In data 1o giugno 2023, la Commissione ha adottato i nuovi Regolamenti di esenzione per categoria relativi agli accordi orizzontali tra imprese (Horizontal Block Exemption Regulations, HBERs), ossia quello sugli accordi di ricerca e sviluppo e quello sugli accordi di specializzazione, nonché una revisione degli Orientamenti orizzontali, al fine di fornire alle imprese indicazioni più chiare e aggiornate per aiutarle a valutare la compatibilità dei loro accordi con le norme europee in materia di concorrenza.
Il processo di valutazione degli HBERs e degli Orientamenti era stato avviato nel settembre 2019 per raccogliere elementi sul loro funzionamento e consentire alla Commissione di determinare se fosse opportuno abrogarli, prorogarne la durata o sottoporli a revisione. Tale processo era sfociato nel documento di lavoro pubblicato in data 6 maggio 2021, dal quale era emerso che, sebbene si trattasse di strumenti utili che facilitavano notevolmente l’autovalutazione degli accordi orizzontali contribuendo così a ridurre i costi di conformità a carico delle imprese, era necessario adeguare tali norme agli sviluppi del mercato e della società intervenuti dopo la loro adozione[1]. A tale processo avevano fatto seguito una prima[2] ed una seconda[3] consultazione pubblica, i cui risultati sono confluiti nella relazione sulla valutazione d’impatto pubblicata in data 6 giugno 2023[4].
Per quanto riguarda il Regolamento sugli accordi di ricerca e sviluppo (Research and Development Block Exemption Regulation, R&D BER), durante la valutazione dell’impatto erano emerse diverse preoccupazioni in merito al fatto che la concorrenza nel settore dell’innovazione potesse non essere sufficientemente tutelata in alcuni casi in cui non è possibile applicare le quote di mercato ivi previste. Il nuovo R&D BER, pertanto, stabilisce che le soglie relative alle quote di mercato e l’esclusione di taluni accordi dal suo ambito di applicazione garantiscono che gli accordi cui si applica l’esenzione per categoria non consentano ai partecipanti di eliminare la concorrenza in relazione ad una parte considerevole dei prodotti, delle tecnologie o dei procedimenti in questione. Di conseguenza, solo in casi eccezionali gli accordi tra imprese che non siano fornitori concorrenti di prodotti, tecnologie o procedimenti migliorabili, intercambiabili o sostituibili con i risultati delle attività di ricerca e sviluppo sono in grado di eliminare la concorrenza effettiva in termini di innovazione, potendo perciò beneficiare dell’esenzione indipendentemente dalla quota di mercato detenuta dalle parti. La Commissione, tuttavia, può revocare il beneficio dell’esenzione a norma dell’articolo 29 del Regolamento n. 1/2003[5] laddove, tra le altre cose, i) l’esistenza di un accordo di ricerca e sviluppo limita in misura sostanziale la possibilità per i terzi di svolgere tali attività nel settore o nei settori connessi ai prodotti o alle tecnologie contrattuali, ii) le parti non sfruttano i risultati delle attività di ricerca e sviluppo comuni o a pagamento nei confronti di terzi senza ragioni obiettivamente valide, e iii) l’esistenza di un accordo di ricerca e sviluppo limiterebbe sostanzialmente la concorrenza in materia di innovazione in un determinato settore[6]. Al fine di incrementarne la chiarezza, inoltre, il nuovo R&D BER dedica articoli specifici alle condizioni relative all’accesso ai risultati finali[7], al know-how preesistente[8] e allo sfruttamento comune dei risultati[9].
Il nuovo Regolamento sugli accordi di specializzazione (Specialisation Block Exemption Regulation, Specialisation BER), invece, amplia la definizione di “accordo di specializzazione unilaterale” al fine di includere anche quelli tra più di due parti che operano nello stesso mercato del prodotto e in forza del quale una o più di esse si obbligano a cessare interamente o in parte o ad astenersi dalla produzione di determinati prodotti e ad acquistarli da una o più altre parti, che a loro volta si impegnano a produrre e fornire i prodotti in questione[10]. Il nuovo Regolamento, inoltre, chiarisce che se i prodotti di specializzazione sono prodotti intermedi che una o più parti utilizzano come fattori produttivi per la produzione di prodotti a valle, di cui effettuano anche la vendita, l’esenzione si applica solo se la quota di mercato combinata delle parti non supera i) il 20% sul mercato rilevante o sui mercati rilevanti cui appartengono i prodotti di specializzazione, e ii) il 20% sul mercato rilevante o sui mercati rilevanti cui appartengono i prodotti a valle[11].
Entrambi i Regolamenti, infine, chiariscono che sebbene le quote di mercato sono calcolate sulla base dei dati relativi all’anno civile precedente, laddove quest’ultimo non è rappresentativo della posizione delle parti sul mercato rilevante o sui mercati rilevanti, tali quote vengono calcolate come media di quelle detenute dalle parti nei 3 anni civili precedenti[12]. I Regolamenti, inoltre, stabiliscono che se la quota di mercato detenuta congiuntamente delle parti interessate supera in un secondo momento la soglia pertinente, l’esenzione continua ad applicarsi per un periodo di 2 anni civili consecutivi successivi a quello in cui essa è stata superata per la prima volta[13].
Anche i nuovi Orientamenti presentano diverse novità rispetto alla versione precedente.
In primo luogo, il capitolo introduttivo è stato aggiornato alla luce della più recente giurisprudenza europea su concetti chiave quali, tra gli altri, quelli di pratiche concordate, concorrenza potenziale, restrizione per oggetto e restrizione accessoria. Il capitolo, inoltre, contiene ulteriori precisazioni in merito i) all’applicazione dell’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) agli accordi tra imprese comuni e le loro imprese madri, ii) all’applicazione degli Orientamenti agli accordi che prevedono la cooperazione in più tipi di attività (per esempio produzione e commercializzazione), e iii) agli accordi di cooperazione che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE in quanto non sono idonei a pregiudicare sensibilmente il commercio tra gli Stati Membri o non incidono in modo sensibile sulla concorrenza.
In secondo luogo, nel capitolo sugli accordi di produzione è stata inserita una nuova sezione dedicata agli accordi per la condivisione delle infrastrutture di telecomunicazione mobile, ossia quegli accordi di specializzazione che riguardano la preparazione congiunta di servizi e nei quali gli operatori di reti mobili accettano di condividere taluni elementi infrastrutturali, riducendo così i costi relativi alla realizzazione e alla manutenzione e migliorando la qualità dei servizi. Secondo la Commissione, pertanto, gli accordi di condivisione di infrastrutture mobili non sono in linea di principio restrittivi della concorrenza per oggetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, fatto salvo il caso in cui essi fungano da strumento per attuare un cartello. Tali accordi, tuttavia, potrebbero limitare la concorrenza a livello di infrastrutture che invece sarebbe maggiore in assenza dell’accordo, nonché ridurre di fatto l’indipendenza decisionale delle parti. Di conseguenza, nel valutare se un accordo di condivisione di infrastrutture mobili possa avere effetti restrittivi sulla concorrenza la Commissione prenderà in considerazione fattori quali, tra gli altri, il tipo e la profondità della condivisione, la portata dei servizi condivisi e la copertura di mercato dell’accordo in questione[14].
In terzo luogo, il capitolo dedicato agli accordi di acquisto è stato modificato di modo da rispecchiare più fedelmente la prassi recente. Più particolarmente, gli accordi di acquisto in comune possono non solo consistere nel mettere in comune gli acquisti effettivi, e bensì limitarsi anche ad una negoziazione congiunta del prezzo di acquisto, di taluni suoi elementi nonché di altri termini e condizioni, lasciando gli acquisti effettivi ai singoli membri nel rispetto del prezzo e delle condizioni negoziati congiuntamente. Il capitolo, inoltre, chiarisce la distinzione tra l’acquisto in comune e i cartelli tra acquirenti, ossia quegli accordi o pratiche concordate tra due o più acquirenti destinati, da un lato, a coordinarne la condotta concorrenziale individuale sul mercato o ad influire sui pertinenti parametri di concorrenza e, dall’altro, ad influenzare le trattative o gli acquisti individuali di tali acquirenti in relazione ai fornitori. Il capitolo, infine,fornisce indicazioni su determinate tattiche negoziali comuni quali, tra le altre, il ricorso a interruzioni temporanee degli ordini[15].
In quarto luogo, nel capitolo dedicato agli accordi di commercializzazione è stata inserita una sezione sui consorzi offerenti, ossia quelle situazioni in cui due o più parti cooperano per presentare un’offerta congiunta nell’ambito di una gara d’appalto pubblica o privata. Gli accordi relativi a consorzi offerenti possono comportare un grado significativo di integrazione di risorse e attività delle parti, specialmente quando nell’attività contrattuale sono incluse forme di produzione congiunta, ai fini della partecipazione alla procedura di gara. Di conseguenza, tali pratiche vanno distinte dalla turbativa d’asta, ossia quegli accordi illegali tra operatori economici aventi lo scopo di falsare la concorrenza nelle procedure di aggiudicazione, che rappresentano una delle forme più gravi di restrizione per oggetto[16].
In quinto luogo, il capitolo sullo scambio di informazioni chiarisce che quest’ultimo può avvenire non solo direttamente tra concorrenti (sotto forma di divulgazione unilaterale o nell’ambito di uno scambio bilaterale o multilaterale) oppure indirettamente da o tramite terzi (ad esempio attraverso i c.d. “accordi hub and spoke“[17]), e bensì anche nell’ambito i) di un altro tipo di accordo di cooperazione orizzontale la cui attuazione può richiedere lo scambio di informazioni sensibili dal punto di vista commerciale, ii) di un processo di acquisizione, e iii) di iniziative di regolamentazione. Il capitolo, inoltre, individua le misure pratiche che le imprese possono adottare per evitare le infrazioni, quali, tra le altre, la limitazione della portata dello scambio, il ricorso ad accordi di c.d. “clean team”[18] o la gestione di un pool di dati[19].
In sesto luogo, il capitolo dedicato agli accordi di normazione precisa che vi sono imprese integrate verticalmente che si occupano sia di sviluppare tecnologie protette da diritti di proprietà intellettuale che di vendere prodotti per i quali necessiterebbero di una licenza, essendo soggette ad incentivi contrastanti[20]. Tali imprese, pertanto, possono, da un lato, rilasciare licenze reciproche sui propri diritti di proprietà intellettuale essenziali in cambio di quelli detenuti da altre imprese oppure utilizzare i propri diritti di proprietà intellettuale in modo difensivo e, dall’altro, trarre valore da questi ultimi attraverso metodi diversi dalle royalties. Per quanto riguarda i brevetti, inoltre, la divulgazione dei diritti di proprietà intellettuale dovrebbe comprendere quanto meno il loro numero o quello della relativa domanda, e qualora tali informazioni non siano ancora di dominio pubblico è sufficiente anche che il partecipante segnali che rivendicherà probabilmente diritti di proprietà intellettuale su una particolare tecnologia senza individuare specifiche rivendicazioni o richieste (c.d. “divulgazione generica”)[21].
Gli Orientamenti, infine, prevedono ora un capitolo dedicato agli accordi di sostenibilità, ossia qualsiasi tipo di accordo di cooperazione orizzontale che persegua effettivamente uno o più obiettivi di sostenibilità indipendentemente dalla forma della cooperazione. Gli accordi di sostenibilità suscitano riserve sotto il profilo della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE soltanto se comportano gravi restrizioni della concorrenza sotto forma di restrizioni per oggetto oppure se producono effetti negativi sensibili sulla concorrenza. A tale proposito, è improbabile che gli accordi di normazione in materia di sostenibilità producano tali effetti laddove, tra le altre cose, i) la procedura per la definizione della norma di sostenibilità è trasparente e tutti i concorrenti interessati possono partecipare al processo che porta alla sua selezione della norma, ii) la norma di sostenibilità non impone alle imprese che non intendono parteciparvi un obbligo di rispettarla, iii) le imprese partecipanti sono libere di adottare autonomamente una norma di sostenibilità più elevata rispetto a quella concordata con le altre parti dell’accordo, e iv) la norma non comporta un aumento significativo dei prezzi o una riduzione significativa della scelta dei prodotti disponibili sul mercato[22].
I nuovi HBERs sono entrati in vigore il 1o luglio 2023, e rimarranno validi fino al 2025 con un periodo transitorio di 2 anni durante il quale gli accordi che non soddisfano le condizioni ivi previste, e bensì quelle di uno dei precedenti HBER[23], rimarranno comunque esentati per categoria. I nuovi Orientamenti, invece, entreranno in vigore dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
[1] Per ulteriori informazioni si veda il nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK.
[2] Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK.
[3] Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK.
[4] Disponibile al seguente LINK.
[5] Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato, GUUE L 1 del 04.01.2003. L’articolo 29 del Regolamento, intitolato “Revoca in casi specifici”, al paragrafo 1 dispone: “… Quando la Commissione, autorizzata da un regolamento del Consiglio, come i regolamenti 19/65/CEE, (CEE) n. 2821/71, (CEE) n. 3976/87, (CEE) n. 1534/91 e (CEE) n. 479/92, ad applicare l’articolo 81, paragrafo 3, del trattato, abbia dichiarato mediante regolamento che l’articolo 81, paragrafo 1, del trattato è inapplicabile a determinate categorie di accordi, decisioni di associazioni di imprese e pratiche concordate, essa può, agendo d’ufficio o in seguito a denuncia, revocare il beneficio di tale regolamento d’esenzione qualora constati che in uno specifico caso un accordo, una decisione o una pratica concordata cui si applica il regolamento di esenzione ha effetti incompatibili con l’articolo 81, paragrafo 3, del trattato…”.
[6] Si veda il nuovo articolo 10 del R&D BER.
[7] Si veda il nuovo articolo 3 del R&D BER.
[8] Si veda il nuovo articolo 4 del R&D BER.
[9] Si veda il nuovo articolo5 del R&D BER.
[10] Si veda il nuovo articolo 1 dello Specialisation BER.
[11] Si veda il nuovo articolo 3 dello Specialisation BER.
[12] Si veda il nuovo articolo 7 del R&D BER e il nuovo articolo 4 dello Specialisation BER.
[13] Si veda il nuovo articolo 6 del R&D BER e il nuovo articolo 4 dello Specialisation BER.
[14] Si veda la nuova Sezione 3.6. degli Orientamenti.
[15] Si veda il nuovo Capitolo 4 degli Orientamenti.
[16] Si veda la nuova Sezione 5.4. degli Orientamenti.
[17] In tali casi un fornitore o un fabbricante comune funge da fulcro per trasmettere le informazioni a diversi venditori al dettaglio, ma può anche accadere che un venditore al dettaglio faciliti il coordinamento tra più fornitori o fabbricanti.
[18] Per “clean team” si intende un gruppo ristretto di persone interne ad un’impresa che non partecipano alla sua attività commerciale ordinaria e sono vincolate da rigorosi protocolli in materia di riservatezza delle informazioni sensibili dal punto di vista commerciale.
[19] Si veda il nuovo Capitolo 6 degli Orientamenti.
[20] Tali imprese potrebbero infatti, da un lato, generare entrate relative alle licenze dai loro diritti di proprietà intellettuale e, dall’altro, dover pagare royalties ad altre imprese che detengono diritti di proprietà intellettuale essenziali per la norma pertinente per i loro prodotti.
[21] Si veda il nuovo Capitolo 7 degli Orientamenti.
[22] Si veda il nuovo Capitolo 9 degli Orientamenti.
[23] Regolamento (UE) n. 1217/2010 sugli accordi ricerca e sviluppo e Regolamento (UE) n. 1218/2010 sugli accordi di specializzazione, GUUE L 335 del 18.12.2010.