MEDICINALI PER USO UMANO. LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SULLA PUBBLICITÀ CHE INCORAGGIA L’ACQUISTO DI MEDICINALI NON SOGGETTI A PRESCRIZIONE MEDICA E NON RIMBORSABILI FACENDO LEVA SUL LORO PREZZO

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In data 22 dicembre 2022, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C‑530/20, SIA «EUROAPTIEKA», sull’interpretazione dell’articolo 86, paragrafo 1, dell’articolo 87, paragrafo 3, e dell’articolo 90 della Direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano[1]. Tale domanda era stata presentata nell’ambito di un procedimento avviato dalla «EUROAPTIEKA» SIA (“EUROAPTIEKA”), una società con sede in Lettonia che fa parte di un gruppo che possiede una rete di farmacie e di imprese di vendita al dettaglio di medicinali, in merito alla legittimità di una disposizione nazionale che vieta determinate forme di pubblicità dei medicinali.

Questi i fatti.

Nel marzo 2016 la EUROAPTIEKA aveva annunciato una vendita promozionale sul suo sito internet e nel suo periodico mensile offrendo una riduzione del 15% sul prezzo di qualunque medicinale in caso di acquisto di almeno tre prodotti. La Veselības inspekcijas Zāļu kontroles nodaļa, l’autorità di controllo dei medicinali facente capo all’Ispettorato della sanità pubblica, tuttavia, le aveva vietato, sulla base del Ministru kabineta noteikumi Nr. 378 «Zāļu reklamēšanas kārtība un kārtība, kādā zāļu ražotājs ir tiesīgs nodot ārstiem bezmaksas zāļu paraugus» (decreto n. 378 del Consiglio dei ministri recante modalità della pubblicità dei medicinali e modalità secondo cui un produttore di medicinali può fornire ai medici campioni gratuiti di medicinali)[2], di diffondere la pubblicità relativa a tale vendita promozionale. Di conseguenza, la EUROAPTIEKA si era opposta al divieto ed aveva proposto un ricorso dinnanzi alla Latvijas Republikas Satversmes tiesa (Corte costituzionale della Lettonia; il “giudice del rinvio”) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di rivolgere alla Corte di Giustizia tre questioni pregiudiziali.

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 86, paragrafo 1[3], della Direttiva 2001/83 debba essere interpretato nel senso che la diffusione di informazioni che incoraggiano l’acquisto di medicinali giustificandone la necessità mediante il loro prezzo, annunciando una vendita speciale o indicando che detti medicinali sono venduti insieme ad altri, anche a prezzo ridotto, o ad altri prodotti, rientra nella nozione di “pubblicità dei medicinali”, ai sensi di tale disposizione, anche qualora tali informazioni non riguardino un determinato medicinale, e bensì medicinali indeterminati.

La Corte ha preliminarmente ricordato che le disposizioni del diritto dell’Unione devono essere interpretate tenendo conto non soltanto della loro lettera, e bensì anche del contesto in cui esse si inseriscono e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui fanno parte[4]. A tale riguardo, la pubblicità dei medicinali può nuocere alla salute pubblica[5], uno degli obiettivi essenziali che la Direttiva 2001/83 mira ad assicurare, in considerazione delle gravi conseguenze per la salute che possono derivare da un uso improprio o da un consumo eccessivo di medicinali soggetti a prescrizione medica[6], nonché dei rischi che possono inoltre essere collegati ad un uso eccessivo o sconsiderato di medicinali non soggetti a tale prescrizione[7]. I medicinali, infatti, si distinguono dalle altre merci per via dei loro effetti terapeutici[8], i quali implicano che, se assunti senza necessità o in modo scorretto, possono nuocere gravemente alla salute senza che il paziente sia in grado di prenderne coscienza al momento della somministrazione[9].

Di conseguenza, l’obiettivo essenziale di assicurare la tutela della sanità pubblica sarebbe in larga parte compromesso se l’articolo 86, paragrafo 1, della Direttiva 2001/83 fosse interpretato nel senso che un’azione di informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali senza fare riferimento ad un determinato medicinale, non rientri nella nozione di “pubblicità dei medicinali”, ai sensi di tale disposizione, e non sia, pertanto, soggetta ai divieti, alle condizioni e alle restrizioni previste da tale direttiva in materia di pubblicità. Dal momento che una pubblicità di medicinali indeterminati, come quella di un’intera classe di medicinali destinati a trattare la stessa patologia, può riguardare anche medicinali soggetti a prescrizione medica o medicinali rimborsabili, infatti, escludere una simile pubblicità dall’ambito di applicazione delle disposizioni della Direttiva 2001/83 in materia di pubblicità priverebbe in larga parte i divieti sanciti dall’articolo 88, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 3[10], di tale direttiva del loro effetto utile, in quanto vi sottrarrebbe qualsiasi pubblicità che non riguardasse specificamente un medicinale appartenente a detta classe.

Nel caso concreto, il decreto n. 378 si applica non già alle attività che concernono la semplice diffusione presso il pubblico di indicazioni meramente informative su dei medicinali, quali informazioni oggettive sul loro prezzo, e bensì a quelle che incoraggiano l’acquisto di medicinali giustificandone la necessità mediante il prezzo, annunciando una vendita speciale o facendo riferimento a una vendita combinata con quella di altri medicinali, eventualmente a prezzo ridotto, o con quella di altri prodotti venduti dalla farmacia interessata. Attività del genere, pertanto, sembrano avere una finalità promozionale, ricadendo quindi nella nozione di “pubblicità dei medicinali” ai sensi dell’articolo 86, paragrafo 1, della Direttiva 2001/83.

Con la seconda e la terza questione, invece, il giudice del rinvio chiedeva, da un lato, se l’articolo 87, paragrafo 3[11], e l’articolo 90[12] della Direttiva 2001/83 debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una disposizione nazionale che impone restrizioni non previste da tale articolo 90, vietando di includere, nella pubblicità dei medicinali presso il pubblico, informazioni che ne incoraggino l’acquisto giustificandone la necessità mediante il loro prezzo, annunciando una vendita speciale o indicando che detti medicinali sono venduti insieme ad altri, anche a prezzo ridotto, o ad altri prodotti e, dall’altro, se una disposizione nazionale del genere possa essere considerata finalizzata a favorire l’uso razionale dei medicinali, ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, di tale direttiva.

La Corte ha preliminarmente ricordato che poiché la Direttiva 2001/83 ha proceduto ad un’armonizzazione completa nel settore della pubblicità dei medicinali, qualora la facoltà di disporre regole diverse non sia riconosciuta esplicitamente agli Stati Membri gli unici requisiti ai quali questi ultimi possono assoggettarla sono quelli fissati da detta direttiva[13]. Per quanto riguarda il rapporto tra il requisito che la pubblicità favorisca l’uso razionale dei medicinali e le restrizioni previste all’articolo 90 della Direttiva 2001/83 sotto forma di un elenco di elementi pubblicitari vietati, il fatto che tale direttiva non contenga norme specifiche relative ad un determinato elemento pubblicitario non osta a che gli Stati Membri vietino tale elemento sulla base dell’articolo 87, paragrafo 3, qualora esso favorisca l’uso irrazionale di medicinali, al fine di evitare ogni pubblicità eccessiva e sconsiderata che potrebbe incidere negativamente sulla salute pubblica[14]. Di conseguenza, spetta agli Stati Membri vietare l’inclusione di elementi diversi da quelli di cui all’articolo 90 della Direttiva 2001/83 nella pubblicità presso il pubblico di medicinali non soggetti a prescrizione medica e non rimborsabili, qualora tali elementi siano tali da favorire l’uso irrazionale dei medicinali.

Nel caso di medicinali non soggetti a prescrizione medica e non rimborsabili, accade spesso che il consumatore finale valuti autonomamente, senza l’assistenza di un medico, l’utilità o la necessità del loro acquisto. Poiché tale consumatore non dispone necessariamente delle conoscenze specifiche ed oggettive che gli consentano di valutarne il valore terapeutico, la pubblicità può esercitare un’influenza particolarmente rilevante sulla valutazione e sulla scelta riguardo tanto alla qualità del medicinale che alla quantità da acquistare. In tale contesto, elementi pubblicitari come quelli cui fa riferimento il decreto n. 378 sono atti ad indurre i consumatori ad acquistare medicinali non soggetti a prescrizione medica e non rimborsabili sulla base di un criterio economico legato al loro prezzo, potendo quindi indurli ad acquistare e a consumare tali medicinali senza che sia stata effettuata una valutazione oggettiva fondata sulle loro proprietà terapeutiche e su esigenze mediche concrete.

Un utilizzo irrazionale ed eccessivo dei medicinali può inoltre derivare da una pubblicità che, al pari di quelle contemplate dal decreto n. 378, vertenti su offerte promozionali o su vendite combinate di medicinali e di altri prodotti, assimili i medicinali ad altri prodotti di consumo, che sono generalmente oggetto di sconti e riduzioni di prezzo al superamento di un certo livello di spesa. Divieti come quelli previsti dal decreto n. 378, tuttavia, hanno ad oggetto non già la diffusione di indicazioni meramente informative, prive di qualsiasi intento promozionale, su tali medicinali, e bensì la diffusione di contenuti diretti ad incoraggiarne l’acquisto, mediante il riferimento al loro prezzo, ad una vendita speciale o a una vendita combinata con quella di altri medicinali, eventualmente a prezzo ridotto, o con quella di altri prodotti. Di conseguenza, sebbene la tutela efficace della salute e della vita delle persone imponga che i medicinali siano venduti a prezzi ragionevoli e che, pertanto, una concorrenza sui prezzi potrebbe essere vantaggiosa per il paziente[15], il decreto n. 378 si limita a vietare la pubblicità di offerte promozionali o di vendite combinate, nonché quella in base al prezzo, senza tuttavia pregiudicare la possibilità, riconosciuta dal diritto lettone ai soggetti che commercializzano medicinali, di concedere sconti e riduzioni di prezzo al momento della vendita di medicinali e di altri prodotti sanitari.

Tutto ciò premesso, la Corte ha pertanto statuito che:

L’articolo 86, paragrafo 1, della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, come modificata dalla direttiva 2004/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, deve essere interpretato nel senso che la diffusione di informazioni che incoraggiano l’acquisto di medicinali giustificandone la necessità mediante il prezzo di tali medicinali, annunciando una vendita speciale o indicando che detti medicinali sono venduti insieme ad altri medicinali, anche a prezzo ridotto, o ad altri prodotti, rientra nella nozione di «pubblicità dei medicinali», ai sensi di tale disposizione, anche qualora tali informazioni non riguardino un determinato medicinale, ma medicinali indeterminati.

L’articolo 87, paragrafo 3, e l’articolo 90 della direttiva 2001/83, come modificata dalla direttiva 2004/27, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una disposizione nazionale che vieti di includere, nella pubblicità presso il pubblico dei medicinali non soggetti a prescrizione medica e non rimborsabili, informazioni che incoraggino l’acquisto di medicinali giustificandone la necessità mediante il prezzo di tali medicinali, annunciando una vendita speciale o indicando che detti medicinali sono venduti insieme ad altri medicinali, anche a prezzo ridotto, o ad altri prodotti.

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[1] GUUE L 3111 del 28.11.2001.

[2] Il punto 18.12 del decreto n. 378 dispone: “… È vietato includere, nella pubblicità di un medicinale presso il pubblico, informazioni che ne incoraggino l’acquisto, giustificando la necessità di comprare il medicinale mediante il prezzo di quest’ultimo, annunciando una svendita speciale o indicando che il medicinale è venduto insieme ad altri medicinali (ivi incluso a prezzo ridotto) o prodotti…”.

[3] L’articolo 86 della Direttiva 2001/83 al paragrafo 1 dispone: “… Ai fini del presente titolo si intende per “pubblicità dei medicinali” qualsiasi azione d’informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali; essa comprende in particolare quanto segue:

– la pubblicità dei medicinali presso il pubblico,

– la pubblicità dei medicinali presso persone autorizzate a prescriverli o a fornirli,

– la visita di informatori scientifici presso persone autorizzate a prescrivere o a fornire medicinali,

– la fornitura di campioni di medicinali,

– l’incitamento a prescrivere o a fornire medicinali mediante la concessione, l’offerta o la promessa di vantaggi pecuniari o in natura, ad eccezione di oggetti di valore intrinseco trascurabile,

– il patrocinio di riunioni promozionali cui assistono persone autorizzate a prescrivere o a fornire medicinali,

– il patrocinio dei congressi scientifici cui partecipano persone autorizzate a prescrivere o a fornire medicinali, in particolare il pagamento delle spese di viaggio e di soggiorno di queste ultime in tale occasione…”.

[4] CGUE 22.06.2021, Causa C‑872/19 P, Venezuela/Consiglio (Incidenza su uno Stato terzo), punto 42.

[5] CGUE 05.06.2011, Causa C‑249/09, Novo Nordisk, punto 32.

[6] CGUE 05.06.2011, Causa C‑316/09, MSD Sharp & Dohme, punto 30.

[7] CGUE 01.10.2020, Causa C‑649/18, Pubblicità e vendita di medicinali online, punti 80 e 94.

[8] CGUE 18.09.2019, Causa C‑222/18, VIPA, punto 73.

[9] CGUE 19.05.2009, Cause riunite C‑171/07 e C‑172/07, Apothekerkammer des Saarlandes e a., punti 32-33.

[10] L’articolo 88 della Direttiva 2001/83 ai paragrafi 1-3 dispone: “Gli Stati membri vietano la pubblicità presso il pubblico dei medicinali:

a) che possono essere forniti soltanto dietro presentazione di ricetta medica, ai sensi del titolo VI, b) contenenti sostanze definite come psicotrope o stupefacenti ai sensi delle convenzioni internazionali, come le convenzioni delle Nazioni Unite del 1961 e 1971.

Possono essere oggetto di pubblicità presso il pubblico i medicinali che, per la loro composizione ed il loro obiettivo, sono previsti e concepiti per essere utilizzati senza intervento di un medico per la diagnosi, la prescrizione o la sorveglianza del trattamento, se necessario con il consiglio del farmacista.

Gli Stati membri possono vietare sul proprio territorio la pubblicità presso il pubblico dei medicinali rimborsabili…”.

[11] L’articolo 87 della Direttiva 2001/83 al paragrafo 3 dispone: “… La pubblicità di un medicinale

 – deve favorire l’uso razionale del medicinale, presentandolo in modo obiettivo e senza esagerarne le proprietà,

– non può essere ingannevole…”.

[12] L’articolo 90 della Direttiva 2001/83 dispone: “… La pubblicità presso il pubblico di un medicinale non può contenere alcun elemento che:

a) faccia apparire superflui la consultazione di un medico o l’intervento chirurgico, offrendo, in particolare, una diagnosi o proponendo una cura per corrispondenza;
b) suggerisca che l’efficacia del medicinale è garantita senza effetti collaterali negativi, superiore o pari ad un altro trattamento o ad un altro medicinale;
c) suggerisca che il medicinale può migliorare il normale stato di buona salute del soggetto;
d) suggerisca che la mancanza del medicinale può avere effetti pregiudizievoli sul normale stato di buona salute del soggetto; tale divieto non si applica alle campagne di vaccinazione di cui all’articolo 88, paragrafo 4;
e) si rivolga esclusivamente o prevalentemente ai bambini;
f) si riferisca ad una raccomandazione di scienziati, di operatori sanitari o di persone che pur non essendo scienziati né operatori sanitari possono, a motivo della loro notorietà, incitare al consumo di medicinali;
g) assimili il medicinale ad un prodotto alimentare, ad un prodotto cosmetico o ad un altro prodotto di consumo;
h) suggerisca che la sicurezza o l’efficacia del medicinale è dovuta al fatto che si tratta di una sostanza naturale;
i) possa indurre, attraverso una descrizione o una raffigurazione dettagliata dell’anamnesi, ad una falsa autodiagnosi;
j) si riferisca in modo abusivo, spaventoso o ingannevole a certificati di guarigione;
k) utilizzi in modo abusivo, spaventoso o ingannevole rappresentazioni visive delle alterazioni del corpo umano dovute a malattie o a lesioni, oppure dell’azione di un medicinale sul corpo umano o su una delle sue parti;
l) indichi che il medicinale ha ricevuto un’autorizzazione all’immissione in commercio…”.

[13] CGUE 08.11.2007, Causa C‑374/05, Gintec, punti 20 e 25.

[14] Ibidem, punti 50, 55 e 59.

[15] CGUE 19.10.2016, Causa C‑148/15, Deutsche Parkinson Vereinigung, punto 43.