CONCORRENZA, CUMULO DI PROCEDIMENTI E DI SANZIONI. LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA ANCORA UNA VOLTA IN SENSO RESTRITTIVO SUL PRINCIPIO DEL NE BIS IN IDEM

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In data 22 marzo 2022, la Corte di Giustizia si è pronunciata nelle Causa C‑117/20, bpost SA contro Autorité belge de la concurrence,sull’interpretazione dell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. La domanda pregiudiziale era stata presentata nell’ambito di una controversia tra la bpost SA (“bpost”) e l’Autorité belge de la concurrence (Autorità belga garante della concorrenza) in merito alla legittimità di una decisione con la quale la bpost era stata condannata dall’Autorità al pagamento di un’ammenda per aver commesso un abuso di posizione dominante.

Questi i fatti.

In data 20 luglio 2011, l’Institut belge des services postaux et des télécommunications (“IBPT”) aveva condannato[1] la bpost al pagamento di un’ammenda pari a circa 2,3 milioni di euro per aver violato, attraverso il nuovo sistema di tariffazione per la distribuzione di invii pubblicitari indicanti il destinatario e di invii amministrativi basati sul modello cosiddetto “per mittente”, attuato a partire dall’anno 2010[2], il principio di non discriminazione in materia tariffaria. Con sentenza divenuta in seguito definitiva, tuttavia, in data 10 marzo 2016 la Cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles; il “giudice del rinvio”) aveva annullato tale decisione non ritenendo discriminatoria la pratica tariffaria in questione. Nel frattempo, l’Autorità garante della concorrenza aveva, a sua volta, condannato la bpost al pagamento di un’ammenda pari a circa 37 milioni di euro per aver commesso un abuso di posizione dominante vietato dall’articolo 3 della loi sur la protection de la concurrence économique (legge sulla protezione della concorrenza economica)[3] nonché dall’articolo 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) in quanto, nel periodo compreso tra gennaio 2010 e luglio 2011, il suo nuovo sistema di tariffazione aveva prodotto un effetto di esclusione nei confronti degli intermediari e dei potenziali concorrenti della bpost nonché un effetto di non consentita fidelizzazione dei suoi principali clienti, idonei ad aumentare le barriere all’ingresso sul mercato.

In data 10 novembre 2016, il giudice del rinvio aveva annullato la decisione dell’Autorità in quanto contraria al principio del ne bis in idem. Successivamente, la Cour de cassation (Corte di cassazione del Belgio) aveva cassato tale sentenza e rinviato la causa dinanzi al giudice del rinvio che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte di Giustizia se l’articolo 50[4] della Carta debba essere interpretato nel senso che esso osta a che una persona giuridica sia sanzionata con un’ammenda per aver commesso un’infrazione al diritto della concorrenza dell’Unione, qualora, per gli stessi fatti, tale persona sia già stata oggetto di una decisione definitiva al termine di un procedimento relativo ad un’infrazione ad una normativa settoriale avente ad oggetto la liberalizzazione del mercato interessato.

La Corte ha preliminarmente ricordato che l’applicazione del principio del ne bis in idem è subordinata ad una duplice condizione, ossia che vi sia una decisione definitiva anteriore (“condizione bis”) e che gli stessi fatti siano oggetto tanto della decisione anteriore quanto del procedimento o della decisione successivi (“condizione idem”).

Per quanto riguarda la “condizione bis”, al fine di poter ritenere che una decisione abbia già statuito definitivamente sui fatti oggetto di un secondo procedimento è necessario non solo che essa sia divenuta definitiva, e bensì anche che sia stata pronunciata con previa valutazione del merito della causa[5]. Ciò si era verificato, nel caso della decisione della Cour d’appel de Bruxelles.

Per quanto riguarda la “condizione idem”, la Corte ha rammentato che il criterio rilevante ai fini della valutazione del reato o violazione è quello dell’identità dei fatti materiali, intesi come insieme di circostanze concrete inscindibilmente collegate tra di loro che hanno condotto all’assoluzione o alla condanna definitiva dell’interessato[6]. La qualificazione giuridica nel diritto nazionale dei fatti e dell’interesse tutelato, inoltre, non rilevano per la constatazione della sussistenza di uno stesso reato o violazione, considerato che la portata della tutela conferita dall’articolo 50 della Carta non può variare da uno Stato Membro all’altro[7]. Ciò vale anche ai fini dell’applicazione del principio del ne bis in idem nel diritto europeo della concorrenza, in quanto la portata della tutela conferita dall’articolo 50 della Carta, salvo disposizioni contrarie previste dal diritto dell’Unione, non può variare da un settore all’altro[8].

Una limitazione del diritto fondamentale garantito all’articolo 50 della Carta può tuttavia essere giustificata sul fondamento dell’articolo 52, paragrafo 1[9], della stessa. Più particolarmente, un cumulo di procedimenti e di sanzioni rispetta il contenuto essenziale dell’articolo 50 della Carta a condizione che la normativa nazionale non consenta di perseguire e di sanzionare i medesimi fatti a titolo dello stesso reato o al fine di perseguire lo stesso obiettivo, e bensì preveda unicamente la possibilità di un cumulo dei procedimenti e delle sanzioni ai sensi di normative diverse.

Nel caso concreto, le due normative di cui trattasi perseguono obiettivi distinti. Mentre, infatti, la legge recante riforma di alcune imprese pubbliche economiche, che ha trasposto la Direttiva 97/67, ha per oggetto la liberalizzazione del mercato interno dei servizi postali, l’articolo 102 TFUE, sul quale è stata fondata la decisione dell’Autorità, è una disposizione di ordine pubblico che vieta gli abusi di posizione dominante e persegue l’obiettivo, indispensabile per il funzionamento del mercato interno, di garantire che la concorrenza non sia falsata[10]. Di conseguenza, è legittimo che, al fine di garantire la prosecuzione del processo di liberalizzazione del mercato interno dei servizi postali provvedendo al contempo al suo buon funzionamento, uno Stato Membro reprima gli inadempimenti, da un lato, alla normativa settoriale avente per oggetto la liberalizzazione del mercato interessato e, dall’altro, alle norme applicabili nel diritto della concorrenza.

Conformemente al principio di proporzionalità, il cumulo di procedimenti e di sanzioni previsto dalla normativa nazionale non deve superare i limiti di quanto idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimi perseguiti, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva, e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi[11]. A tale riguardo, le autorità pubbliche possono legittimamente optare per risposte giuridiche complementari a determinati comportamenti nocivi mediante diversi procedimenti che formano un insieme coerente in modo da trattare sotto i suoi diversi aspetti il problema sociale complessivo, purché tali risposte non rappresentino un onere eccessivo per il destinatario della misura. Di conseguenza, il fatto che due procedimenti perseguano obiettivi di interesse generale distinti, che è legittimo tutelare cumulativamente, può essere preso in considerazione, nell’ambito dell’analisi della proporzionalità di un cumulo di procedimenti e di sanzioni, quale fattore diretto a giustificarlo, a condizione che tali procedimenti siano complementari e che l’onere supplementare rappresentato dal cumulo possa così essere giustificato dai due obiettivi perseguiti. Secondo la Corte, norme nazionali che prevedono un cumulo dei procedimenti e delle sanzioni a titolo di una normativa settoriale e del diritto della concorrenza sono idonee a realizzare l’obiettivo di garantire l’applicazione effettiva di ciascuna delle due normative, dal momento che esse perseguono obiettivi distinti. In ogni caso, spetterà al giudice del rinvio valutare, alla luce delle disposizioni nazionali che hanno dato luogo ai procedimenti avviati rispettivamente dall’autorità di regolamentazione del settore postale e dall’autorità garante della concorrenza, se il cumulo di sanzioni di natura penale può essere giustificato dal fatto che essi riguardano scopi complementari vertenti su aspetti differenti della medesima condotta illecita[12].

Quanto al carattere strettamente necessario di un tale cumulo, occorre valutare se esistano norme chiare e precise che consentano di prevedere quali atti e quali omissioni possano costituirne l’oggetto nonché il coordinamento tra le diverse autorità, se i due procedimenti siano stati condotti in modo sufficientemente coordinato e ravvicinato nel tempo, e se la sanzione eventualmente inflitta in occasione del primo procedimento sul piano cronologico sia stata presa in considerazione al momento della valutazione della seconda sanzione, di modo che gli oneri derivanti a carico degli interessati dal cumulo siano limitati a quanto strettamente necessario ed il complesso delle sanzioni inflitte corrisponda alla gravità delle infrazioni commesse[13].

Nel caso concreto, l’esistenza di una disposizione di diritto nazionale che prevede la cooperazione e lo scambio di informazioni tra le autorità interessate costituirebbe un quadro pertinente per assicurare tale coordinamento. L’autorità di regolamentazione del settore postale e quella garante della concorrenza, inoltre, sembrano aver condotto i loro procedimenti in parallelo, almeno parzialmente, avendo adottato le rispettive decisioni in date ravvicinate. La circostanza che l’ammenda inflitta nell’ambito del secondo procedimento sia superiore a quella inflitta nell’ambito del primo, con una decisione definitiva, infine, non consente, di per sé, di concludere nel senso del carattere sproporzionato del cumulo nei confronti dell’interessato, tenuto conto, in particolare, del fatto che i due procedimenti possono costituire risposte giuridiche complementari e connesse, ma nondimeno distinte, di fronte al medesimo comportamento.

Di conseguenza, la Corte ha statuito che:

L’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, letto in combinato disposto con l’articolo 52, paragrafo 1, di quest’ultima, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che una persona giuridica sia sanzionata con un’ammenda per aver commesso un’infrazione al diritto della concorrenza dell’Unione, quando, per gli stessi fatti, tale persona sia già stata oggetto di una decisione definitiva all’esito di un procedimento relativo a un’infrazione a una normativa settoriale avente ad oggetto la liberalizzazione del mercato interessato, a condizione che esistano norme chiare e precise che consentano di prevedere quali atti e quali omissioni possano costituire l’oggetto di un cumulo di procedimenti e di sanzioni così come il coordinamento tra le due autorità competenti, che i due procedimenti siano stati condotti in modo sufficientemente coordinato in un intervallo di tempo ravvicinato e che l’insieme delle sanzioni imposte corrisponda alla gravità delle infrazioni commesse”.

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[1] Gli articoli 144 bis e 144 ter della loi portant réforme de certaines entreprises publiques économiques (legge recante riforma di alcune imprese pubbliche economiche) recepiscono nell’ordinamento giuridico belga l’articolo 12 della Direttiva 97/67/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio, ai sensi del quale: “Gli Stati membri provvedono affinché le tariffe di ciascuno dei servizi che fanno parte della fornitura del servizio universale siano fissate nel rispetto dei seguenti criteri:

– i prezzi debbono essere ragionevoli e permettere di fornire servizi accessibili all’insieme degli utenti;

– i prezzi debbono essere correlati ai costi; gli Stati membri possono decidere di applicare sull’intero territorio nazionale una tariffa unica;

– l’applicazione di una tariffa unica non esclude il diritto del/dei fornitore/i del servizio universale di concludere con i clienti accordi individuali in materia di prezzi;

– le tariffe debbono essere trasparenti e non discriminatorie…”.

[2] Secondo tale modello, gli sconti quantitativi concessi agli intermediari erano calcolati non più sulla base del volume totale degli invii provenienti dall’insieme dei mittenti ai quali essi fornivano i loro servizi, e bensì su quella del volume di invii depositato individualmente da ciascun mittente.

[3] L’articolo 3 legge sulla protezione della concorrenza economica dispone: “… È vietato, senza che sia necessaria una previa decisione a tal fine, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato belga interessato o su una parte sostanziale di questo.

Tali pratiche abusive possono consistere in particolare:

1° nell’imporre direttamente od indirettamente prezzi d’acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque;

2° nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori;

3° nell’applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza;

4° nel subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi…”.

[4] L’articolo 50 della Carta, intitolato “Diritto di non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato”, dispone: “Nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge…”.

[5] CGUE 05.06.2014, Causa C‑398/12, M, punti 28 e 30.

[6] CGUE 20.03.2018, Causa C‑524/15, Menci, punto 35; CGUE 20.03.2018, Causa C‑537/16, Garlsson Real Estate e a., punto 37.

[7] CGUE 20.03.2018, Causa C‑524/15, Menci, punto 36; CGUE 20.03.2018, Causa C‑537/16, Garlsson Real Estate e a., punto 38.

[8] CGUE 22.03.2022, Causa C-117/20, bpost SA contro Autorité belge de la concurrence, punto 35.

[9] L’articolo 52 della Carta, intitolato “Portata e interpretazione dei diritti e dei principi”, al paragrafo 1 dispone: “Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui…”.

[10] CGUE 17.02.2011, Causa C‑52/09, TeliaSonera Sverige, punti 20-22; CGUE 13.07.2006, Cause riunite da C‑295/04 a C‑298/04, Manfredi e a., punto 31.

[11] CGUE 20.03.2018, Causa C‑524/15, Menci, punto 46.

[12] Ibidem, punto 44.

[13] Ibidem, punti 49, 52-53, 55 e 58.