In data 16 marzo 2023, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C‑517/20, OL, sull’interpretazione degli articoli 49, 56 e 106 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Tale domanda era stata presentata nell’ambito di un procedimento penale instaurato nei confronti di OL, proprietario dell’impresa omonima, a motivo di una violazione della normativa italiana in materia di raccolta di scommesse per aver esercitato un’attività organizzata per conto di un allibratore stabilito in Austria senza essere titolare di una concessione e di una licenza previste da tale normativa.
Questi i fatti.
OL era legato contrattualmente alla Ulisse GmbH (“Ulisse”), una società austriaca che esercitava la propria attività in Italia attraverso il marchio Newaleabet e che aveva espresso all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM) la propria intenzione di stabilirsi nel territorio italiano chiedendo di essere ammessa al mercato nazionale. L’ADM, tuttavia, aveva respinto tale domanda in quanto soltanto le imprese che avevano già ottenuto una concessione a seguito di gare ad evidenza pubblica o che vantavano diritti in virtù delle leggi n. 190/2014[1] e n. 208/2015[2] avevano la possibilità di stabilirsi nel territorio italiano.
Successivamente, in 21 settembre 2019 era stato avviato dinanzi al Tribunale di Ascoli Piceno (il “giudice del rinvio”) un procedimento penale a carico di OL in quanto egli esercitava un’attività consistente nell’accettare e raccogliere scommesse per poi trasmetterle ad un allibratore estero, la Ulisse, senza essere titolare della concessione e della licenza previste dalla normativa italiana. Alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, pertanto, quest’ultimo aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia tre questioni pregiudiziali.
Con la prima e con la seconda questione, il giudice del rinvio chiedeva se gli articoli 49[3] e 56[4] TFUE ostino ad una proroga delle concessioni nel settore dei giochi d’azzardo, nonché dei diritti derivanti dalla regolarizzazione della situazione dei centri di trasmissione dati (CTD) che già esercitavano, ad una certa data, attività di raccolta di scommesse a favore di allibratori esteri non titolari di una concessione e di una licenza di polizia.
La Corte ha preliminarmente ricordato che qualora una società, stabilita in uno Stato Membro, persegua l’attività di raccolta di scommesse per il tramite di agenzie stabilite in un altro Stato Membro, le restrizioni imposte alle attività di queste agenzie costituiscono ostacoli alla libertà di stabilimento sancita dall’articolo 49 TFUE[5]. L’articolo 56 TFUE, inoltre, riguarda i servizi che un prestatore, stabilito in uno Stato Membro, offre senza spostarsi a destinatari stabiliti in un altro Stato Membro, sicché qualsiasi restrizione a tali attività costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi da parte di tale prestatore[6]. Più particolarmente, una proroga delle concessioni nel settore dei giochi d’azzardo ne impedisce l’apertura alla concorrenza e la verifica dell’imparzialità delle procedure di aggiudicazione in questione, integrando così una disparità di trattamento, a discapito delle imprese situate in un altro Stato Membro potenzialmente interessate a tali concessioni, che è vietata, in linea di principio, dagli articoli 49 e 56 TFUE, e che viola il principio generale di trasparenza nonché l’obbligo di garantire un livello di pubblicità adeguato[7].
Nel caso concreto, le concessioni e i diritti in questione erano ancora validi tenuto conto della loro proroga, non estensibile ai terzi, malgrado la normativa italiana secondo cui una nuova gara per l’attribuzione delle concessioni avrebbe dovuto essere indetta dal 1° maggio 2016. Secondo la Corte, pertanto, tale proroga delle concessioni nel settore dei giochi d’azzardo e dei diritti risultanti dalla regolarizzazione della situazione dei CTD e degli allibratori, che impedisca a questi ultimi, se stabiliti in un altro Stato Membro, di offrire i propri servizi nello Stato Membro in questione, anche per il tramite dei CTD, costituisce una restrizione delle libertà fondamentali sancite dagli articoli 49 e 56 TFUE.
Una proroga del genere, tuttavia, può essere ammessa sulla base delle deroghe espressamente previste dagli articoli 51[8] e 52[9] TFUE, oppure può essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale[10]. A tale riguardo, gli obiettivi della protezione dei consumatori, della prevenzione delle frodi e dell’incitamento dei cittadini a spese eccessive legate al gioco, nonché della prevenzione di turbative dell’ordine sociale in generale, rientrano tra i motivi imperativi di interesse generale suscettibili di giustificare restrizioni alle libertà fondamentali sancite dagli articoli 49 e 56 TFUE[11]. Se gli Stati Membri, inoltre, sono liberi di fissare gli obiettivi della loro politica in materia di giochi d’azzardo ed, eventualmente, di definire con precisione il livello di protezione ricercato, le restrizioni da essi imposte devono nondimeno soddisfare le condizioni risultanti dalla giurisprudenza della Corte per quanto riguarda la loro proporzionalità[12].
Nel caso concreto, non risulta che la proroga delle concessioni nel settore dei giochi d’azzardo in Italia e dei diritti risultanti dalle leggi n. 190/2014 e n. 208/2015 non sia idonea a realizzare l’obiettivo di assicurare la continuità di un controllo, in Italia, sugli operatori del settore al fine di garantire la protezione dei consumatori. L’attribuzione di concessioni sulla base di un nuovo bando di gara, tuttavia, costituirebbe, da un lato, una misura meno restrittiva per le libertà fondamentali sancite dagli articoli 49 e 56 TFUE rispetto alla proroga suddetta e, dall’altro, non pare tale da compromettere la realizzazione di detto obiettivo.
Con la terza questione, invece, il giudice del rinvio chiedeva se gli articoli 49, 56 e 106[13] TFUE ostino ad una normativa nazionale che, in assenza di un contestuale espletamento di una nuova procedura di gara, autorizzi la realizzazione di operazioni sul mercato nazionale sulla base di tutte le concessioni già dichiarate illegittime dalle successive pronunce della Corte di Giustizia, impedendo l’accesso di nuovi operatori stranieri.
Secondo la Corte, tuttavia, nella misura in cui presuppone che le concessioni attribuite in Italia nel settore dei giochi d’azzardo siano già state dichiarate illegittime dalle varie sentenze[14] della Corte stessa, la terza questione si basa su una premessa erronea. Tali sentenze, infatti, erano state emesse nell’ambito di procedimenti instaurati a norma dell’articolo 267 TFUE. Di conseguenza, non spetta alla Corte pronunciarsi, nell’ambito di un procedimento del genere, sulla compatibilità di norme di diritto interno con quelle del diritto dell’Unione[15], di talché la terza questione è irricevibile.
Tutto ciò premesso, la Corte di Giustizia ha stabilito che:
“Gli articoli 49 e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una proroga delle concessioni nel settore dei giochi d’azzardo e dei diritti derivanti dalla regolarizzazione della situazione dei centri di trasmissione dati che già esercitavano, ad una certa data, attività di raccolta di scommesse a favore di allibratori esteri non titolari di una concessione e di una licenza di polizia, se e in quanto tale proroga, che può essere giustificata segnatamente da motivi imperativi di interesse generale come l’obiettivo di assicurare la continuità di un controllo sugli operatori di tale settore al fine di garantire la protezione dei consumatori, non sia idonea a garantire la realizzazione di tale obiettivo o vada oltre quanto è necessario per raggiungerlo”.
[1] Legge 23 dicembre 2014, n. 190, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, GU n. 300 del 29.12.2014.
[2] Legge 28 dicembre 2015, n. 208, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, GU n. 302 del 30.12.2015.
[3] L’articolo 49 TFUE dispone: “… Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro.
La libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’articolo 54, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali…”.
[4] L’articolo 56 TFUE dispone: “… Nel quadro delle disposizioni seguenti, le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno dell’Unione sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro che non sia quello del destinatario della prestazione.
Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono estendere il beneficio delle disposizioni del presente capo ai prestatori di servizi, cittadini di un paese terzo e stabiliti all’interno dell’Unione…”.
[5] CGUE 22.09.2022, Cause riunite da C‑475/20 a C‑482/20, Admiral Gaming Network e a., punto 37; CGUE 06.11.2003, Cause C‑243/01, Gambelli e a., punto 46.
[6] CGUE 13.06.2017, Causa C‑591/15, The Gibraltar Betting and Gaming Association, punto 32; CGUE 06.11.2003, Causa C‑243/01, Gambelli e a., punto 54.
[7] CGUE 14.07.2016, Causa C‑458/14 e C‑67/15, Promoimpresa e a., punto 70; CGUE 13.09.2007, Causa C‑260/04, Commissione/Italia, punto 25.
[8] L’articolo 51 TFUE: “… Sono escluse dall’applicazione delle disposizioni del presente capo, per quanto riguarda lo Stato membro interessato, le attività che in tale Stato partecipino, sia pure occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri.
Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono escludere talune attività dall’applicazione delle disposizioni del presente capo…”.
[9] L’articolo 52 TFUE dispone: “… Le prescrizioni del presente capo e le misure adottate in virtù di queste ultime lasciano impregiudicata l’applicabilità delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che prevedano un regime particolare per i cittadini stranieri e che siano giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica.
Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono direttive per il coordinamento delle suddette disposizioni…”.
[10] CGUE 13.09.2007, Causa C‑260/04, Commissione/Italia, punto 26.
[11] Ibidem, punto 27.
[12] Ibidem, punto 28.
[13] L’articolo 106 TFUE dispone: “… Gli Stati membri non emanano né mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme dei trattati, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 18 e da 101 a 109 inclusi.
Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi dell’Unione.
La Commissione vigila sull’applicazione delle disposizioni del presente articolo rivolgendo, ove occorra, agli Stati membri, opportune direttive o decisioni…”.
[14] CGUE 12.09.2013, Cause riunite C‑660/11 e C‑8/12, Biasci e a.; CGUE 16.02.2012, Cause riunite C‑72/10 e C‑77/10, Costa e Cifone.
[15] CGUE 06.03.2007, Cause riunite C‑338/04, C‑359/04 e C‑360/04, Placanica e a., punto 36.