DIRITTI CONFERITI DAL MARCHIO REGISTRATO. LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SULL’IMPOSSIBILITÀ PER IL TITOLARE DI VIETARE AI TERZI L’USO NEL COMMERCIO DI UN DIRITTO ANTERIORE DI PORTATA LOCALE

marketude Contenzioso, Diritto Europeo e della Concorrenza, Marco Stillo, Pubblicazioni, Roberto A. Jacchia, Societario e commerciale

In data 2 giugno 2022, la Corte di Giustizia si è pronunciata nelle Causa C‑112/21, X BV contro Classic Coach Company vof, Y e Z,sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 2, della Direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa[1]. La domanda pregiudiziale era stata presentata nell’ambito di una controversia tra X BV (“X”) un’impresa olandese di trasporto di persone mediante autobus, e Classic Coach Company vof (“Classic Coach”), anch’essa impresa olandese di trasporto di persone mediante autobus, nonché due persone fisiche, Y e Z, relativamente alla asserita violazione, da parte di esse, dei diritti esclusivi conferiti dal marchio Benelux di cui X era titolare.

Questi i fatti.

Nel corso del 1975, uno dei due fratelli che, tra il 1968 e il 1977, erano stati soci nella società in nome collettivo “Reis- en Touringcarbedrijf Amersfoort’s Bloei”, esercente l’attività di trasporto di persone mediante autobus, aveva costituito la società X, la quale aveva utilizzato due nomi commerciali, uno dei quali corrispondente in parte al cognome di detti fratelli. La società X, inoltre, era titolare di un marchio denominativo Benelux registrato in data 15 gennaio 2008, e corrispondente al cognome comune ai due fratelli.

In seguito all’uscita del primo fratello (“fratello 1”) dalla società costituita nel 1968, l’altro fratello (“fratello 2”) ne aveva proseguito l’attività inserendovi la moglie come socia, ma mantenendo al contempo lo stesso nome della società, e costituendo altresì, unitamente alla moglie, una distinta società in nome collettivo. Le due società appartenenti al fratello 2 e alla moglie erano coesistite e avevano entrambe utilizzato sui loro autobus scritte contenenti una denominazione corrispondente al nome del fratello 2. Dopo il decesso di quest’ultimo, l’attività era stata proseguita dai suoi due figli Y e Z, che avevano costituito, a tal fine, la Classic Coach, i cui autobus recavano una scritta contenente l’iniziale del prenome del fratello 2 seguito dal suo cognome.

La società X aveva allora intentato un’azione al rechtbank Den Haag (Tribunale dell’Aia) chiedendo la condanna della Classic Coach, diY e di Z a cessare definitivamente qualsiasi contraffazione del suo marchio denominativo Benelux e dei suoi nomi commerciali. Nonostante il giudice di primo grado avesse accolto la domanda della X, il Gerechtshof Den Haag (Corte d’appello dell’Aia) aveva riformato tale sentenza. La società X aveva infine proposto un ricorso per cassazione dinnanzi allo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi; il “giudice del rinvio”) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia due questioni pregiudiziali.

Con la prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiedeva di conoscere se l’articolo 6, paragrafo 2[2], della Direttiva 2008/95 debba essere interpretato nel senso che, per constatare l’esistenza di un “diritto anteriore”, ai sensi di tale disposizione, sia richiesto che il suo titolare possa vietare l’uso del marchio posteriore da parte del titolare di quest’ultimo.

La Corte ha preliminarmente ricordato che la nozione di “anteriorità” implica che il fondamento del diritto azionato deve precedere nel tempo l’ottenimento del marchio di impresa con il quale tale diritto sia ritenuto confliggente. Tale nozione, infatti, è espressione del principio della prevalenza del titolo di esclusiva anteriore, che rappresenta uno dei fondamenti del diritto dei marchi e, più in generale, dell’intero diritto della proprietà industriale[3]. Con la nozione di “diritto anteriore”[4], inoltre, si intende un diritto di proprietà industriale, la quale non è che un tipo di proprietà intellettuale, tra i quali, a sua volta, rientra anche il nome commerciale[5]. Di conseguenza, un nome commerciale può costituire un diritto anteriore ai fini dell’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 2, della Direttiva 2008/95.

Tanto premesso, l’articolo 6, paragrafo 2, della Direttiva 2008/95 non prevede che, per poter far valere il diritto nei confronti del titolare di un marchio posteriore, il terzo debba avere titolo a vietarne l’uso. Uno Stato Membro, infatti, può disporre che un marchio di impresa sia escluso dalla registrazione o, se registrato, possa essere dichiarato nullo, in particolare, da un lato, se e nella misura in cui i diritti al segno utilizzato nel commercio siano stati acquisiti prima della data di presentazione della domanda di registrazione del marchi  successivo o, se del caso, prima della data di anteriorità invocata a sostegno di tale domanda di registrazione, e questo segno attribuisca al suo titolare il diritto di vietare l’uso del marchio successivo, nonché, d’altro lato, se e nella misura in cui sia possibile vietare l’uso del marchio in base ad un diritto anteriore di proprietà industriale. A differenza degli impedimenti alla registrazione o dei motivi di nullità relativi ai conflitti con diritti anteriori previsti, in particolare, all’articolo 4, paragrafo 4, lettere b) e c), della Direttiva 2008/95, pertanto, il suo articolo 6, paragrafo 2, prevede soltanto una limitazione dei diritti conferiti dal marchio registrato. I “diritti anteriori” di cui all’articolo 6, paragrafo 2, della Direttiva, inoltre, devono avere una portata esclusivamente locale; di talché, da un punto di vista geografico, essi non potrebbero riguardare un territorio così esteso come quello coperto da un marchio registrato, il quale concerne, di norma, l’intero territorio dello Stato Membro o degli Stati Membri di registrazione.

Di conseguenza, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della Direttiva 2008/95, affinché esso sia opponibile al titolare di un marchio posteriore è sufficiente, in linea di principio, che il diritto anteriore di portata locale, come ad esempio un nome commerciale, sia riconosciuto dalle leggi dello Stato Membro interessato e sia utilizzato nel commercio.

Con la seconda questione pregiudiziale, invece, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 6, paragrafo 2, della Direttiva 2008/95 debba essere interpretato nel senso che un “diritto anteriore”, ai sensi di tale disposizione, possa essere riconosciuto ad un terzo nel caso in cui il titolare del marchio posteriore sia titolare di  un diritto ancora più risalente, riconosciuto dalle leggi dello Stato Membro interessato, sul segno registrato come marchio ed, eventualmente, se il fatto che, in base a tali leggi, il titolare del marchio e del diritto  più risalente non possa più, in base a quest’ultimo diritto, vietare l’uso, da parte del terzo, del suo diritto più recente incida sull’esistenza del “diritto anteriore”.

La Corte ha ricordato che la Direttiva 2008/95 non disciplina, in linea di principio, i rapporti tra i diversi diritti che possono essere qualificati come “anteriori”, ai sensi del suo articolo 6, paragrafo 2, e bensì quelli tra questi ultimi e i marchi di impresa acquisiti attraverso la registrazione. Di conseguenza, i rapporti tra i diversi diritti che possono essere qualificati come “anteriori” sono principalmente disciplinati dal diritto interno dello Stato Membro interessato.

Ciò che rileva ai fini dell’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 2, della Direttiva 2008/95 è il fatto che il diritto fatto valere dal terzo sia riconosciuto dalle leggi dello Stato Membro interessato e sia ancora protetto nel momento in cui viene fatto valere dal suo titolare per opporsi alle pretese di quello del marchio confliggente. In tale contesto, il fatto che il titolare del marchio posteriore sia altresì titolare di un diritto ancora più risalente, riconosciuto dalle leggi dello Stato Membro interessato, sul segno depositato come marchio può incidere su diritto anteriore nella misura in cui, basandosi su tale diritto ancora più risalente, il titolare del marchio possa effettivamente opporsi alla rivendicazione di un diritto anteriore o limitarla.

Di conseguenza, la Corte ha statuito che:

L’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, deve essere interpretato nel senso che, per constatare l’esistenza di un «diritto anteriore», ai sensi di tale disposizione, non è richiesto che il titolare di detto diritto possa vietare l’uso del marchio di impresa posteriore da parte del titolare di quest’ultimo.

L’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2008/95 deve essere interpretato nel senso che un «diritto anteriore», ai sensi di tale disposizione, può essere riconosciuto a un terzo nel caso in cui il titolare del marchio di impresa posteriore abbia un diritto ancora più risalente, riconosciuto dalle leggi dello Stato membro interessato, sul segno depositato come marchio di impresa, nella misura in cui, in forza di dette leggi, il titolare del marchio di impresa e del diritto ancora più risalente non possa più vietare, in forza del proprio diritto ancora più risalente, l’uso, da parte del terzo, del suo diritto più recente”.

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[1] GUUE L 299 del 08.11.2008.

[2] L’articolo 6 della Direttiva 2008/95, intitolato “Limitazione degli effetti del marchio di impresa”, al paragrafo 2 dispone: “Il diritto conferito dal marchio di impresa non permette al titolare dello stesso di vietare ai terzi l’uso nel commercio di un diritto anteriore di portata locale, se tale diritto è riconosciuto dalle leggi dello Stato membro interessato e nel limite del territorio in cui esso è riconosciuto…”.

[3] CGUE 16.11.2004, Causa C‑245/02, Anheuser-Busch, punto 98.

[4] L’articolo 4 della Direttiva 2008/95, intitolato “Altri impedimenti alla registrazione o motivi di nullità relativi ai conflitti con diritti anteriori”, al paragrafo 4 lettere a-c) dispone: “Uno Stato membro può inoltre disporre che un marchio di impresa sia escluso dalla registrazione o, se registrato, possa essere dichiarato nullo se e nella misura in cui:

a) il marchio di impresa sia identico o simile a un marchio di impresa nazionale anteriore ai sensi del paragrafo 2 e qualora sia destinato a essere registrato o sia stato registrato per prodotti o servizi i quali non siano simili a quelli per cui è registrato il marchio di impresa anteriore, quando il marchio di impresa anteriore gode di notorietà nello Stato membro in questione e l’uso del marchio di impresa successivo senza giusto motivo trarrebbe indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio di impresa anteriore o recherebbe pregiudizio agli stessi;
b) siano stati acquisiti diritti a un marchio di impresa non registrato o a un altro segno utilizzato nel commercio prima della data di presentazione della domanda di registrazione del marchio di impresa successivo o, se del caso, della data di anteriorità invocata a sostegno della data di domanda di registrazione del marchio di impresa successivo, e qualora questo marchio di impresa non registrato o questo altro segno dia al suo titolare il diritto di vietare l’uso di un marchio di impresa successivo;
c) sia possibile vietare l’uso del marchio di impresa in base a un diritto anteriore diverso dai diritti di cui al paragrafo 2 e alla lettera b) del presente paragrafo, in particolare in base a:

i) un diritto al nome;
ii) un diritto all’immagine;
iii) un diritto d’autore;
iv) un diritto di proprietà industriale…”.

[5] Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale, sottoscritta a Parigi il 20 marzo 1883, da ultimo riveduta a Stoccolma il 14 luglio 1967 e modificata il 28 settembre 1979. L’articolo 1 della Convenzione al paragrafo 2 dispone: “… La protezione della proprietà industriale ha per oggetto i brevetti d’invenzione, i modelli d’utilità, i disegni o modelli industriali, i marchi di fabbrica o di commercio, i marchi di servizio, il nome commerciale e le indicazioni di provenienza o denominazioni d’origine, nonché la repressione della concorrenza sleale…”.