ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE NEL MERCATO DEI FARMACI A BASE DI CDCA. L’AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO SANZIONA IL GRUPPO LEADIANT

marketude Marco Stillo, Perspectives, Pharmaceuticals and Life Sciences, Publications, Society

Dando seguito all‘istruttoria dell’8 ottobre 2019[1], in data 17 maggio 2022 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha comminato una sanzione pari a circa 3,5 milioni di euro alle società Essetifin S.p.A[2], Leadiant Biosciences Ltd[3], Leadiant Biosciences S.p.A[4], Leadiant GmbH e Sigma-Tau Arzneimittel GmbH[5], appartenenti al gruppo Leadiant ( “Leadiant”) per aver abusato della loro posizione dominante sul mercato italiano della produzione e vendita dei farmaci a base di acido chenodesossicolico (CDCA), un principio attivo che in passato veniva utilizzato esclusivamente per la cura dei calcoli biliari, fino a quando la comunità scientifica ha scoperto la sua efficacia nel trattamento della malattia ultra-rara Xantomatosi Cerebrotendinea (“CTX”)[6].

A partire dal 2010, e fino all’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) dell’Acido Chenodesossicolico Leadiant (“CDCA Leadiant®”), su quasi tutti i mercati nazionali europei era disponibile un unico farmaco a base di CDCA, lo Xenbilox, di cui era titolare la stessa Leadiant. In Italia, tuttavia, l’importazione dello Xenbilox non aveva avuto luogo fino al 2016, in quanto l’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese (“Azienda Ospedaliera”) aveva deciso di garantire la continuità terapeutica ai propri pazienti affetti da CTX tramite la produzione del farmaco in forma galenica[7] da parte della propria Farmacia Oncologica e Clinica (“UOSA”)[8].

Nell’agosto 2014, intanto, la Leadiant aveva richiesto il riconoscimento del CDCA Leadiant® come farmaco orfano per il trattamento della CTX, ottenendone la designazione nel dicembre 2014. Nello stesso periodo, la Leadiant aveva stipulato un accordo con l’Azienda Ospedaliera in merito all’esecuzione, da parte di quest’ultima, di uno studio retrospettivo su 28 pazienti affetti da CTX e ivi trattati con il CDCA in forma galenica, nonché alla cessione di tutti i dati e i risultati conseguiti nel corso dello stesso.

In data 14 settembre 2015, la Leadiant aveva avviato presso l’Agenzia Europea del Farmaco (European Medicines Agency, EMA) la procedura per la richiesta di AIC, basandosi sui risultati degli studi clinici presenti nel dossier relativo allo Xenbilox e su due studi retrospettivi relativi alla somministrazione del CDCA a pazienti olandesi e italiani. Poiché la Leadiant non aveva prodotto alcuna documentazione aggiuntiva, l’AIC era stata rilasciata attraverso l’autorizzazione in forma c.d. abbreviata “ibrida”[9], secondo la quale le imprese genericiste possono utilizzare i dati clinici dei medicinali “di riferimento” dovendo tuttavia presentare la documentazione clinica attestante la sicurezza e l’efficacia del farmaco per l’ulteriore impiego terapeutico.


In pendenza della procedura di richiesta dell’AIC, nell’ottobre 2016 la Leadiant aveva ritirato lo Xenbilox dal mercato tedesco, e nel novembre dello stesso anno aveva stipulato con la PCA S.p.A. (“PCA”)[10] un accordo di fornitura che prevedeva che quest’ultimavendesse esclusivamente alla Leadiant il CDCA per la produzione e la commercializzazione del CDCA Leadiant® per la cura della CTX. Dopo che l’AIC per il CDCA Leadiant® era stata rilasciata il 10 aprile 2017 dalla Commissione Europea, la relativa domanda era stata esaminata dalla Commissione Tecnico-Scientifica (CTS)[11] dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA)[12]. Il farmaco era stato poi inserito nella classe C-NN[13], ed era stata avviata la relativa procedura di negoziazione, durante la quale la Leadiant aveva proposto delle offerte di prezzo che il Comitato Prezzi e Rimborsi (CPR)[14] dell’AIFA aveva ritenuto eccessivamente onerose ed economicamente ingiustificate.


L’istruttoria avviata dall’AGCM, pertanto, era volta a verificare se la Leadiant avesse posto in essere una condotta illegittima ai sensi dell’articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) sfruttando abusivamente la propria posizione dominante per praticare prezzi ingiustificatamente gravosi per la vendita del farmaco orfano CDCA Leadiant® al SSN.

Per quanto riguarda la posizione dominante della Leadiant, a partire dal 2017 quest’ultima aveva potuto contare su due diverse barriere. In primo luogo, una di natura contrattuale, in quanto l’accordo di fornitura di CDCA in esclusiva stipulato nel 2008 con la PCA le aveva già conferito il controllo della materia prima, consentendole così di proteggersi dalla concorrenza dei produttori di medicinali a base di CDCA, e in particolare dei produttori di farmaci galenici a base della medesima molecola. In secondo luogo, dopo l’ottenimento dall’AIC del farmaco orfano, la Leadiant aveva potuto contare anche su una doppia barriera normativa, valevole sia nei confronti dei concorrenti produttori di medicinali a base di CDCA di natura industriale usati per la cura della CTX che nei confronti dei produttori di preparazioni magistrali a base della medesima molecola. Il conseguimento dell’AIC per il farmaco orfano, infatti, aveva consentito alla Leadiant, dapprima, di acquisire la market exclusivity di cui all’articolo 8 del Regolamento 141/2000[15], che impedisce la registrazione di altri farmaci simili con la medesima indicazione terapeutica fino al 2027. L’articolo 5 del D.L. 23/1998, inoltre, vieta, se non in casi molto limitati, la produzione di farmaci galenici quando sul mercato domestico esiste un prodotto di natura industriale registrato per una determinata indicazione terapeutica quando il farmaco orfano è stato introdotto in Italia[16]. Di conseguenza, da allora i pazienti affetti da CTX presenti in Italia erano stati trattati solo con il CDCA Leadiant®.

Secondo l’AGCM, la Leadiant ha fatto leva su una strategia articolata e preordinata nel tempo che le ha consentito successivamente di porre in essere il comportamento abusivo contestatole. Più particolarmente, tale strategia si articola in due elementi.

In primo luogo, l’obiettivo perseguito dalla Leadiant fin dal 2007 attraverso il progetto di registrazione del farmaco orfano in Europa era quello di introdurlo sul mercato ad un prezzo particolarmente elevato con il fine di aumentare i propri profitti. Nello specifico, tale scopo era stato perseguito tramite una strategia di aumento graduale del prezzo (c.d. “step price increase”) dell’unico farmaco a base di CDCA rimasto sul mercato e somministrato off label per la cura della CTX (lo Xenbilox), di cui la Leadiant era diventata titolare nel 2008, e che in futuro sarebbe stato sostituito dal farmaco orfano on label (il CDCA Leadiant®) ad un prezzo ancora più alto.

In secondo luogo, la Leadiant ha perseguito il suo obiettivo tramite una strategia di differenziazione artificiale del CDCA Leadiant® dal farmaco off-label (c.d. “brand differentiation”), le cui basi erano state poste inizialmente in Germania tra il 2014 e il 2017 ed i cui effetti si erano poi riverberati negli altri Stati Membri, inclusa l’Italia. Tale strategia, che includeva il ritiro dello Xenbilox dal mercato e l’attribuzione della titolarità del CDCA Leadiant® ad una società diversa da quella titolare dell’AIC del farmaco off label, aveva lo scopo di evitare le difficoltà che sarebbero insorte qualora le autorità di regolazione avessero chiesto di giustificare il prezzo elevato che la Leadiant intendeva richiedere per il farmaco orfano a fronte del fatto che il progetto portato avanti consisteva nel riutilizzo di un vecchio farmaco, lo Xenbilox, per una nuova indicazione terapeutica (c.d. “repurposing”) che veniva già trattata con il vecchio farmaco off label.

Nel corso della procedura di negoziazione del prezzo di rimborso del proprio farmaco orfano, inoltre, la Leadiant aveva intenzionalmente mantenuto un atteggiamento dilatorio e ostruzionistico nei confronti dell’AIFA i) non fornendo alcuna informazione e documentazione sugli investimenti in ricerca e sviluppo che potesse adeguatamente supportare la propria iniziale proposta di prezzo e/o quelle successive, e così giustificare la differenza di prezzo tra il CDCA Leadiant® e lo Xenbilox, ii) dilatando strategicamente i tempi della procedura stessa con la presentazione tardiva di offerte economiche correttive di quella iniziale, e iii) intraprendendo una serie di iniziative e precauzioni per escludere ogni tipo di legame tra lo Xenbilox e il CDCA Leadiant®, evitando così di dover giustificare la differenza tra il prezzo di quest’ultimo medicinale e quello richiesto per il primo, pur essendo identici sotto il profilo chimico e farmacologico ed entrambi utilizzati per la medesima indicazione terapeutica.

La Leadiant, infine, avrebbe imposto prezzi ingiustificatamente gravosi per la vendita del proprio farmaco orfano in Italia, violando così l’articolo 102 TFUE.

Secondo quanto stabilito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa United Brands, un prezzo è illecito quando l’impresa, avvalendosi della propria posizione dominante, ha tratto vantaggi commerciali che non avrebbe ottenuto se ci fosse stata una concorrenza normale e sufficientemente efficace nel mercato rilevante, di talché il prezzo praticato non risulta avere un ragionevole rapporto con il valore economico della prestazione fornita[17]. A tale riguardo, una delle modalità per valutare tale rapporto si basa sul confronto tra il prezzo di vendita del prodotto in questione e il suo costo di produzione, un’analisi che prevede due fasi, ossia la verifica i) se vi sia un’eccessiva sproporzione tra il costo effettivamente sostenuto ed il prezzo effettivamente richiesto, e ii) se il prezzo eccessivo rispetto ai costi sia altresì non equo, in assoluto oppure rispetto ai prodotti concorrenti[18].

Nel caso concreto, secondo l’AGCM la quantificazione dei costi globali sostenuti per la registrazione del CDCA Leadiant®, che l’impresa aveva effettuato internamente per supportare il prezzo richiesto, evidenziano un livello di costi ben lontano da quello che avrebbe giustificato un prezzo così elevato. L’attività istruttoria, inoltre, aveva evidenziato una sproporzione molto elevata tra i prezzi applicati in Italia per la vendita del CDCA Leadiant® al SSN e il valore di tale farmaco, che non risulta giustificata da alcun fattore c.d. “non-cost related”.

Sfruttando la propria posizione dominante vantata nel mercato domestico della produzione e vendita di farmaci a base di CDCA per la cura della CTX, pertanto, la Leadiant avrebbe violato l’articolo 102 TFUE imponendo prezzi non equi per la vendita del CDCA Leadiant® al SSN tramite una complessa e articolata strategia, di tipo commerciale e regolatorio, che includeva anche un comportamento dilatorio e ostruzionistico adottato nei confronti dell’AIFA in sede di negoziazione del prezzo del farmaco stesso.

La decisione dell’AGCM si pone nel solco di quella dell’Autorità per i consumatori e i mercati (ACM) olandese che, in data 20 luglio 2021, aveva inflitto alla Leadiant una sanzione pari a circa 19,6 milioni di euro per aver abusato della propria posizione dominanteimponendo prezzi ingiustificatamente eccessivi per la vendita dei farmaci a base di CDCA[19].

Più in generale, le decisioni delle due autorità nazionali si inseriscono nella recente rilevanza attribuita alla figura dell’abuso di posizione dominante per eccessività dei prezzi di vendita nel settore farmaceutico ed in relazione a principi attivi maturi destinati alla terapia di patologie gravi che interessano popolazioni di pazienti molto limitate, e per le quali l’offerta è scarsa e la ricerca è poco stimolata.

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[1] Per ulteriori informazioni si veda il nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK.

[2] La Essetifin S.p.A. è una società di gestione di partecipazioni azionarie che controlla al 100% Leadiant Biosciences S.p.A e la società di diritto svizzero Leadiant Biosciences SA in liquidazione.

[3] La Leadiant Biosciences Ltd una società di diritto inglese che fa parte del gruppo con a vertice la società Essetifin S.p.A (già Sigma Tau Finanziaria S.p.A.) e che opera nel settore della produzione dei farmaci orfani. Inoltre, la stessa costituisce, a partire dal dicembre 2016, la nuova ragione sociale della società Sigma Tau Rare Disease Ltd, società alla quale sono stati conferiti i rami d’azienda relativi alle attività nel comparto dei medicinali orfani di Sigma Tau Pharmaceuticals Ltd, appartenente all’ex gruppo Sigma Tau.

[4] La Leadiant Biosciences S.p.A. è una società che si occupa della gestione di partecipazioni azionarie e controlla interamente le società di diritto statunitense Leadiant Biosciences Ltd e Leadiant Biosciences Inc.

[5] La Leadiant GmbH e la Sigma-Tau Arzneimittel GmbH sono società di diritto tedesco attive nel medesimo settore dei farmaci orfani, anch’esse parte del gruppo in quanto imprese controllate interamente da Leadiant Biosciences Ltd.

[6] La CTX è una grave patologia debilitante e impeditiva del normale sviluppo della persona che colpisce una porzione molto ridotta della popolazione in Europa (0,2 su 10.000 pazienti).

[7] I farmaci galenici sono medicinali preparati dal farmacista nel laboratorio di una farmacia o di una parafarmacia. Si distinguono dai farmaci a preparazione industriale, che per essere commercializzati necessitano di una autorizzazione. Anche le aziende farmaceutiche possono produrre galenici. Anche in questo caso viene rilasciata una AIC, ma con modalità semplificate, in quanto l’azienda è tenuta solo a rispettare i dosaggi, le metodiche di preparazione e i saggi di controllo sul prodotto finito richiesti dalla Farmacopea.

[8] La UOSA acquistava il principio attivo dalla società chimica italiana ICE S.p.A. (“ICE”), fino a che nel 2005 questa le aveva comunicato di non aver più intenzione di produrre il CDCA. Pertanto, la UOSA aveva acquistato gli ultimi stock di principio attivo onde poter continuare la produzione fino all’inizio del 2016, e una volta esaurite le scorte aveva iniziato ad importare lo Xenbilox dalla Germania.

[9] Direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, GUUE L 311 del 28.11.2001. L’articolo 10 della Direttiva dispone: “… In deroga all’articolo 8, paragrafo 3, lettera i), e salva la normativa relativa alla tutela della proprietà industriale e commerciale:

a) il richiedente non è tenuto a fornire i risultati delle prove tossicologiche e farmacologiche, o i risultati delle prove cliniche, se può dimostrare:

i) che la specialità medicinale è essenzialmente simile a un medicinale autorizzato nello Stato membro cui si riferisce la domanda, e che il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale originale ha consentito che venga fatto ricorso, per l’esame della domanda in causa, alla documentazione tossicologica, farmacologica e/o clinica figurante nella documentazione relativa al medicinale originale, oppure,
ii) che il componente o i componenti del medicinale sono di impiego medico ben noto e presentano una riconosciuta efficacia ed un livello accettabile di sicurezza, mediante una bibliografia scientifica dettagliata, oppure

iii) che il medicinale è essenzialmente analogo ad un medicinale autorizzato secondo le disposizioni comunitarie in vigore da almeno sei anni nella Comunità e in commercio nello Stato membro cui si riferisce la domanda; questo periodo è di dieci anni quando si tratta di un medicinale di alta tecnologia autorizzato in virtù della procedura istituita dall’articolo 2, paragrafo 5, della direttiva 87/22/CEE del Consiglio; inoltre, uno Stato membro può altresì estendere questo periodo a dieci anni con decisione unica concernente tutti i medicinali immessi in commercio nel suo territorio se ritiene che le esigenze della salute pubblica lo richiedano. Gli Stati membri possono non applicare il periodo di sei anni oltre la data di scadenza di un brevetto che protegge il medicinale originale.

Tuttavia, nei casi in cui il medicinale è destinato ad un impiego terapeutico diverso o deve essere somministrato per vie diverse o a differenti dosaggi rispetto agli altri medicinali in commercio, devono essere forniti i risultati delle prove tossicologiche, farmacologiche e/o cliniche appropriate.

b) per quanto riguarda un nuovo medicinale contenente componenti noti ma non ancora associati a fini terapeutici, devono essere forniti i risultati delle prove tossicologiche, farmacologiche e cliniche relative all’associazione, ma non è necessario fornire la documentazione relativa a ciascuno dei singoli componenti.

L’allegato I si applica, per analogia, quando viene presentata a norma del paragrafo 1, lettera a) ii) una bibliografia scientifica dettagliata…”.

[10] La PCA è un’impresa chimica acquistata nel 2008 dalla ICE.

[11] La CTS è l’organo dell’AIFA che si occupa delle domande di AIC per i nuovi medicinali ed esprime un parere consultivo sulla classificazione dei farmaci ai fini della rimborsabilità.

[12] L’AIFA è l’ente pubblico competente ad autorizzare e controllare la qualità e la sicurezza dei farmaci immessi sul mercato in Italia.

[13] In Italia, la classificazione dei medicinali sulla base del regime di rimborsabilità è di quattro tipi: i) i medicinali di fascia A, che sono quelli a carico del SSN; ii) i medicinali di fascia H, che sono del pari a carico del SSN ma che vengono dispensati in ambito ospedaliero o in strutture assimilabili; iii) i medicinali di fascia C, che sono quelli a carico del cittadino; e iv) i medicinali di fascia C non negoziata (C-NN), che sono quelliin fase di valutazione per la rimborsabilità. Per ulteriori informazioni si veda il seguente LINK.

[14] Il CPR è l’organo dell’AIFA che svolge l’attività negoziale connessa alla rimborsabilità dei farmaci, sottoponendo le sue determinazioni alla valutazione della CTS per il parere definitivo.

[15] Regolamento (CE) n. 141/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1999, concernente i medicinali orfani, GUUE L 18 del 22.01.2000. L’articolo 8 del Regolamento, intitolato “Esclusiva di mercato”, al paragrafo 1 dispone: “… Dopo avere concesso un’autorizzazione comunitaria all’immissione in commercio di un medicinale orfano in virtù del regolamento (CEE) n. 2309/93, o dopo che tutti gli Stati membri hanno concesso un’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale orfano secondo le procedure di reciproco riconoscimento di cui agli articoli 7 e 7 bis della direttiva 65/65/CEE o all’articolo 9, paragrafo 4, della direttiva 75/319/CEE del Consiglio, del 20 maggio 1975, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative ai medicinali, e fatte salve le disposizioni del diritto di proprietà intellettuale o ogni altra disposizione del diritto comunitario, la Comunità e gli Stati membri non accettano altre domande di autorizzazione, non concedono altre autorizzazioni all’immissione in commercio, né accettano richieste relative all’estensione di autorizzazioni all’immissione in commercio, esistenti per medicinali analoghi, con le stesse indicazioni terapeutiche per un periodo di dieci anni…”.

[16] Decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, Disposizioni urgenti in materia di sperimentazioni cliniche in campo oncologico e altre misure in materia sanitaria. GU n. 39 del 17.02.1998. L’articolo 5 del Decreto, intitolato “Prescrizione di preparazioni magistrali”, al paragrafo 1 dispone: “… Fatto salvo il disposto del comma 2, i medici possono prescrivere preparazioni magistrali esclusivamente a base di principi attivi descritti nelle farmacopee dei Paesi dell’Unione europea o contenuti in medicinali prodotti industrialmente di cui è autorizzato il commercio in Italia o in altro Paese dell’Unione europea. La prescrizione di preparazioni magistrali per uso orale può includere principi attivi diversi da quelli previsti dal primo periodo del presente comma, qualora questi siano contenuti in prodotti non farmaceutici per uso orale, regolarmente in commercio nei Paesi dell’Unione europea; parimenti, la prescrizione di preparazioni magistrali per uso esterno può includere principi attivi diversi da quelli previsti dal primo periodo del presente comma, qualora questi siano contenuti in prodotti cosmetici regolarmente in commercio in detti Paesi. Sono fatti in ogni caso salvi i divieti e le limitazioni stabiliti dal Ministero della sanità per esigenze di tutela della salute pubblica…”.

[17] CGUE 14.02.1978, Causa 27/76, United Brands Company e United Brands Continentaal BV contro Commissione delle Comunità europee, punti 249-250.

[18] Ibidem, punti 251-252.

[19] Per ulteriori informazioni si veda il nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK.