LO SPORT E IL DIRITTO EUROPEO DELLA CONCORRENZA. L’AG RANTOS SI PRONUNCIA SUL CASO SUPERLEGA

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In data 15 dicembre 2022, l’Avvocato Generale Rantos ha reso note le sue Conclusioni nella Causa C-333/21, European Superleague Company, sulla coesistenza tra l’autonomia internazionalmente riconosciuta allo sport ed ai suoi ordinamenti a tutti i livelli e le regole di funzionamento del mercato unico europeo. Tale richiesta era stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Fédération internationale de football association (FIFA) e l’Union of European Football Associations (UEFA) e, dall’altro, l’European Superleague Company SL (“ESLC”), una società che intende avviare una nuova competizione calcistica europea (c.d. “Superlega”) alternativa o concorrente a quelle organizzate fino ad oggi da queste due federazioni.

Questi i fatti.

Ideata dai manager di alcuni dei più prestigiosi club europei[1] sotto l’egida del presidente del Real Madrid Florentino Perez, la Superlega è un modello di competizione alternativa alla Champions League organizzata UEFA per riunire le migliori squadre europee in un torneo maggiormente elitario e remunerativo dal punto di vista degli sponsor nonché dei diritti audiovisivi[2]. Particolarmente promettente dal punto di vista economico per i club partecipanti, il progetto Superlega ha fin da subito sollevato diverse obiezioni sia da parte dell’UEFA che degli stessi tifosi, i quali lamentavano, tra le altre cose, la quasi totale assenza di meritocrazia del nuovo sistema nonché l’affermazione di un calcio sempre più “aristocratico” e riservato solamente ai club più facoltosi ed influenti.

Ritenendo che i partecipanti alla Superlega violassero l’articolo 49 del suo statuto, l’UEFA aveva annunciato l’intenzione di inibire ai club interessati la partecipazione a qualsiasi altra competizione a livello nazionale, europeo o mondiale nonché di negare ai loro giocatori l’opportunità di rappresentare le loro squadre nazionali. Di conseguenza, Real Madrid, Juventus e Barcellona avevano deciso di adire il Tribunale commerciale di Madrid (Juzgado de lo Mercantil nº 17 de Madrid; il “giudice del rinvio”) che, dopo aver disposto una serie di misure cautelari nei confronti dell’UEFA e della FIFA[3], in data 11 maggio 2021 aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea sollevando sei questioni pregiudiziali in merito alla compatibilità delle condotte poste in essere ed annunciate dall’UEFA e dalla FIFA con gli articoli 101 e 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) in materia di intese restrittive della concorrenza e abuso di posizione dominante nonché con le libertà fondamentali di cui agli articoli 45[4], 49[5], 56[6] e 63[7] dello stesso TFUE[8].

Prima di esaminare le questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio, l’AG si è soffermato sul rapporto tra lo sport e il diritto europeo.

L’AG ha infatti preliminarmente rilevato che l’articolo 165 TFUE[9], che include lo sport tra le attività che l’Unione contribuisce a promuovere, rappresenta il culmine di una serie di iniziative intraprese dalle istituzioni europee a seguito della sentenza Bosman[10], individuando un modello sportivo europeo caratterizzato da elementi che si applicano a varie discipline sportive tra cui il calcio. Più particolarmente, tale modello si fonda i) su una struttura piramidale con, alla base, lo sport dilettantistico e, al vertice, quello professionistico, ii) sull’obiettivo di promuovere competizioni aperte, accessibili a tutti in virtù di un sistema trasparente nel quale la promozione e la retrocessione mantengono un equilibrio competitivo e privilegiano il merito sportivo, che costituisce a sua volta un elemento essenziale, e iii) su un regime di solidarietà finanziaria, che consente di ridistribuire e di reinvestire i ricavi generati dagli eventi e dalle attività dal vertice ai livelli inferiori dello sport. All’interno di tale modello, le federazioni sportive svolgono un ruolo chiave, in particolare dal punto di vista organizzativo, in quanto spetta loro dettare norme adeguate per l’organizzazione di una disciplina sportiva essendo provviste delle conoscenze e dell’esperienza necessarie a tal fine[11].

L’articolo 165 TFUE, pertanto, è stato introdotto in ragione del fatto che lo sport costituisce, al contempo, un settore nel quale viene esercitata un’attività economica significativa, mirando ad evidenziare il particolare carattere sociale di tale attività economica, che è idoneo a giustificare una differenza di trattamento sotto alcuni aspetti. Nonostante la sua specificità, tuttavia, lo sport è pur sempre soggetto al diritto europeo, ed in particolare alle disposizioni dei Trattati in ambito economico[12]. Di conseguenza, sebbene non possano essere invocate per escludere le attività sportive dall’ambito di applicazione dei Trattati, le caratteristiche peculiari dello sport, che figurano all’articolo 165 TFUE, possono essere rilevanti ai fini, in particolare, dell’analisi dell’eventuale giustificazione oggettiva delle restrizioni alla concorrenza o alle libertà fondamentali[13].

A tale proposito, a causa del ruolo tradizionalmente conferito loro, le federazioni sportive sono esposte ad un potenziale conflitto di interessi in quanto, da un lato, detengono un potere normativo e, dall’altro, svolgono un’attività economica. Secondo l’AG, tuttavia, il solo fatto che lo stesso ente svolga nel contempo le funzioni di regolatore e di organizzatore di competizioni sportive non implica, di per sé, una violazione del diritto della concorrenza dell’Unione[14]. L’obbligo principale gravante su una federazione sportiva che si trova nella situazione della UEFA, inoltre, è quello di garantire che i terzi non siano indebitamente privati di un accesso al mercato al punto che la concorrenza ne risulti falsata. Di conseguenza, le federazioni sportive possono, in determinate circostanze, rifiutare l’accesso al mercato ai terzi senza che ciò costituisca una violazione degli articoli 101 e 102 TFUE, a condizione che tale rifiuto sia giustificato da finalità legittime e che i provvedimenti adottati siano proporzionati a tal fine.

Con la seconda questione e la prima parte della terza, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 101 TFUE debba essere interpretato nel senso che osta alle disposizioni degli statuti della FIFA e dell’UEFA relative al regime di autorizzazione preventiva e alle relative sanzioni.

L’AG ha preliminarmente ricordato che sebbene il sistema previsto dall’UEFA si basi su una serie di disposizioni assimilabili alle clausole di non concorrenza e di esclusività, accompagnate da sanzioni volte a garantirne l’efficacia, tali disposizioni non rientrano tra le tipologie di accordi o comportamenti che possono essere considerati lesivi della concorrenza senza esaminarne gli effetti[15]. Il fatto che la FIFA e l’UEFA possano perseguire finalità legittime legate alla natura specifica dello sport, inoltre, non può, di per sé, consentire alle suddette disposizioni di sottrarsi alla qualificazione di “restrizione per oggetto” qualora sia accertato che un altro degli obiettivi da esse perseguito può essere considerato come avente tale finalità[16]. L’analisi dell’oggetto anticoncorrenziale di una misura, infine, non deve limitarsi all’esame del contenuto e dell’obiettivo di quest’ultima, e bensì deve tener conto anche del contesto giuridico ed economico in cui essa si inserisce[17].

L’UEFA dispone di un potere discrezionale che deriva, in particolare, dalla sua peculiare posizione di organo di governo del calcio europeo. Di conseguenza, fermo restando l’onere dell’UEFA di predisporre la procedura di autorizzazione preventiva evitando di favorire le proprie competizioni rifiutando ingiustificatamente eventi proposti da terzi, solo un’analisi del modo in cui tale potere è stato esercitato consente di stabilire se il suo utilizzo è stato discriminatorio e ha prodotto effetti anticoncorrenziali. A tale riguardo, anche se il regime di autorizzazione preventiva stabilito dall’UEFA non è disciplinato da una procedura soggetta a criteri chiaramente definiti, trasparenti, non discriminatori e verificabili, la loro mancanza non può comportarne automaticamente la qualificazione come “restrizione per oggetto”, e bensì costituisce un indizio di possibili effetti restrittivi che devono essere confermati sulla base di un’analisi approfondita[18]. Più particolarmente, laddove una restrizione per oggetto non sia identificata chiaramente, occorre effettuare un’analisi completa dei suoi effetti ai fini dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE[19], di modo da determinare l’impatto delle norme dell’UEFA sul mercato dell’organizzazione delle competizioni calcistiche in Europa.

Al fine di verificare se, nonostante i potenziali effetti restrittivi della concorrenza, le caratteristiche del regime di autorizzazione preventiva e del relativo sistema sanzionatorio consentano di raggiungere gli obiettivi legittimamente perseguiti dall’UEFA senza eccedere quanto necessario per il loro conseguimento[20], l’AG fa ricorso alla c.d. “dottrina delle restrizioni accessorie”, secondo cui, in taluni casi, obiettivi non commerciali possono “prevalere” rispetto ad una restrizione della concorrenza non dando luogo ad una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE[21].

La maggior parte degli obiettivi invocati dalla FIFA e dall’UEFA derivano dal modello sportivo europeo e sono perciò espressamente contemplati dall’articolo 165 TFUE, di talché la loro legittimità non può essere contestata. Lo stesso vale, più particolarmente, per le norme che mirano a garantire l’apertura delle competizioni, a tutelare la salute e la sicurezza dei giocatori nonché a garantire la redistribuzione degli utili. Tali obiettivi, che sono legati alla natura specifica dello sport, ne includono altri come, ad esempio, il mantenimento dell’integrità delle competizioni e dell’equilibrio tra i club al fine di preservare un certo grado di uguaglianza ed incertezza[22]. Il perseguimento di finalità legittime, tuttavia, non basta, di per sé, ad escludere le norme della FIFA e dell’UEFA dall’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, dovendosi verificare se le relative misure siano necessarie e proporzionate.

A tale riguardo, poiché spetta alle federazioni stabilire le norme relative all’organizzazione di una disciplina sportiva, secondo l’AG è legittimo che un ente sia preposto a vigilare sul rispetto di tali regole e che sia dotato degli strumenti necessari per svolgere tale compito. Ciò è particolarmente vero nell’ambito di una disciplina sportiva come il calcio, che coinvolge un numero significativo di stakeholders ai vari livelli dell’organizzazione e dello svolgimento di partite e competizioni. Di conseguenza, il sistema di autorizzazione preventiva costituisce un meccanismo di governance essenziale per il calcio europeo al fine di garantire, da un lato, l’applicazione uniforme delle relative regole e, dall’altro, il rispetto di standard comuni tra le diverse competizioni. Oltre agli aspetti prettamente sportivi, inoltre, tale sistema potrebbe rivelarsi necessario per salvaguardare l’attuale assetto del calcio europeo e l’obiettivo della solidarietà finanziaria, che è strettamente connesso alla redistribuzione dei proventi delle competizioni calcistiche organizzate dalla FIFA e dall’UEFA.

Nel caso concreto, i club fondatori della Superlega intendevano continuare a partecipare alle competizioni organizzate dalle federazioni e dai campionati nazionali sotto l’egida della FIFA e dell’UEFA, ciò che ne avrebbe inevitabilmente ridotto l’appeal. Allo stato attuale, infatti, la classifica finale dei campionati nazionali gioca un ruolo fondamentale per la partecipazione alle competizioni europee dell’anno successivo, il che rende particolarmente allettante il raggiungimento delle posizioni di vertice. Tale incentivo, pertanto, potrebbe svanire, o quantomeno essere significativamente ridotto, laddove i risultati dei campionati nazionali fossero largamente irrilevanti al fine di partecipare alle competizioni europee, con i club fondatori che, grazie alla partecipazione automatica, verrebbero protetti dalla concorrenza dei competitors. Una competizione con le caratteristiche della Superlega, inoltre, potrebbe incidere negativamente sul principio delle pari opportunità. Venendo invitati di diritto, infatti, alcuni club potrebbero incassare introiti ulteriori pur continuando, allo stesso tempo, a partecipare alle rispettive competizioni nazionali, in cui si troverebbero ad affrontare club che non sarebbero in grado di ottenere tali entrate. Tale competizione, infine, sarebbe aperta soltanto ai club di un numero ristretto di Stati Membri, in contrasto con la dimensione europea del modello sportivo prevista dall’articolo 165 TFUE.

Oltre agli obiettivi puramente sportivi, le norme stabilite dalla FIFA e dall’UEFA potrebbero rivelarsi necessarie in quanto la loro applicazione nei confronti della Superlega dovrebbe essere intesa come volta ad evitare uno scenario di “dual membership” che rischierebbe di indebolire la posizione dell’UEFA stessa. L’intenzione dell’ESLC, infatti, non è quella di creare una vera e propria lega chiusa e indipendente, e bensì di costituire una competizione che andrebbe a concorrere nel segmento più redditizio del mercato dell’organizzazione delle competizioni calcistiche europee pur continuando a far parte dell’ecosistema UEFA. Il mancato riconoscimento, da parte della FIFA e dell’UEFA, di una competizione sostanzialmente chiusa come la Superlega, pertanto, potrebbe essere considerato inerente al perseguimento di obiettivi legittimi, in quanto finalizzato a mantenere i principi della partecipazione basata sui risultati sportivi, delle parità di opportunità e della solidarietà finanziaria su cui si fonda la struttura piramidale del calcio europeo. Di conseguenza, l’articolo 101 TFUE non osta agli articoli 22 e da 71 a 73 dello statuto della FIFA nonché agli articoli 49 e 51 dello statuto dell’UEFA, che prevedono che l’istituzione di una nuova competizione calcistica paneuropea sia soggetta ad una previa autorizzazione, in quanto, tenuto conto delle caratteristiche della competizione stessa, gli effetti restrittivi derivanti da tale regime appaiono inerenti e proporzionati al conseguimento degli obiettivi legittimi perseguiti dall’UEFA e dalla FIFA e che sono connessi alla natura specifica dello sport.

Con la prima questione e la seconda parte della terza, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 102 TFUE debba essere interpretato nel senso che osta alle disposizioni degli statuti della FIFA e dell’UEFA relative al regime di autorizzazione preventiva e al sistema sanzionatorio.

L’AG ha preliminarmente ricordato che il mero fatto che una federazione svolga gli incarichi sia di regolatore che di organizzatore di competizioni sportive non implica, di per sé, una violazione delle norme europee in materia di concorrenza. Di conseguenza, pur eliminando qualsiasi conflitto di interessi, la separazione strutturale consistente nell’affidare l’esercizio dei poteri regolatori ad un organismo indipendente e senza legami con alcuna delle imprese che operano sul mercato rilevante, prospettata dalla ESLC, non è l’unica soluzione possibile. Una federazione, infatti, potrebbe anche introdurre una procedura di approvazione per le competizioni organizzate da terzi basata su criteri individuati in modo oggettivo e non discriminatorio. Una separazione strutturale, inoltre, vieterebbe di fatto alle federazioni sportive nella stessa posizione della FIFA e dell’UEFA di esercitare una qualsiasi attività economica, non conciliandosi con il fatto che, nonostante le loro caratteristiche peculiari, tali federazioni sono esse stesse imprese per le quali, come qualsiasi altra impresa, il perseguimento di obiettivi economici è inerente alla loro attività e non è di per sé anticoncorrenziale. Separare le funzioni regolatorie di una federazione sportiva da quelle commerciali, infine, rischierebbe di nuocere al modello sportivo europeo, in particolare nel caso di discipline in cui la struttura piramidale gioca un ruolo fondamentale e in cui le suddette funzioni sono connesse e interdipendenti, in quanto i proventi che derivano dello sfruttamento commerciale delle competizioni organizzate sotto l’egida di tali federazioni sono ridistribuiti in vista dello sviluppo dello sport interessato.

In secondo luogo, secondo l’AG la c.d. “dottrina delle essential facilities[23] non può essere applicata al caso concreto. Il requisito dell’approvazione preventiva, infatti, non è necessario affinché un terzo organizzi una nuova competizione calcistica, in quanto non esiste alcun ostacolo in grado di impedire ai club che partecipano alla Superlega di istituire ed organizzare liberamente la propria competizione al di fuori dell’ecosistema della FIFA e dell’UEFA. Inoltre, non vi è alcun obbligo, per gli organizzatori di una nuova competizione indipendente, di basare il loro progetto su un modello simile a quello della FIFA e dell’UEFA. Di conseguenza, l’articolo 102 TFUE non osta agli articoli 22 e da 71 a 73 dello statuto della FIFA nonché agli articoli 49 e 51 dello statuto dell’UEFA.

Alla luce delle risposte fornite alle prime tre questioni, l’AG ha ritenuto non necessario rispondere alla quinta questione, con la quale il giudice del rinvio si interrogava sull’applicabilità delle esenzioni previste dall’articolo 101 paragrafo 3 TFUE nonché di quelle relative all’articolo 102 TFUE[24].

Con la quarta questione, il giudice del rinvio chiedeva se le norme stabilite dalla FIFA in materia di sfruttamento dei diritti sportivi siano compatibili con gli articoli 101 e 102 TFUE.

L’AG ha preliminarmente ricordato che poiché la FIFA, nella sua qualità di associazione di imprese o di impresa che organizza e promuove competizioni calcistiche internazionali, esercita un’attività economica che comporta, da un lato, investimenti intellettuali e, dall’altro, commerciali, tecnici e finanziari, tale attività deve poter godere, oltre che di una tutela giuridica, anche di una remunerazione, la cui fonte essenziale, ma non esclusiva, può derivare dallo sfruttamento dei diritti sportivi relativi alle competizioni stesse. Poiché tutte le competizioni a cui prendono parte le società affiliate all’UEFA devono essere soggette alle norme da essa stabilite, una situazione del genere potrebbe dar luogo ad una restrizione della concorrenza, in quanto tali norme possono essere percepite come ostacoli ulteriori che impediscono la creazione e lo sviluppo di nuove competizioni sportive potendo, pertanto, comportare effetti di esclusione sul mercato dell’organizzazione e della commercializzazione delle competizioni nonché su quello dello sfruttamento dei diritti sportivi.

Laddove sia possibile dimostrare l’esistenza di una restrizione della concorrenza, occorre esaminare se essa sia inerente e proporzionata al perseguimento di un obiettivo legittimo o se la condotta restrittiva in questione soddisfi le condizioni per poter beneficiare delle esenzioni previste dall’articolo 101, paragrafo 3, TFUE o se, ancora, essa sia oggettivamente giustificata ai sensi dell’articolo 102 TFUE. A tale proposito, gli obiettivi relativi alla solidarietà finanziaria perseguiti dalla FIFA e dall’UEFA risultano particolarmente rilevanti nel caso concreto, in quanto una parte cospicua degli utili successivamente ridistribuiti sembra provenire direttamente dallo sfruttamento dei diritti commerciali relativi alle competizioni sportive. Gli articoli 67 e 68 dello statuto della FIFA, inoltre, appaiono proporzionati al perseguimento di tali obiettivi, in quanto attribuiscono la titolarità dei diritti in questione direttamente alla FIFA e all’UEFA. Di conseguenza, gli articoli 101 e 102 TFUE non ostano agli articoli 67 e 68 dello statuto della FIFA in quanto le restrizioni relative alla commercializzazione esclusiva dei diritti che riguardano le competizioni organizzate dalla FIFA e dall’UEFA appaiono inerenti e proporzionati al perseguimento delle finalità legittime connesse alla natura specifica del calcio.

Con la sesta questione, infine, il giudice del rinvio chiedeva se le norme della FIFA e dell’UEFA relative alla autorizzazione preventiva delle competizioni calcistiche internazionali nonché alla partecipazione dei club e dei calciatori siano compatibili con gli articoli del TFUE relativi alla le quattro libertà economiche fondamentali.

L’AG ha preliminarmente ricordato che alcune norme adottate dalle federazioni sportive devono considerarsi a priori escluse dall’ambito di applicazione delle disposizioni del TFUE relative alle libertà economiche fondamentali in quanto riguardano materie di interesse esclusivamente sportivo che sono, in quanto tali, estranee all’attività economica ed inerenti all’attività sportiva stessa[25]. Alla luce delle sue caratteristiche peculiari, tuttavia, il regime di autorizzazione preventiva previsto dall’UEFA non può beneficiare di tale eccezione in quanto esso, pur comportando effetti innegabilmente sportivi, ha anche una dimensione economica e, conferendo all’UEFA la capacità di rifiutare ai terzi l’accesso al mercato dell’organizzazione delle competizioni sportive, può incidere sulle libertà fondamentali.

Nonostante spetti al giudice del rinvio esaminare la questione dell’eventuale giustificazione delle norme in materia di approvazione preventiva e partecipazione stabilite dalla FIFA e dall’UEFA e se esse siano adeguate, coerenti e proporzionate, secondo l’AG tale analisi si sovrappone in larga misura a quella relativa alle restrizioni accessorie. Di conseguenza, gli articoli 45, 49, 56 e 63 TFUE non ostano agli articoli 22 e da 71 a 73 dello statuto della FIFA nonché agli articoli 49 e 51 dello statuto dell’UEFA.

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[1] Nello specifico Ac Milan, Arsenal FC, Atletico de Madrid, Chelsea FC, FC Barcellona, FC Internazionale Milano, Juventus FC, Liverpool FC, Manchester City, Manchester United, Real Madrid CF e Tottenham Hotspur.

[2] La nuova competizione prevede la partecipazione di 20 club (i 15 fondatori più altre 5 squadre classificate annualmente sulla base dei risultati della stagione precedente) suddivisi in due diversi gironi composti ognuno da dieci squadre che, a partire da agosto e con gare infrasettimanali, dovrebbero affrontarsi in partite di andata e ritorno in un torneo c.d. “all’italiana”. Al termine della fase preliminare, le prime tre squadre di ogni girone verrebbero direttamente ammesse a quella ad eliminazione diretta, mentre le quarte e quinte classificate si affronterebbero in un incontro basato sul modello playoff. Dopodiché, le otto squadre così individuate si sfiderebbero nei quarti di finale con partite di andata e ritorno, con accoppiamenti decisi in base alla classifica dei due gironi.

[3] Nella specie, il giudice del rinvio aveva ritenuto che, causando così danni irreparabili ai club coinvolti, le sanzioni minacciate dall’UEFA erano ingiustificate e sproporzionate e, pertanto, fortemente restrittive della concorrenza. Di conseguenza, aveva ordinato all’UEFA e alla FIFA, tra le altre cose, di i) astenersi dall’adottare qualsiasi tipo di provvedimento che ostacoli, direttamente o indirettamente, la preparazione della Superlega, ii) annunciare, minacciare, preparare, avviare e/o adottare qualsiasi azione disciplinare o sanzionatoria nei confronti delle società, dei loro dirigenti e dei calciatori coinvolti nella Superlega, e iii) astenersi, direttamente o indirettamente, da misure escludenti nei confronti dei club e/o dei singoli giocatori che prendessero parte alla Superlega da qualsiasi tipo di competizione a livello nazionale a cui regolarmente partecipano o per la quale soddisfano i relativi requisiti.

[4] L’articolo 45 TFUE dispone: “… La libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione è assicurata.

Essa implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro.

Fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica, essa importa il diritto:

a) di rispondere a offerte di lavoro effettive;
b) di spostarsi liberamente a tal fine nel territorio degli Stati membri;
c) di prendere dimora in uno degli Stati membri al fine di svolgervi un’attività di lavoro, conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che disciplinano l’occupazione dei lavoratori nazionali;
d) di rimanere, a condizioni che costituiranno l’oggetto di regolamenti stabiliti dalla Commissione, sul territorio di uno Stato membro, dopo aver occupato un impiego.

Le disposizioni del presente articolo non sono applicabili agli impieghi nella pubblica amministrazione…”.

[5] L’articolo 49 TFUE dispone: “… Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro.

La libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’articolo 54, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali…”.

[6] L’articolo 56 TFUE dispone: “… Nel quadro delle disposizioni seguenti, le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno dell’Unione sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro che non sia quello del destinatario della prestazione.

Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono estendere il beneficio delle disposizioni del presente capo ai prestatori di servizi, cittadini di un paese terzo e stabiliti all’interno dell’Unione…”.

[7] L’articolo 63 TFUE dispone: “… Nell’ambito delle disposizioni previste dal presente capo sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi.

Nell’ambito delle disposizioni previste dal presente capo sono vietate tutte le restrizioni sui pagamenti tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi…”.

[8] Per ulteriori informazioni si veda il nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK.

[9] L’articolo 165 TFUE al paragrafo 1 dispone: “… L’Unione contribuisce allo sviluppo di un’istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra Stati membri e, se necessario, sostenendo ed integrando la loro azione nel pieno rispetto della responsabilità degli Stati membri per quanto riguarda il contenuto dell’insegnamento e l’organizzazione del sistema di istruzione, nonché delle loro diversità culturali e linguistiche.

L’Unione contribuisce alla promozione dei profili europei dello sport, tenendo conto delle sue specificità, delle sue strutture fondate sul volontariato e della sua funzione sociale ed educativa…”.

[10] CGUE 15.12.1995, Causa C‑415/93, Bosman.

[11] CGUE 11.04.2000, Cause riunite C‑51/96 e C‑191/97, Deliège, punti 67-68.

[12] CGUE 25.04.2013, Causa C‑81/12, Asociația Accept, punto 45; CGUE 12.12.1974, Causa C‑36/74, Walrave e Koch, punto 8.

[13] CGUE 16.03.2010, Causa C‑325/08, Olympique Lyonnais, punto 40.

[14] CGUE 01.07.2008, Causa C‑49/07, MOTOE, punti 51-52.

[15] CGUE 26.11.2015, Causa C‑345/14, Maxima Latvija, punti 21 e 24; CGUE 15.12.1994, Causa C‑250/92, DLG, punti 40-41); CGUE 28.01.1986, Causa 161/84, Pronuptia de Paris, punti 16-17; CGUE 11.07.1985, Causa 42/84, Remia and Others v Commission, punto 19.

[16] CGUE 02.04.2020, Causa C‑228/18, Budapest Bank and Others, punto 52.

[17] CGUE 18.11.2021, Causa C‑306/20, Visma Enterprise, punto 72.

[18] CGUE 28.02.2013, Causa C‑1/12, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, punti 70-100.

[19] CGUE 18.11.2021, Causa C‑306/20, Visma Enterprise, punto 71.

[20] CGUE 18.07.2006, Causa C‑519/04 P, Meca-Medina and Majcen v Commission, punto 42; CGUE 19.02.2002, Causa C‑309/99, Wouters and Others, punto 97.

[21] CGUE 23.11.2017, Cause riunite C‑427/16 e C‑428/16, CHEZ Elektro Bulgaria and FrontEx International; CGUE 04.09.2014, Cause riunite da C‑184/13 a C‑187/13, C‑194/13, C‑195/13 e C‑208/13 API and Others; CGUE 18.07.2013, Causa C‑136/12, Consiglio Nazionale dei Geologi; CGUE 19.02.2002, Causa C‑309/99, Wouters and Others, punti 86-94 e 97-110.

[22] CGUE 15.12.1995, Causa C‑415/93, Bosman, punto 106.

[23] CGUE 26.11.1998, Causa C‑7/97, Bronner, punto 41; CGUE 06.04.1995, Cause riunite C-241/91 P e C-242/91 P, Radio Telefis Eireann (RTE) e Independent Television Publications Ltd (ITP) contro Commissione delle Comunità europee.

[24] CGUE 27.03.2012, Causa C‑209/10, Post Danmark, punti 40-42.

[25] CGUE 08.05.2003, Causa C‑438/00, Deutscher Handballbund, punti 54-56; CGUE 11.04.2000, Cause riunite C‑51/96 e C‑191/97, Deliège, punti 43-44, 64 e 69.