CONCORRENZA E SOGGETTI PRIVATI. L’AG PITRUZZELLA SI PRONUNCIA SUL VALORE PROBATORIO DI UNA DECISIONE DI UN’AUTORITÀ NAZIONALE GARANTE DELLA CONCORRENZA NELL’AZIONE DI NULLITÀ E NELL’AZIONE PER IL RISARCIMENTO DEL DANNO

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In data 8 settembre 2022, l’Avvocato Generale Pitruzzella ha reso note le sue Conclusioni nella Causa C-25/21, ZA, AZ, BX, CV, DU ed ET contro Repsol Comercial de Productos Petrolíferos SA, sul valore probatorio delle decisioni delle autorità nazionali garanti della concorrenza nel quadro di azioni di nullità fondate sull’articolo 101, paragrafo 2, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) nonché sulla natura dell’articolo 9, paragrafo 1, della Direttiva 2014/104 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati Membri e dell’Unione europea[1].

Questi i fatti.

Nel 1987 e nel 1996 KN o i suoi eredi avevano stipulato con la Repsol SA (“Repsol”) due contratti in base ai quali la remunerazione del gestore della stazione di servizio era rappresentata da una commissione che quest’ultimo poteva applicare sul prezzo di vendita al pubblico dei carburanti, fermo restando che detto prezzo era raccomandato dalla Repsol. Con decisione dell’11 luglio 2001 (poi confermata sia in appello che in cassazione), tuttavia, il Tribunal de Defensa de la Competencia (Tribunale per la tutela della concorrenza) aveva stabilito che la Repsol aveva posto in essere una pratica vietata dalla Ley de Defensa de la Competencia (legge relativa alla tutela della concorrenza) fissando, in forza dei suddetti contratti, i prezzi di vendita al pubblico dei carburanti nei confronti dei distributori con essa operanti nel quadro di un supposto regime di commissione o di agenzia.

Successivamente, nel 2001, nel 2006 e nel 2009 KN o i suoi eredi e la Repsol avevano stipulato altri tre contratti contenenti un obbligo di fornitura esclusiva a favore di quest’ultima della durata, rispettivamente, di cinque, tre e cinque anni[2]. A seguito di un’indagine che aveva confermato che la Repsol continuava a violare le regole di concorrenza, in quanto la possibilità riconosciuta ai gestori delle stazioni di servizio della sua rete di applicare sconti, imputandoli alla loro commissione, si era rivelata non reale, con decisione del 30 luglio 2009 (anch’essa divenuta in seguito definitiva) la Comisión Nacional de la Competencia (Commissione nazionale per la concorrenza; “CNC”) aveva deciso di sanzionare la Repsol. Di conseguenza, gli eredi di KN avevano proposto un’azione di nullità dei contratti in essere tra le parti nonché una domanda di risarcimento dei danni derivanti dalla violazione dell’articolo 101 TFUE dinanzi al Juzgado de lo Mercantil de Madrid (Tribunale di commercio di Madrid; il “giudice del rinvio”) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizi due questioni pregiudiziali.

Prima di esaminare le due questioni pregiudiziali, l’AG ha verificato l’applicabilità al caso concreto dell’articolo 9, paragrafo 1[3], della Direttiva 2014/104, che disciplina la questione dell’effetto di una decisione definitiva di un’autorità nazionale garante della concorrenza di uno Stato Membro ai fini di un’azione per il risarcimento del danno avviata dinanzi a un giudice di tale Stato per violazione delle norme di concorrenza.

Per quanto riguarda l’applicabilità ratione materiae dell’articolo 9, paragrafo 1, della Direttiva 2014/104e, l’AG ha preliminarmente ricordato che quest’ultima non opera alcuna distinzione tra i due diversi tipi di azioni civili di risarcimento del danno per violazione delle disposizioni del diritto della concorrenza, ossia le azioni autonome (o “stand‑alone”) e le azioni a catena (o “follow‑on”). La Direttiva 2014/104, inoltre, si applica esclusivamente alle azioni per il risarcimento del danno e non, per contro, a quelle civili volte ad ottenere la dichiarazione di nullità dei contratti contrari all’articolo 101, paragrafo 2, TFUE, che non sono pertanto disciplinate a livello di diritto derivato dell’Unione[4].

Per quanto riguarda, invece, l’applicabilità ratione temporis dell’articolo 9, paragrafo 1, della Direttiva 2014/104, l’AG ha preliminarmente ricordato la necessità di stabilire, in primo luogo, se tale disposizione abbia o meno natura sostanziale[5] e, in secondo luogo, se, in circostanze come quelle del caso concreto, la situazione in questione, laddove non possa essere qualificata come nuova, fosse acquisita prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva o se abbia continuato a produrre i suoi effetti dopo la scadenza di tale termine[6].

In merito alla natura dell’articolo 9 della Direttiva 2014/104, secondo l’AG tale disposizione non può essere considerata come avente una finalità puramente probatoria, in quanto riguarda uno degli elementi costitutivi della responsabilità civile per violazione delle disposizioni del diritto della concorrenza. Tale disposizione, infatti, determina una presunzione assoluta di esistenza di uno di questi elementi, vale a dire la violazione, ai fini dell’azione per il risarcimento del danno, quando la medesima violazione è stata accertata con una decisione definitiva dell’autorità nazionale garante della concorrenza dello Stato Membro del giudice dinanzi al quale l’azione è stata avviata o da un giudice del ricorso dello stesso Stato. Trattandosi, pertanto, di una presunzione assoluta di un elemento costitutivo della responsabilità civile, essa incide direttamente sulla situazione giuridica dell’impresa nei cui confronti è proposta l’azione per il risarcimento del danno, di talché l’articolo 9, paragrafo 1, della Direttiva 2014/104 può essere qualificato come norma sostanziale.

Nel caso concreto, inoltre, gli eredi di KN chiedevano il risarcimento del danno da loro subìto in ragione delle restrizioni alla concorrenza contenute nei cinque contratti stipulati con la Repsol, l’ultimo dei quali era stato concluso in data 17 luglio 2009 per una durata di cinque anni. Di conseguenza, essendo tale contratto giunto a scadenza al più tardi nel 2014, ossia prima del termine di recepimento della Direttiva 2014/104, a tale data le clausole dei contratti contenenti le restrizioni verticali che avevano dato origine al comportamento illecito non producevano più alcun effetto, di talché la violazione era cessata prima della scadenza di tale termine[7]. Gli eredi di KN, inoltre, chiedevano il risarcimento del danno che avrebbero subìto nel corso di un periodo conclusosi prima della data di scadenza del termine di recepimento della Direttiva 2014/104, alla cui data pertanto la situazione giuridica del caso concreto doveva essere ritenuta consolidata.

Di conseguenza, secondo l’AG l’articolo 9, paragrafo 1, della Direttiva 2014/104 non è applicabile ratione temporis ad un ricorso per risarcimento danni che, sebbene proposto dopo l’entrata in vigore delle disposizioni nazionali che hanno recepito tardivamente detta direttiva nel diritto nazionale, i) verte su una violazione derivante da restrizioni alla concorrenza contenute in contratti i cui effetti erano cessati prima della data di scadenza del termine di recepimento della direttiva medesima, e ii) riguarda una domanda di risarcimento di un danno causato in un periodo concluso prima di tale data[8].

Tutto ciò premesso, con la prima questione il giudice del rinvio si chiedeva quale valore probatorio debba riconoscere alle decisioni delle autorità spagnole garanti della concorrenza del 2001 e del 2009, desiderando sapere se le condizioni previste dall’articolo 2 del Regolamento n. 1/2003[9] e concernenti l’onere della prova debbano essere considerate soddisfatte ove, in forza di queste due decisioni, la parte ricorrente abbia dimostrato che il suo rapporto contrattuale di fornitura esclusiva e affiliazione ricade nel campo di applicazione ratione loci e ratione temporis esaminato dall’autorità nazionale garante della concorrenza. Con la seconda questione, invece, il giudice del rinvio si chiedeva se, laddove le condizioni previste dall’articolo 2 del Regolamento n. 1/2003 relative all’onere della prova debbano essere considerate soddisfatte in forza delle due suddette decisioni, ciò comporti necessariamente la dichiarazione di nullità di pieno diritto dei contratti di cui trattasi a norma dell’articolo 101, paragrafo 2, TFUE.

L’AG ha preliminarmente ricordato che, in assenza di una normativa europea che regoli la materia, spetta agli Stati Membri, nel quadro della loro autonomia procedurale, disciplinare il valore probatorio da riconoscere alle decisioni dell’autorità nazionale garante della concorrenza nelle controversie di diritto privato, nell’ambito delle quali una persona deduca giudizialmente la violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE per far valere la nullità di un’intesa o di una pratica vietata da detta disposizione, ai sensi del paragrafo 2 di tale articolo, e per richiedere il risarcimento del danno subìto qualora esista un nesso di causalità tra tale danno e tale intesa o pratica. Tale autonomia, tuttavia, è limitata, da un lato, dai principi di equivalenza e di effettività e, dall’altro, dal principio della certezza del diritto.

Alla luce della particolare complessità di numerose violazioni in materia di diritto della concorrenza e delle difficoltà pratiche incontrate dai soggetti lesi nel dimostrare tali illeciti, il principio di effettività impone di conferire all’accertamento definitivo di una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE compiuto dall’autorità nazionale garante della concorrenza quantomeno un valore di indizio o principio di prova dell’esistenza della violazione nel quadro dell’azione per il risarcimento del danno. Ciò che vale, secondo l’AG, anche per quanto riguarda le azioni dirette a far valere la nullità di un’intesa o di una pratica vietata da tale disposizione, prevista all’articolo 101, paragrafo 2, TFUE. Di conseguenza, nella misura in cui l’accertamento definitivo di una violazione compiuto dall’autorità nazionale garante della concorrenza è pertinente per determinare una siffatta nullità, il principio di effettività impone di riconoscere a tale accertamento quantomeno un valore di indizio o principio di prova indicativo nel quadro dell’azione di nullità al fine di garantire la piena efficacia dell’articolo 101 TFUE e, in particolare, l’effetto utile del divieto sancito nel suo paragrafo 1.

Secondo l’AG, inoltre, nel quadro del potere discrezionale di cui un giudice civile dispone nell’applicare le proprie norme procedurali nazionali in materia di valutazione dei mezzi di prova, il valore che, in forza del principio di effettività, detto giudice è tenuto ad attribuire all’accertamento di una violazione contenuta in una decisione definitiva dell’autorità nazionale garante della concorrenza deve variare a seconda del livello di coincidenza tra detta decisione e l’asserita violazione alla base dell’azione civile proposta dinanzi ad esso. Laddove, pertanto, la violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE accertata dall’autorità nazionale garante della concorrenza coincide con quella contestata alla base dell’azione civile avviata dinanzi al giudice nazionale sotto il profilo della natura della violazione e della sua portata materiale, personale, temporale e territoriale, il principio di effettività e l’esigenza di garantire la piena efficacia dell’articolo 101 TFUE impongono al giudice civile di attribuire a detto accertamento non soltanto un valore di indizio o di principio di prova, e bensì quantomeno un valore di prova prima facie dell’esistenza di detta violazione. In un caso del genere, infatti, vi sarebbe una piena coincidenza tra la violazione accertata e quella invocata ai fini dell’azione civile, che non giustificherebbe il riconoscimento all’accertamento compiuto dall’autorità nazionale garante della concorrenza di un mero valore di indizio o di principio di prova. Per contro, quando la violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE accertata dall’autorità nazionale garante della concorrenza e quella su cui si fonda l’azione civile proposta dinanzi al giudice nazionale non coincidono pienamente, ma solo in parte, il giudice nazionale non potrà ignorare completamente la decisione, ma dovrà attribuirle il valore di indizio o di principio di prova.

Lo stesso vale anche per quanto riguarda il principio della certezza del diritto, che impone ai giudici nazionali di evitare, per quanto possibile, di emanare decisioni in contrasto con quelle degli enti incaricati dell’applicazione amministrativa delle norme europee in materia di concorrenza, ossia, oltre alla Commissione, le autorità nazionali garanti della concorrenza.

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[1] GUUE L 349 del 05.12.2014.

[2] Il regime economico era quello di una presunta commissione, che celava, in realtà, un contratto di rivendita, poiché era il commissionario ad assumersi il rischio del prodotto e a dover pagare l’importo dei prodotti ordinati con un anticipo sufficiente a consentire alla Repsol di verificare l’intervenuto pagamento prima della fornitura.

[3] L’articolo 9 della Direttiva 2014/104, intitolato “Effetto delle decisioni nazionali”, al paragrafo 1 dispone: “… Gli Stati membri provvedono affinché una violazione del diritto della concorrenza constatata da una decisione definitiva di un’autorità nazionale garante della concorrenza o di un giudice del ricorso sia ritenuta definitivamente accertata ai fini dell’azione per il risarcimento del danno proposta dinanzi ai loro giudici nazionali ai sensi dell’articolo 101 o 102 TFUE o ai sensi del diritto nazionale della concorrenza…”.

[4] L’articolo 1 della Direttiva 2014/104, intitolato “Oggetto e ambito di applicazione”, dispone: “La presente direttiva stabilisce alcune norme necessarie per garantire che chiunque abbia subito un danno a causa di una violazione del diritto della concorrenza da parte di un’impresa o un’associazione di imprese possa esercitare in maniera efficace il diritto di chiedere a tale impresa o associazione il pieno risarcimento di tale danno. Essa stabilisce norme per promuovere una concorrenza non falsata nel mercato interno e per eliminare gli ostacoli al suo corretto funzionamento, garantendo a qualsiasi soggetto che abbia subito danni di questo tipo una protezione equivalente in tutta l’Unione.

La presente direttiva stabilisce norme per il coordinamento fra l’applicazione delle regole di concorrenza da parte delle autorità garanti della concorrenza e l’applicazione di tali regole nelle azioni per il risarcimento del danno dinanzi ai giudici nazionali…”.

[5] CGUE 22.06.2022, Causa C‑267/20, Volvo e DAF Trucks, punto 38.

[6] Ibidem, punto 42.

[7] Ibidem, punto 103.

[8] L’articolo 22 della Direttiva 2014/104, intitolato “Applicazione temporale”, dispone: “Gli Stati membri assicurano che le misure nazionali adottate ai sensi dell’articolo 21 al fine di rispettare le disposizioni sostanziali della presente direttiva non si applichino retroattivamente.

Gli Stati membri assicurano che ogni misura nazionale adottata ai sensi dell’articolo 21, diversa da quelle di cui al paragrafo 1, non si applichi ad azioni per il risarcimento del danno per le quali un giudice nazionale sia stato adito anteriormente al 26 dicembre 2014…”.

[9] Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato, GUUE L 1 del 04.01.2003. L’articolo 2 del Regolamento, intitolato “Onere della prova”, dispone: “… In tutti i procedimenti nazionali o comunitari relativi all’applicazione degli articoli 81 e 82 del trattato, l’onere della prova di un’infrazione dell’articolo 81, paragrafo 1, o dell’articolo 82 del trattato incombe alla parte o all’autorità che asserisce tale infrazione. Incombe invece all’impresa o associazione di imprese che invoca l’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato l’onere di provare che le condizioni in esso enunciate sono soddisfatte…”.