ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE SUL MERCATO DEI CHIPSET LTE. IL TRIBUNALE ACCOGLIE L’IMPUGNAZIONE DI QUALCOMM E ANNULLA L’AMMENDA INFLITTA DALLA COMMISSIONE

marketude Andrea Palumbo, Contenzioso, Diritto Europeo e della Concorrenza, Pubblicazioni, Roberto A. Jacchia

In data 15 giugno 2022, il Tribunale dell’Unione Europea si è pronunciato nella Causa T-235/18, Qualcomm contro Commissione[1],accogliendo il ricorso della società Qualcomm Inc.  (“Qualcomm”) e annullando la decisione della Commissione con cui le era stata inflitta un’ammenda di circa un miliardo di euro per abuso di posizione dominante[2], a norma dell’articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (“TFUE”) e dell’articolo 54 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (“SEE”).

Con la sua recente pronuncia, il Tribunale ha constatato che erano state commesse irregolarità procedurali dalla Commissione nell’adozione della sua decisione del 24 gennaio 2018 con pregiudizio dei diritti di difesa di Qualcomm, determinandone la condanna per abuso di posizione dominante nel mercato dei chipsets[3].

Qualcomm è una società americana, sviluppatrice e fornitrice di baseband chipsets, prodotti destinati all’inserimento in smartphone e tablet per permetterne il collegamento alle reti cellulari, utilizzati sia per la trasmissione vocale che per la trasmissione di dati. I chipset vengono ceduti dai produttori ai fabbricanti di dispositivi elettronici, come Apple Inc. (Apple), HTC Corporation, Huawei Technologies Co. Ltd, Samsung Group ed altri, che li incorporano nei loro apparecchi.

Più particolarmente, con la decisione del 24 gennaio 2018, la Commissione aveva sanzionato la Qualcomm[4] per abuso di posizione dominante sul mercato dei chipset compatibili con lo standard di telefonia cellulare “Long-Term Evolution” (“LTE”)[5], accertandone l’esistenza dell’abuso su di un arco di tempo ricompreso tra febbraio 2011 e settembre 2016[6]. L’abuso si sarebbe realizzato attraverso accordi che prevedevano incentivi, volti a rafforzare l’obbligo di Apple di rifornirsi esclusivamente da Qualcomm per il suo integrale fabbisogno.

La Commissione aveva ritenuto che gli incentivi, definiti come premi di esclusiva, fossero idonei a produrre effetti anticoncorrenziali, avendo scoraggiato la Apple dall’utilizzare anche altri fornitori.  Qualcomm aveva impugnato la decisione sulla base dell’art 263 del TFUE, contestando la violazione dei propri diritti di difesa[7], nonché l’errore di valutazione commesso dalla Commissione sul potenziale effetto anticoncorrenziale degli accordi stipulati.

Il Tribunale ha accolto l’impugnazione annullando integralmente la decisione della Commissione.

Ecco i passaggi principali della sentenza.

Il Tribunale si è preliminarmente pronunciato sulla ricevibilità delle prove supplementari prodotte dalla Qualcomm dopo la chiusura della fase scritta del procedimento, costituite da due serie di documenti provenienti da procedimenti giudiziari negli Stati Uniti[8]. Il deposito tardivo di mezzi di prova è ammissibile solo nel caso in cui venga provata l’esistenza di circostanze eccezionali[9], e secondo il Tribunale, nel caso di specie, a differenza di quanto sostenuto dalla Commissione, le circostanze in cui la Qualcomm aveva ottenuto tali prove attestavano la loro mancata disponibilità al momento del deposito delle memorie scritte. Le prove supplementari prodotte sono state così dichiarate ammissibili.

Nel merito, il Tribunale ha in primo luogo esaminato i primi due motivi relativi agli errori procedurali, riscontrando irregolarità nella costituzione del fascicolo, ed ha ricordato che la Commissione è tenuta a registrare, nelle forme di sua scelta, qualsiasi tipologia di interlocuzione svolta per raccogliere informazioni relative ad un’indagine[10]. Il Tribunale ha analizzato gli elementi comunicati dalla Commissione a Qualcomm su sua richiesta dopo la ricezione della decisione impugnata, in ordine a riunioni e conferenze telefoniche svoltesi nella fase amministrativa con concorrenti e clienti. Il Tribunale ha così potuto constatare che le note trasmesse dalla Commissione non davano contezza del contenuto dei colloqui, e soprattutto della natura delle informazioni raccolte, ed ha conseguentemente evidenziato un primo inadempimento da parte della Commissione ai suoi obblighi di registrazione dei colloqui, e di inclusione delle registrazioni nel fascicolo del procedimento[11].

Erano stati poi vagliati degli ulteriori scambi informativi avvenuti con un soggetto terzo e anche qui, in base agli elementi agli atti, veniva riscontrata l’omessa registrazione dei contenuti nel fascicolo amministrativo.

Infine, un ulteriore vizio procedurale era stato rilevato con riferimento a una riunione con un informatore terzo, tenutasi ad iniziativa della Commissione prima dell’inizio delle indagini. Pur non essendovi un obbligo espresso di registrazione delle comunicazioni antecedenti il primo atto di indagine, la Commissione deve sempre consentire alle imprese indagate di accedere agli elementi di prova a loro carico, anche raccogliendo opportunamente elementi e notizie verbali[12]. Nel procedimento, questo incombente era stato omesso.

Peraltro, secondo giurisprudenza consolidata, la rilevanza della violazione dei diritti della difesa si basa sulla dimostrazione da parte dell’impresa che l’assenza della violazione avrebbe determinato un più efficace esercizio dei diritti di difesa stessi. E’ a questa conclusione che il Tribunale è pervenuto nel caso concreto e, pur non giudicando che le violazioni accertate fossero di per sé sufficienti a giustificare l’annullamento della decisione impugnata, ha deciso di proseguirne l’esame e considerare anche la fondatezza del terzo motivo di ricorso.

Con quest’ultimo, Qualcomm lamentava che la Commissione avesse compiuto errori manifesti, di diritto e di valutazione, nel concludere che gli incentivi offerti ai propri clienti avessero prodotto effetti anticoncorrenziali.

La Commissione, infatti, sarebbe stata tenuta a presentare un’analisi che dimostrasse in positivo il carattere abusivo della condotta contestata. In particolare, avrebbe dovuto essere dimostrato che l’offerta degli incentivi violasse l’articolo 102 del TFUE, attraverso pratiche commerciali escludenti con pregiudizio della concorrenzialità del mercato.

Sull’idoneità degli incentivi a produrre gli effetti anticoncorrenziali, il Tribunale ha osservato che, nel concludere che essi erano tali, rispetto all’intero fabbisogno della Apple di chipset LTE, tanto per gli iPhone quanto per gli iPad, la Commissione aveva commesso un errore di valutazione, non avendo tenuto conto di tutte le circostanze pertinenti. In particolare, il Tribunale ha identificato due significative omissioni nell’operato istruttorio della Commissione.

La prima riguarda il fatto che la Apple non disponeva di alternative tecniche ai chipset LTE di Qualcomm per soddisfare il proprio fabbisogno per la produzione di iPhone. Questa circostanza era determinante per la valutazione degli effetti escludenti della condotta, in quanto, anche se gli incentivi potrebbero avere disincentivato la Apple dal passare a fornitori concorrenti, la mancanza di alternative tecniche adeguate avrebbe anche potuto costituire il solo vero motivo che aveva spinto la Apple a scegliere Qualcomm quale unico fornitore.

La seconda riguarda la conclusione raggiunta dalla Commissione, nel senso che il fatto che gli incentivi avevano effettivamente dissuaso la Apple dal passare ai concorrenti della Qualcomm per rifornirsi di chipset LTE per il suo fabbisogno relativo a taluni modelli di iPad da lanciare nel 2014 e nel 2015, fosse sufficiente a dimostrare gli effetti anticoncorrenziali per l’intero fabbisogno della Apple. Secondo il Tribunale, questa conclusione della Commissione, che da un’analisi particolare limitata ad alcuni prodotti ha dedotto la produzione degli effetti anticoncorrenziali a livello generale per l’intero fabbisogno della Apple, è erronea in quanto non tiene conto di tutte le circostanze di fatto pertinenti. Anche qualora vi fossero effettivamente stati effetti concorrenziali per taluni modelli di iPad da lanciare nel 2014 e nel 2015, ciò non giustificherebbe l’estrapolazione motivazionale generale operata dalla Commissione. Inoltre, secondo il Tribunale, l’analisi della Commissione non era neppure idonea a confermare che gli premi avevano effettivamente disincentivato la Apple dal cercare fornitori diversi dalla Qualcomm nelle predette circostanze.

Di conseguenza, il Tribunale ha accolto in parte il terzo motivo di ricorso, accertando vizi nella valutazione della Commissione sugli effetti anticoncorrenziali degli incentivi.

In conclusione, il Tribunale ha accolto in parte il primo ed il terzo motivo di ricorso, con annullamento dell’intera decisione della Commissione, senza necessità di esaminare gli altri motivi.

Al momento, non risulta che la Commissione abbia proposto appello alla Corte di Giustizia avverso la sentenza del Tribunale.

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[1] Sentenza nella Causa T-235/18 del 15 giugno 2022, Qualcomm Inc. contro Commissione europea.

[2] Decisione del 24 gennaio 2018 nel procedimento C (2018) 240 della Commissione, a norma dell’articolo 102 TFUE e dell’articolo 54 dell’Accordo SEE [caso AT. 40220 – Qualcomm (premi di esclusiva)].

[3] Un chipset è l’insieme di circuiti integrati di una scheda madre che si occupano di smistare e dirigere il traffico di informazioni tra le varie componenti della scheda.

[4] Punto 35 della sentenza: l’ammenda comminata era stata fissata nell’ammontare di euro 997 439 000.

[5] Una delle caratteristiche essenziali dei chipset è data dalla loro compatibilità con uno o più standard di comunicazione cellulare, come GSM, UMTS, LTE.

[6] Si veda il punto 32 della sentenza.

[7] I diritti della difesa sono diritti fondamentali e formano parte integrale dei principi generali di diritto la cui osservanza è assicurata dal Tribunale e dalla Corte di Giustizia. In base a giurisprudenza consolidata, tali diritti sono violati quando l’esito delle procedure amministrative condotte dalla Commissione avrebbe potuto differire per effetto di un errore commesso dalla Commissione stessa.

[8] Si veda il punto 121 della sentenza.

[9] Si vedano Causa C-540/18 del 11.09.2019, HX contro Consiglio dell’Unione europea, e Causa T-417/16 del 12.09.2019, Alchemos Grupė e Alchema contro Commissione.

[10] L’articolo 19 del Regolamento n. 1/2003 costituisce la base legale che attribuisce alla Commissione il potere di intervistare persone fisiche e giuridiche nell’ambito di un’indagine per raccogliere informazioni.

[11] Si veda il punto 196 della sentenza.

[12] Secondo giurisprudenza consolidata della Corte: si veda Causa T-38/02 del 25.10.2005, Groupe Danone contro Commissione; Causa T-380/17 del 05.10.2020, HeidelbergCement e Schwenk Zement contro Commissione.