IL NORTHERN IRELAND PROTOCOL BILL APRE UNA NUOVA STAGIONE DI CONFRONTO TRA IL REGNO UNITO E L’UNIONE EUROPEA

marketude Andrea Palumbo, Diritto Europeo e della Concorrenza, Pubblicazioni, Roberto A. Jacchia

In data 15 giugno 2022, la Commissione europea ha intrapreso tre nuove iniziative nei confronti del Regno Unito per inosservanza del diritto internazionale, ed in particolare, del Protocollo su Irlanda/Irlanda del Nord[1], con il quale erano stati regolati i rapporti tra le due Irlande dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea in data 31 gennaio 2020.

In primo luogo, la Commissione ha riaperto una procedura d’infrazione contro il Regno Unito, adottando un parere motivato ai sensi dell’articolo 258 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (“TFUE”)[2], dopo la presentazione in data 13 giugno 2022 alla House of Commons del Northern Ireland Protocol Bill (“NIP Bill”)[3], con cui il Governo britannico intende introdurre deroghe unilaterali al Protocollo. In secondo luogo, la Commissione ha deciso di avviare due nuove procedure di infrazione nei confronti del Regno Unito, tramite la notifica di lettere di messa in mora ai sensi dell’articolo 258 del TFUE, rispettivamente per inadempimento delle norme sanitarie e fitosanitarie dell’Unione, e per omessa trasmissione all’Unione dei dati statistici previsti dal protocollo sugli scambi commerciali relativi all’Irlanda del Nord[4].

Le procedure d’infrazione sono, infatti, rimaste esperibili nei confronti del Regno Unito, nonostante quest’ultimo non sia più uno Stato Membro ed il Protocollo sia un atto di diritto internazionale. Difatti, l’articolo 12, paragrafo 4, del Protocollo attribuisce alla Corte di Giustizia giurisdizione sulla sua applicazione, affermando al contempo che le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione conservano i poteri loro conferiti dal diritto dell’Unione nei confronti del Regno Unito[5].

Con riferimento alla procedura d’infrazione relativa al NIP Bill, si deve ricordare che il Protocollo rappresenta quella parte dell’Accordo di Recesso con la quale si era cercato di evitare l’introduzione di una frontiera fisica tra Irlanda ed Irlanda del Nord, e di scongiurare il rischio di alterare il delicato equilibrio venutosi a creare nel 1998 con l’Accordo del Venerdì Santo (anche detto Accordo di Belfast)[6].

Secondo il Regno Unito, il Protocollo comporta un aumento sproporzionato degli adempimenti burocratici relativi alle merci provenienti dalla Gran Bretagna e dirette verso il territorio dell’Irlanda del Nord. Con la presentazione del NIP Bill, il Governo britannico in primis persegue l’obiettivo di eliminare gli ostacoli alla circolazione delle merci tra la Gran Bretagna e l’Irlanda del Nord, accogliendo le aspirazioni del Democratic Unionist Party (“DUP”), che da tempo invoca una revisione del Protocollo, reputando che, instaurando in via di fatto delle barriere commerciali, lo stesso sia suscettibile di rafforzare le spinte separatiste.

Più particolarmente, il NIP Bill prevede cospicue deroghe rispetto all’efficacia delle disposizioni del Protocollo nell’ ordinamento interno del Regno Unito, fra le quali, di maggior rilievo si possono menzionare: la cessazione del controllo dell’Unione sugli aiuti di Stato e sull’IVA nell’Irlanda del Nord; il conferimento al Governo britannico di vastissimi poteri di intervento sulla maggior parte dei contenuti del Protocollo; la creazione di un doppio regime normativo per le merci in arrivo nell’isola  al fine di evitare che le merci che circolano soltanto all’interno del Regno Unito debbano conformarsi alle regole stabilite per il mercato interno dell’Unione (venendo previsto un regime flessibile attraverso una c.d. “corsia rossa” per le merci avente come destinazione la Repubblica d’Irlanda, soggetta alle norme dell’Unione, ed una c.d. “corsia verde” per le merci aventi come destinazione ultima l’Irlanda del Nord, assoggettata, invece, alle norme britanniche, e perciò sottoposte a  controlli burocratici alleggeriti).

Di speciale rilievo, nell’ambito del NIP Bill, è la decisione di porre fine alla giurisdizione della Corte di Giustizia dell’Unione, che era stata accettata con la ratifica del Protocollo. Viene infatti previsto che i giudici nazionali britannici non siano più vincolati dalle pronunce della Corte di Lussemburgo, né dal suo acquis. Correlativamente, agli stessi giudici viene vietato di sollevare rinvii pregiudiziali di fronte alla Corte di Giustizia.

Al fine di allontanare la configurabilità di una propria responsabilità internazionale, il Regno Unito, in quella che ha descritto come “dottrina della necessità”, ha giustificato la propria iniziativa invocando lo “stato di necessità” ai sensi dell’articolo 25 del Progetto di Articoli sulla Responsabilità Internazionale degli Stati, pur non potendo ignorare che tale causa di esclusione dell’illecito può trovare applicazione soltanto in presenza di condizioni eccezionali. Il Regno Unito ha infatti sostenuto che il Protocollo avrebbe messo a rischio la salvaguardia dell’Accordo del Venerdì Santo del 1998, minacciando interessi essenziali quali le condizioni sociali e politiche stabili nell’Irlanda del Nord. L’azione unilaterale del Regno Unito ha suscitato forte disappunto della Commissione Europea, che la ha stigmatizzata come atto lesivo della reciproca fiducia tra le parti. E’ in questo contesto, che il 15 giugno 2022 la Commissione ha deciso di riattivare la procedura di infrazione con l’adozione di un parere motivato, che fa seguito alla lettera di messa in mora inviata in data 15 marzo 2021[7].

Anche le altre due procedure d’infrazione avviate il 15 giugno 2022 riguardano presunte violazioni del Protocollo. Con la prima, la Commissione ha contestato l’inadempimento delle norme sanitarie e fitosanitarie dell’Unione, adducendo l’omessa effettuazione di taluni controlli ed il fatto che i posti di controllo frontalieri in Irlanda del Nord non siano in grado, per insufficienza del personale e inadeguatezza delle infrastrutture, di assicurare un’efficace applicazione del Protocollo. Inoltre, secondo la Commissione, il Regno Unito ha adottato orientamenti che in via di fatto condurrebbero alla disapplicazione del diritto dell’Unione. Con la seconda, la Commissione ha contestato la mancata trasmissione all’Unione, prevista dal Protocollo, dei dati statistici sugli scambi commerciali che coinvolgono l’Irlanda del Nord.

Entrambe le lettere di messa in mora chiedono al Regno Unito di porre rapidamente rimedio alle violazioni tramite misure correttive. Dalla data di ricezione delle lettere, il Regno Unito ha due mesi tempo. In mancanza di una soddisfacente risposta, la Commissione potrà procedere con l’adozione di un parere motivato e, in caso d’inadempienza a questo, adire la Corte di Giustizia. 

L’obiettivo politico di queste procedure di infrazione è quello di ripristinare il rispetto del Protocollo, in ultima analisi con l’obiettivo di proteggere la salute e la sicurezza dei cittadini dell’Unione. Allo stesso tempo, la Commissione ha fornito dettagli sulle possibili soluzioni proposte nell’ottobre 2021 per facilitare la circolazione delle merci tra la Gran Bretagna e l’Irlanda del Nord.

Se la Commissione ha ribadito che non è intenzione dell’Unione rinegoziare il Protocollo, che già rispecchia un compromesso al quale si era giunti dopo protratte e complesse trattative, la presentazione del NIP Bill potrebbe in concreto rendere più flessibile e pratica la sua applicazione, come starebbe ad indicare l’elaborazione ad opera della Commissione di due documenti riguardanti rispettivamente le procedure doganali[8] e i controlli sanitari e fitosanitari[9], che dovrebbero attenuare alcune delle criticità che si sono riscontrate.

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[1] Protocollo su Irlanda/Irlanda del Nord, Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica, GUUE L 029 del 31.01.2020.

[2] Per maggiori informazioni sul parere motivato, si veda il comunicato stampa disponibile al seguente LINK.

[3] Per maggiori informazioni si veda il seguente LINK.

[4] Per maggiori informazioni su entrambe le lettere di costituzione in mora, si veda il comunicato stampa disponibile al seguente LINK.

[5] In particolare, l’articolo 12, paragrafo 4, del Protocollo così dispone: “riguardo al paragrafo 2, secondo comma, del presente articolo, all’articolo 5 e agli articoli da 7 a 10, le istituzioni, organi e organismi dell’Unione hanno i poteri loro conferiti dal diritto dell’Unione nei confronti del Regno Unito e delle persone fisiche e giuridiche residenti o stabilite sul territorio del Regno Unito. In particolare, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha a tale riguardo la competenza giurisdizionale prevista dai trattati. L’articolo 267, secondo e terzo comma, TFUE si applica a tale riguardo al Regno Unito e nel Regno Unito”.

[6] Per maggiori informazioni si veda il seguente LINK.

[7] Per maggiori informazioni, si legga il comunicato stampa disponibile al seguente LINK.

La Commissione aveva avviato un procedimento legale contro il Regno Unito nel marzo 2021, ma aveva successivamente sospeso l’azione per lasciare spazio ai negoziati politici. Questo procedimento d’infrazione era stato avviato a causa della mancata attuazione da parte del Regno Unito del Protocollo, in particolare per quanto riguarda i requisiti di certificazione per la circolazione di prodotti agroalimentari. Era stato sospeso l’anno scorso dalla Commissione in uno spirito di cooperazione costruttiva per creare lo spazio per cercare soluzioni congiunte con il Regno Unito. Tuttavia, la riluttanza del Regno Unito a impegnarsi in discussioni significative da febbraio – e l’azione unilaterale in esame– ha spinto la Commissione ha riavviare il procedimento.

[8] Per maggiori informazioni si veda questo LINK.

[9] Per maggiori informazioni si veda questo LINK.