INDICAZIONI GEOGRAFICHE PROTETTE NON PIÙ SOLO AGRO-ALIMENTARI

marketude Agri-Food, EU and Competition, Intellectual Property, Publications, Roberto A. Jacchia, Silvia Bolognani

A) INTRODUZIONE

La legislazione europea tutela le indicazioni geografiche per i prodotti agro-alimentari, i vini e le bevande alcoliche. Fino a poco tempo fa, nessuna protezione sui generis era prevista, a livello europeo, per i prodotti artigianali e industriali e così, il vetro di Murano, il marmo di Carrara, la coltelleria di Solingen e le porcellane di Limoges, solo per citare alcuni esempi, erano destinati a ricevere in alcuni Stati Membri una protezione specifica, laddove prevista, confinata ai rispettivi territori nazionali, mentre in altri Stati Membri erano tutelabili solo con gli strumenti generali del marchio o del marchio collettivo e dell’azione di concorrenza sleale.

Il 27 ottobre 2023 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il “Regolamento (UE) 2023/2411 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 ottobre 2023 relativo alla protezione delle indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali e che modifica i regolamenti (UE) 2017/1001 e (UE) 2019/1753” (“Regolamento”) che inaugura, in relazione ai prodotti artigianali e industriali che presentano determinate caratteristiche, un sistema di protezione uniforme in tutti gli Stati Membri.

L’introduzione di forme di protezione ad hoc per le eccellenze artigianali/industriali era al vaglio della Commissione da numerosi anni, le prime consultazioni pubbliche hanno avuto luogo nel 2013 e si sono poi reiterate nel 2020 e 2021. Con il 2023 sono stati completati gli ultimi passaggi dell’iter legislativo e lo scorso 9 ottobre il Consiglio, condividendo la posizione già adottata dal Parlamento il 12 settembre, ha approvato definitivamente la proposta di Regolamento[1].

Secondo la Proposta ed i Considerando iniziali del Regolamento, questo nuovo istituto garantirà una maggiore certezza giuridica[2]nella protezione dei prodotti artigianali e industriali di eccellenza, con vantaggi per i consumatori e per le micro, piccole e medie imprese (“MPMI”). Si incentiverebbero le produzioni di qualità, rafforzando la competitività tra le imprese, e si offrirebbero ai consumatori mezzi più efficaci per verificare l’autenticità dei prodotti, con un impatto virtuoso sull’occupazione. Ci si aspetta, infatti, che il decollo delle nuove indicazioni geografiche possa incidere sullo sviluppo delle regioni rurali e meno avanzate economicamente, incrementando il turismo e generando nuovi posti di lavoro. Non da ultimo, si valorizzerebbe il patrimonio culturale di alcune regioni, rappresentato anche dalle tradizioni produttive e commerciali.

Per incentivare la registrazione delle nuove indicazioni geografiche da parte dei produttori, la scelta legislativa è stata quella di creare un sistema di tutela presentato come semplice e rapido a livello amministrativo e dai costi contenuti. Il Regolamento prevede che le domande di registrazione delle indicazioni geografiche dirette all’EUIPO[3], siano presentate digitalmente. È inoltre istituito un registro elettronico[4], pubblicamente accessibile, che permette di scaricare facilmente gli estratti ufficiali delle indicazioni geografiche. Per contenere i costi, e per agevolare le MPMI, destinatarie naturali del nuovo Regolamento, l’EUIPO non chiede, per la procedura di registrazione, il versamento di alcuna tassa (eccetto che per i casi di cui all’art. 65)[5].

L’adozione del Regolamento consente, infine, all’Unione di adempiere ai propri obblighi internazionali assunti con la sottoscrizione, nel 2019, dell’Atto di Ginevra dell’Accordo di Lisbona sulle denominazioni di origine e sulle indicazioni geografiche (che protegge sia le indicazioni agro-alimentari che quelle artigianali e industriali)[6].

Possiamo ora soffermarci sui principali contenuti del Regolamento.

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B) ARCHITETTURA E AMBITO DI APPLICAZIONE

Il Regolamento si compone di otto titoli[7] e si applica ai prodotti artigianali e industriali,[8] ossia a quei prodotti che, così come li definisce l’art. 4, sono: (i) realizzati interamente a mano, oppure con l’ausilio di strumenti manuali o digitali, o mediante mezzi meccanici, il cui contributo manuale deve costituire tuttavia una componente importante del prodotto finito; (ii) realizzati in modo standardizzato, compresa la produzione in serie e mediante l’uso di macchine.

Affinché un prodotto artigianale o industriale sia proteggibile come indicazione geografica, lo stesso deve, ai sensi dell’art. 6, possedere cumulativamente tre requisiti: (i) essere originario di un luogo, una regione o un paese determinati; (ii) la sua qualità, reputazione o altra caratteristica del prodotto sono essenzialmente attribuibili all’origine geografica dello stesso; (iii) almeno una delle fasi di produzione ha luogo nella zona geografica delimitata[9].

Inoltre, il prodotto deve rispettare il disciplinare di produzione, il quale attesta il soddisfacimento dei tre requisiti. In particolare, all’interno del disciplinare deve essere contenuta, tra le altre informazioni[10], la specificazione della zona geografica della quale è originario il prodotto e le informazioni che stabiliscono il legame tra la zona geografica e la qualità, la reputazione o altra caratteristica del prodotto stesso, nonché gli elementi che dimostrano che quest’ultimo è originario della zona indicata.

C) PROCEDURA DI REGISTRAZIONE

L’art. 8 del Regolamento prevede che la domanda di registrazione di una indicazione geografica per prodotti artigianali o industriali possa essere presentata da un’associazione di produttori e, a talune condizioni, anche da un produttore singolo. Anche un’autorità locale o regionale, o un soggetto privato designato da uno Stato Membro, sono legittimati a presentare la domanda.

La procedura si articola in due fasi.

Gli Stati membri sono responsabili della prima fase (c.d. “fase nazionale”) mentre l’EUIPO[11] gestisce la seconda fase (c.d. “fase a livello di Unione”).

In particolare, a livello nazionale, responsabile dell’esame della domanda e della eventuale procedura di opposizione è un’autorità designata[12] da (e per) ogni Stato Membro. Affinché la domanda sia validamente presentata, ai sensi dell’art. 13, essa deve contenere il disciplinare di produzione di cui all’art. 9, il documento unico di cui all’art. 10 (redatto secondo il modulo dell’allegato II) e la documentazione di accompagnamento di cui all’art. 11.

A seguito dell’esame della domanda e con la sua pubblicazione, decorre un periodo non inferiore a due mesi, per proporre opposizione alla registrazione[13]. Qualora ritenga l’opposizione ammissibile, l’autorità designata invita le parti a raggiungere, entro un certo lasso temporale, una composizione amichevole (c.d. cooling off).

L’opposizione si basa, ai sensi dell’art. 15 par. 3, su uno o più dei seguenti motivi: (i) l’indicazione geografica non possiede i requisiti necessari per godere della protezione; (ii) la registrazione sarebbe contraria agli articoli 42, 43 o 44 par. 2[14]; (iii) la registrazione pregiudica l’esistenza di un nome identico o simile, usato nella prassi commerciale, o di un marchio, oppure l’esistenza di prodotti che si trovano legalmente sul mercato da almeno cinque anni prima della data di pubblicazione della domanda (con disposizione che richiama la ratio del comune preuso).

A seguito dell’esame e dell’eventuale opposizione, se ritiene sussistenti i requisiti di protezione, l’autorità nazionale adotta la propria decisione e presenta la domanda all’EUIPO[15], provvista di tutti i documenti richiesti dall’art. 22.

L’esame effettuato dall’EUIPO ai sensi dell’art. 23, che deve concludersi entro il termine di sei mesi dalla ricezione della domanda, tiene conto dell’esito della fase nazionale.

Non altrimenti da quanto avviene per la fase nazionale, l’EUIPO gestisce anche l’eventuale fase di opposizione[16], che deve essere redatta seguendo il modulo dell’allegato III, e si basa su uno o più dei motivi previsti per l’opposizione nazionale. Anche in questo caso, qualora l’EUIPO giudichi l’opposizione ammissibile, invita le parti ad avviare una consultazione di cooling off.

Al termine della procedura, l’EUIPO accoglie o respinge la domanda di registrazione.

È altresì prevista la possibilità di ricorrere alla Commissione dei Ricorsi (Board of Appeal) avverso la decisione dell’EUIPO. Le decisioni del Board of Appeal sono impugnabili nei modi ordinari avanti il Tribunale dell’Unione Europea.

Resta ferma, con riferimento alla fase europea, la facoltà della Commissione, prevista all’art. 30, di decidere direttamente sulla domanda quando questa sia contraria all’ordine pubblico o il suo accoglimento/rigetto possa arrecare pregiudizio alle relazioni commerciali esterne dell’Unione.

Accanto alla procedura di registrazione, sono previste due specifiche norme, rispettivamente agli articoli 31 e 32, aventi ad oggetto le modifiche del disciplinare di produzione e la cancellazione dell’indicazione registrata, a determinate condizioni.

È, infine, istituito un Comitato Consultivo, incaricato di formulare pareri non vincolanti in qualsiasi fase della trattazione della domanda, incluse quelle di modifica del disciplinare e di cancellazione della registrazione.

D) PROCEDURA DIRETTA

Gli Stati Membri possono richiedere alla Commissione, ai sensi dell’art. 19, di essere dispensati dalla procedura nazionale, nondesignando una propria autorità competente, ed utilizzando invece la “procedura diretta”[17], per mezzo della quale la domanda di registrazione viene indirizzata immediatamente all’EUIPO. A norma dell’art. 19 e del Considerando (24), ai fini della concessione della procedura diretta si tiene conto del fatto che in alcuni Stati Membri, oltre a non esistere un sistema nazionale di protezione delle indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali, l’interesse a tale forma di protezione è modesto. Le richieste di dispensa dalla fase nazionale devono pervenire alla Commissione europea entro il 30 novembre 2024.

Il provvedimento della Commissione non è definitivo. Infatti, da un lato, quest’ultima può revocare la propria decisione qualora mutino le condizioni sulla cui base aveva concesso la dispensa, dall’altro lato, lo Stato Membro interessato può informare per iscritto la Commissione della volontà di non avvalersi più della procedura diretta.

E) PROTEZIONE DELLE INDICAZIONI GEOGRAFICHE. COESISTENZA CON ALTRI TITOLI

Ai sensi dell’art. 40 del Regolamento, le indicazioni geografiche registrate sono tutelate da una serie particolarmente ampia di condotte:

  • qualsiasi uso commerciale diretto o indiretto che riguardi i prodotti non oggetto di registrazione ma paragonabili ad essi, o qualsiasi uso dei prodotti registrati che sfrutti, indebolisca, diluisca o danneggi la reputazione dell’indicazione registrata;
  • qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione del nome protetto come indicazione geografica;
  • qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole sulla provenienza, origine, natura o altre caratteristiche essenziali del prodotto e che venga utilizzata sulla confezione, sull’imballaggio, su materiali pubblicitari, su documenti o online;
  • qualsiasi altra pratica che possa indurre in errore in relazione all’origine del prodotto.

L’art. 41, invece, prevede la possibilità di utilizzare un’indicazione geografica protetta per comunicare al pubblico che un determinato prodotto contiene o incorpora, come parte o componente, un prodotto oggetto di una registrazione di indicazione geografica. Tale uso è lecito se conforme alle pratiche commerciali leali e non sfrutta, indebolisce o danneggia la reputazione dell’indicazione geografica.

Di particolare interesse è l’art. 44, dedicato alla relazione tra le indicazioni geografiche e i marchi.

Come è noto, indicazioni geografiche e marchi rispondono a due rationes completamente differenti. Mentre le indicazioni geografiche comunicano ai consumatori un messaggio relativo alla qualità e alla reputazione dei prodotti di una determinata zona territoriale, i marchi informano i consumatori sull’origine imprenditoriale dei prodotti. La loro coesistenza sul mercato deve essere dunque opportunamente regolata, in quanto la compresenza può generare, da un lato, un rischio di confusione per i consumatori, i quali possono non essere più in grado di comprendere con esattezza quali siano le particolari caratteristiche dei beni originari di una determinata zona territoriale; dall’altro, la coesistenza crea il rischio che i marchi possano indebitamente evocare messaggi positivi, aventi ad oggetto la qualità dei prodotti e delle materie prime, dei quali sono portatrici le indicazioni geografiche, per incrementare le vendite dei loro prodotti.

L’art. 44 par. 1 dispone che non possa essere registrato un marchio, il cui uso sarebbe in violazione dell’art. 40, se la relativa domanda è stata presentata dopo la data di deposito della domanda di registrazione dell’indicazione geografica[18].

Al contrario, l’art. 44 par. 2 impedisce la registrazione di un’indicazione geografica, avvenuta successivamente a quella del marchio, nel caso in cui il marchio goda di notorietà, e l’indicazione geografica potrebbe indurre il consumatore in errore sulla vera identità del prodotto.

Si tratta di una disposizione che potrebbe non essere pienamente allineata alla disciplina dei conflitti tra segni distintivi, non sussistendo una perfetta corrispondenza tra marchi e indicazioni geografiche. Peraltro, ha il pregio di far chiarezza ed evitare l’aggiramento delle norme in materia di indicazioni geografiche al fine di registrare come marchi nomi identici o simili (e dunque confondibili) a queste ultime.

Il Regolamento prevede due ulteriori ipotesi di coesistenza.

L’art. 44 par. 4 statuisce che un’indicazione geografica e un marchio possano coesistere qualora quest’ultimo, pur contravvenendo all’art. 40, sia stato depositato, registrato o usato in buona fede all’interno del territorio dell’Unione e ciò sia avvenuto antecedentemente alla data di presentazione della domanda di registrazione della prima. Affinché vi sia una situazione di lecita coesistenza è inoltre richiesto che non sussistano i motivi di nullità e decadenza previsti dalla Direttiva UE 2015/2436 e dal Regolamento UE 2017/1001.

Infine, il par. 5 dell’art. 44 introduce la possibilità di apporre contemporaneamente sugli imballaggi e sulle etichette dei prodotti i marchi di certificazione, i marchi collettivi e le indicazioni geografiche[19], in tal modo facendo intendere che il legislatore europeo non ravvisa particolari rischi nella coesistenza sul mercato di questi segni.

F) CONTROLLO DELLA CONFORMITÀ AL DISCIPLINARE DI PRODUZIONE, MONITORAGGIO DELL’USO DELLE INDICAZIONI GEOGRAFICHE

Il legislatore europeo, guardando all’importanza di una comunicazione trasparente che permetta al consumatore di riporre affidamento sulle caratteristiche del prodotto, ha previsto l’adozione di strumenti di verifica della conformità ai disciplinari di produzione, e di monitoraggio dell’uso delle indicazioni geografiche nelle attività di impresa.

Il Regolamento dispone all’art. 50 che gli Stati Membri designino un’autorità competente per i controlli e predispone due distinte procedure alternative di controllo della conformità del prodotto, di cui si voglia ottenere un’indicazione geografica protetta, al disciplinare di produzione[20].

La prima procedura prevede, ai sensi dell’art. 51, che la verifica della conformità di regola abbia luogo sulla base di un’autodichiarazione[21] del produttore, rilasciata utilizzando il modulo di cui all’allegato I. L’autodichiarazione deve essere effettuata prima dell’immissione del prodotto nel mercato. L’autorità competente verifica che le informazioni contenute nell’autodichiarazione siano complete e coerenti al fine del rilascio del certificato di autorizzazione all’uso dell’indicazione geografica. I controlli possono essere effettuati sia prima che dopo l’immissione del prodotto nel mercato.

La seconda procedura prevede, ai sensi dell’art. 52, il potere degli Stati Membri di verificare la conformità del prodotto al disciplinare di produzione tramite una o più autorità competenti, o uno o più organismi di certificazione dei prodotti, o tramite persone fisiche a cui siano state delegate le funzioni di controllo. I controlli possono essere effettuati sia prima che dopo l’immissione del prodotto nel mercato.

Oltre a farsi carico dei predetti controlli, le autorità designate monitorano l’uso delle indicazioni geografiche sul territorio. In particolare, a norma dell’articolo 54, le verifiche sono effettuate a prescindere dalla concreta modalità di vendita dei prodotti (ad esempio all’ingrosso o al dettaglio, nel commercio elettronico o nel commercio fisico) o dalla circostanza che siano distribuiti sul territorio dell’Unione o siano solo in transito.

In caso di violazione del Regolamento, il regime sanzionatorio e le misure di enforcement sono demandati agli Stati Membri. Il Regolamento non fornisce dettagli in materia di sanzioni ma richiede, secondo la formula abituale, che queste siano effettive, proporzionate e dissuasive e che gli Stati membri notifichino alla Commissione entro il 1° dicembre 2025 quali misure hanno adottato[22].

G) TUTELA AMMINISTRATIVA E GIUDIZIARIA

L’art. 54 par. 2 prevede che, laddove necessario, le autorità designate dagli Stati Membri adottino le misure idonee, sia amministrative che giudiziarie, per prevenire o far cessare le condotte poste in essere in violazione degli artt. 40 e 41.

Vediamone una prima rassegna.

Quanto ai soggetti legittimati, l’art. 45 statuisce che le associazioni di produttori possano intraprendere azioni legali volte a proteggere le indicazioni geografiche e qualsiasi altro diritto di proprietà intellettuale direttamente collegato al prodotto, nonché contrastare la contraffazione e gli usi fraudolenti sul mercato interno monitorandone l’uso.

Quanto ai rimedi azionabili, in ambito nazionale, si suppone che si potranno esperire quelli generalmente già previsti, sia a livello amministrativo che giudiziale, per la tutela delle privative industriali.

A livello amministrativo, dunque, al fine di impedire la registrazione di un segno interferente (ad esempio, un marchio) con indicazioni geografiche registrate per prodotti artigianali e industriali, potrà essere proposta opposizione ex art. 176 CPI[23]. L’art. 177 CPI prevede, anche a seguito delle modifiche apportate dalla L. no. 102/2023, che legittimati a proporre l’opposizione siano “i soggetti legittimati a tutelare i diritti conferiti da una denominazione di origine o da un’indicazione geografica” nonché, in assenza di un consorzio di tutela riconosciuto dalla legge, “il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste quale autorità nazionale competente per le denominazioni di origine protette e per le indicazioni geografiche protette agricole, alimentari, dei vini, dei vini aromatizzati e delle bevande spiritose”. Si può, dunque, assumere che i soggetti legittimati a presentare domanda di registrazione per un’indicazione geografica per prodotti artigianali e industriali, ai sensi dell’art. 8 del Regolamento, potranno anch’essi esperire tale mezzo di tutela.

Si può, inoltre, supporre che, per effetto delle recenti modifiche al CPI, possa essere presentata un’istanza diretta all’UIBM, ai sensi dell’art. 184 bis CPI, volta a far dichiarare la nullità dei segni registrati in violazione dell’art. 14 co. 1 lett. b) CPI. Quest’ultimo statuisce che non possano costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa “i segni evocativi, usurpativi o imitativi di indicazioni geografiche e di denominazioni di origine protette in base alla normativa statale o dell’Unione europea, inclusi gli accordi internazionali di cui l’Italia o l’Unione europea sono parte”.

A livello giudiziale, potranno invece essere intrapresi, al fine di contrastare condotte contraffattorie e sleali, procedimenti cautelari e di merito avanti i Tribunali delle Sezioni Specializzate in materia di Impresa.

Infine, in caso di pratiche commerciali scorrette o ingannevoli, in relazione ad un segno che evochi abusivamente un’indicazione geografica, si potrà verosimilmente adire l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sulla scorta della disciplina consumeristica.

H) ENTRATA IN VIGORE, ASPETTI INTERTEMPORALI

Entro il 2 dicembre 2026, cesserà la protezione nazionale delle indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali (ovviamente, negli Stati Membri in cui essa è prevista). Entro la stessa data gli Stati membri dovranno comunicare alla Commissione e all’EUIPO quali delle denominazioni protette intendono (continuare a) tutelare a norma del Regolamento.

Il Regolamento entrerà in vigore il 16 novembre 2023 e si applicherà a partire dal 1° dicembre 2025.

Secondo le stime della Commissione, i prodotti artigianali e industriali che potrebbero essere interessati da questo Regolamento sono tra i trecento e gli ottocento. Con riferimento all’Italia, sono particolarmente numerose le eccellenze che potranno essere tutelate, come ad esempio, il vetro di Murano, il marmo di Carrara, il panno del Casentino, l’alabastro di Volterra, le ceramiche di Montelupo Fiorentino, etc.

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I) VINI, BEVANDE ALCOLICHE E PRODOTTI AGRO-ALIMENTARI

Il nuovo Regolamento non esaurisce le novità in materia di indicazioni geografiche.

Il 24 ottobre il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio avente ad oggetto il rafforzamento del sistema delle indicazioni geografiche per i vini, le bevande alcoliche e i prodotti agro-alimentari[24].

Obiettivo della riforma è quello di garantire un’applicazione più efficace delle norme in materia di indicazioni geografiche in questi settori, con un più elevato livello di tutela dalle registrazioni in malafede e dalle pratiche fraudolente o ingannevoli. Vi è anche un intento di semplificazione della procedura di registrazione[25] delle domande di nuove indicazioni geografiche (pur rimanendone la competenza in capo alla Commissione), incrementando le produzioni sostenibili[26], e potenziando il ruolo dei produttori e delle loro associazioni. Il nuovo Regolamento si propone anche di semplificare e chiarire il regime delle Specialità Tradizionali Garantite (STG)[27], ad oggi ancora poco utilizzate.

Questa proposta vedrà l’abrogazione dell’attuale Regolamento UE 2012/1151 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari e la modifica dei Regolamenti UE 2013/1308 e UE 2019/787 rispettivamente in materia di vini e bevande alcoliche.

A seguito dell’accordo raggiunto, proseguirà il trilogo tra le istituzioni, con previsione di una approvazione finale entro i primi mesi del 2024.

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L) OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

L’obiettivo delle misure legislative appena discusse è quello di rafforzare il ruolo delle indicazioni geografiche in ogni loro aspetto, dalla fase di registrazione a quella del concreto utilizzo e della fruizione. Le indicazioni geografiche rappresentano, infatti, uno strumento importante per le imprese e per il mercato, da un lato, permettendo alle prime di differenziare i propri prodotti rispetto a quelli dei concorrenti evidenziandone le caratteristiche qualitative superiori, ed incentivando una concorrenza non basata esclusivamente sui prezzi, ma anche e soprattutto, sulle qualità e sul valore delle materie prime e delle lavorazioni impiegate. Dall’altro lato, le indicazioni geografiche mirano alla valorizzazione dei territori, rafforzando il loro sviluppo economico, creando nuove opportunità occupazionali e/o attraendo l’attenzione del pubblico con effetti virtuosi per il turismo. Last but not least, l’impiego delle indicazioni geografiche permette al consumatore di orientarsi meglio nella scelta e nell’acquisto dei prodotti disponibili nel mercato, con un valore aggiunto di trasparenza su quali prodotti siano sottoposti a rigidi controlli disciplinari e quali realizzati con materie prime uniche.

Anche la scelta di predisporre un sistema unitario di norme e – almeno nelle intenzioni – semplificare le procedure è sintomatico della volontà legislativa di avvicinare gli operatori del mercato a questi strumenti di tutela.

A riprova dell’importanza delle indicazioni geografiche, anche la recente riforma, Legge no. 102/2023, del Codice della Proprietà Industriale (CPI), ha messo in risalto il ruolo delle indicazioni geografiche, ampliando il novero delle ipotesi previste dall’art. 14 co. 1 lett. b) CPI a cui si è già accennato.

Nel nuovo panorama rimangono, peraltro, delle zone d’ombra e delle zone di incertezza:

  1. Ci si domanda se l’obiettivo della semplificazione sia in effetti realizzato, oltre che dichiarato, dai nuovi strumenti. La prima impressione è che l’architettura procedurale su due livelli, i regimi transitori, le aree di confine tutte da verificare tra le indicazioni geografiche e gli altri diritti di proprietà industriale, e la coesistenza di molteplici competenze, anche agli stadi pre-contenziosi, contenziosi e dell’enforcement, rischino invece di tradursi in altrettanti moltiplicatori di complessità che, agli effetti pratici, potrebbero collocare il sistema al di là della comprensione e della fruizione diretta degli operatori, soprattutto da parte delle MPMI, se non con corposi ausili tecnici e consulenziali.
  2. Potrebbero rimanere aperti degli interrogativi dal punto di vista del rispetto dei principi fondamentali dell’Unione di sussidiarietà e di proporzionalità.
  3. Rimangono con quasi certezza inadeguate le misure attive di protezione delle indicazioni geografiche e dei relativi prodotti nella realtà del commercio, segnatamente on-line, per contrastare le imitazioni e le evocazioni parassitarie, sempre più spregiudicate ed aggressive, poste in essere dai concorrenti sleali, sia nell’Unione che nei Paesi terzi, il cui scopo è invece quello di fuorviare il consumatore sulla vera origine geografica e imprenditoriale dei loro prodotti, agganciandosi alla rinomanza e all’immagine di quelli protetti.
  4. Non si può non osservare che le competenze tecniche, amministrative e para-giurisdizionali dell’EUIPO, ampiamente sperimentate e ben funzionanti nel campo dei marchi e dei disegni comunitari, vengono continuamente espanse in direzioni nuove ed eterogenee, quali, secondo due proposte di regolamento attualmente in esame, l’amministrazione dei brevetti essenziali SEP e delle licenze FRAND, l’amministrazione dei futuri certificati protettivi complementari (CPC) unitari, e ora, le indicazioni geografiche. Occorrerà, quindi, mettere in conto degli investimenti massicci nella assunzione e nella formazione dei funzionari, in infrastrutture e nei tempi di phase-in prima che il nuovo sistema vada a regime.

In termini ancora più generali, si assiste ad una continua proliferazione di diritti di proprietà intellettuale sui generis, accanto a quelli tradizionali (marchi, brevetti, disegni e modelli) e a quelli atipici di prima generazione (diritto del costitutore di nuove varietà vegetali, topografie dei prodotti a semiconduttori, invenzioni biotecnologiche, informazioni segrete), con sempre più complesse sovrapposizioni tra istituti e competenze, sia domestiche che unionali. Guardando al futuro prossimo, ci si può chiedere quale sia la “soglia di complessità” tollerabile dal funzionamento del sistema della proprietà intellettuale nel suo insieme.

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[1] “Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla protezione delle indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali, che modifica i regolamenti (UE) 2017/1001 e (UE) 2019/1753 del Parlamento europeo e del Consiglio e la decisione (UE) 2019/1754 del Consiglio” COM(2022) 174, final, del 13 aprile 2022 (“Proposta”).

[2] Come si evince dalla Proposta, anche la scelta di utilizzare lo strumento del regolamento, e non quello della direttiva o della raccomandazione, ha come obiettivo quello di garantire una tutela uniforme direttamente applicabile in tutti gli Stati membri. In linea con questa politica, si è scelto di non utilizzare lo strumento della modifica del Regolamento marchi (Regolamento UE 2017/1001) o dell’estensione dell’attuale sistema di protezione previsto per i prodotti agricoli. Si legge nel Considerando (6): “In diversi Stati membri sono in vigore sistemi nazionali di protezione delle indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali. Tali sistemi si differenziano in termini di ambito della protezione, amministrazione e tasse, e non offrono protezione al di là del territorio nazionale. Altri Stati membri non concedono alcuna protezione delle indicazioni geografiche nazionali per i prodotti artigianali e industriali a livello nazionale. Tale mosaico frammentato e complesso di sistemi di protezione a livello di Stati membri potrebbe comportare un aumento dei costi e incertezza giuridica per i produttori e costituire un disincentivo per gli investimenti nell’artigianato tradizionale dell’Unione. L’esistenza di un sistema di protezione armonizzato dell’Unione è fondamentale per creare la certezza giuridica necessaria a tutti i portatori di interessi e per prevenire le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale relativi ai prodotti artigianali e industriali, consentendo in tal modo all’Unione di proteggere meglio i suoi interessi, anche a livello internazionale”.

[3] L’EUIPO (European Intellectual Property Office) è l’autorità designata per la registrazione a livello europeo.

[4] L’EUIPO metterà a disposizione un ulteriore strumento digitale, un sistema di condivisione delle informazioni e di allerta per i nomi a dominio.

[5] Gli uffici nazionali potranno, invece, richiedere il versamento di tasse per l’esame delle domande, le opposizioni, le richieste di modifica del disciplinare, la cancellazione della registrazione, i ricorsi e i controlli della conformità al disciplinare.

[6] È stata, per tale ragione, nell’ambito di questa riforma, modificata la decisione del Consiglio relativa all’adesione dell’Unione europea all’Atto di Ginevra al fine di designare l’EUIPO quale autorità competente per la sua amministrazione nel territorio dell’Unione europea con riferimento alle indicazioni geografiche.

[7] In particolare:

Titolo I (Disposizioni generali);

Titolo II (Registrazione delle indicazioni geografiche);

Titolo III (Protezione delle indicazioni geografiche);

Titolo IV (Controlli e applicazione);

Titolo V (Modifiche di altri atti);

Titolo VI (Tasse);

Titolo VII (Disposizioni supplementari);

Titolo VIII (Disposizioni transitorie e finali).

[8] Il Regolamento non si applica ai prodotti agricoli, alimentari e alle bevande alcoliche a cui si applicano gli appositi Regolamenti, anch’essi attualmente oggetto di rivisitazione, come si dirà infra.

[9] È il Considerando (17) a precisare che sono esclusi dalla tutela del Regolamento i prodotti realizzati principalmente al di fuori della zona geografica interessata e immessi in quest’ultima unicamente per la fase di imballaggio, nonché quelli per cui una fase di produzione potrebbe anche avvenire altrove senza che ciò incida sulla qualità, la reputazione o altre caratteristiche del prodotto. Non si può non osservare che quest’ultima causa di esclusione dalla protezione presenti un impianto controfattuale che potrebbe rivelarsi di non agevole verifica.

[10] Il disciplinare contiene, ad esempio, la descrizione dei metodi di produzione ed eventualmente dei metodi tradizionali e delle pratiche specifiche utilizzati, informazioni relative all’imballaggio qualora questo debba avere luogo nella zona geografica delimitata. L’elencazione completa è contenuta nell’art. 9.

[11] Come previsto all’art. 34, all’interno dell’EUIPO è istituita un’apposita divisione, preposta alla valutazione delle domande di registrazione e delle richieste di modifica del disciplinare, delle opposizioni, delle iscrizioni nel registro e delle richieste di cancellazione delle registrazioni.

[12] L’autorità competente è quella, ai sensi dell’art. 13, dello Stato Membro di cui il prodotto è originario. L’art. 12 par. 3 prevede che gli Stati Membri comunichino alla Commissione e all’EUIPO entro il 1° dicembre 2025 i nomi e gli indirizzi delle autorità nazionali designate.

[13] Può proporre opposizione qualsiasi soggetto avente un legittimo interesse e stabilito o residente nello Stato Membro responsabile della fase nazionale o negli Stati Membri di cui il prodotto è originario.

[14] Si tratta delle norme relative rispettivamente alla disciplina dei termini generici, degli omonimi e della relazione tra indicazioni geografiche e marchi rinomati.

[15] L’EUIPO è altresì responsabile, in conformità all’art. 21 lett. c) e al Considerando (19), della procedura di registrazione relativa a una domanda avente ad oggetto un’indicazione geografica di un Paese terzo (diversa dalle indicazioni geografiche protette nell’Unione ai sensi dell’Atto di Ginevra o di qualsiasi altro accordo internazionale di cui l’Unione è parte contraente). Così come chiarisce l’art. 22 par. 3, in questi casi la domanda è presentata all’EUIPO direttamente dal richiedente oppure dall’autorità competente del Paese terzo. La domanda deve comprendere (oltre al disciplinare di produzione di cui all’art. 9, al documento unico di cui all’art. 10 e alla documentazione di accompagnamento di cui all’art. 11) la prova legale della protezione dell’indicazione geografica nel Paese terzo di origine e, qualora il richiedente sia rappresentato da un agente, anche la prova della procura.

[16] Statuisce l’art. 25 par. 2: “L’opponente può essere l’autorità competente di uno Stato membro o di un paese terzo oppure una persona fisica o giuridica avente un interesse legittimo, stabilita o residente in un paese terzo o in un altro Stato membro, ad eccezione dell’opponente nazionale di cui all’articolo 15, paragrafo 1.”.

[17] L’art. 20 par. 7 prevede espressamente che la procedura diretta non sia applicabile alle domande di registrazione di indicazioni geografiche relative ai prodotti originari di un Paese terzo.

[18] Si noti come, a differenza di quanto previsto dall’art. 14 del Regolamento UE 2012/1151 relativo ai prodotti agro-alimentari (norma parallela a quella in discorso), nell’art. 44 par. 1 non è contenuta la specificazione che la registrazione del marchio debba riguardare “un prodotto dello stesso tipo”.

Anche la normativa nazionale prevede una disposizione relativa alla relazione tra marchi e indicazioni geografiche. L’ultima legge di riforma al CPI, L. no. 102/2023, ha modificato il co. 2 dell’art. 170 prevedendo che, nell’accertare la registrabilità di marchi relativi a prodotti agro-alimentari di prima trasformazione, che contengono o sono costituiti da denominazioni geografiche, l’UIBM deve sentire il parere vincolante del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, il quale valuta se il marchio costituisce un’usurpazione, imitazione o evocazione delle indicazioni geografiche ai sensi dell’art. 14 co. 1 lett. b) CPI.

[19] I marchi di certificazione, introdotti per la prima volta con il Regolamento UE 2015/2424 (poi sostituito dal Regolamento UE 2017/1001), distinguono i prodotti/servizi, certificati dal titolare, in relazione al materiale, al procedimento di fabbricazione dei prodotti o alla prestazione del servizio, alla qualità, alla precisione o ad altre caratteristiche, ad eccezione della provenienza geografica, rispetto a prodotti e servizi non certificati. Le caratteristiche che il marchio deve possedere sono contenute nel regolamento d’uso, depositato unitamente alla domanda di registrazione del marchio di certificazione.

I marchi collettivi contraddistinguono, invece, i prodotti o i servizi di una determinata associazione da quelli di altre imprese.

Il D.Lgs. 15/2019 ha recepito la Direttiva UE 2015/2436 introducendo, per la prima volta, in Italia una disciplina specifica per i marchi di certificazione. Tuttavia, l’attuale art. 11 bis CPI, discostandosi dalla Direttiva UE 2015/2436, prevede che il marchio di certificazione possa essere utilizzato anche per indicare l’origine geografica di un prodotto.

La differenza tra le due tipologie di marchio, dunque, è data principalmente dai differenti soggetti legittimati a registrare il marchio.

Ci si può chiedere se questa circostanza potrebbe porre problemi di coordinamento con l’art. 44 par. 5 nonché in relazione alla coesistenza dei marchi di certificazione e delle indicazioni geografiche.

[20] Ai sensi dell’art. 53, la verifica della conformità delle indicazioni geografiche di Paesi terzi al disciplinare di produzione è effettuata dall’autorità competente designata dal Paese terzo o da uno (o più) organismi di certificazione dei prodotti.

[21] Quando il prodotto è sul mercato, ogni tre anni, i produttori presentano un’autodichiarazione per confermare la conformità del prodotto al disciplinare di produzione. L’autodichiarazione deve essere inoltre aggiornata in caso di modifica del disciplinare di produzione.

[22] Ogni successiva modifica deve essere immediatamente notificata alla Commissione.

[23] Più volte l’UIBM si è occupato del conflitto tra un’indicazione geografica registrata agro-alimentare ed un marchio. Tra i casi trattati, si cita a mero titolo esemplificativo la decisione dell’UIBM del 21 settembre 2022 che ha respinto la domanda di registrazione del marchio figurativo “IL BUONO DI PARMA FOOD VALLEY” in quanto evocativa, e confondibile con, la denominazione di origine protetta e il marchio collettivo comunitario “PROSCIUTTO DI PARMA” (UIBM, 21 settembre 2022, Consorzio del Prosciutto di Parma c. Il Buono di Parma s.n.c. di Rovelli Luca & C., Opposizione n. 652020000004363, in Darts-Ip).

[24] “Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle indicazioni geografiche dell’Unione europea di vini, bevande spiritose e prodotti agricoli e ai regimi di qualità dei prodotti agricoli, che modifica i regolamenti (UE) n. 1308/2013, (UE) 2017/1001 e (UE) 2019/787 e che abroga il regolamento (UE) n. 1151/2012”, COM(2022) 134 final/2 del 2 maggio 2023.

[25] Le norme relative alle procedure di registrazione dei prodotti agro-alimentari, vini e bevande alcoliche sono riunite nell’ambito di una procedura unitaria per tutti e tre i settori.

[26] La sostenibilità economica, sociale e ambientale può essere perseguita anche inserendo nel disciplinare requisiti specifici.

[27] Si tratta di prodotti agro-alimentari ottenuti con un metodo di produzione, trasformazione o una composizione tradizionale o da materie prime o ingredienti tradizionali. A differenza delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche, le specialità tradizionali garantite non tutelano il legame tra un prodotto e il suo luogo di origine, e bensì la tradizionalità di un certo prodotto. Esempi di STG italiane sono la Pizza Napoletana, la Mozzarella e l’Amatriciana Tradizionale. Le STG sono, attualmente, disciplinate dagli artt. 17 ss. del Regolamento UE 2012/1151.