In data 17 maggio 2023, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-176/22, BK e ZhP, sull’interpretazione dell’articolo 23 del suo Statuto. Tale domanda era stata presentata nell’ambito di un procedimento penale a carico di BK e ZhP per fatti qualificati come corruzione.
Questi i fatti.
In data 26 febbraio 2021, la Spetsialirizana prokuratura (procura speciale) aveva formulato dinanzi allo Spetsializiran nakazatelen sad(Tribunale penale specializzato; il “giudice del rinvio”) un atto di imputazione a carico di BK e ZhP per presunti fatti di corruzione che essi avrebbero commesso nella loro veste di investigatori di polizia. Interrogandosi sul suo potere di riqualificare il reato in questione senza informarne previamente l’imputato, il giudice del rinvio aveva sottoposto alla Corte di Giustizia una domanda di pronuncia pregiudiziale vertente sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4, della Direttiva 2012/13/UE[1], e dell’articolo 47, paragrafo 2[2], della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Fino al momento della proposizione della domanda di pronuncia pregiudiziale, erano state interrogate solamente alcune delle persone coinvolte nell’arresto di BK e di ZhP, ed era stata esaminata solo una parte delle registrazioni video in questione. Essendo tuttavia necessario interrogare almeno altre tre persone e far esaminare l’altra parte di tali registrazioni, il giudice del rinvio si era chiesto se, alla luce dell’articolo 23[3] dello Statuto della Corte di Giustizia, esso poteva continuare a conoscere del procedimento principale dopo aver adito la Corte in via pregiudiziale. Di conseguenza, il giudice del rinvio aveva deciso di sospendere il procedimento e di chiedere Corte di Giustizia se l’articolo 23 del suo Statuto debba essere interpretato nel senso che esso osta a che un giudice nazionale che ha presentato una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE sospenda il procedimento principale solo per quanto riguarda gli aspetti di quest’ultimo che possono essere interessati dalla risposta della Corte a tale domanda.
La Corte ha preliminarmente ricordato che, in mancanza di norme dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato Membro, in forza del principio di autonomia procedurale, stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione[4]. Gli Stati Membri, tuttavia, non possono esercitare la loro autonomia procedurale in modo da rendere impossibile nella pratica o eccessivamente difficile l’esercizio di tali diritti[5].
L’articolo 267 TFUE instaura un dialogo da giudice a giudice tra la Corte e i giudici degli Stati Membri, il quale ha lo scopo di assicurare l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione consentendo così di garantire la coerenza, la piena efficacia e l’autonomia di tale diritto nonché, in ultima istanza, il carattere peculiare dell’ordinamento istituito dai Trattati[6], di talché una sentenza pronunciata nell’ambito di tale procedimento vincola il giudice nazionale ai fini dell’interpretazione del diritto dell’Unione per la soluzione della controversia di cui è investito[7]. Di conseguenza, la preservazione dell’effetto utile di tale procedimento non è resa impossibile nella pratica o eccessivamente difficile da una norma nazionale che consente, tra la data in cui viene presentata una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte e quella dell’ordinanza o della sentenza con cui quest’ultima risponde a tale domanda, di proseguire il procedimento principale per compiere atti processuali, che il giudice del rinvio ritiene necessari e che riguardano aspetti estranei alle questioni pregiudiziali sollevate, vale a dire atti processuali che non sono tali da impedirgli di conformarsi, nell’ambito del procedimento principale, a tale ordinanza o a tale sentenza.
Tale conclusione è corroborata dal fatto che spetta al giudice del rinvio valutare in quale fase del procedimento sia opportuno rivolgere una tale domanda alla Corte[8]. Dal momento che una domanda di pronuncia pregiudiziale può essere presentata alla Corte anche in una fase precoce del procedimento principale, pertanto, il giudice del rinvio, in attesa della risposta della Corte a tale domanda, deve poter proseguire tale procedimento per atti processuali che esso considera necessari e che non sono connessi alle questioni pregiudiziali sollevate.
Di conseguenza, la Corte ha statuito che:
“L’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che un giudice nazionale, che ha presentato una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE, sospenda il procedimento principale solo per gli aspetti di quest’ultimo che possono essere interessati dalla risposta della Corte a tale domanda”.
[1] Direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, GUUE L 142 del 01.06.2012. L’articolo 6 della Direttiva, intitolato “Diritto di accesso alla documentazione relativa all’indagine”, ai paragrafi 3-4 dispone: “… Fatto salvo il paragrafo 1, l’accesso alla documentazione di cui al paragrafo 2 è concesso in tempo utile per consentire l’esercizio effettivo dei diritti della difesa e al più tardi nel momento in cui il merito dell’accusa è sottoposto all’esame di un’autorità giudiziaria. Qualora le autorità competenti entrino in possesso di ulteriore materiale probatorio, l’accesso a quest’ultimo è concesso in tempo utile per consentirne l’esame.
In deroga ai paragrafi 2 e 3, purché ciò non pregiudichi il diritto a un processo equo, l’accesso a parte della documentazione relativa all’indagine può essere rifiutato se tale accesso possa comportare una grave minaccia per la vita o per i diritti fondamentali di un’altra persona o se tale rifiuto è strettamente necessario per la salvaguardia di interessi pubblici importanti, come in casi in cui l’accesso possa mettere a repentaglio le indagini in corso, o qualora possa minacciare gravemente la sicurezza interna dello Stato membro in cui si svolge il procedimento penale. Gli Stati membri garantiscono che, secondo le procedure del diritto nazionale, una decisione di rifiutare l’accesso a parte della documentazione relativa all’indagine, a norma del presente paragrafo, sia adottata da un’autorità giudiziaria o sia quantomeno soggetta a un controllo giurisdizionale…”.
[2] L’articolo 47 della Carta, intitolato “Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale”, dispone: “… Ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare…”.
[3] L’articolo 23 dello Statuto dispone: “… Nei casi contemplati dall’articolo 267 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea la decisione del giudice nazionale che sospende la procedura e si rivolge alla Corte di giustizia è notificata a quest’ultima a cura di tale giudice nazionale. Tale decisione è quindi notificata a cura del cancelliere della Corte alle parti in causa, agli Stati membri e alla Commissione, nonché all’istituzione, all’organo o all’organismo dell’Unione che ha adottato l’atto di cui si contesta la validità o l’interpretazione…”.
[4] CGUE 22.04.2021, Causa C‑485/19, Profi Credit Slovakia, punto 52; CGUE 16.12.1976, Causa 33/76, Rewe-Zentralfinanz e Rewe-Zentral, punto 5.
[5] CGUE 24.11.2022, Causa C‑289/21, Varhoven administrativen sad (Abrogazione della disposizione contestata), punto 33; CGUE 09.11.1983, Causa 199/82 San Giorgio, punto 14.
[6] CGUE 29.03.2022, Causa C‑132/20, Getin Noble Bank, punto 71.
[7] CGUE 22.02.2022, Causa C‑430/21, RS (Effetto delle sentenze di una corte costituzionale), punto 74: CGUE 03.02.1977, Causa 52/76, Benedetti, punto 26.
[8] CGUE 07.04.2016, Causa C‑546/14, Degano Trasporti, punti 16-17; CGUE 27.06.1991, Causa C‑348/89, Mecanarte, punto 49.