In data 12 ottobre 2022, il Tribunale dell’Unione Europea si è pronunciato nella Causa T-502/19, Francesca Corneli contro Banca centrale europea (BCE), sul ricorso con cui la sig.ra Francesca Corneli chiedeva l’annullamento della decisione ECB-SSM-2019-ITCAR-11 della Banca Centrale Europea (BCE), del 1° gennaio 2019, che aveva assoggettato la Banca Carige SpA (“Carige”) ad amministrazione straordinaria, nonché della decisione ECB-SSM-2019-ITCAR-13, del 29 marzo 2019, con cui la BCE aveva prorogato fino al 30 settembre 2019 la durata dell’assoggettamento ad amministrazione straordinaria.
Questi i fatti.
Nel 2016, la BCE aveva adottato una misura di intervento precoce riguardante la Carige, fissando alcuni obiettivi da raggiungere tra il 2017 e il 2019 per i crediti deteriorati e la relativa copertura. Per conseguire tali obiettivi, nel 2017 il consiglio di amministrazione della Carige aveva approvato un piano di rafforzamento patrimoniale volto a ripristinare una posizione patrimoniale adeguata, a coprire le perdite subite e, nel complesso, a rafforzare la struttura patrimoniale al fine di ripristinare coefficienti patrimoniali accettabili. Malgrado l’emissione di titoli per un ammontare pari a circa 544 milioni di euro, tuttavia, al 1° gennaio 2018 la Carige risultava inosservante dei requisiti patrimoniali applicabili. Di conseguenza, la Carige aveva tentato infruttuosamente di aumentare il proprio capitale al fine di rispettare questi ultimi, ciò che aveva portato a diverse dimissioni all’interno del consiglio di amministrazione rendendo necessaria la nomina di nuovi membri.
Poiché, alla fine del settembre 2018, la Carige segnalava ancora coefficienti patrimoniali inferiori ai requisiti, la BCE le aveva chiesto di presentare un piano di conservazione conformemente alla Direttiva 2013/36/UE[1]. La BCE, tuttavia, aveva deciso di non approvare tale piano ritenendo che esso non contenesse modifiche sostanziali, e aveva chiesto alla Carige di presentare, al più tardi entro il 30 novembre 2018, una strategia volta a ripristinare e assicurare in modo sostenibile l’osservanza dei requisiti entro il 1° gennaio 2019. Per soddisfare tale richiesta, il consiglio di amministrazione della Carige aveva adottato il c.d. “piano di rafforzamento patrimoniale del novembre 2018” articolato in due fasi, delle quali era stata realizzata solo la prima in quanto vi era stata l’opposizione, da parte degli azionisti detentori del 70% del capitale, nei confronti di un aumento di capitale da effettuarsi mediante scambio di obbligazioni subordinate con azioni di nuova emissione.
A seguito delle dimissioni di quattro membri del consiglio di amministrazione, in data 1° gennaio 2019 la BCE aveva deciso di assoggettare la Carige ad amministrazione straordinaria i) sciogliendo il consiglio di amministrazione della banca e sostituendo degli ex membri con tre commissari straordinari, ii) sciogliendo il collegio sindacale della banca e sostituendone gli ex membri con altre tre persone, e iii) assegnando ai nuovi organi il compito di dare corso alle azioni necessarie ad assicurare che la Carige tornasse a rispettare i requisiti patrimoniali in modo sostenibile. Successivamente, la BCE aveva prorogato la durata dell’assoggettamento ad amministrazione straordinaria prima fino al 30 settembre 2019, poi fino al 31 dicembre 2019 ed, infine, fino al 31 gennaio 2020, al fine di consentire il perfezionamento dell’operazione di rafforzamento patrimoniale.
Di conseguenza, la Carige si era rivolta al Tribunale deducendo sette motivi di ricorso, vertenti i) sulla violazione delle norme relative alla proporzionalità, ii) sulla violazione dell’obbligo di motivazione e del diritto di essere ascoltata, iii) sulla nomina a commissari straordinari di persone che avevano in precedenza esercitato importanti funzioni nella direzione e nell’amministrazione della banca, iv) sull’errore di diritto commesso nella determinazione della base giuridica utilizzata per l’adozione delle decisioni controverse, v) sul fatto che la BCE avrebbe tentato di risolvere problemi di amministrazione con la nomina di persone che avevano causato detti problemi, v) sulla violazione, da un lato, delle norme relative ai diritti dell’azionista e, dall’altro lato, dei principi fondamentali in materia di tutela della proprietà e del risparmio, di libertà dell’iniziativa economica privata e di autodeterminazione del cittadino nelle scelte personali, e vii) sull’inidoneità dell’amministrazione straordinaria a porre rimedio al problema constatato.
In primo luogo, la Carige sosteneva che la BCE avrebbe commesso un errore di diritto nel fondare le decisioni controverse sull’articolo 70, comma 1, del c.d. “testo unico bancario”[2], che recepisce l’articolo 29 della Direttiva 2014/59/UE[3], in quanto tale disposizione non contemplerebbe la situazione addotta per giustificare l’assoggettamento ad amministrazione straordinaria, ossia un deterioramento significativo.
Il Tribunale ha preliminarmente rilevato che dal tenore dell’articolo 69 octiesdecies, comma 1, lettera b)[4], del testo unico bancario, che a sua volta recepisce l’articolo 28[5] della Direttiva 2014/59/UE, e dell’articolo 70 risulta che le due disposizioni riguardano due ipotesi distinte. Mentre, infatti, il primo articolo regola la rimozione degli organi amministrativi o di controllo delle banche i quali, una volta adottato tale provvedimento, devono essere sostituiti secondo le procedure previste dal diritto nazionale e da quello dell’Unione, il secondo disciplina lo scioglimento di tali organi, che comporta la sospensione delle funzioni delle assemblee e degli altri organi nonché l’instaurazione dell’amministrazione straordinaria. Di conseguenza, le misure in questione non possono essere considerate equivalenti o alternative, dal momento che la prima è meno invasiva della seconda, la quale può essere adottata soltanto qualora la sostituzione degli organi amministrativi o di controllo delle banche secondo le procedure di diritto nazionale e di diritto dell’Unione non sia ritenuta sufficiente dall’autorità competente per porre rimedio alla situazione.
Ciò trova conferma anche nel fatto che le condizioni stesse per l’applicazione dell’articolo 69 octiesdecies, comma 1, lettera b), e dell’articolo 70 del testo unico bancario sono distinte. Più particolarmente, l’articolo 70 prevede che lo scioglimento degli organi amministrativi o di controllo delle banche e l’instaurazione dell’amministrazione straordinaria siano possibili in quattro ipotesi, due delle quali sono previste dall’articolo 69 octiesdecies e devono essere interpretate nello stesso senso inteso nel contesto della rimozione. Di conseguenza, l’articolo 70 del testo unico bancario non prevede lo scioglimento degli organi amministrativi o di controllo delle banche, e l’instaurazione dell’amministrazione straordinaria, nel caso in cui il deterioramento della situazione della banca o del gruppo bancario sia particolarmente significativo.
Nel caso concreto, la BCE aveva esercitato il potere di cui all’articolo 70 del testo unico bancario per assoggettare la banca ad amministrazione straordinaria, constatazione che il richiamo all’articolo 69 octiesdecies di tale testo unico non consente di smentire. Del pari, la BCE aveva ritenuto che l’amministrazione straordinaria dovesse proseguire, adducendo la motivazione della persistenza del significativo deterioramento della situazione del soggetto vigilato e che l’esercizio del potere ai sensi dell’articolo 70 del testo unico bancario fosse appropriato alle circostanze. Di conseguenza, secondo il Tribunale la BCE ha violato l’articolo 70 del testo unico bancario fondandosi sul significativo deterioramento della situazione della Carige, mentre invece tale condizione non era prevista da detta disposizione, per lo scioglimento degli organi amministrativi o di controllo della banca, l’instaurazione dell’amministrazione straordinaria e l’estensione della sua durata per il periodo previsto nella decisione di proroga.
Tutto ciò premesso, il Tribunale ha pertanto deciso di accogliere il motivo di ricorso della Carige annullando le decisioni ECB-SSM-2019-ITCAR-11 e ECB-SSM-2019-ITCAR-13 della BCE senza esaminare gli altri motivi.
[1] Direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, GUUE L 176 del 27.06.2013. L’articolo 142 della Direttiva, intitolato “Piano di conservazione del capitale”, al paragrafo 1 dispone: “… Nel caso in cui non soddisfi il requisito combinato di riserva di capitale, un ente elabora un piano di conservazione del capitale e lo trasmette all’autorità competente entro cinque giorni lavorativi dalla data in cui ha accertato il mancato rispetto del requisito, a meno che l’autorità competente non autorizzi un termine più lungo fino a dieci giorni. BIS Le autorità competenti concedono tale autorizzazione solo sulla base della situazione individuale di un ente creditizio, tenendo conto delle dimensioni e della complessità delle attività dell’ente in questione…”.
[2] Decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, GU n.230 del 30.09.1993. L’articolo 70 del Decreto, intitolato “Provvedimento”, al comma 1 dispone: “… La Banca d’Italia può disporre lo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e di controllo delle banche quando ricorrono le violazioni o le irregolarità di cui all’articolo 69-octiesdecies, comma 1, lettera b), oppure sono previste gravi perdite del patrimonio ovvero quando lo scioglimento è richiesto con istanza motivata dagli organi amministrativi ovvero dall’assemblea straordinaria…”.
[3] Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio, GUUE L 173 del 12.06.2014. L’articolo 29 della Direttiva, intitolato “Amministratore temporaneo”, al paragrafo 1 dispone: “… Gli Stati membri provvedono a che le autorità competenti possano nominare uno o più amministratori temporanei dell’ente, qualora la sostituzione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione ai sensi dell’articolo 28 sia ritenuta insufficiente da parte dell’autorità competente per porre rimedio alla situazione. Secondo un principio di proporzionalità e in base alle circostanze, le autorità competenti possono nominare un amministratore temporaneo in sostituzione temporanea dell’organo di amministrazione dell’ente, ovvero in affiancamento temporaneo all’organo di amministrazione stesso, specificando la propria decisione all’atto della nomina. Se nomina un amministratore temporaneo da affiancare all’organo di amministrazione dell’ente, l’autorità competente ne specifica all’atto della nomina ruolo, doveri e poteri unitamente a eventuali obblighi dell’organo di amministrazione dell’ente di consultarsi con l’amministratore temporaneo, o di ottenerne il consenso, prima di assumere specifiche decisioni o iniziative. L’autorità competente è tenuta a rendere pubblica la nomina dell’amministratore temporaneo, salvo quando quest’ultimo non ha il potere di rappresentare l’ente. Gli Stati membri assicurano inoltre che gli amministratori temporanei possiedano le qualifiche, le capacità e le conoscenze necessarie per svolgere le loro funzioni, e siano esenti da qualsiasi conflitto di interessi…”.
[4] L’articolo 69-octiesdecies del testo unico bancario, intitolato “Presupposti”, al comma 1 lettera b) dispone: “… La Banca d’Italia può disporre le seguenti misure nei confronti di una banca, una capogruppo italiana di un gruppo bancario o una delle società indicate all’articolo 69.2:
(…)
b) la rimozione degli esponenti di cui all’articolo 69-vicies-semel, quando risultano gravi violazioni di disposizioni legislative, regolamentari o statutarie o gravi irregolarità nell’amministrazione ovvero quando il deterioramento della situazione della banca o del gruppo bancario sia particolarmente significativo, e sempre che gli interventi indicati nella lettera a) o quelli previsti negli articoli 53-bis e 67-ter non siano sufficienti per porre rimedio alla situazione…”.
[5] L’articolo 28 della Direttiva 2014/59/UE, intitolato “Rimozione dell’alta dirigenza e dell’organo di amministrazione”, dispone: “… Qualora si verifichi un significativo deterioramento della situazione finanziaria di un ente oppure vi siano gravi violazioni di disposizioni legislative, regolamentari o dello statuto dell’ente o gravi irregolarità amministrative, e se le altre misure attuate in conformità dell’articolo 27 non siano sufficienti ad invertire tale processo, gli Stati membri provvedono a che le autorità competenti possano esigere la rimozione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione dell’ente, nella sua totalità o per quanto riguarda singole persone. La nomina della nuova alta dirigenza o dell’organo di amministrazione è eseguita conformemente al diritto nazionale e dell’Unione ed è soggetta all’approvazione o al consenso dell’autorità competente…”