ISU. A partire dal 30 giugno 2006, inoltre, il c.d. “regolamento arbitrale” dell’ISU prevedeva la possibilità per gli atleti di presentare ricorso contro una decisione di inammissibilità unicamente dinanzi al Tribunale arbitrale internazionale dello sport di Losanna (Court of Arbitration for Sport, CAS)[3]. In data 25 ottobre 2015, infine, l’ISU aveva pubblicato la Comunicazione n. 1974, che stabiliva che tutti gli eventi dovevano essere preventivamente autorizzati dal Consiglio dell’ISU ed organizzati secondo le sue regole, indicando altresì una serie di requisiti generali, finanziari, tecnici, sportivi ed etici cui gli organizzatori dovevano attenersi[4].

L’ISU non aveva autorizzato la competizione di pattinaggio di velocità con prove di nuovo formato (c.d. “Grand Prix”) organizzata nel 2014 dalla società coreana Icederby International Co. Ltd. A seguito di ciò, due pattinatori olandesi avevano adito la Commissione Europea sostenendo che le regole di ammissibilità dell’ISU, nella versione del 2014, erano incompatibili con gli articoli 101 e 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) ed a torto impedivano loro di partecipare al Grand Prix. Con la Decisione C(2017) 8230 final, la Commissione aveva ritenuto che le regole di ammissibilità dell’ISU costituivano una restrizione della concorrenza per oggetto e per effetto, in quanto avevano lo scopo di limitare le possibilità dei pattinatori professionisti di partecipare liberamente a gare internazionali organizzate da enti terzi, privando quindi questi ultimi delle prestazioni degli atleti necessarie per l’organizzazione di tali competizioni. Di conseguenza, la Commissione aveva ingiunto all’ISU, sotto pena di penalità di mora periodiche, di porre fine all’infrazione e di modificare il regolamento arbitrale qualora intendesse mantenere il sistema di autorizzazione preventiva[5].

In data 19 febbraio 2018 l’ISU aveva impugnato la decisione della Commissione dinanzi al Tribunale dell’Unione, deducendo otto motivi di ricorso. Con la decisione del 16 dicembre 2020, tuttavia, quest’ultimo aveva dichiarato che la decisione della Commissione non era viziata da illegittimità nella parte in cui verteva sulle norme in materia di ammissibilità e di autorizzazione dell’ISU, ma che essa era invece illegittima nella parte riguardante la disciplina in materia di arbitrato[6]. È avverso questa sentenza, che sia l’ISU che gli altri ricorrenti avevano a loro volta proposto impugnazione alla Corte di Giustizia deducendo, rispettivamente, due motivi in via principale e due motivi in via incidentale.

Con il primo motivo di impugnazione principale, l’ISU sosteneva che il Tribunale i) aveva omesso di esaminare gli argomenti che contestavano la valutazione della Commissione dei fatti a sostegno dell’accertamento di una restrizione della concorrenza per oggetto, ii) aveva ridefinito la restrizione della concorrenza oggetto della causa violando così il suo obbligo di non sostituire il proprio ragionamento a quello della Commissione, classificando erroneamente gli elementi affrontati da quest’ultima come rilevanti ai fini della constatazione di una restrizione della concorrenza per oggetto, e iii) era incorso in errori di diritto nella sua analisi degli elementi invocati dalla Commissione per constatare che le norme di ammissibilità dell’ISU rappresentavano una restrizione della concorrenza per oggetto.

La Corte ha preliminarmente ricordato che, costituendo un’attività economica, lo sport è soggetto alle norme europee applicabili in materia[7]. Più particolarmente, ad eccezione delle norme adottate esclusivamente per motivi non economici e riguardanti questioni di interesse esclusivo per lo sport in sé[8], le norme delle associazioni sportive e, più in generale, le loro condotte rientrano nell’ambito di applicazione delle disposizioni del TFUE sul diritto della concorrenza qualora siano soddisfatte le condizioni ivi previste[9]. Ciò vale, in particolare, per le norme relative all’autorizzazione a prendere parte alle competizioni sportive, la cui organizzazione e commercializzazione costituiscono un’attività economica, tanto per le imprese che vi partecipano o intendono parteciparvi, quanto per le associazioni che le organizzano[10].

La tesi dell’ISU, secondo cui il Tribunale avrebbe accertato un’infrazione diversa da quella individuata dalla Commissione nella Decisione C(2017) 8230 final, sostituendo la propria valutazione a quella di quest’ultima, è stata respinta in quanto infondata. Secondo la Corte, infatti, il Tribunale si era limitato a considerare che la qualificazione della condotta in questione come violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE in quanto aveva per oggetto la restrizione della concorrenza non era viziata da nessuno degli errori lamentati dall’ISU.

Al fine di stabilire se una decisione di un’associazione di imprese che le conferisce poteri di regolamentazione, di controllo e sanzionatori, che le consentono di autorizzare o impedire l’accesso di potenziali competitors ad un determinato mercato, nel quale la stessa opera, abbia ad oggetto o per effetto quello di impedire, restringere o falsare la concorrenza è necessario verificare se tali poteri siano circoscritti da criteri trasparenti, chiari e precisi[11], enunciati in forma accessibile ed anteriormente a qualsiasi loro attuazione. Inoltre, la disciplina dovrà garantire che il potere sia esercitato senza discriminazioni[12], che le sanzioni eventualmente irrogate siano obiettive e proporzionate[13] e che ne venga istituito un controllo effettivo[14]. I poteri in questione, infine, devono essere soggetti a procedure dettagliate, trasparenti e non discriminatorie, come quelle relative ai termini applicabili per la presentazione di una richiesta di autorizzazione preventiva e per l’adozione della relativa decisione, che non rischiano di nuocere ai potenziali competitors impedendo loro di accedere al mercato rilevante[15].

Di conseguenza, il Tribunale non aveva commesso alcun errore di diritto nel ritenere che le norme ISU non fossero giustificate, in modo verificabile, da alcun obiettivo specifico e che non ne disciplinassero il potere discrezionale di autorizzare o meno l’organizzazione e la realizzazione di manifestazioni di pattinaggio di velocità che sottoposte da enti o imprese terze sulla base di criteri trasparenti, oggettivi e non discriminatori. Del pari, il Tribunale non aveva commesso errori di diritto nel ritenere che le sanzioni che potevano essere imposte dall’ISU agli atleti che partecipavano a gare di pattinaggio di velocità non previamente autorizzate non erano disciplinate da criteri idonei a garantirne l’oggettività e la proporzionalità, giacché le stesse costituivano un fattore rilevante per determinare se le norme sull’autorizzazione preventiva e sull’ammissibilità avessero per oggetto di restringere la concorrenza sul mercato rilevante.

Poiché le norme dell’ISU consentono, se non di escludere da tale mercato qualsiasi impresa concorrente, anche altrettanto efficiente, quanto meno di limitare la creazione e la commercializzazione di competizioni nuove o alternative in termini di formato e di contenuto, privando così le altre associazioni e gli atleti della possibilità di parteciparvi nonché gli spettatori e i telespettatori della possibilità di assistervi o di guardarne la trasmissione, il primo motivo principale veniva respinto.

Con il secondo motivo principale, l’ISU sosteneva che il Tribunale aveva commesso un errore di diritto non esaminando il quarto motivo del suo ricorso, con il quale essa affermava che la decisione di non approvare il Grand Prix non rientrava nell’ambito di applicazione dell’articolo 101 TFUE in quanto perseguiva un obiettivo legittimo e conforme al proprio codice etico, il quale vietava qualsiasi forma di sostegno alle scommesse.

Secondo la Corte, tuttavia, il Tribunale aveva correttamente confermato la fondatezza della valutazione della Commissione secondo cui le norme di autorizzazione preventiva e di ammissibilità, considerate come tali e quindi indipendentemente dalla loro applicazione a casi concreti, avevano per oggetto la restrizione della concorrenza, di talché anche il secondo motivo principale veniva respinto.

Con il primo motivo di impugnazione incidentale, strutturato in due parti, gli altri ricorrenti contestavano la sentenza del Tribunale nella parte in cui quest’ultimo aveva ritenuto che il meccanismo di arbitrato esclusivo e obbligatorio istituito dall’ISU non potesse essere considerato rafforzativo della restrizione della concorrenza per oggetto ravvisata dalla Commissione. Più particolarmente, con la prima parte del primo motivo gli altri ricorrenti sostenevano che il Tribunale aveva commesso errori nella sua analisi relativa alla giustificazione della competenza esclusiva del CAS per le controversie vertenti sugli aspetti anticoncorrenziali delle decisioni di inammissibilità dell’ISU. Con la seconda parte del primo motivo, invece, i ricorrenti sostenevano che il Tribunale aveva commesso un errore di diritto concludendo che il regolamento arbitrale non comprometteva la piena efficacia del diritto della concorrenza dell’Unione nonché il diritto ad una protezione giurisdizionale effettiva.

La Corte ha preliminarmente ricordato che la proposizione generale, secondo cui i regolamenti arbitrali possono essere giustificati da interessi legittimi legati alla specificità dello sport, in quanto attribuiscono al CAS la giurisdizione obbligatoria ed esclusiva a rivedere le decisioni che l’ISU può adottare in virtù dei suoi poteri di autorizzazione preventiva e sanzionatori, non considera i requisiti che devono essere soddisfatti affinché un meccanismo come quello del caso concreto , da un lato, consenta l’effettivo rispetto delle norme di ordine pubblico contenute nel diritto dell’Unione e, dall’altro, sia compatibile con i principi sottesi all’impianto giudiziario dell’Unione. A tale riguardo, le norme arbitrali imposte dall’ISU riguardano, in particolare, le controversie sorgenti nell’ambito di attività economiche, consistenti nell’organizzare e commercializzare competizioni internazionali di pattinaggio di velocità, nonché nel parteciparvi come atleta professionista. Ne segue che, trovando applicazione nelle controversie relative all’esercizio di uno sport come attività economica, tali norme rientrano nella sfera del diritto della concorrenza e, come tali, devono esservi conformi in quanto attuate nel territorio dell’Unione, indipendentemente dal luogo in cui sono stabiliti gli enti che le hanno adottate[16]. Nel caso concreto, pertanto, è in discussione soltanto l’attuazione di tali norme nell’ambito di siffatte controversie e nel territorio dell’Unione, e non già in un territorio diverso o in altre tipologie di controversie, come quelle riguardanti lo sport in quanto tale e non rientranti nel diritto europeo.

Le norme in materia di arbitrato, inoltre, sono in discussione non nella parte in cui sottopongono al CAS in quanto organo arbitrale il controllo in primo grado delle decisioni emesse dall’ISU, e bensì solamente nella parte in cui sottopongono il controllo dei lodi arbitrali emessi dal CAS e quello in ultima istanza delle decisioni dell’ISU alla giurisdizione del Tribunal fédéral (Corte suprema federale) svizzero, ossia un tribunale di uno Stato terzo. A tale riguardo, gli articoli 101 e 102 TFUE sono disposizioni dotate di effetto diretto che creano diritti soggettivi che i giudici nazionali devono tutelare[17] e che rientrano nelle norme europee di ordine pubblico[18]. Di conseguenza, sebbene un singolo possa stipulare un accordo che sottoponga, in maniera chiara e precisa, tutte o parte delle controversie che lo riguardano ad un organo arbitrale in luogo del giudice nazionale altrimenti competente ai sensi del diritto applicabile, e le esigenze di efficacia dei procedimenti arbitrali possano giustificare una limitazione del controllo giurisdizionale successivo dei lodi[19], tale controllo deve, in ogni caso, riguardare la questione se questi siano conformi ai principi fondamentali discendenti dalle norme europee di ordine pubblico, tra cui gli articoli 101 e 102 TFUE[20]. In assenza di tale controllo giurisdizionale, pertanto, il ricorso ad un meccanismo arbitrale potrebbe pregiudicare la tutela dei diritti di cui soggetti beneficiano per l’effetto diretto del diritto europeo e l’effettivo rispetto degli articoli 101 e 102 TFUE, che deve essere garantito dalle norme nazionali relative ai rimedi giurisdizionali.

Il rispetto del requisito del controllo giurisdizionale effettivo si applica, in particolare, alle norme arbitrali come quelle previste dall’ISU. Pur disponendo di autonomia giuridica che le autorizza ad adottare disposizioni relative, tra l’altro, all’organizzazione delle competizioni, al loro buon funzionamento e alla partecipazione degli atleti[21], infatti, le associazioni sportive non possono, in tal modo, limitare l’esercizio dei diritti e delle libertà garantite agli individui dall’ordinamento europeo[22]. Di conseguenza, normative come l’autorizzazione preventiva e le regole di ammissibilità devono anch’esse essere soggette ad un controllo giurisdizionale effettivo, di modo che, nel caso in cui contengano disposizioni che attribuiscono giurisdizione obbligatoria ed esclusiva ad un organo arbitrale, il tribunale competente ad esercitare il sindacato sui lodi emessi da tale organo possa altresì pronunciarsi sulla loro conformità agli articoli 101 e 102 TFUE.

Tutto ciò premesso, il Tribunale aveva commesso un errore di diritto limitandosi a constatare, in modo indifferenziato e astratto, che i regolamenti arbitrali possono essere giustificati da interessi legittimi legati alla specificità dello sport, in quanto attribuiscono ad un giudice specializzato il potere di pronunciarsi sulle controversie relative alle norme di autorizzazione preventiva e di ammissibilità, senza necessità di garantire che tali regolamenti rispettino tutti i suddetti requisiti, e pertanto, contrariamente a quanto suggerito dall’Avvocato Generale Rantos nelle sue Conclusioni del 15 dicembre 2022[23], il primo motivo dell’impugnazione incidentale viene accolto.

Con il secondo motivo incidentale, gli altri ricorrenti sostenevano che il Tribunale aveva erroneamente ritenuto che il comportamento dell’ISU consistente nel proteggere i propri interessi economici non rientrasse in un obiettivo anticoncorrenziale in sé.

Secondo la Corte, tuttavia, pur constatando che alcune valutazioni della Commissione erano errate, il Tribunale aveva ritenuto che tali errori non influissero sulla conclusione raggiunta, secondo cui le norme di autorizzazione preventiva e di ammissibilità avevano per oggetto una restrizione della concorrenza. Vertendo su questioni che avevano già portato il Tribunale a respingere parzialmente il ricorso dell’ISU, pertanto, il secondo motivo incidentale veniva respinto in quanto irricevibile.

Come è noto, se l’impugnazione è fondata, una volta annullata la decisione del Tribunale, la Corte può pronunciarsi essa stessa in via definitiva sul merito della questione, qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché quest’ultimo si pronunci nuovamente. Nel caso concreto, poiché la Corte ha respinto il ricorso proposto dall’ISU nei confronti della sentenza del Tribunale nella parte in cui respingeva la sua domanda di annullamento della parte della Decisione C(2017) 8230 final relativa alle norme di autorizzazione preventiva e di ammissibilità, il ricorso nella Causa T‑93/18 esiste solo nella misura in cui è diretto contro la parte di tale decisione che riguarda le regole arbitrali.

Più particolarmente, con il sesto motivo di ricorso dinanzi al Tribunale l’ISU sosteneva che la statuizione della Commissione secondo cui il rinvio alle regole di arbitrato del CAS rafforzava le restrizioni della concorrenza accertate era infondata. Con il settimo motivo, invece, l’ISU sosteneva che la Commissione era incorsa in un eccesso di potere imponendo misure correttive che non avevano alcuna relazione con l’accertamento di un’infrazione.

Secondo la Corte, tuttavia, nessuno degli argomenti proposti dall’ISU consente di ritenere che le valutazioni della Commissione fossero viziate da errori manifesti, di talché anche tali motivi venivano respinti.

Così come nel caso Superlega[24], la Corte ha deciso di limitare il potere delle federazioni internazionali di autorizzare preventivamente ed eventualmente vietare la nascita di nuove competizioni sportive, ponendo così fine al porto franco concorrenziale del quale per decenni il mondo dello sport si è giovato mischiando secondo convenienza funzioni istituzionali e attività economiche. La riconduzione dello sport nell’ambito di queste ultime, infatti, comporta che un sistema di autorizzazione preventiva istituito da una federazione internazionale possa essere ritenuto compatibile con il diritto europeo solo a patto di essere sottoposto a criteri sostanziali e procedurali in grado di garantire che l’esercizio di tale potere sia obiettivo, trasparente e non discriminatorio. La netta presa di posizione della Corte, pertanto, apre le porte a scenari del tutto nuovi, che potrebbero cambiare per sempre il modello organizzativo su cui lo sport si è fondato finora.

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[1] Tribunale 16.12.2020, Causa T-93/18, International Skating Union contro Commissione europea.

[2] Decisione della Commissione C (2017) 8230 final, dell’8 dicembre 2017, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo, Caso AT.40208 – Norme dell’Unione internazionale di pattinaggio in materia di ammissibilità.

[3] Il CAS, con sede a Losanna, è un’istituzione indipendente con il mandato di risolvere le controversie sportive attraverso arbitrato. Le decisioni del CAS sono definitive, salvo solo il ricorso di diritto al Tribunale Federale Svizzero.

[4] Nello specifico, tra le altre cose, i) qualsiasi richiesta di autorizzazione deve essere accompagnata da informazioni tecniche e sportive (quali quelle relative alla sede e all’ammontare dei premi da assegnare) nonché generali e finanziarie (quali il business plan, il budget e la copertura televisiva prevista per l’evento), ii) l’organizzatore e qualsiasi persona che cooperi con lui sono tenuti a presentare una dichiarazione in cui dichiarano di accettare il Codice Etico dell’ISU impegnandosi a non essere coinvolti in alcuna attività di scommessa, e iii) l’ISU si riserva il diritto di chiedere ulteriori informazioni per ciascuna di tali categorie di requisiti.

[5] Per ulteriori informazioni si veda il nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK.

[6] Per ulteriori informazioni si veda il nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK.

[7] CGUE 16.03.2010, Causa C-325/08, Olympique Lyonnais SASP contro Olivier Bernard e Newcastle UFC, punto 27; CGUE 12.12.1974, Causa 36/74, B.N.O. Walrave, L.J.N. Koch contro Association Union cycliste internationale, Koninklijke Nederlandsche Wielren Unie e Federación Española Ciclismo, punto 4.

[8] CGUE 11.04.2000, Cause riunite C-51/96 e C-191/97, Christelle Deliège contro Ligue francophone de judo et disciplines associées ASBL, Ligue belge de judo ASBL, Union européenne de judo e François Pacquée, punti 43-44 e 63-69; CGUE 15.12.1995, Causa C‑415/93, Bosman, punti 76 e 127; CGUE 12.12.1974, Causa 36/74, B.N.O. Walrave, L.J.N. Koch contro Association Union cycliste internationale, Koninklijke Nederlandsche Wielren Unie e Federación Española Ciclismo, punto 8.

[9] CGUE 18.07.2006, Causa C-519/04 P, David Meca-Medina e Igor Majcen contro Commissione delle Comunità europee, punti 30-33.

[10] Ibidem, punto 28.

[11] CGUE 28.02.2013, Causa C‑1/12, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas contro Autoridade da Concorrência, punti 84-86 e 90-99.

[12] Ibidem, punto 99.

[13] CGUE 18.07.2006, Causa C-519/04 P, David Meca-Medina e Igor Majcen contro Commissione delle Comunità europee, punti 48-55.

[14] CGUE 28.02.2013, Causa C‑1/12, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas contro Autoridade da Concorrência, punto 99.

[15] Ibidem, punti 86 e 92.

[16] CGUE 06.09.2017, Causa C-413/14 P, Intel Corp. Inc. contro Commissione europea, punti 43-45; CGUE 31.03.1993, Cause riunite C-89/85, C-104/85, C-114/85, C-116/85, C-117/85 e C-125/85 a C-129/85, A. Ahlström Osakeyhtiö e altri contro Commissione delle Comunità europee, punto 16; CGUE 25.11.1971, Causa 22/71, Béguelin Import Co. contro S.A.G.L. Import Export, punto 11.

[17] CGUE 14.03.2019, Causa C-724/17, Vantaan kaupunki contro Skanska Industrial Solutions Oy e a., punto 24; CGUE 30.01.1974, Causa 127/73, Belgische Radio en Televisie e société belge des auteurs, compositeurs et éditeurs contro SV SABAM e NV Fonior, punto 16.

[18] CGUE 01.06.1999, Causa C-126/97, Eco Swiss China Time Ltd contro Benetton International NV, punti 36-39.

[19] CGUE 26.10.2006, Causa C-168/05, Elisa María Mostaza Claro contro Centro Móvil Milenium SL., punto 34; CGUE 01.06.1999, Causa C-126/97, Eco Swiss China Time Ltd contro Benetton International NV, punto 35.

[20] CGUE 01.06.1999, Causa C-126/97, Eco Swiss China Time Ltd contro Benetton International NV, punto 37.

[21] CGUE 13.06.2019, Causa C-22/18, TopFit e.V. e Daniele Biffi contro Deutscher Leichtathletikverband e.V., punto 60; CGUE 11.04.2000, Cause riunite C-51/96 e C-191/97, Christelle Deliège contro Ligue francophone de judo et disciplines associées ASBL, Ligue belge de judo ASBL, Union européenne de judo e François Pacquée, punti 67-68.

[22] CGUE 13.06.2019, Causa C-22/18, TopFit e.V. e Daniele Biffi contro Deutscher Leichtathletikverband e.V., punto 52; CGUE 15.12.1995, Causa C‑415/93, Bosman, punti 81-83.

[23] Per ulteriori informazioni si veda il nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK.

[24] Per ulteriori informazioni si veda il nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK.