RESTRIZIONI VERTICALI. LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SULL’EFFETTO VINCOLANTE DELLE DECISIONI DEFINITIVE DELLE AUTORITÀ NAZIONALI GARANTI DELLA CONCORRENZA CHE CONSTATANO UNA VIOLAZIONE DELLE NORME DEL DIRITTO DELLA CONCORRENZA

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In data 20 aprile 2023, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-25/21, Repsol Comercial de Productos Petrolíferos, sull’interpretazione dell’articolo 101, paragrafo 2, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e dell’articolo 2 del Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato[1]. Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra ZA, AZ, BX, CV, DU ed ET (congiuntamente “gli eredi di KN”), proprietari di una stazione di servizio, e la Repsol Comercial de Productos Petrolíferos SA (“Repsol”) in merito ad azioni intentate dagli eredi di KN e dirette a far dichiarare la nullità dei contratti conclusi con quest’ultima nonché al risarcimento dei relativi danni.

Questi i fatti.

A seguito di una denuncia da parte dell’Asociación de Propietarios de Estaciones de Servicio y Unidades de Suministro de Andalucía(associazione dei proprietari di stazioni di servizio e di unità di approvvigionamento dell’Andalusia), in data 11 luglio 2001 il Tribunal de Defensa de la Competencia (Tribunale per la tutela della concorrenza) aveva constatato che, avendo fissato, nell’ambito dei suoi rapporti contrattuali con talune stazioni di servizio spagnole, i prezzi di vendita al pubblico dei carburanti, la Repsol aveva violato le norme del diritto della concorrenza. Dopo essere stata impugnata sia in appello che in ultimo grado, tale decisione era divenuta definitiva.

Successivamente, gli eredi di KN avevano stipulato altri tre contratti di rivendita con la Repsol[2], che contenevano un obbligo di approvvigionamento esclusivo a favore di tale società. A seguito di un’indagine, tuttavia, in data 30 luglio 2009 la Comisión Nacional de la Competencia (Commissione nazionale per la concorrenza) aveva nuovamente sanzionato talune società di raffinazione, tra cui la Repsol, per aver fissato indirettamente il prezzo di vendita al pubblico dei carburanti praticato dalle stazioni di servizio interessate, con decisione anche essa divenuta definitiva.

Poiché, nell’ambito di un procedimento di vigilanza, la Commissione nazionale per la concorrenza aveva emesso tre decisioni in cui aveva stabilito che la Repsol aveva continuato a violare le norme del diritto della concorrenza fino al 2019, gli eredi di KN si erano rivolti allo Juzgado de lo Mercantil n. 2 de Madrid (Tribunale di commercio n. 2 di Madrid; il “giudice del rinvio”) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia due questioni pregiudiziali.

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 101 TFUE, come attuato dall’articolo 2[3] del Regolamento n. 1/2003 e in combinato disposto con il principio di effettività, debba essere interpretato nel senso che la violazione del diritto della concorrenza constatata in una decisione di un’autorità nazionale garante della concorrenza, che è stata oggetto di un ricorso di annullamento dinanzi ai giudici nazionali competenti ma che è divenuta definitiva dopo essere stata confermata da tali giudici, debba ritenersi dimostrata dal ricorrente, tanto nell’ambito di un’azione di nullità ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 2, TFUE quanto di un’azione per il risarcimento del danno per una violazione dell’articolo 101 TFUE, fino a prova contraria, trasferendo così l’onere della prova definito da tale articolo 2 sul convenuto, a condizione che la portata temporale e territoriale dell’asserita violazione oggetto di tali azioni coincida con quella della violazione constatata in tale decisione.

La Corte ha preliminarmente ricordato che l’articolo 101, paragrafo 1, e l’articolo 102 TFUE producono effetti diretti nei rapporti tra i singoli ed attribuiscono direttamente loro diritti che i giudici nazionali devono tutelare[4]. La piena efficacia di tali disposizioni e, in particolare, l’effetto utile dei divieti in esse sanciti sarebbero infatti messi in discussione se per chiunque risultasse impossibile chiedere il risarcimento del danno causatogli da un contratto o da un comportamento idoneo a restringere o falsare il gioco della concorrenza[5]. Di conseguenza, qualsiasi singolo è legittimato a far valere in giudizio la violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e, con ciò, ad invocare la nullità di un accordo o di una decisione vietata da tale disposizione, di cui all’articolo 101, paragrafo 2, TFUE, nonché a chiedere il risarcimento del danno subìto qualora esista un nesso di causalità tra quest’ultimo e tale accordo o tale decisione[6].

Il Regolamento n. 1/2003 non contiene disposizioni relative agli effetti delle decisioni definitive di un’autorità nazionale garante della concorrenza nell’ambito delle azioni di nullità ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 2, TFUE e/o di quelle per il risarcimento del danno per violazione del diritto della concorrenza. In assenza di una normativa dell’Unione in materia applicabile ratione materiae o temporis, pertanto, spetta all’ordinamento giuridico interno di ogni singolo Stato Membro stabilire le modalità di esercizio del diritto di chiedere l’accertamento della nullità degli accordi o delle decisioni ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 2, TFUE, nonché del diritto al risarcimento del danno derivante da una violazione dell’articolo 101 TFUE, comprese quelle relative agli effetti vincolanti delle decisioni definitive delle autorità nazionali garanti della concorrenza nell’ambito di tali tipi di azioni, a condizione, tuttavia, che siano rispettati i principi di equivalenza e di effettività[7]. Più particolarmente, le norme applicabili alle azioni dirette a garantire la tutela dei diritti riconosciuti ai singoli dall’effetto diretto del diritto dell’Unione non devono essere meno favorevoli di quelle relative ad analoghe azioni di natura interna, né devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione[8].

Tutto ciò premesso, secondo la Corte l’esercizio del diritto al risarcimento per violazioni dell’articolo 101 TFUE risulterebbe eccessivamente difficile se alle decisioni definitive di un’autorità garante della concorrenza non venisse attribuito alcun effetto nell’ambito delle azioni civili per il risarcimento del danno o di quelle dirette a far dichiarare la nullità di accordi o decisioni vietati in forza di tale articolo. Di conseguenza, al fine di garantire l’applicazione effettiva degli articoli 101 e 102 TFUE nell’ambito di azioni di nullità proposte ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 2, TFUE e di azioni per il risarcimento del danno per violazione delle regole di concorrenza proposte a seguito di una decisione di un’autorità nazionale garante della concorrenza che è stata oggetto di un ricorso di annullamento dinanzi ai giudici nazionali competenti, ma che è divenuta definitiva dopo essere stata confermata da tali giudici e che non può più essere impugnata con i mezzi ordinari, l’accertamento di una violazione del diritto della concorrenza da parte di tale autorità dimostra l’esistenza di tale violazione fino a prova contraria, che spetta al convenuto fornire, purché la sua natura e la sua portata materiale, personale, temporale e territoriale corrispondano a quelle della violazione constatata in tale decisione. Quando, inoltre, l’autore, la natura, la qualificazione giuridica, la durata e l’estensione territoriale della violazione accertata in questo tipo di decisione e quelli della violazione oggetto dell’azione di cui trattasi coincidono solo parzialmente, gli accertamenti contenuti in una tale decisione non sono necessariamente privi di qualsiasi rilevanza, e bensì costituiscono un indizio dell’esistenza dei fatti cui si riferiscono tali accertamenti.

Con la seconda questione, invece, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 101 TFUE debba essere interpretato nel senso che, qualora una parte ricorrente riesca a dimostrare l’esistenza di una violazione di tale articolo oggetto tanto della sua azione di nullità proposta ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 2, TFUE, quanto dell’azione da essa proposta per il risarcimento del danno subito a causa di tale infrazione, gli accordi interessati da tali azioni che violano l’articolo 101 TFUE sono integralmente nulli di pieno diritto.

La Corte ha preliminarmente ricordato che la nullità assoluta prevista dall’articolo 101, paragrafo 2, TFUE riguarda solo le clausole contrattuali incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Le ripercussioni di tale nullità su tutti gli altri elementi dell’accordo non dipendono dal diritto dell’Unione, e bensì vanno stabilite dal giudice nazionale a norma del diritto dello Stato Membro cui appartiene[9]. Più particolarmente, spetta al giudice nazionale valutare, alla luce del diritto nazionale da applicare, la portata e le conseguenze, per l’insieme dei rapporti contrattuali, dell’eventuale nullità di talune clausole contrattuali ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 2, TFUE[10]. Di conseguenza, la nullità prevista dall’articolo 101, paragrafo 2, TFUE si applica ai soli elementi dell’accordo vietati dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, di talché l’insieme dell’accordo è nullo solo se questi ultimi non sono scindibili dall’accordo stesso[11].

Tutto ciò premesso, la Corte ha pertanto statuito che:

L’articolo 101 TFUE, come attuato dall’articolo 2 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE], e in combinato disposto con il principio di effettività, deve essere interpretato nel senso che la violazione del diritto della concorrenza constatata in una decisione di un’autorità nazionale garante della concorrenza, che è stata oggetto di un ricorso di annullamento dinanzi ai giudici nazionali competenti ma che è divenuta definitiva dopo essere stata confermata da tali giudici, deve ritenersi dimostrata dal ricorrente, tanto nell’ambito di un’azione di nullità ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 2, TFUE quanto di un’azione per il risarcimento del danno per una violazione dell’articolo 101 TFUE, fino a prova contraria, trasferendo così l’onere della prova definito da tale articolo 2 sul convenuto, a condizione che la natura dell’asserita violazione oggetto di tali azioni e la sua portata materiale, personale, temporale e territoriale coincidano con quelle della violazione constatata in detta decisione.

L’articolo 101 TFUE deve essere interpretato nel senso che, qualora una parte ricorrente riesca a dimostrare l’esistenza di una violazione di tale articolo che costituisce l’oggetto tanto della sua azione di nullità ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 2, TFUE quanto della sua azione per il risarcimento del danno causato da tale violazione, il giudice nazionale deve trarne tutte le conseguenze e dedurne, in particolare, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 2, TFUE, la nullità di pieno diritto di tutte le clausole contrattuali incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, mentre l’intero accordo in questione sarà nullo solo se tali elementi non appaiono scindibili dall’accordo stesso”.

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[1] GUUE L 1 del 04.01.2003.

[2] Secondo i primi due contratti, stipulati il 1° luglio 1987 e il 1° febbraio 1996, la proprietà del carburante fornito dalla Repsol era trasferita a KN o ai suoi eredi sin dal suo travaso nel serbatoio della stazione di servizio interessata. La remunerazione del gestore della stazione di servizio, inoltre, era rappresentata da una commissione che quest’ultimo poteva applicare sul prezzo di vendita al pubblico dei carburanti raccomandato dalla Repsol.

[3] L’articolo 2 del Regolamento n. 1/2003, intitolato “Onere della prova”, dispone “… In tutti i procedimenti nazionali o comunitari relativi all’applicazione degli articoli 81 e 82 del trattato, l’onere della prova di un’infrazione dell’articolo 81, paragrafo 1, o dell’articolo 82 del trattato incombe alla parte o all’autorità che asserisce tale infrazione. Incombe invece all’impresa o associazione di imprese che invoca l’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato l’onere di provare che le condizioni in esso enunciate sono soddisfatte…”.

[4] CGUE 14.03.2019, Causa C‑724/17, Skanska Industrial Solutions e a., punto 24.

[5] CGUE 28.03.2019, Causa C‑637/17, Cogeco Communications, punto 39; CGUE 14.03.2019, Causa C‑724/17, Skanska Industrial Solutions e a., punto 25.

[6] CGUE 11.11.2021, Causa C‑819/19, Stichting Cartel Compensation e Equilib Netherlands, punto 49.

[7] CGUE 28.03.2019, Causa C‑637/17, Cogeco Communications, punto 42.

[8] Ibidem, punto 43.

[9] CGUE 14.12.1983, Causa 319/82, Société de vente de ciments et bétons de l’Est, punto 12.

[10] CGUE 18.12.1986, Causa 10/86, VAG France, punto 15.

[11] CGUE 28.02.1991, Causa C‑234/89, Delimitis, punto 40.