In data 8 settembre 2022, la Corte di Giustizia si è pronunciata nelle Causa C-263/21, Asociación Multisectorial de Empresas de la Electrónica, las Tecnologías de la Información y la Comunicación, de las Telecomunicaciones y de los Contenidos Digitales (Ametic) contro Administración del Estado e altri, sull’interpretazione della Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione[1] nonché dei principi generali del diritto dell’Unione.
Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, l’Asociación Multisectorial de Empresas de la Electrónica, las Tecnologías de la Información y la Comunicación, de las Telecomunicaciones y de los Contenidos Digitales (“Ametic”) e, dall’altro, l’Administración del Estado (Amministrazione dello Stato spagnolo), l’Entidad de Gestión de Derechos de los Productores Audiovisuales (EGEDA), l’Asociación Para el Desarrollo de la Propiedad lntelectual (ADEPI), la Artistas lntérpretes o Ejecutantes, Sociedad de Gestión de España (AlE), la Artistas lntérpretes, Entidad de Gestión de Derechos de Propiedad lntelectual (AISGE), la Ventanilla Única Digital, Derechos de Autor de Medios Audiovisuales (DAMA), il Centro Español de Derechos Reprográficos (CEDRO), l’Asociación de Gestión de Derechos lntelectuales (AGEDI) e la Sociedad General de Autores y Editores (SGAE) in merito all’annullamento di talune disposizioni del Real Decreto 1398/2018 por el que se desarrolla el artículo 25 del texto refundido de la Ley de Propiedad Intelectual, aprobado por el Real Decreto Legislativo 1/1996, de 12 de abril, en cuanto al sistema de compensación equitativa por copia privada (Regio decreto 1398/2018, recante attuazione dell’articolo 25 del testo codificato della legge sulla proprietà intellettuale, approvato con regio decreto legislativo 1/1996, del 12 aprile, per quanto riguarda il sistema di equo compenso per copia privata).
Questi i fatti.
Con il suo ricorso dinanzi al Tribunal Supremo (Corte suprema di Spagna; il “giudice del rinvio”) l’Ametic, un’associazione di produttori, commercianti e distributori del settore delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni la cui attività include il commercio di apparecchi, dispositivi e supporti materiali di riproduzione soggetti al compenso per copia privata, chiedeva l’annullamento di talune disposizioni del Regio decreto 1398/2018, tra cui gli articoli 3[2] e 10[3]. Nello specifico, tale decreto stabilisce le norme di applicazione dell’articolo 25 della Ley de Propiedad Intelectual (legge sulla proprietà intellettuale), attraverso il quale il legislatore spagnolo aveva introdotto un sistema di compenso per copia privata in favore dei titolari dei diritti d’autore per la riproduzione di opere protette, esclusivamente per uso privato, mediante apparecchi o strumenti tecnici non tipografici.
Di conseguenza, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, il giudice del rinvio aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia due questioni pregiudiziali.
Con la prima questione, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b)[4], della Direttiva 2001/29 e il principio della parità di trattamento debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale in forza della quale la gestione delle esenzioni dal pagamento e dei rimborsi del compenso per copia privata è affidata ad una persona giuridica, costituita e controllata dagli organismi di gestione di diritti di proprietà intellettuale.
La Corte ha preliminarmente ricordato che gli Stati Membri dispongono di un ampio potere discrezionale per definire i diversi elementi del sistema dell’equo compenso di cui alla Direttiva 2001/29, spettando loro il compito di determinare le persone che devono versare tale compenso nonché fissarne la forma, le modalità e l’entità[5]. Più particolarmente, tenuto conto delle difficoltà pratiche per identificare gli utenti privati e per obbligarli ad indennizzare i titolari del diritto esclusivo di riproduzione in ragione del pregiudizio arrecato a questi ultimi, è consentito agli Stati Membri istituire, ai fini del finanziamento dell’equo compenso, un “prelievo per copia privata” a carico non dei soggetti privati interessati, e bensì di coloro che dispongono di apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione e che, a tale titolo, mettono tali apparecchiature a disposizione di soggetti privati. Nell’ambito di un sistema del genere, il versamento del prelievo per copia privata incombe ai soggetti che dispongono di dette apparecchiature, di talché, a determinate condizioni, gli Stati Membri possono applicare senza distinzioni il prelievo per copia privata relativamente ai supporti di registrazione idonei alla riproduzione, compresa l’ipotesi in cui l’utilizzo finale di questi ultimi non rientri nel caso previsto all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della Direttiva 2001/29[6].
Dato che un tale sistema consente ai debitori di traslare l’onere del prelievo per copia privata ripercuotendone l’ammontare sul prezzo della messa a disposizione di tali apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione, l’onere del prelievo viene in definitiva sopportato dall’utente privato che paga tale prezzo conformemente al “giusto equilibrio”[7], da realizzare tra gli interessi dei titolari del diritto esclusivo di riproduzione e quelli degli utenti di materiali protetti[8]. Un sistema del genere, tuttavia, deve non solo essere giustificato da difficoltà pratiche quali l’impossibilità di individuare gli utenti finali, e bensì deve anche escludere dal pagamento del prelievo la fornitura di apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione a soggetti diversi dalle persone fisiche, per scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato[9]. Qualora, inoltre, il sistema di riscossione del compenso per copia privata preveda che l’utente finale possa esserne esentato sin dall’acquisto di apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione mediante un certificato di esenzione attestante che esso li acquista per fini manifestamente estranei a quelli di realizzazione di copie per uso privato, il venditore che ha versato tale prelievo al suo fornitore ma che, a causa della presentazione di detto certificato, non può traslare tale onere sul suo cliente, deve poterne chiedere il rimborso all’organizzazione alla quale è affidata la gestione del suddetto prelievo[10].
Per quanto riguarda i requisiti derivanti dall’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della Direttiva 2001/29, il diritto al rimborso del prelievo per copia privata a favore di persone diverse dalle persone fisiche che acquistino le apparecchiature di riproduzione per fini manifestamente estranei a quello di realizzazione di copie per uso privato deve essere effettivo, e non deve rendere eccessivamente difficile la restituzione del prelievo pagato. Le entrate riscosse da un organismo di gestione collettiva per conto dei suoi titolari dei diritti in virtù di un diritto al compenso, inoltre, costituiscono proventi dei diritti d’autore o dei diritti connessi[11]. Di conseguenza, per quanto riguarda la gestione del compenso per copia privata di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della Direttiva 2001/29, a differenza dei rappresentanti dei debitori di tale compenso, essa rientra per definizione tra i compiti che possono essere affidati ad organismi di gestione collettiva del diritto d’autore, quali gli organismi di gestione dei diritti di proprietà intellettuale contemplati dalla relativa legge. A tale riguardo, la costituzione di una persona giuridica, come quella prevista dalla normativa nazionale del caso concreto, ai fini della gestione delle esenzioni dal pagamento e dei rimborsi del compenso per copia privata può rispondere ad un obiettivo di semplicità ed efficacia, di cui beneficiano anche i debitori di detto compenso, senza che questi ultimi si trovino, per il solo fatto che la persona giuridica in questione è controllata dagli organismi di gestione collettiva, in una situazione meno vantaggiosa rispetto a quella che sarebbe esistita in assenza di tale persona giuridica.
Tutto ciò premesso, qualsiasi normativa nazionale che istituisca un compenso per copia privata deve prevedere procedure che garantiscano che solo i debitori di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della Direttiva 2001/29 sostengano effettivamente l’onere del compenso per copia privata. Più particolarmente, gli Stati Membri non possono prevedere modalità di equo compenso che comportino una disparità di trattamento ingiustificata tra le diverse categorie di operatori economici che commercializzano beni paragonabili ricompresi nell’eccezione per copia privata o tra le diverse categorie di utenti di materiali protetti[12]. Le eccezioni previste all’articolo 5 della Direttiva 2001/29, inoltre, devono essere applicate rispettando il principio della parità di trattamento, secondo il quale situazioni paragonabili non possono essere trattate in maniera diversa e situazioni diverse non possono essere trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato[13].
Con la seconda questione, invece, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della Direttiva 2001/29 e il principio della parità di trattamento debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che autorizza una persona giuridica, costituita e controllata dagli organismi di gestione di diritti di proprietà intellettuale e alla quale è affidata la gestione delle esenzioni di pagamento e dei rimborsi del compenso per copia privata, a chiedere l’accesso alle informazioni necessarie all’esercizio delle competenze di controllo di cui essa è investita a tale titolo, senza che sia possibile, segnatamente, opporle il segreto dalla contabilità commerciale previsto dal diritto nazionale.
Secondo la Corte, poiché la possibilità di chiedere le informazioni che consentono di controllare la corretta applicazione della normativa nazionale sul compenso per copia privata costituisce un elemento intrinseco all’eccezione prevista dall’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della Direttiva 2001/29, nell’ambito di un sistema fondato sulle dichiarazioni unilaterali degli operatori al fine di stabilire tanto gli importi dovuti a titolo di compenso per copia privata quanto le vendite che devono esserne esentate autorizzare l’entità incaricata della gestione di tale compenso a controllare la veridicità delle dichiarazioni in questione costituisce una condizione necessaria per assicurare una riscossione effettiva di tale compenso. Di conseguenza, il soggetto incaricato della gestione del sistema di compenso per copia privata deve poter verificare che siano soddisfatte le condizioni richieste per beneficiare di un certificato di esenzione e, in caso contrario, calcolare e riscuotere gli importi dovuti a titolo di tale compenso, a partire dal momento in cui le condizioni per la concessione di un certificato di esenzione non erano o non sono più soddisfatte. L’esercizio di tali funzioni, pertanto, sarebbe ostacolato se il soggetto controllato potesse, invocando il segreto della sua contabilità commerciale, negare l’accesso alle informazioni contabili necessarie a tale esercizio. Ciò che vale anche nei confronti dei soggetti che non sono esentati dal pagamento del compenso per copia privata, quali i fabbricanti, gli importatori o i distributori, ma che possono traslarne l’onere sul loro cliente, qualora quest’ultimo non sia titolare di un certificato di esenzione, o chiederne il rimborso alla persona giuridica, qualora il loro cliente sia titolare di tale certificato.
Tali controlli, tuttavia, devono vertere esclusivamente su elementi che consentono, da un lato, di verificare che le condizioni richieste per beneficiare di un’esenzione o di un rimborso siano effettivamente soddisfatte e, dall’altro, di calcolare gli importi eventualmente dovuti a titolo di compenso per copia privata da parte di soggetti che non sono esentati, quali i fabbricanti, gli importatori o i distributori, o di soggetti che abbiano indebitamente beneficiato di un certificato di esenzione o di un rimborso. Laddove gli elementi in questione siano riservati, inoltre, la persona giuridica e gli organismi di gestione che vengono a conoscenza di tali elementi nell’ambito della loro funzione sono tenuti a rispettarne il carattere riservato.
Alla luce di quanto rammentato, pertanto, la Corte ha statuito che:
“L’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, e il principio della parità di trattamento devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale in forza della quale la gestione delle esenzioni dal pagamento e dei rimborsi del compenso per copia privata è affidata a una persona giuridica, costituita e controllata dagli organismi di gestione di diritti di proprietà intellettuale, qualora tale normativa nazionale preveda che i certificati di esenzione e i rimborsi debbano essere concessi in tempo utile e in applicazione di criteri oggettivi che non consentano alla persona giuridica di respingere una domanda di concessione di tale certificato o di rimborso sulla base di considerazioni che comportino l’esercizio di un margine di discrezionalità e che le decisioni con cui essa respinge una siffatta domanda possano essere oggetto di un ricorso dinanzi a un organo indipendente.
L’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 nonché il principio della parità di trattamento devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che autorizza una persona giuridica, costituita e controllata dagli organismi di gestione dei diritti di proprietà intellettuale e alla quale è affidata la gestione delle esenzioni dal pagamento e dei rimborsi del compenso per copia privata, a chiedere l’accesso alle informazioni necessarie all’esercizio delle competenze di controllo di cui essa è investita a tale titolo, senza che sia possibile, segnatamente, opporle il segreto dalla contabilità commerciale previsto dal diritto nazionale, posto che tale persona giuridica è obbligata a rispettare il carattere riservato delle informazioni ottenute”.
[1] GUUE L 167 del 22.06.2001.
[2] L’articolo 3 del Regio decreto 1398/2018 dispone: “… Ai sensi del presente regio decreto, si intende per:
a) certificato di esenzione: ciascuno dei certificati di cui all’articolo 25, paragrafo 7, lettere da a) a c), (…) della legge sulla proprietà intellettuale, di cui possono essere titolari i seguenti soggetti:
(…)
2) le persone giuridiche o fisiche che agiscono in qualità di consumatori finali, che dimostrino l’uso esclusivamente professionale degli apparecchi, dispositivi o supporti materiali che esse acquistano e a condizione che questi ultimi non siano messi, di diritto o di fatto, a disposizione di utenti privati e siano manifestamente riservati ad usi diversi dalla realizzazione di copie private…”.
[3] L’articolo 10 del Regio decreto 1398/2018 al paragrafo 1 dispone: “… Per ottenere il certificato di esenzione di cui all’articolo 3, lettera a), punto 2, l’interessato deve trasmettere alla persona giuridica [di cui all’articolo 25, paragrafo 10, della legge sulla proprietà intellettuale] una domanda che, preferibilmente, deve essere firmata elettronicamente e che deve contenere le seguenti informazioni:
a) numero di identificazione fiscale nonché cognomi e nomi oppure ragione o denominazione sociale;
b) indicazione dell’oggetto sociale o una dichiarazione di attività del richiedente;
c) dichiarazione, sotto la responsabilità del richiedente, concernente i seguenti aspetti:
1) il regime di utilizzazione degli apparecchi, dispositivi e supporti materiali da acquistare, i quali devono essere destinati ad usi esclusivamente professionali e manifestamente diversi dalla realizzazione di copie private;
2) il fatto che di non mettere, né di fatto né di diritto, tali apparecchi, dispositivi e supporti materiali a disposizione di utenti privati;
3) il fatto di sottoporsi ai poteri di controllo riconosciuti alla persona giuridica dall’articolo 25, paragrafo 11, (…) della legge sulla proprietà intellettuale;
d) nel caso in cui il richiedente impieghi lavoratori subordinati a disposizione dei quali metterà gli apparecchi, dispositivi o supporti materiali da acquistare, una dichiarazione secondo la quale, sotto la sua responsabilità, tali lavoratori sono a conoscenza delle seguenti informazioni:
1) che gli apparecchi, dispositivi o supporti materiali loro forniti dal datore di lavoro per l’esercizio dei loro compiti professionali devono essere utilizzati esclusivamente a tal fine;
2) che non è consentito l’uso a fini privati di tali apparecchi, dispositivi o supporti materiali…”.
[4] L’articolo 5 della Direttiva 2001/29, intitolato “Eccezioni e limitazioni”, al paragrafo 2 lettera b) dispone: “… Gli Stati membri hanno la facoltà di disporre eccezioni o limitazioni al diritto di riproduzione di cui all’articolo 2 per quanto riguarda:
(…)
b) le riproduzioni su qualsiasi supporto effettuate da una persona fisica per uso privato e per fini né direttamente, né indirettamente commerciali a condizione che i titolari dei diritti ricevano un equo compenso che tenga conto dell’applicazione o meno delle misure tecnologiche di cui all’articolo 6 all’opera o agli altri materiali interessati…”.
[5] CGUE 09.06.2016, Causa C‑470/14, EGEDA e a., punti 22-23; CGUE 05.03.2015, Causa C‑463/12, Copydan Båndkopi, punto 20.
[6] CGUE 22.09.2016, Causa C‑110/15, Microsoft Mobile Sales International e a., punti 31-32.
[7] Il considerando (31) della Direttiva 2001/29 dispone: “… Deve essere garantito un giusto equilibrio tra i diritti e gli interessi delle varie categorie di titolari nonché tra quelli dei vari titolari e quelli degli utenti dei materiali protetti. Le eccezioni e limitazioni alla protezione esistenti nelle legislazioni degli Stati membri devono essere riesaminate alla luce del nuovo ambiente elettronico. Le differenze esistenti nelle eccezioni e limitazioni relative a determinati atti hanno effetti negativi diretti sul funzionamento del mercato interno nel settore del diritto d’autore e dei diritti connessi. Tali differenze potrebbero facilmente accentuarsi con l’ulteriore sviluppo dell’utilizzazione economica transfrontaliera di opere e delle attività transfrontaliere. Onde garantire il corretto funzionamento del mercato interno, tali eccezioni e limitazioni dovrebbero essere definite in modo più uniforme. Il grado di armonizzazione di dette eccezioni dovrebbe dipendere dal loro impatto sul corretto funzionamento del mercato interno…”.
[8] CGUE 22.09.2016, Causa C‑110/15, Microsoft Mobile Sales International e a., punto 33.
[9] CGUE 22.09.2016, Causa C‑110/15, Microsoft Mobile Sales International e a., punti 34-36; CGUE 05.03.2015, Causa C‑463/12, Copydan Båndkopi, punti 45-47.
[10] CGUE 05.03.2015, Causa C‑463/12, Copydan Båndkopi, punto 55.
[11] Direttiva 2014/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno, GUUE L 84 del 20.03.2014. L’articolo 3 della Direttiva, intitolato “Definizioni”, alle lettere a) e h) dispone: “… Ai fini della presente direttiva si intende per:
a) «organismo di gestione collettiva»: un organismo autorizzato, per legge o in base a una cessione dei diritti, una licenza o qualsiasi altro accordo contrattuale, a gestire i diritti d’autore o i diritti connessi ai diritti d’autore per conto di più di un titolare dei diritti, a vantaggio collettivo di tali titolari come finalità unica o principale e che soddisfa uno o entrambi i seguenti criteri:
i) è detenuto o controllato dai propri membri;
ii) è organizzato senza fini di lucro;
(…)
h) «proventi dei diritti»: le entrate riscosse da un organismo di gestione collettiva per conto dei suoi titolari dei diritti, in virtù sia di un diritto esclusivo, sia di un diritto al compenso, sia di un diritto all’indennizzo…”.
[12] CGUE 22.09.2016, Causa C‑110/15, Microsoft Mobile Sales International e a., punto 45.
[13] Ibidem, punto 44.