LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SULL’IRRICEVIBILITÀ DI UNA DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE PER L’ASSENZA DI ELEMENTI NELLA DECISIONE DI RINVIO CHE PERMETTANO DI STABILIRE UN NESSO TRA LA CONTROVERSIA DI CUI AL PROCEDIMENTO PRINCIPALE ED UN EVENTUALE ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE

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In data 27 aprile 2023, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-70/22, Viagogo, sull’interpretazione, da un lato, degli articoli 3, 14 e 15 della Direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno[1], letti in combinato disposto con l’articolo 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), e, dall’altro, degli articoli 102 e 106 TFUE. Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Viagogo AG (“Viagogo”), una società con sede a Ginevra, e, dall’altro, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) e l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) in merito ad una sanzione pecuniaria inflitta alla Viagogo.

Questi i fatti.

A seguito di varie denunce da parte di società operanti nel settore dell’organizzazione di eventi musicali o di vendita di biglietti per eventi musicali sul mercato primario, l’AGCOM aveva effettuato un’attività di controllo sul sito www.viagogo.it, gestito dalla Viagogo. Più particolarmente, quest’ultima effettuava una preselezione di un certo numero di spettacoli o di eventi, con la possibilità, per i possessori dei relativi biglietti, di proporli in vendita sui suoi siti internet. In questo modo, la Viagogo metteva in contatto i venditori e gli acquirenti potenziali, offrendo servizi ausiliari come l’assistenza telefonica e a mezzo posta elettronica, il suggerimento di prezzi sulla base di un programma informatico nonché un sistema automatizzato di promozione dei biglietti per alcuni spettacoli o eventi.

Ad esito del controllo, l’AGCOM aveva inflitto alla Viagogo una sanzione amministrativa pecuniaria pari a circa 3,7 milioni di euro addebitandole 37 violazioni, commesse mediante il suddetto sito internet e attraverso un rinvio a tale sito contenuto su un social network, costituite dalla messa in vendita, tra il marzo e il maggio 2019, di biglietti di concerti e di spettacoli a prezzi superiori a quelli nominali indicati sui siti di vendita autorizzati, senza che la Viagogo fosse titolare dei relativi sistemi di emissione. Di conseguenza, quest’ultima aveva proposto un ricorso volto all’annullamento di tale decisione dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, che tuttavia lo aveva respinto. La Viagogo, pertanto, si era rivolta al Consiglio di Stato (il “giudice del rinvio”) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia tre questioni pregiudiziali.

La Corte ha preliminarmente ricordato che, per essere ricevibile, una domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere necessaria ai fini della soluzione della controversia che il giudice del rinvio è chiamato a dirimere[2], ciò che presuppone che le disposizioni del diritto dell’Unione su cui tale domanda verte siano applicabili a tale controversia. Nel caso concreto, tuttavia, la Direttiva 2000/31 non è applicabile ratione personae, in quanto essa presuppone che le prestazioni di servizi in questione vengano effettuate da prestatori di servizi stabiliti nel territorio di uno Stato Membro[3]. A tale proposito, la possibilità di applicare l’articolo 3 della Direttiva 2000/31 è subordinata all’identificazione dello Stato Membro nel cui territorio il prestatore del servizio della società dell’informazione in questione è effettivamente stabilito[4]. Nel caso concreto, tuttavia, le prestazioni di servizi vengono fornite a partire da uno Stato terzo (la Svizzera) ad opera di una società disciplinata dal diritto di tale Stato, di talché, contrariamente a quanto presuppone il giudice del rinvio, la Direttiva 2000/31 non è invocabile dalla Viagogo, e pertanto la domanda di pronuncia pregiudiziale risulta interamente irricevibile.

Secondo la Corte, inoltre, neppure l’articolo 56 TFUE è invocabile dalla Viagogo[5]. Salvo diversa previsione di un trattato o di un accordo internazionale, infatti, tale articolo non è applicabile ad una società stabilita in uno Stato terzo rispetto all’Unione, quand’anche essa fornisca servizi che i cittadini di taluni Stati Membri o le società stabilite nel territorio di questi ultimi possono procurarsi[6].

La Corte, infine, ha ricordato che una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è irricevibile qualora quest’ultimo non le fornisca gli elementi di fatto e di diritto necessari per permetterle di rispondere in maniera utile[7]. Nel caso concreto, in nessun punto della domanda di pronuncia pregiudiziale il giudice del rinvio indica, in riferimento alla seconda questione[8], le ragioni che lo avevano portato ad interrogarsi in merito all’interpretazione degli articoli 102 e 106 TFUE. Più particolarmente, nessun riferimento viene fatto dal giudice del rinvio agli elementi costitutivi di una posizione dominante, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, nel contesto del procedimento principale[9], e nulla viene detto né riguardo a ciò che costituirebbe tale abuso né al modo in cui la Legge 232/2016[10] sarebbe suscettibile di condurvici[11]. In merito alla terza questione[12], inoltre, la Corte ha ricordato che giustificazione del rinvio pregiudiziale non è la formulazione di opinioni a carattere consultivo su questioni generali o ipotetiche, e bensì la necessità inerente alla risoluzione effettiva di una controversia[13]. Di conseguenza, tale questione ha carattere meramente ipotetico.

Tutto ciò premesso, la Corte ha ritenuto irricevibile la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal giudice del rinvio.

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[1] GUUE L 178 del 17.07.2000.

[2] CGUE 06.10.2021, Causa C‑561/19, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, punto 30.

[3] L’articolo 3 della Direttiva 2000/31, intitolato “Mercato interno”, al paragrafo 1 dispone: “… Ogni Stato membro provvede affinché i servizi della società dell’informazione, forniti da un prestatore stabilito nel suo territorio, rispettino le disposizioni nazionali vigenti in detto Stato membro nell’ambito regolamentato…”.

[4] CGUE 15.03.2012, Causa C‑292/10, G, punto 71.

[5] Con la prima questione, il giudice del rinvio chiedeva se la Direttiva 2000/31, ed in particolare i suoi articoli 3, 14 e 15, in combinazione con l’articolo 56 TFUE, ostino ad un’applicazione della normativa di uno Stato Membro sulle vendite di biglietti per eventi sul mercato secondario che abbia l’effetto di precludere ad un gestore di una piattaforma di hosting operante nell’Unione europea, quale è la Viagogo, di fornire a terzi utenti servizi di annunci di vendita di biglietti per eventi sul mercato secondario, riservando tale attività ai soli venditori, organizzatori di eventi o altri soggetti autorizzati da pubbliche autorità all’emissione di biglietti sul mercato primario con sistemi certificati.

[6] CGUE 21.05.2015, Causa C‑560/13, Wagner‑Raith, punto 36.

[7] CGUE 02.07.2015, Causa C‑497/12, Gullotta e Farmacia di Gullotta Davide & C., punto 26.

[8] Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiedeva se il combinato disposto degli articoli 102 e 106 TFUE osti all’applicazione di una normativa di uno Stato Membro sulle vendite di biglietti per eventi che riservi tutti i servizi inerenti il mercato secondario dei biglietti ai soli venditori, organizzatori di eventi o altri soggetti autorizzati all’emissione di biglietti sul mercato primario con sistemi certificati, precludendo tale attività ai prestatori di servizi della società dell’informazione che intendono operare come hosting provider ai sensi degli articoli 14 e 15 della Direttiva 2000/31, in particolare laddove, come nel caso concreto, tale riserva abbia l’effetto di consentire ad un operatore dominante sul mercato primario della distribuzione di biglietti di estendere la propria dominanza sui servizi di intermediazione nel mercato secondario.

[9] CGUE 12.12.2013, Causa C‑292/12, Ragn‑Sells, punto 41.

[10] Legge 11 dicembre 2016, n. 232, Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, GU n. 297 del 21.12.2016.

[11] CGUE 02.07.2015, Causa C‑497/12, Gullotta e Farmacia di Gullotta Davide & C., punto 27.

[12] Con la terza questione, il giudice del rinvio chiedeva se, ai sensi della normativa europea ed in specie della Direttiva 2000/31, la nozione di “hosting provider passivo” sia utilizzabile solo in assenza di qualsiasi attività di filtro, selezione, indicizzazione, organizzazione, catalogazione, aggregazione, valutazione, uso, modifica, estrazione o promozione dei contenuti pubblicati dagli utenti, intesi come indici esemplificativi e che non debbono essere tutti compresenti in quanto da ritenersi ex se significativi di una gestione imprenditoriale del servizio e/o dell’adozione di una tecnica di valutazione comportamentale degli utenti per aumentarne la fidelizzazione, o se sia rimesso al giudice del rinvio l’apprezzamento della rilevanza delle predette circostanze in modo che, pur nella ricorrenza di una o più di esse, sia possibile ritenere prevalente la neutralità del servizio che conduce alla qualificazione di hosting provider passivo.

[13] CGUE 20.01.2005, Causa C‑225/02, García Blanco, punto 28; CGUE 16.12.1981, Causa C‑244/80, Foglia, punto 18.