In data 13 luglio 2022, il Tribunale dell’Unione Europea si è pronunciato nella Causa T-886/19, Design Light & Led Made in Europe eDesign Luce & Led Made in Italy contro Commissione europea, sul ricorso con cui la Design Light & Led Made in Europe (“Design Light”) e la Design Luce & Led Made in Italy (“Design Luce”) chiedevano l’annullamento della Decisione C(2019) 7805 final[1] con cui la Commissione aveva rigettato la loro denuncia relativa a presunte violazioni degli articoli 101 o 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) da parte della Koninklijke Philips NV (“Philips”).
Questi i fatti.
In data 1° agosto 2016, la Design Light e la Design Luce avevano presentato una denuncia[2] sostenendo che la Philips aveva violato gli articoli 101 o 102 TFUE nel settore degli apparecchi di illuminazione a diodi a emissione luminosa (LED) e delle loro componenti in Europa in quanto i) il suo ampio portafoglio di brevetti relativi alla tecnologia LED e la sua quota di mercato le conferivano una posizione dominante, e ii) aveva abusato di tale posizione costringendo i fabbricanti di prodotti per illuminazione ad aderire al suo programma di concessione di licenze di brevetto (Patent Licensing Program, PLP) utilizzando argomenti fuorvianti, facendo valere la violazione di brevetti che non erano validi o che erano prossimi alla scadenza, astenendosi dal formulare domande di accertamento di un’infrazione chiare e precise ed imponendo condizioni eccessive nell’ambito degli accordi di licenza sottoscritti con gli stessi. Secondo la Design Light e la Design Luce, inoltre, la Philips aveva stipulato accordi restrittivi multilaterali con le società Osram e Zumtobel rinunciando al proprio diritto all’ottenimento di royalities ove i licenziatari avessero acquistato le componenti di base presso tali fornitori “qualificati”.
Con la Decisione C(2019) 7805 final, tuttavia, la Commissione aveva respinto tale denuncia in quanto vi era una scarsa probabilità di accertare che i) la Philips avesse violato l’articolo 102 TFUE abusando di una posizione dominante su un mercato rilevante[3], e ii) la Philips, la Osram e la Zumtobel avessero violato l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE stipulando un accordo o attuando pratiche concertate dagli effetti anticoncorrenziali[4]. Di conseguenza, la Design Light e la Design Luce si erano rivolte al Tribunale presentando tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo, la Design Light e la Design Luce lamentavano una violazione dell’articolo 105 TFUE[5] da parte della Commissione. Più particolarmente, secondo le ricorrenti la Commissione non dispone di un potere discrezionale illimitato per decidere di respingere una denuncia, in quanto l’attribuzione di un tale potere pregiudicherebbe il principio generale di effettività nonché una tutela giurisdizionale effettiva, che la Commissione avrebbe violato omettendo di procedere alla valutazione tecnica dei documenti prodotti durante il procedimento amministrativo.
Il Tribunale ha preliminarmente ricordato che la Commissione dispone di un potere discrezionale che l’autorizza non solo ad attribuire un diverso grado di priorità alle denunce con cui viene adita[6], e bensì anche a respingere una denuncia per mancanza di interesse per l’Unione sufficiente alla prosecuzione dell’esame della pratica, non dovendo dimostrare, in tale ipotesi, l’assenza di un’infrazione a sostegno di una tale decisione[7]. Tale potere discrezionale, tuttavia, non è illimitato, in quanto la Commissione deve prendere in considerazione, esaminandoli attentamente, tutti gli elementi di diritto e di fatto pertinenti messi a sua disposizione dal denunciante al fine di decidere del seguito da dare ad una denuncia[8]; ciò che, in ogni caso, non implica necessariamente di effettuare valutazioni tecniche.
Nell’ambito della valutazione dell’interesse dell’Unione spetta alla Commissione, in particolare, mettere a confronto la rilevanza dell’asserita infrazione per il funzionamento del mercato interno, la probabilità di poterne accertare l’esistenza nonché la portata delle misure istruttorie necessarie al fine di adempiere, nel miglior modo possibile, al proprio compito di vigilanza sul rispetto degli articoli 101 e 102 TFUE[9]. Nello specifico, la Commissione può respingere una denuncia per difetto di interesse dell’Unione sulla base degli unici rilievi che esiste solo una probabilità limitata di accertare una violazione degli articoli 101 e 102 TFUE e che la portata delle misure istruttorie necessarie a tal fine è sproporzionata[10]. Di conseguenza, nel caso concreto la Commissione non era obbligata a fondare il suo esame sul solo criterio relativo alle importanti disfunzioni nel mercato interno e ancor meno ad avviare un procedimento diretto ad accertare una violazione degli articoli 101 e 102 TFUE su tale base, in quanto altri criteri e la loro ponderazione deponevano a sfavore dell’esistenza di un interesse dell’Unione.
Nell’affermare, infine, che il giudice dell’Unione debba verificare se la Commissione avesse formato correttamente la sua valutazione sull’esistenza di un interesse dell’Unione, e se essa disponesse di elementi sufficienti per avviare un’indagine formale nei confronti della Philips, le ricorrenti non tengono conto dell’effettiva portata del sindacato giurisdizionale. Quando la Commissione decide di non avviare un’indagine, infatti, spetta al Tribunale verificare non già se il denunciante abbia fornito, nella sua denuncia, elementi sufficienti a dimostrare la violazione del diritto della concorrenza, e bensì se emerga dalla decisione impugnata che la Commissione ha messo a confronto la rilevanza dell’asserita infrazione per il funzionamento del mercato interno, la probabilità di poterne accertare l’esistenza e la portata delle misure istruttorie necessarie al fine di adempiere, nel miglior modo possibile, al proprio compito di vigilanza sul rispetto degli articoli 101 e 102 TFUE[11]. Per contro, il controllo del giudice dell’Unione sull’esercizio, da parte della Commissione, del potere discrezionale riconosciutole in materia di esame delle denunce non deve condurlo a sostituire la propria valutazione dell’interesse dell’Unione a quella della Commissione stessa, e bensì a verificare se la decisione controversa non si basi su fatti materialmente inesatti e non sia viziata da errori di diritto, da manifesti errori di valutazione o da sviamento di potere[12] oppure da un difetto di motivazione[13]. Di conseguenza, il primo motivo deve essere respinto.
Con il secondo motivo, la Design Light e la Design Luce sostenevano che la Commissione aveva violato l’articolo 102 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 105, in quanto avrebbe erroneamente valutato l’esistenza di una posizione dominante e il carattere abusivo della condotta della Philips.
Più particolarmente, secondo le ricorrenti la Commissione avrebbe, in primo luogo, i) violato il suo obbligo di motivazione, in quanto non avrebbe proceduto ad alcuna valutazione in merito al mercato rilevante omettendo di illustrare il metodo economico applicato, e ii) errato nell’affermare che la probabilità di dimostrare l’esistenza di una posizione dominante fosse limitata.
Per quanto riguarda il mercato del prodotto quello geografico rilevanti, secondo il Tribunale la Commissione aveva condotto un’analisi preliminare di detti mercati giungendo alla conclusione che la loro definizione definitiva poteva essere lasciata aperta, in quanto la valutazione delle presunte violazioni non sarebbe cambiata in base alla scelta di una delle tre possibili definizioni del mercato rilevante risultante dalla denuncia[14]. Di conseguenza, poiché la Commissione aveva esaminato le presunte posizioni dominanti della Philips e le presunte violazioni dell’articolo 102 TFUE che quest’ultima avrebbe commesso alla luce di queste tre possibili definizioni del mercato rilevante, la questione se e come il mercato stesso avrebbe potuto essere delimitato in modo più preciso è irrilevante ai fini della soluzione del caso concreto.
Per quanto riguarda, invece, la presunta posizione dominante della Philips, gli argomenti addotti dalle ricorrenti non dimostrano che l’esame delle quote di mercato da essa detenute nei suddetti mercati rilevanti si basava su fatti materialmente inesatti, né che esso fosse viziato da un errore di diritto o da un errore manifesto di valutazione. Secondo il Tribunale, infatti, il mero fatto di essere titolare di un diritto di proprietà intellettuale non è sufficiente per concludere nel senso dell’esistenza di una posizione dominante in capo ad un’impresa[15] né per determinare se i prodotti o i servizi rientranti in tale diritto siano idonei a costituire un mercato rilevante distinto; così come, del pari, il numero di brevetti invocato non è esplicativo del loro carattere essenziale, né dell’esistenza di alternative. Di conseguenza, la Commissione aveva esaminato attentamente tutti gli elementi di fatto e di diritto, non incorrendo in errori di diritto o in errori manifesti di valutazione.
In secondo luogo, secondo le ricorrenti la Commissione avrebbe errato i) nel constatare che dalla corrispondenza prodotta nell’ambito della denuncia non emergeva alcuna politica intimidatoria o aggressiva, e ii) nel non tenere conto del fatto che la Philips richiedeva, nell’ambito del PLP, informazioni non necessarie per il calcolo delle royalties.
Secondo il Tribunale, dall’esame della corrispondenza con i suoi potenziali licenziatari risulta non già che la Philips mirava ad attuare una politica intimidatoria o persecutoria o minatoria, e bensì che essa sembrava perseguire l’obiettivo legittimo di proteggere i suoi brevetti e di ottenere una remunerazione adeguata per l’uso delle tecnologie da essi coperte, ciò che non sarebbe possibile in assenza di una verifica tecnica dei prodotti per illuminazione interessati.
L’esercizio di un diritto esclusivo connesso ad un diritto di proprietà intellettuale, inoltre, fa parte delle prerogative del suo titolare, di talché il suo esercizio, pur provenendo da un’impresa in posizione dominante, non può costituire di per sé un abuso di quest’ultima[16]. L’elevato livello di protezione dei diritti di proprietà intellettuale, al contrario, comporta che il loro titolare non può, in via di principio, vedersi privato della facoltà di ricorrere ad azioni giudiziali atte a garantire il rispetto effettivo dei suoi diritti esclusivi, e che il loro utilizzatore, se non ne è il titolare, è tenuto ad ottenere una licenza prima di qualsiasi utilizzo[17]. Di conseguenza, anche il titolare di un brevetto essenziale ai fini dell’applicazione di una norma tecnica stabilita da un organismo di normalizzazione può ricorrere ad azioni giudiziali se avverte preventivamente il presunto contraffattore della contraffazione e gli trasmette una proposta di licenza concreta a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie (fair, reasonable and non-discriminatory, FRAND), di talché la Philips poteva legittimamente avvertire i presunti contraffattori e presentare loro una proposta di licenza, e ciò anche nell’ipotesi in cui i suoi brevetti potessero essere qualificati come essenziali.
Nei limiti, infine, in cui le ricorrenti sostengono che la Philips esigeva, nell’ambito del PLP, la fornitura di informazioni sensibili non necessarie per il calcolo delle royalties, tale censura è carente in fatto e non è comprovata. Poiché, in ogni caso, tali obblighi di informazione avevano il solo scopo di individuare i prodotti che necessitavano di una licenza di brevetto e di stabilire il livello delle royalties, la Commissione non era incorsa in errori di diritto o in errori manifesti di valutazione nel concludere che vi fosse una scarsa probabilità di dimostrare il carattere abusivo del comportamento della Philips, di talché anche il secondo motivo dev’essere respinto.
Con il terzo motivo, infine, la Design Light e la Design Luce sostenevano che la Commissione aveva violato l’articolo 101 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 105 TFUE, valutando erroneamente la nozione di accordo e di pregiudizio alla concorrenza.
Secondo il Tribunale, tuttavia, le censure dedotte dalle ricorrenti sono particolarmente vaghe, e tendono a far gravare sulla Commissione l’onere di indagare in modo casuale sul carattere potenzialmente anticoncorrenziale di accordi di concessione incrociata di licenze non esclusivi stipulati tra la Philips e, rispettivamente, la Osram e la Zumtobel, la cui logica commerciale e i cui effetti benefici sono stati spiegati in modo plausibile sia dalla Philips durante il procedimento amministrativo sia nella Decisione C(2019) 7805 final. Di conseguenza, la Commissione non era incorsa in errori di diritto o in errori manifesti di valutazione nel concludere che vi fossero scarse probabilità di dimostrare una violazione dell’articolo 101 TFUE, di talché anche il terzo motivo dev’essere respinto, così come il ricorso nella sua interezza.
[1] Dec. Comm. C(2019) 7805 final del 25.10.2019 recante rigetto della denuncia relativa a presunte violazioni degli articoli 101 o 102 TFUE da parte della Koninklijke Philips NV, Caso AT.39913 – LED.
[2] Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato, GUUE L 1 del 04.01.2003. L’articolo 7 del Regolamento, intitolato “Constatazione ed eliminazione delle infrazioni”, al paragrafo 1 dispone: “… Se la Commissione constata, in seguito a denuncia o d’ufficio, un’infrazione all’articolo 81 o all’articolo 82 del trattato, può obbligare, mediante decisione, le imprese e associazioni di imprese interessate a porre fine all’infrazione constatata. A tal fine può imporre loro l’adozione di tutti i rimedi comportamentali o strutturali, proporzionati all’infrazione commessa e necessari a far cessare effettivamente l’infrazione stessa. I rimedi strutturali possono essere imposti solo quando non esiste un rimedio comportamentale parimenti efficace o quando un rimedio comportamentale parimenti efficace risulterebbe più oneroso, per l’impresa interessata, del rimedio strutturale. Qualora la Commissione abbia un legittimo interesse in tal senso, essa può inoltre procedere alla constatazione di un’infrazione già cessata…”.
[3] Si vedano i punti 10-19 della sentenza.
[4] SI vedano i punti 20-23 della sentenza.
[5] L’articolo 105 TFUE dispone: “… Senza pregiudizio dell’articolo 104, la Commissione vigila perché siano applicati i principi fissati dagli articoli 101 e 102. Essa istruisce, a richiesta di uno Stato membro o d’ufficio e in collegamento con le autorità competenti degli Stati membri che le prestano la loro assistenza, i casi di presunta infrazione ai principi suddetti. Qualora essa constati l’esistenza di un’infrazione, propone i mezzi atti a porvi termine.
Qualora non sia posto termine alle infrazioni, la Commissione constata l’infrazione ai principi con una decisione motivata. Essa può pubblicare tale decisione e autorizzare gli Stati membri ad adottare le necessarie misure, di cui definisce le condizioni e modalità, per rimediare alla situazione.
La Commissione può adottare regolamenti concernenti le categorie di accordi per le quali il Consiglio ha adottato un regolamento o una direttiva conformemente all’articolo 103, paragrafo 2, lettera b)…”.
[6] Tribunale 16.05.2017, Causa T‑480/15, Agria Polska e a./Commissione, punto 34; CGUE 04.03.1999, Causa C‑119/97 P, Ufex e a./Commissione, punto 88; Tribunale 18.09.1992, Causa T‑24/90, Automec/Commissione, punti 73 e 83.
[7] Tribunale 16.05.2017, Causa T‑480/15, Agria Polska e a./Commissione, punti 35 e 37.
[8] Tribunale 16.05.2017, Causa T‑480/15, Agria Polska e a./Commissione, punto 36; CGUE 04.03.1999, Causa C‑119/97 P, Ufex e a./Commissione, punto 86; Tribunale 18.09.1992, Causa T‑24/90, Automec/Commissione, punto 86.
[9] Tribunale 12.03.2020, Causa T‑531/18, LL-Carpenter/Commissione, punto 68; Tribunale 11.01.2017, Causa T‑699/14, Topps Europe/Commissione, punto 64; Tribunale 18.09.1992, Causa T‑24/90, Automec/Commissione, punto 86.
[10] Tribunale 14.09.2017, Causa T‑751/15, Contact Software/Commissione, punto 33; Tribunale 16.01.2008, Causa T‑306/05, Scippacercola e Terezakis/Commissione, punti 187-190.
[11] Tribunale 16.05.2017, Causa T‑480/15, Agria Polska e a./Commissione, punto 38.
[12] Tribunale 15.12.2010, Causa T‑427/08, CEAHR/Commissione, punto 65.
[13] Tribunale 16.05.2017, Causa T‑480/15, Agria Polska e a./Commissione, punto 39.
[14] Ossia il mercato della costruzione di apparecchi di illuminazione, quello delle componenti di apparecchi di illuminazione a LED e quello della tecnologia LED.
[15] CGUE 06.04.1995, Cause riunite C‑241/91 P e C‑242/91 P, RTE e ITP/Commissione, punto 46.
[16] CGUE 30.01.2020, Causa C‑307/18, Generics (UK) e a., punto 150.
[17] CGUE 16.07.2015, Causa C‑170/13, Huawei Technologies, punti 57-58.