RISARCIMENTO DEL DANNO CAUSATO DA UNA PRATICA VIETATA DALL’ARTICOLO 101 TFUE. LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SU UNA NORMA NAZIONALE CHE PREVEDE, IN CASO DI ACCOGLIMENTO PARZIALE DELLA DOMANDA, CHE LE SPESE RESTINO A CARICO DI CIASCUNA PARTE, SALVO IL CASO DI COMPORTAMENTO ABUSIVO

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In data 16 febbraio 2023, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-312/21, Tráficos Manuel Ferrer SL eD. Ignacio contro Daimler AG, sull’interpretazione dell’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), in particolare per quanto riguarda la necessità, da esso derivante, del pieno risarcimento del danno subito a causa di un comportamento anticoncorrenziale, nonché dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, due imprese di trasporto su strada di merci, la Tráficos Manuel Ferrer SL (“Tráficos”) e il sig. D. Ignacio e, dall’altro, la Daimler AG (“Daimler”) in merito ad un’azione promossa da tali imprese per il risarcimento del danno derivante da una violazione dell’articolo 101 TFUE, constatata dalla Commissione Europea, commessa da diversi produttori di autocarri, fra i quali la Daimler.

Questi i fatti.

Con la Decisione C(2016) 4673 final del 19 luglio 2016[1], la Commissione aveva accertato che dal 17 gennaio 1997 al 18 gennaio 2011 quindici produttori di autocarri, tra cui la Daimler, la Renault Trucks SAS (“Renault”) e l’Iveco SpA (“Iveco”), avevano partecipato ad un cartello sotto forma di un’infrazione unica e continuata all’articolo 101 TFUE concernente accordi collusivi sulla fissazione dei prezzi e sull’aumento dei prezzi lordi dei veicoli commerciali di medie dimensioni e degli automezzi pesanti nello Spazio Economico Europeo (SEE). Poiché, nel corso del periodo di infrazione, il sig. D. Ignacio e la Tráficos aveva acquistato, rispettivamente, un autocarro di marca Mercedes fabbricato dalla Daimler, nonché diversi autocarri aventi le caratteristiche tecniche degli autoveicoli identificati nella decisione della Commissione, in data 11 ottobre 2019 il sig. D. Ignacio e la Tráficos avevano presentato un’azione per risarcimento dei danni contro la Daimler dinnanzi allo Juzgado de lo Mercantil n. 3 de Valencia (Tribunale di commercio n. 3 di Valencia; il “giudice del rinvio”) sostenendo di aver subito danni sotto forma di un sovrapprezzo dei veicoli acquistati.

Dato che una parte dei veicoli acquistati dai ricorrenti non era stata fabbricata da altri destinatari della decisione della Commissione, la Daimler aveva presentato istanza di chiamata in causa della Renault e dell’Iveco, facendo valere che, se il procedimento si fosse svolto in assenza di tali produttori, i loro diritti della difesa nonché i suoi sarebbero stati violati. A seguito di un’udienza preliminare dinanzi al giudice del rinvio, inoltre, era stato pattuito che il sig. D. Ignacio e la Tráficos avrebbero avuto accesso ai dati presi in considerazione nella perizia presentata dalla Daimler, al duplice scopo di consentire una replica più approfondita nonché di giungere all’eventuale riformulazione della perizia prodotta dai suddetti attori. 

Alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, il giudice del rinvio aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia tre questioni pregiudiziali.

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiedeva se il diritto al pieno risarcimento del danno subito a causa di un comportamento anticoncorrenziale, quale riconosciuto e definito all’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della Direttiva 2014/104[2] e derivante dall’articolo 101 TFUE, osti ad una norma di procedura civile nazionale come quella prevista all’articolo 394, paragrafo 2, della Ley 1/2000, de Enjuiciamiento Civil (legge 1/2000 recante promulgazione del codice di procedura civile)[3] in forza della quale, in caso di accoglimento parziale della domanda, le spese processuali restano a carico di ciascuna parte e ciascuna delle parti sopporta la metà delle spese comuni, salvo il caso di comportamento abusivo.

La Corte ha preliminarmente ricordato che le norme relative alle azioni dirette a garantire la tutela dei diritti riconosciuti ai singoli dal diritto dell’Unione non devono essere meno favorevoli di quelle relative ad analoghe azioni di natura interna (principio di equivalenza) né rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività)[4].

Per quanto riguarda le azioni per il risarcimento del danno esperite in applicazione delle misure nazionali volte a recepire la Direttiva 2014/104, il legislatore dell’Unione si è basato sulla constatazione che la lotta contro comportamenti anticoncorrenziali su iniziativa della sfera pubblica non era sufficiente a garantire il pieno rispetto degli articoli 101 e 102 TFUE, di talché occorreva agevolare la possibilità, per la sfera privata, di concorrere al conseguimento di tale obiettivo[5]. Più particolarmente, tale partecipazione alla sanzione pecuniaria e alla prevenzione di comportamenti anticoncorrenziali è tanto più auspicabile in quanto è idonea non solo a porre rimedio al danno diretto che si presume abbia subito la persona interessata, e bensì anche ai danni indiretti alla struttura e al funzionamento del mercato, che non ha potuto raggiungere la sua piena efficacia economica[6]. Di conseguenza, al fine di conseguire tale obiettivo il legislatore dell’Unione ha obbligato gli Stati Membri a prevedere misure che consentano alla parte attrice di rimediare all’asimmetria informativa esistente tra quest’ultima e la parte convenuta quali, tra le altre, i) dotare tale parte del potere di chiedere ai giudici nazionali di ordinare alla parte convenuta o a un terzo, a determinate condizioni, la divulgazione delle prove rilevanti che rientrino nel controllo di tale soggetto[7], ii) abilitare tali giudici a procedere, qualora sia praticamente impossibile o eccessivamente difficile quantificare il danno, ad una stima di quest’ultimo, e iii) istituire talune presunzioni, in particolare quella relativa all’esistenza del danno derivante da un cartello[8].

La Direttiva 2014/104, pertanto, ha ad oggetto azioni che attivano la responsabilità extracontrattuale di un’impresa e che presentano un rapporto di forza tra le parti della controversia che, a causa dell’intervento delle misure nazionali di recepimento di tutte le disposizioni di tale direttiva, può, a seconda dell’impiego che sarà stato fatto degli strumenti così messi a disposizione, trovarsi riequilibrato. Nello specifico, è dal comportamento della parte attrice e di quella convenuta, liberamente valutato dal giudice nazionale adito, che dipende l’evoluzione di tale rapporto di forze e, in particolare, dalla questione se la parte attrice abbia utilizzato o meno gli strumenti messi a sua disposizione. Di conseguenza, per quanto riguarda i procedimenti per risarcimento dei danni causati da violazioni del diritto della concorrenza, in caso di soccombenza parziale di un attore è ragionevole che quest’ultimo sopporti le proprie spese o, almeno, una parte di esse, nonché una parte di quelle comuni, laddove, in particolare, la sopravvenienza di tali spese sia ad esso imputabile.

Con le questioni seconda e terza, invece, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 17, paragrafo 1[9], della Direttiva 2014/104 debba essere interpretato nel senso che una stima giudiziaria del danno causato dal comportamento anticoncorrenziale della parte convenuta è consentita in circostanze nelle quali, da un lato, quest’ultima abbia consentito alla parte attrice di accedere alle informazioni sulla base delle quali essa stessa aveva redatto la sua perizia al fine di escludere l’esistenza di un danno risarcibile e, dall’altro, la domanda di risarcimento dei danni sia diretta contro uno solo dei destinatari della decisione che constata una violazione all’articolo 101 TFUE, che ha commercializzato solo una parte dei prodotti acquistati dalla parte attrice e riguardo ai quali viene dedotto che, a causa di tale violazione, ad essi sarebbe stato applicato un sovrapprezzo.

La Corte ha preliminarmente rilevato che la formulazione dell’articolo 17, paragrafo 1, della Direttiva 2014/104 limita l’ambito di applicazione della stima giudiziale del danno alle situazioni in cui sia praticamente impossibile oppure eccessivamente difficile quantificarlo, una volta accertata la sua esistenza in capo alla parte attrice. Di conseguenza, benché la nozione di asimmetria informativa sia all’origine dell’adozione di tale articolo, essa non interviene tuttavia nella sua attuazione.

Anche qualora le parti si trovino su un piano di parità per quanto riguarda le informazioni disponibili, possono manifestarsi difficoltà in sede di quantificazione specifica del pregiudizio. A tale riguardo, l’obiettivo di garantire il pieno rispetto degli articoli 101 e 102 TFUE presupponeva la messa in atto di strumenti idonei a rimediare all’asimmetria informativa tra le parti della controversia poiché, per definizione, l’autore dell’infrazione sa ciò che ha fatto e ciò che gli è stato eventualmente contestato e conosce le prove che, in un caso del genere, hanno potuto servire alla Commissione o all’autorità nazionale garante della concorrenza interessata per dimostrare la sua partecipazione ad un comportamento anticoncorrenziale, mentre la vittima del danno causato da tale comportamento non dispone di tali prove[10]. Al fine di rimediare alla constatazione di tale asimmetria informativa, le misure adottate dal legislatore dell’Unione interagiscono tra loro, in quanto la necessità di procedere alla stima giudiziale del danno potrà dipendere, in particolare, dal risultato ottenuto dalla parte attrice a seguito di una domanda di divulgazione di prove in applicazione dell’articolo 5, paragrafo 1, primo comma, della Direttiva 2014/104.

Dato il ruolo chiave di tale disposizione nell’economia della Direttiva 2014/104, spetta al giudice nazionale, prima di procedere alla stima del danno, verificare se la parte attrice se ne sia avvalsa, in quanto, nell’ipotesi in cui l’impossibilità pratica di valutare il danno derivi dall’inerzia della parte attrice, non spetta al giudice nazionale sostituirsi a quest’ultima né rimediare alle sue mancanze. Nel caso concreto, tuttavia, la situazione appare diversa, giacché la parte convenuta ha essa stessa, previa autorizzazione del giudice del rinvio, messo a disposizione della parte attrice i dati su cui essa si è basata per confutare la perizia di quest’ultima. Nello specifico, poiché la messa a disposizione è tale da alimentare la discussione in contraddittorio tanto sull’effettività quanto sull’importo del danno, di essa beneficiano tanto le parti quanto il giudice nazionale che, grazie a tale perizia, dispone di elementi che consentono, anzitutto, di accertare l’effettività del danno subito dalla parte attrice e, poi, di determinarne l’entità, di modo da evitargli di ricorrere ad una stima giudiziale di quest’ultimo.

La parte che introduce una domanda di risarcimento fondata sull’esistenza di un danno causato da un comportamento anticoncorrenziale, infine, ha la facoltà di presentarla nei confronti di uno soltanto degli autori di tale comportamento, dato che una violazione del diritto della concorrenza comporta, in via generale, la responsabilità solidale dei suoi autori[11]. Tale possibilità, tuttavia, non può impedire alla parte che ha proposto un’azione di risarcimento del danno rientrante nell’ambito di applicazione della Direttiva 2014/104 di chiedere al giudice nazionale adito di ingiungere ad altri autori del comportamento illecito di divulgare prove pertinenti, secondo le modalità e nei limiti definiti all’articolo 5 di tale direttiva, al fine di consentirgli di determinare l’esistenza e l’entità del danno, e così di evitare di procedere alla stima giudiziale di quest’ultimo. Di conseguenza, fatta salva l’eventuale incidenza dell’articolo 5, paragrafo 1, della Direttiva 2014/104 sulla possibilità per un giudice nazionale di procedere alla stima del danno ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, di tale direttiva, il fatto che la domanda di risarcimento dei danni sia diretta contro uno solo dei destinatari di una decisione che constata una violazione all’articolo 101 TFUE, il quale ha commercializzato solo una parte dei prodotti acquistati dalla parte attrice e riguardo ai quali viene dedotto che, a causa di tale violazione, ad essi sarebbe stato applicato un sovrapprezzo, non è, di per sé, rilevante al fine di valutare se al giudice nazionale sia consentito procedere alla stima del danno.

Tutto ciò premesso, la Corte ha pertanto statuito che:

L’articolo 101 TFUE e l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una norma di procedura civile nazionale in forza della quale, in caso di accoglimento parziale della domanda, le spese processuali restano a carico di ciascuna parte e ciascuna delle parti sopporta la metà delle spese comuni, salvo il caso di comportamento abusivo.

L’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2014/104 deve essere interpretato nel senso che né la circostanza che la parte convenuta in un’azione rientrante nell’ambito di applicazione di tale direttiva abbia messo a disposizione della parte attrice i dati su cui essa si è fondata per confutare la perizia di quest’ultima, né la circostanza che la parte attrice abbia rivolto la propria domanda nei confronti di uno solo degli autori di tale violazione sono, di per sé sole, rilevanti al fine di valutare se ai giudici nazionali sia consentito procedere alla stima del danno, in quanto tale stima presuppone, da un lato, che l’esistenza di tale danno sia stata dimostrata e, dall’altro, che sia praticamente impossibile o eccessivamente difficile quantificarlo con precisione, il che comporta la necessità di prendere in considerazione l’insieme dei parametri che portano a tale constatazione e, in particolare, l’infruttuosità di iniziative quali l’istanza di divulgazione di prove, prevista all’articolo 5 di tale direttiva”.

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[1] Dec. Comm. C(2016) 4673 final del 19.07.2016 relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE, Caso AT.39824 – Autocarri.

[2] Direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell’Unione europea, GUUE L 349 del 05.12.2014. L’articolo 3 della Direttiva, intitolato “Diritto a un pieno risarcimento”, ai paragrafi 1-2 dispone: “Gli Stati membri provvedono a che qualsiasi persona fisica o giuridica che abbia subito un danno causato da una violazione del diritto della concorrenza possa chiedere e ottenere il pieno risarcimento per tale danno.

Il pieno risarcimento pone una persona che abbia subito un danno nella situazione in cui si sarebbe trovata se la violazione del diritto della concorrenza non fosse stata commessa. Esso comprende quindi il diritto al risarcimento per il danno emergente e per il lucro cessante, oltre al pagamento di interessi…”.

[3] L’articolo 394 del codice di procedura civile al paragrafo 2 dispone: “… In caso di accoglimento o di rigetto parziale delle domande, ciascuna parte sosterrà le proprie spese e metà di quelle comuni, salvo che vi siano ragioni per addebitarle a una delle parti a titolo di lite temeraria…”.

[4] CGUE 28.03.2019, Causa C‑637/17, Cogeco Communications, punti 43-44.

[5] CGUE 10.11.2022, Causa C‑163/21, PACCAR e a., punto 55.

[6] Ibidem, punto 56.

[7] L’articolo 5 della Direttiva 2014/104, intitolato “Divulgazione delle prove”, al paragrafo 1 dispone: “Gli Stati membri provvedono affinché, nei procedimenti relativi a un’azione per il risarcimento del danno nell’Unione, su istanza di un attore che abbia presentato una richiesta motivata comprendente fatti e prove ragionevolmente disponibili che siano sufficienti a sostenere la plausibilità della sua domanda di risarcimento del danno, i giudici nazionali possano ordinare al convenuto o a un terzo la divulgazione delle prove rilevanti che rientrino nel controllo di tale soggetto, alle condizioni precisate nel presente capo. Gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali possano, su richiesta del convenuto, ingiungere all’attore o a un terzo la divulgazione delle prove rilevanti.

Il presente paragrafo lascia impregiudicati i diritti e gli obblighi dei giudici nazionali ai sensi del regolamento (CE) n. 1206/2001…”.

[8] L’articolo 17 della Direttiva 2014/104 al paragrafo 2 dispone: “… Si presume che le violazioni consistenti in cartelli causino un danno. L’autore della violazione ha il diritto di fornire prova contraria a tale presunzione…”.

[9] L’articolo 17 della Direttiva 2014/104/UE, intitolato “Quantificazione del danno”, al paragrafo 1 dispone: “Gli Stati membri garantiscono che né l’onere della prova né il grado di rilevanza della prova richiesti per la quantificazione del danno rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto al risarcimento. Gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali abbiano il potere, a norma delle procedure nazionali, di stimare l’ammontare del danno se è accertato che l’attore ha subito un danno ma è praticamente impossibile o eccessivamente difficile quantificare con esattezza il danno subito sulla base delle prove disponibili…”.

[10] CGUE 10.11.2022, Causa C‑163/21, PACCAR e a., punto 59.

[11] CGUE 29.07.2019, Causa C‑451/18, Tibor – Trans, punto 36.