RISARCIMENTO DEL DANNO CAUSATO DA UNA PRATICA VIETATA. LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SULLA DIVULGAZIONE DI SPECIFICI ELEMENTI DI PROVA O RILEVANTI CATEGORIE DI PROVE DEFINITI SULLA BASE DEI DATI DI FATTO RAGIONEVOLMENTE DISPONIBILI

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In data 10 novembre 2022, la Corte di Giustizia si è pronunciata nella Causa C-163/21, PACCAR e a., sull’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 1, della Direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell’Unione europea[1]. Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra la AD e altri 44 ricorrenti nei confronti della PACCAR Inc (“PACCAR”), della DAF Trucks NV e della DAF Trucks Deutschland GmbH(congiuntamente “DAF”) in merito al risarcimento del presunto danno dovuto alla partecipazione di tali società ad una violazione dell’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) accertata e sanzionata dalla Commissione Europea.

Questi i fatti.

Con la Decisione C(2016) 4673 final del 19 luglio 2016[2], la Commissione aveva accertato che, dal 17 gennaio 1997 al 18 gennaio 2011, quindici produttori di autocarri avevano partecipato ad un cartello sotto forma di un’infrazione unica e continuata all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) tramite accordi collusivi relativi i) alla fissazione dei prezzi e sugli aumenti dei prezzi lordi degli autocarri di peso compreso tra le 6 e le 16 tonnellate nonché di quelli di peso superiore alle 16 tonnellate e ii) alle tempistiche e al trasferimento dei costi relativi all’introduzione di tecnologie a basse emissioni per autocarri medi e pesanti richieste dalle norme da EURO 3 a EURO 6.

Di conseguenza, AD e gli altri ricorrenti si erano rivolti allo Juzgado de lo Mercantil n. 7 de Barcelona (Tribunale di commercio n. 7 di Barcellona; il “giudice del rinvio”) per chiedere l’accesso agli elementi di prova detenuti dalla PACCAR e dalla DAF. Alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, pertanto, il giudice del rinvio aveva deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte di Giustizia se l’articolo 5, paragrafo 1, primo comma[3], della Direttiva 2014/104 debba essere interpretato nel senso che il riferimento ivi contenuto alla divulgazione di elementi di prova rilevanti che rientrano nel controllo del convenuto o di un terzo riguardi solo i documenti in loro possesso già esistenti o anche quelli che la parte destinataria della richiesta di divulgazione di prove dovrebbe creare ex novo, mediante l’aggregazione o la classificazione di informazioni, conoscenze o dati in suo possesso.

La Corte ha preliminarmente ricordato che, nell’ interpretare una disposizione del diritto dell’Unione, occorre tener conto non soltanto della sua lettera, e bensì anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte[4]. Più particolarmente, riferendosi alle prove[5] “nel controllo” del convenuto o di un terzo, il legislatore dell’Unione ha inteso porre rimedio all’asimmetria informativa che esiste tra le parti interessate garantendo agli attori il diritto di ottenere la divulgazione delle prove rilevanti per la loro richiesta, senza che sia necessario, da parte loro, specificarne i singoli elementi[6]. Di conseguenza, il legislatore dell’Unione ha posto l’accento sul collegamento tra la prova richiesta e la domanda di risarcimento del danno, che è fondamentale per il giudice nazionale interessato affinché esso possa pronunciarsi utilmente sulla richiesta di divulgazione delle prove presentatagli, nel rispetto del principio della parità delle armi tra le parti della controversia di cui è investito.

Tale analisi è corroborata non solo dalla lettura dell’articolo 5, paragrafo 1, primo comma, della Direttiva 2014/104 alla luce del suo paragrafo 2[7], che enuncia l’esigenza di specificità della domanda di produzione di prove, e del suo paragrafo 3[8], che ricorda l’applicazione in materia del principio di proporzionalità, e bensì anche dalla finalità stessa di tale articolo, che si propone di agevolare la possibilità, per la sfera privata, di concorrere alla lotta contro i comportamenti anticoncorrenziali garantendo così il pieno rispetto degli articoli 101 e 102 TFUE. Di conseguenza, escludere a priori la facoltà di chiedere la divulgazione di documenti o di altri elementi di prova che la parte cui è rivolta la domanda dovrebbe creare ex novo condurrebbe, in taluni casi, alla creazione di ostacoli che rendono più difficile l’applicazione delle regole di concorrenza dell’Unione da parte della sfera privata, ostacolando così l’obiettivo primario della Direttiva 2014/104.

Tale interpretazione non può essere messa in discussione per il fatto che perturberebbe l’equilibrio tra l’interesse del richiedente ad ottenere le informazioni pertinenti per la sua causa e quello della persona a cui è ordinata la divulgazione di tali informazioni di evitare una richiesta generica di informazioni. Il legislatore dell’Unione, infatti, ha instaurato un meccanismo di ponderazione degli interessi in gioco sotto lo stretto controllo dei giudici nazionali aditi, i quali devono effettuare un esame esigente della richiesta di cui sono investiti per quanto riguarda la rilevanza delle prove richieste, il collegamento tra queste ultime e la domanda di risarcimento presentata, il carattere sufficiente del grado di precisione di tali prove nonché la loro proporzionalità. Di conseguenza, spetta a tali giudici valutare se la richiesta di divulgazione di prove realizzate ex novo sulla base di elementi di prova preesistenti nel controllo del convenuto o di un terzo rischi di far gravare un onere sproporzionato sulla parte convenuta o sul terzo interessato, indipendentemente dal fatto che si tratti del costo o dell’onere di lavoro che tale domanda provocherebbe. A tale proposito, i giudici devono tener conto, in applicazione del principio di proporzionalità, dell’adeguatezza o meno del carico di lavoro e del costo causato dalla costituzione ex novo di supporti fisici, in particolare di documenti, e prendere in considerazione tutte le circostanze del caso concreto, in particolare alla luce dei criteri elencati all’articolo 5, paragrafo 3, lettere da a) a c) della Direttiva 2014/104, quali il periodo per il quale è richiesta la divulgazione delle prove.

Tutto ciò premesso, la Corte ha statuito che:

L’articolo 5, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che il riferimento ivi contenuto agli elementi di prova rilevanti nel controllo del convenuto o di un terzo comprende anche gli elementi di prova che la parte destinataria della richiesta di divulgazione delle prove dovrebbe creare ex novo, mediante l’aggregazione o la classificazione di informazioni, conoscenze o dati in suo possesso, nel rigoroso rispetto dell’articolo 5, paragrafi 2 e 3, di tale direttiva, che impone ai giudici nazionali aditi di limitare la divulgazione delle prove a ciò che è pertinente, proporzionato e necessario, tenendo conto degli interessi legittimi e dei diritti fondamentali di tale parte”.

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[1] GUUE L 349 del 05.12.2014.

[2] Dec. Comm. C(2016) 4673 final, del 19 luglio 2016, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e dell’articolo 53 dell’accordo SEE, Caso AT.39824 — Autocarri.

[3] L’articolo 5 della Direttiva 2014/104, intitolato “Divulgazione delle prove”, al paragrafo 1 dispone: “Gli Stati membri provvedono affinché, nei procedimenti relativi a un’azione per il risarcimento del danno nell’Unione, su istanza di un attore che abbia presentato una richiesta motivata comprendente fatti e prove ragionevolmente disponibili che siano sufficienti a sostenere la plausibilità della sua domanda di risarcimento del danno, i giudici nazionali possano ordinare al convenuto o a un terzo la divulgazione delle prove rilevanti che rientrino nel controllo di tale soggetto, alle condizioni precisate nel presente capo. Gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali possano, su richiesta del convenuto, ingiungere all’attore o a un terzo la divulgazione delle prove rilevanti.

Il presente paragrafo lascia impregiudicati i diritti e gli obblighi dei giudici nazionali ai sensi del regolamento (CE) n. 1206/2001…”.

[4] CGUE 28.04.2022, Cause riunite C‑160/21 e C‑217/21, Nikopolis AD Istrum 2010 e Agro – eko 2013, punto 30.

[5] L’articolo 2 della Direttiva 2014/104, intitolato “Definizioni”, al punto 13 dispone: “… Ai fini della presente direttiva si intende per:

(…)

13) «prove»: tutti i tipi di mezzi di prova ammissibili dinanzi al giudice nazionale adito, in particolare documenti e tutti gli altri oggetti contenenti informazioni, indipendentemente dal supporto sul quale le informazioni sono registrate…”.

[6] Il considerando (15) della Direttiva 2014/104 dispone: “La prova è un elemento importante per intentare un’azione per il risarcimento del danno causato dalla violazione del diritto dell’Unione o nazionale della concorrenza. Tuttavia, poiché il contenzioso in materia di diritto della concorrenza è caratterizzato da un’asimmetria informativa, è opportuno garantire agli attori il diritto di ottenere la divulgazione delle prove rilevanti per la loro richiesta, senza che sia necessario, da parte loro, specificarne i singoli elementi. Onde garantire che le controparti dispongano di strumenti equivalenti, anche i convenuti delle azioni per il risarcimento del danno dovrebbero disporre di tali mezzi, in modo da poter chiedere la divulgazione di prove da parte degli attori. I giudici nazionali dovrebbero anche poter ordinare la divulgazione delle prove da parte di terzi, comprese le pubbliche autorità. Quando i giudici nazionali intendano ordinare la divulgazione delle prove da parte della Commissione, si applicano il principio di leale cooperazione fra l’Unione e gli Stati membri di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, e l’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 sulle richieste di informazioni. Laddove i giudici nazionali ordinino alle pubbliche autorità di divulgare le prove, si applicano i principi di cooperazione giuridica e amministrativa a norma del diritto dell’Unione o nazionale…”.

[7] L’articolo 5 della Direttiva 2014/104 al paragrafo 2 dispone: “Gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali possano ordinare la divulgazione di specifici elementi di prova o rilevanti categorie di prove definiti nel modo più preciso e circoscritto possibile sulla base dei fatti ragionevolmente disponibili nella richiesta motivata…”.

[8] L’articolo 5 della Direttiva 2014/104 al paragrafo 3 dispone: “Gli Stati membri garantiscono che i giudici nazionali limitino la divulgazione delle prove a quanto è proporzionato. Nel determinare se una divulgazione richiesta da una parte è proporzionata, i giudici nazionali prendono in considerazione gli interessi legittimi di tutte le parti e di tutti i terzi interessati. In particolare:

a) esaminano in quale misura la domanda di risarcimento o gli argomenti di difesa siano corroborati da fatti e prove disponibili che giustificano la domanda di divulgazione delle prove;
b) esaminano la portata e i costi della divulgazione, in particolare per i terzi interessati, anche al fine di prevenire la ricerca generica di informazioni verosimilmente non rilevanti per le parti nel procedimento;
c) valutano se le prove di cui è richiesta la divulgazione contengano informazioni riservate, in particolare riguardanti parti terze, e le modalità atte a proteggere tali informazioni riservate…”.